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La riorganizzazione dell’attivismo politico

4.2 Dalla ‘rivoluzione’ alla ‘società civile’

4.2.1 Dibattitto sulla ‘società civile’ in Turchia

Il moltiplicarsi delle attività e delle iniziative sociali durante gli anni ’80 e l’inizio di quella che viene definita da molti intellettuali di sinistra come una nuova cultura ‘civica’ ha portato molti studiosi a parlare della nascita della ‘società civile’ in Turchia176. Tuttavia questo

concetto, profondamente controverso il cui uso spesso acritico e dai confini estremamente vaghi ne ha alterato la pretesa di esaustività, cominciò in poco tempo a dimostrare importanti debolezze, aprendo un vivace dibattito all’interno della letteratura accademica. Dopo un’accoglienza entusiasta da parte di alcuni studiosi che consideravano la ‘società civile’ come «una sfera di interazione autonoma sia dallo Stato sia dall’economia, che trova le sue componenti fondamentali nello spazio d’intimità delle relazioni familiari, nelle associazioni volontarie, nei movimenti collettivi e nelle diverse forme di comunicazione pubblica» (Cini, 2012), questo termine cominciò ad essere sottoposto a numerose critiche teoriche, tali da ridiscuterne la validità. Anche per quanto riguarda la Turchia degli anni ’80, la volontà di soffermarsi sul concetto di ‘società civile’ sembrava rispondere piuttosto a un’aspettativa: quella di predisporre nuovi strumenti di analisi e comprensione dell’atto politico, non tanto con finalità descrittiva, quanto invece per constatare la capacità della società turca e del suo sistema politico di formulare nuove relazioni, scevre dalla sua pesante eredità statocentrica (Groc 1998, 3). Soffermandosi sulle ambiguità dell’idea di ‘società civile’, Sefa Şimşek ne sintetizza alcuni degli aspetti problematici nell’uso contemporaneo di questo concetto quali la diretta e disincantata connessione ai processi di democratizzazione; l’uso spesso affine a quello di ‘comunità’; la negazione nel linguaggio comune di tendenze autoritarie interne al concetto stesso; l’impiego dell’idea di società civile in riferimento ad un gruppo singolo e omogeneo; l’abbandono delle critiche di stampo hegeliano e marxista che ne mettono in luce piuttosto l’oscurantismo borghese rispetto alla coscienza rivoluzionaria; la semplificazione teorica che restituisce un’immagine della società civile come completamente opposta al

176 In uno dei primi volume collettanei sul tema, Merhaba Sivil Toplum (1995), pubblicato dall’associazione

per i diritti umani HYD e redatto da intellettuali che in quel periodo erano attivisti nelle varie organizzazioni non governative, si afferma, secondo una considerazione abbastanza condivisa, che la cultura civica intesa come una forma di attivismo volontaria e non violenta, che agisce come contrappeso al potere dello Stato, in Turchia emerge per la prima volta a partire dagli anni ’80.

potere dello Stato (Şimşek 2004, 46-7). È proprio a questo proposito che August Richard Norton, nell’introduzione al volume Civil Society in the Middle East, sottolinea che il considerare lo Stato e la ‘società civile’ come facenti parte di due sfere dicotomiche impedisce di analizzarne le intrinseche relazioni, senza le quali il concetto stesso di ‘società civile’ perderebbe di significato. In tal senso afferma: «it is nonsensical to think of civil society in the absence of the state, because the state and civil society are bound up in a dialectical relationship that fundamentally shape the political life» (Norton 1995, XV).

La considerazione di una ‘società civile’ organizzata come una diretta controprova della presenza di un apparato di vigilanza dello Stato e delle sue possibili derive antidemocratiche, aprì in Turchia una vivace questione teorica. Il dibattito che a partire da questi presupposti si andò ad articolare dopo gli anni ’80 può essere meglio esemplificato nella nota discussione accademica che contrappose gli assunti della sociologa Nilüfer Göle alle teorie dell’antropologa sociale Yael Navaro-Yashin. Secondo Göle l’abbandono delle teorie rivoluzionarie degli anni ’70 in seguito al colpo di stato del 12 settembre permise l’emergere di nuovi temi nell’agenda politica, quali i movimenti ambientalisti, l’identità delle donne, la libertà individuale (Göle 1994). Nell’articolo divenuto un classico nel dibattito sulla società civile turca dal titolo Toward an Autonomization of Politics and Civil Society in Turkey (1994), Nilüfer Göle richiama appunto il concetto di “autonomizzazione” della società civile come un segno del declino del potere centralizzato e simbolo della comparsa di una sfera politica autonoma, separata dall’ambito dello Stato (Kuzmanovic 2012, 18). È a partire proprio dalla concezione della sfera pubblica di Göle che prende le mosse la critica di Yael Navaro-Yashin (1998). Secondo l’antropologa infatti questo tipo di idealizzazione di stampo habermassiano177 rischiava di occultare la presenza ingombrante e spesso repressiva dello

Stato turco nella sfera pubblica. Da questo punto di vista ogni tipo di separazione tra il dominio dello Stato e quello della società civile risultava obsoleto e privo di fondamenta. Navaro-Yashin interpreta quello che da molti studiosi veniva ritratto come un semplice e lineare sviluppo della società civile in Turchia, al contrario come un periodo di fortissima

177 Yael Navaro-Yashin, nell’accostamento tra la visione di Nilüfer Göle e gli assunti di Habermas, allo

stesso tempo riconosce nella teorizzazione della studiosa la qualità di un’importante critica all’eurocentrismo habermassiano. Secondo Navaro-Yashin, nonostante gli assunti di Göle descrivessero gli anni ’80 in Turchia in senso edulcorato come un periodo di progresso della sfera pubblica, che portò all’ordine del giorno nuovi termini di discussione, ebbero il merito di riportare al centro dell’attenzione l’avvento in Turchia dei valori islamici, mettendo in discussione i presupposti secolaristi proposti sia dalle teorizzazioni di stampo occidentalista e sia dalla condivisa visione kemalista dell’“intrinseca incompatibilità tra l’Islam e la democrazia” (Navaro-Yashin 1988, 4-5).

tensione sociale (in cui vigeva la dura repressione della legge marziale e iniziava la guerra nel sud-est del paese), che ritraeva, piuttosto, un processo in senso foucaultiano di cambiamento dei discorsi e delle tecniche del potere dello Stato nella società (Navaro- Yashin 1998). A questo proposito afferma:

One may perhaps ask whether it is empirically possible to identify “state and society” as separate domains. Perhaps there was no autonomization to be observed, but rather what may be called “a changing enmeshed relationship”. Organs and fractions of “the State” had enduring repressive power, in Foucault’s sense of the term; however, there was a simultaneous attempt on the part of statesmen to practice power productively (Navaro-Yashin 1998, 4).

Dalle stesse considerazioni muove anche il lavoro di Daniella Kuzmanovic (2012), che, nel testo Refractions of Civil Society in Turkey, indaga il fenomeno utilizzando un approccio etnografico a partire dal senso che gli individui danno al concetto di ‘società civile’. Se Navaro-Yashin considerava, infatti, questo concetto in senso strettamente politico, mantenendo il focus della sua ricerca sull’immagine dello Stato piuttosto che sulla società stessa, l’intenzione di Kuzmanovic permette invece di spostare il discorso dal significato della ‘società civile’ in sé al modo in cui questa nozione viene interpretata e utilizzata in quanto termine auto-identificativo, assumendo uno spazio concreto all’interno dell’immaginario sociale. In questo senso gli anni ’80, nonostante testimonino la nascita di un dibattito teorico intorno a questo concetto (tuttavia definito inizialmente in uno spazio limitato soprattutto alle riviste di teoria politica), possono essere interpretati come un periodo di ridefinizione in cui la ‘società civile’ costituiva piuttosto una proposta politica di riformulazione dell’attivismo. Questo aspetto è altresì costatabile dall’analisi linguistica del termine stesso. In Turchia l’espressione Sivil toplum (società civile), nonostante fosse già presente nella discussione teorica degli anni precedenti178, è a partire dagli anni ’80 che entrò

178 Fu İdris Küçükömer (1925-1987) negli anni ’60, il primo ad introdurre il concetto di società civile nel

vocabolario politico-intellettuale turco. Nel suo testo Düzenin Yabancılaşması (1969), Küçükömer indaga la tradizione politica occidentalista-secolare della Turchia primo-repubblicana come una formula di alienazione dalla società. Attraverso una rilettura di ispirazione marxista, Küçükömer afferma che la modernizzazione della sovrastruttura infrastrutturale aveva creato un divario incolmabile tra le élite burocratiche e la

popolazione. Le tesi di Küçükömer rappresentarono un punto di riferimento per le teorie sulla ‘società civile’ degli anni ’80. Per un approfondimento vedi Funda Onbaşı (2010) Civil Society Debate in Turkey.

maggiormente a far parte del dibattito politico della sinistra179 (vedi 4.2.1). Furono inoltre

questi gli anni in cui si cominciò a introdurre nel vocabolario politico una nuova terminologia, che comprendeva tra gli altri le traduzioni di concetti formulati sulla falsariga della discussione in essere in Occidente quali katılımcılık (partecipazione), çokkültürlük (multiculturalismo), ortaklık (partenariato), testimoniando la volontà di riproporre in Turchia nuovi obiettivi dell’azione democratica (Groc 1998, 6).

A partire dagli anni ’90, il dibattito sulla ‘società civile’ passò dalla teoria politica a una maggiore concretezza in termini associazionisti180. È questo, infatti, il periodo in cui le

organizzazioni non governative cominciarono a diventare una realtà che si stava lentamente ritagliando uno spazio a livello sociale, e che di conseguenza portò alla necessità di introdurre nel turco un termine specifico che ne traducesse il concetto. In riferimento a un più vago concetto di ONG, fino a questo momento era stata usata una traduzione letterale – sebbene relativamente diffusa e relegata a uno specifico contesto –, corrispondente all’espressione Hükümet Dışı Örgütleri. Tale traduzione nel turco comportava però delle problematiche, sia per l’utilizzo della parola dış, che riproduceva piuttosto il concetto di “fuori”, creando un’ambiguità nella traduzione, e soprattutto per l’utilizzo del termine örgüt (organizzazione), che rimandava alle organizzazioni radicali degli anni ’70 e che, per questa ragione, divenne un termine profondamente problematico dopo il colpo di stato. Quando, dunque, le condizioni sociali richiesero l’esigenza di trovare una terminologia più neutra, diventò di uso comune l’espressione Sivil Toplum Kuruluşları (o STK), letteralmente

179 Il termine ‘società civile’ all’interno della destra assumeva un significato ancora diverso. Negli anni

questo concetto è stato variamente interpretato, passando da un’accezione di “civile” col valore di

“informale”, a quella maggiormente impostata sull’ideologia nazionalista, che ne identificava il “popolo e la cultura popolare che si opponeva alla definizione di società della tradizione repubblicana”, fino a significare più semplicemente la società in generale (Mert 2000, 64-65). Nell’interpretazione di Nuray Mert (2000) i partiti di destra utilizzarono i termini di derivazione liberale più in generale in un tentativo di riconciliazione con il nazionalismo, il conservatorismo e i valori religiosi.

180 All’interno del concetto di ‘società civile’ in Turchia vengono considerati anche gli ordini professionali,

che fin dagli anni ’70 si schierarono nelle frange della sinistra. Furono in particolare l’Ordine degli Architetti e degli Ingeneri TMMOB- Türk Mühendis ve Mimar Odaları Birliği, L’Unione degli Avvocati TBB- Türkiye Barolar Birliği e L’Ordine dei Medici TTB- Türk Tabipleri Birliği a assumerne una posizione centrale nel processo di politicizzazione da un punto di vista professionale. Per un approfondimento su questo tema si rimanda a Tanıl Bora (2000) Professional Chambers and Non-Voluntary Organizations.

Questi ordini professionali svolgono tuttora un ruolo importante nel dibattito pubblico. Nei percorsi

biografici analizzati in questa tesi è soprattutto la biografia di Gençay Gürsoy a testimoniare l’esposizione in ambito sociale e politico e l’acquisizione di posizioni dirigenziali all’interno degli ordini. Attivista nelle fila della sinistra fin dagli anni ’60 e successivamente in TÜMAS, poi nelle associazioni per i diritti umani İHD e İHV, Gürsoy divenne presidente dell’Ordine dei Medici della succursale di Istanbul (2002-2006),

“organizzazioni della società civile”181. Dalla fine degli anni ’90 lo sviluppo e la crescita

esponenziale delle STK, stimolate dai processi di globalizzazione e dall’introduzione di fondi internazionali connessi al processo di integrazione della Turchia nell’Unione Europea, portarono all’inizio di un percorso di istituzionalizzazione della ‘società civile’. Questo processo comportò un più ampio fenomeno della privatizzazione della sfera pubblica, che tuttavia si andò a costituire in alcuni casi tramite potenti reti di clientelismo (Açıkel 2005).

4.2.2 La critica della sinistra alla sinistra

Alla nascita di un nuovo modello di politica sociale dopo il colpo di stato del 12 settembre seguì un intenso dibattito interno alla sinistra, che ancora oggi continua a rappresentare un argomento di accesa e costante discussione182. Il nucleo di tale dibattito si sviluppò a partire

dalla critica mossa agli intellettuali, secondo cui essi, allontanandosi dall’ortodossia marxista, avrebbero cominciato a sviluppare approcci democratici, definiti di natura più ‘liberale’. Come tradizionalmente avveniva nei circuiti della sinistra, questo scontro ideologico si sviluppò principalmente all’interno delle diverse riviste politiche183, che

cominciarono a muovere un’accusa in particolare al circuito di personalità che dalla prima metà degli anni ’80 si era riunito intorno alla rivista Yeni Gündem. Questa rivista, redatta da Murat Belge, che aveva iniziato una pubblicazione regolare a partire dal 1984, rappresentava una novità editoriale all’interno del panorama politico della sinistra, in quanto, criticandone gli approcci tradizionali, riproponeva le teorie intorno alle quali si stavano definendo le

181 Nel testo Merhaba Sivil Toplum vengono utilizzate tutte e tre le opzioni di traduzione: Hükümet Dışı

Örgütleri (Organizzazioni Non-Governative), Gönüllü Kuruluşlar (Organizzazioni Volontarie), Sivil Toplum Kuruluşları (Organizzazioni della Società Civile) (1995, 23). Negli anni sarà quest’ultima dicitura ad essere considerata più appropriata. L’impiego delle tre espressioni denota, ancora nella seconda metà degli anni ’90, la ricerca di una traduzione appropriata per questo concetto.

182 Questo aspetto ha rappresentato una costante durante tutta la ricerca di campo, in cui, specialmente nei

circuiti più politicizzati, il riferimento agli intellettuali e ai progetti presi in considerazione in questo lavoro veniva spesso dibattuto a partire da una posizione di criticità. Oltre alla diffusa considerazione che prendeva le mosse della provenienza di questi intellettuali dalle famiglie borghesi e dalla proposta di una politica meno radicale, la più dura critica mossa a alcuni degli intellettuali di questo circuito si basava sull’accusa di non aver inizialmente contestato in maniera sufficiente l’ascesa al potere del partito AKP- Adalet ve Kalkınma Partisi (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo) del presidente Recep Tayyip Erdoğan.

183 Il terreno di dibattito critico prese le mosse a partire dalle pagine di tre principali riviste di sinistra: Saçak

(1984) pubblicata dal circolo maoista dei Proleter Devrımcı Aydınlık (PDA); Gelenek (1986) pubblicata da un gruppo di radicali staccatosi da TİP; ma soprattutto in 11. Tez (1985) rivista pubblicata da un gruppo di accademici e attivisti marxisti. Il comitato redazionale di 11. Tez era composto da: Gülnur Savran, Sungur Savran, Nail Satlıgan, Ragıp Zarah, Atila Eralp, Ömer Erzeren, Yıldırım Koç, Şevket Pamuk, Mustafa Sönmez, E. Ahmet Tonalı, İşaya Üşür, Galip L. Yalman, Cengiz Arun e Hacer Ansal.

nuove forme di attivismo democratico. Riunendo parte del gruppo costituito negli anni precedenti attorno a Birikim (che venne chiusa con il colpo di stato e che riiniziò una pubblicazione regolare a partire dal 1989) e seguendone il percorso critico iniziato già negli anni ’70, gli intellettuali che confluirono in Yeni Gündem affermavano che l’incapacità della sinistra di mantenere intorno a se il supporto popolare e di agire in modo determinante all’interno della politica turca non era connesso esclusivamente all’attacco da parte dello Stato e alla repressione delle sue attività, ma era soprattutto dipendente dall’incapacità di incorporare nel proprio lessico politico principi quali la democrazia, i diritti, le libertà184

(Akdeniz 2011). La pubblicazione di Yeni Gündem era collegata al progetto precedente di İletisim, ancora oggi una delle case editrici più importanti del paese. Murat Belge racconta con queste parole l’idea della fondazione di İletisim, a cui poi si deve la pubblicazione di

Yeni Gündem, descrivendone l’importante linea di continuità con gli anni ’70 e con

l’esperienza precedente di Birikim:

Il primo maggio del 1980, con la legge marziale, chiusero Birikim. Furono tutti arrestati, non c’era più opposizione. Non vennero da me, ma alla fine del 1981 cambiarono la legge all’università. Una legge orribile che non aveva niente a che vedere con l’alta formazione. Così mi licenziai [vedi 4.1.3 in riferimento allo YÖK]. Ho iniziato a scrivere da freelance e poi successe la strana cosa di İletisim. Conoscevo Osman Kavala185, perché era un membro

del TİP e veniva spesso nel nostro ufficio di Birikim, un bravo ragazzo. Un giorno aspettavo ospiti preparando una grigliata di pesce, mi serviva del giornale e in quello che presi c’era scritto: “è morto Mehmet Kavala” [padre di Osman]. Il giorno dopo Osman bussò alla mia porta e mi disse: “Apriamo un giornale”. Gli dissi di sì, ma chiesi perché soltanto un giornale.

184 La crisi della sinistra marxista, argomentata nelle tesi prima di Birikim e poi di Yeni Gündem e strutturata

sulla base di una critica interna al movimento, piuttosto che sull’analisi concentrata sulla repressione, è riscontrabile anche nell’analisi di Ömer Laçiner, fondatore insieme a Belge sia di Birikim che di İletisim presentata nel paragrafo 1.1.3 e riferita all’articolo Sol entelijensîyanın krizi (1996).

185 Classe 1957, Osman Kavala, dopo il diploma al Robert College, si laureò nella facoltà di economia

dell’università di Manchester. Figlio di Mehmet Kavala, imprenditore tra i più importanti e ricchi della Turchia, Osman alla morte del padre, avvenuta nel 1982, ereditò la direzione della holding di famiglia “Kavala Grubu”. Vicino alle idee di sinistra fin dai primi anni ’80, Osman Kavala cominciò a finanziare numerosi progetti a sfondo sociale. A partire dagli anni ’90, divenne membro fondatore di TESEV, Açık Toplum Enstitüsü e Helsinki Yurttaşlar Derneği. È stato uno dei finanziatori tra gli altri di Tarih Vakfı e Diyarbakır Kültürevi. Negli anni 2000 fondò il Centro per la Democrazia del Sud-est Europeo (Güneydoğu Avrupa’da Demokrasi Merkezi). Filantropo e simbolo delle relazioni tra l’imprenditoria e le organizzazioni della ‘società civile’ in Turchia e, in quanto tale, bersaglio di critiche da parte del pensiero di stampo radicale, il nome di Kavala è tornato nelle prime pagine dei giornali dall’ottobre 2017, quando venne arrestato senza un regolare processo. È tuttora in stato di detenzione e in attesa di sentenza. Sia in Turchia che a livello internazionale sono numerose le manifestazioni per richiedere la sua liberazione.

Tutto sarebbe dipeso dal suo successo. “Fondiamo”, dissi, “una casa editrice. Pensala come una battaglia navale, con mille pericoli e la possibilità di essere licenziato in ogni momento. Possiamo pubblicare libri, enciclopedie, altri giornali”. Disse “ok cominciamo” (Murat Belge).

Questa testimonianza permette di tracciare la continuità di numerosi aspetti considerati nelle pagine precedenti di questa tesi. La fondazione di İletisim si pone infatti come uno dei progetti della riformulazione delle attività culturali dopo il 12 settembre che, attingendo al bacino di conoscenze nate nell’ambito politico degli anni precedenti e muovendo dalla necessità di riposizionamento professionale in seguito all’allontanamento dalle università, vennero fondate nel tentativo di incrementare la diffusione della coscienza democratica. Questa casa editrice si strutturò inizialmente come un collettivo che diede spazio alla pubblicazione e alla traduzione di testi teorico-politici che divennero fondamentali nella riformulazione del nuovo dibattito culturale186. Molti di coloro che iniziarono a collaborare

con İletisim, che come risulta dalla partecipazione di Osman Kavala si strutturò a partire da finanziamenti di tipo privato, facevano parte di un circuito intellettuale-accademico che prima di allora aveva difficoltà a trovare uno spazio proprio di pubblicazione. Tuttavia la linea politica di questo progetto muoveva dalla messa in discussione dell’ortodossia delle organizzazioni di sinistra degli anni ’70. Se İletisim rappresentava un progetto commerciale a sfondo più culturale, Yeni Gündem (che rimaneva una rivista di nicchia con una tiratura di circa quindicimila copie) ne accolse il dibattito teorico-politico strutturato in modo particolare intorno al nuovo concetto di ‘società civile’. È proprio a partire da questa nozione teorica, incentrata su una nuova idea di concepire i rapporti sociali, proposta nelle pagine di

Yeni Gündem che la critica marxista arrivò a identificare il gruppo con l’appellativo dal

carattere denigratorio di sivil toplumculuk (aderenti alla società civile).

Il dibattito critico contro le tesi di Yeni Gündem prese le mosse in particolare a partire dalle pagine di 11. Tez. Pubblicata nel periodo compreso tra il 1985 e il 1992 e fondata da accademici marxisti e personalità conosciute all’interno della sinistra (vedi nota 183), questa

186 Dal sito della casa editrice si legge «[…] İletişim Yayınları projesini başlatanlar, 12 Eylül 1980 öncesinde

de “Türkiye’nin düzeni” ile sorunu olmuş, radikal bir toplumsal dönüşüm için, özgürlükçü bir sosyalizm arayışı için bulundukları ortamlarda faaliyet göstermiş, kafa yormuş, yazı yazmış, yayıncılık yapmış