• Non ci sono risultati.

1.3.1 Interviste semi-strutturate e analisi qualitativa

Questo lavoro, seguendo un approccio interpretativista, è stato formulato a partire da un’analisi di tipo qualitativo basata su interviste biografiche. L’assunto alla base di questa prospettiva teorica risiede infatti nella centralità del processo di costruzione di senso che gli individui attuano nell’interpretazione della realtà. Donatella della Porta, in uno studio incentrato sulle teorie che implicano l’uso dell’intervista qualitativa spiega come:

nella ricerca storico-istituzionalista, si è cercato di ricostruire processi sociali a livello macro, guardando ai percorsi (paths) causali e alle giunture storiche che collegano ciò che spiega (explanans) a ciò che si vuole spiegare (explanandum). In questi casi, le interviste qualitative sono di grande importanza per ricostruire sia le motivazioni individuali che i percorsi e le giunture storiche, e individuarne gli effetti in termini di macro-trasformazione […] Le storie di vita, raccolte attraverso interviste qualitative, permettono di rivelare le percezioni (individuali, ma anche collettive) dei momenti storici rilevanti, osservando come grandi trasformazioni strutturali si riflettano nella vita quotidiana degli individui (2010, 33).

Considerando soprattutto gli avvenimenti di portata pubblica nei quali gli intervistati sono stati personalmente coinvolti, il focus di questo tipo di analisi è quindi incentrato sul modo in cui la storia si trasforma in coscienza individuale, su quanto la percezione del mondo esterno induce o ostacola vari comportamenti attivi di intervento sociale e su come gli eventi storici interagiscono con la vita privata (della Porta 2010, 107). Una ricerca qualitativa così strutturata tende pertanto a seguire una tecnica induttiva ovvero un percorso di analisi che parte dall’acquisizione di dati empirici per poi arrivare all’elaborazione di una determinata teoria. Il procedimento induttivo, tipico delle ricerche strutturate a partire da un lavoro di campo, può portare a scoprire dinamiche meno note e a cambiare quindi l’indirizzo d’analisi attraverso una costante connessione tra osservazione e concettualizzazione. Tale approccio si distingue per il fatto di non avere, soprattutto in un primo momento di ricerca, un ordine e una classificazione fissa, aprendo l’analisi alle possibili variazioni che si possono presentare in corso d’opera. Infatti, ciò che differenzia radicalmente le analisi di tipo di induttivo da quelle di tipo ipotetico-deduttivo è proprio lo statuto delle ipotesi che invece di

costituirsi seguendo il processo di verifica verte piuttosto su un processo di elaborazione a partire dall’osservazione e dalla riflessione formulata sulle ricorrenze delle varie testimonianze (Bertaux 2003, 47). In questo senso anche l’intervista, il cui schema è spesso frutto di una elaborazione ex ante, necessita di una formula flessibile in grado di accogliere temi non considerati preventivamente ponendo piuttosto l’attenzione sul processo di costruzione del significato in relazione agli eventi raccontati.

Formulato su una ricerca di campo, svoltasi a Istanbul da settembre 2016 a settembre 2018, oltre all’analisi del modello associazionistico sviluppatosi in Turchia dopo gli anni ’80, alle varie pubblicazioni, alle discussioni teoriche nate in seno ai diversi collettivi, questo lavoro si articola a partire da venti interviste in profondità, formulate secondo una consequenzialità biografica e condotte a partire da un modello semi-strutturato. Questo tipo di interviste sono definite da una bassa direzionalità, formulata riducendo al minimo l’intervento dell’intervistatore e organizzate con lo scopo di lasciare che sia l’intervistato stesso a condurre il racconto e a selezionare eventi, episodi e fenomeni dal suo punto di vista degni di nota. Tale modello prevede uno schema guida, solitamente non esplicitato in maniera diretta, e costituito su temi o aree tematiche stabilite. Nel caso delle storie di vita la traccia dell’intervista si sviluppa generalmente dall’individuazione di temi rilevanti su cui voler orientare la conversazione facilitando una ricostruzione del dialogo orientata cronologicamente. I dati raccolti serviranno dunque a analizzare l’interazione tra i macro- eventi con le azioni e le identità individuali (Blee, Taylor 2002).

A partire da queste considerazioni la traccia d’intervista utilizzata in questa ricerca prende le mosse dalle tappe del percorso individuale di ognuno degli intervistati che, riferendosi a un campione generazionale, assume la valenza di percorso collettivo, connesso al susseguirsi degli eventi storici (Braungart, Braungart 1986). Volendo analizzare il percorso biografico di coloro che sono stati coinvolti nella fondazione delle prime associazioni e iniziative sviluppate secondo le teorie politiche dei nuovi movimenti sociali, le varie interviste sono state formulate secondo un intervallo di tempo che va dalle origini familiari di ogni intervistato fino alla fondazione delle prime associazioni negli anni ’8024. In generale sono

stati scelti quattro macro-temi che corrispondono rispettivamente a:

24 Specialmente a partire dalla seconda metà degli anni ’90 i rapporti con l’estero si intensificarono e la

Turchia, in particolar modo Istanbul, divenne teatro di meeting a livello internazionale. L’Europa divenne un partner con cui collaborare concretamente, sia a livello locale che internazionale. Lo scambio e la diffusione di modelli culturali permise l’emergere di quella che Keyman e Içduygu (2003) chiamano “global civil

a) famiglia di origine e contesto di crescita

b) formazione secondaria e primi contatti con le idee politiche c) anni universitari e partecipazione ai movimenti politici

d) anni ’80 e fondazione delle varie associazioni e iniziative culturali.

A questo schema fanno riferimento, poi, alcuni sotto-argomenti, come la classe sociale di provenienza, i contatti con l’estero, la vicinanza alle diverse organizzazioni negli anni del radicalismo politico, la professionalizzazione, l’esperienza del carcere e della repressione, l’esperienza politica dal punto di vista delle donne, le reti di socializzazione e ancora i rapporti interpersonali e i contatti attraverso i quali si vennero poi a costituire i progetti collettivi degli anni a seguire.

La successione cronologica del percorso biografico degli intervistati corrisponde allo stesso tempo alla progressione di tre decenni scanditi dalla ricorrenza di tre colpi di stato che hanno investito la storia della Turchia contemporanea. Se quindi il primo ambito tematico (a) ha la funzione di mettere in luce il capitale culturale, sociale e economico acquisiti attraverso la famiglia e la scuola primaria, le tre successive partizioni (b, c, d) hanno lo scopo di considerare la partecipazione politica degli intervistati a partire dai principali eventi storico-sociali che hanno coinvolto la Turchia nei decenni di riferimento. In particolare, i primi contatti con l’ideologia politica corrispondono generalmente al periodo della formazione secondaria quindi, per la generazione presa in considerazione in questo lavoro, agli anni a cavallo del colpo di stato del 1960. L’eventuale partecipazione a organizzazioni di estrema sinistra e/o un contatto più diretto con la politica partitica risale solitamente agli anni universitari, contrassegnati per questa generazione dagli eventi del ’68 e dal colpo di stato del 1971 a cui seguì la radicalizzazione della lotta sociale. Il terzo colpo di stato della storia della Turchia cade in un periodo corrispondente piuttosto alla professionalizzazione individuale, dunque alla fase adulta in cui alcuni tra gli intellettuali di sinistra si mobilitarono nella fondazione di associazioni e progetti collettivi.

society”, nonché un modello globalizzato di ‘società civile’ che utilizza un linguaggio politico non

esclusivamente associato a quello dello Stato. Questo processo si concretizzò con gli accordi di Helsinki del 11-12 dicembre 1999 quando la Turchia venne ufficialmente nominata candidato membro dell’Unione Europea. Il processo di istituzionalizzazione e dell’esplosione delle ONG in Turchia seguirà un percorso parallelo e in molti casi diversificato rispetto alle prime formulazioni dei movimenti sociali (vedi cap. 4).

A partire da questo schema le varie interviste – durante le quali veniva palesato inizialmente l’intento della ricerca – si sono sviluppate secondo un racconto libero in cui l’approccio personale e le singole vicende si ricollegavano al più generale quadro storico- politico. Solamente in una fase finale e solo in caso di necessità venivano riaffrontati gli argomenti non toccati in precedenza attraverso domande più specifiche. In questo senso le interviste avevano l’obiettivo di stimolare quello che Daniel Bertaux (2003) chiama il

racconto di pratiche in situazione nonché un racconto che, a partire dall’esperienza di coloro

che ne sono stati coinvolti, mira a comprendere il funzionamento e le dinamiche interne di un dato oggetto sociale. Nell’analisi risulterà centrale quindi la comprensione dei motivi alla base del processo di selezione di determinati eventi piuttosto che altri, dei giudizi, delle valutazioni a ritroso e del significato che nel presente viene attribuito agli eventi del passato.

1.3.2 Il ricordo e le implicazioni con il presente

La serie di interviste proposte in questo lavoro ha avuto luogo a Istanbul e Ankara dal maggio 2015 all’ottobre 2017, in un periodo ad alta tensione socio-politica, sfociato nel tentativo di colpo di stato del 15 luglio 2016 al quale è seguita una forte repressione del pensiero antigovernativo. I narratori erano infatti chiamati a testimoniare riguardo la propria vita e il coinvolgimento in attività politiche in un periodo durante il quale vigeva lo stato d’eccezione e parte delle personalità considerate nella ricerca erano personalmente25 coinvolte nella rete

repressiva perpetrata dagli organi securitari. L’altissimo bilancio della repressione che seguì il 15 luglio se inizialmente mirava a sopprimere le strutture eversive considerate essere mandanti del tentato golpe, in poco tempo si è allargato alla libertà d’espressione, all’attivismo democratico e a tutte le forze ritenute antigovernative. Gli intellettuali, gli accademici e tutti coloro che durante questo periodo si sono mobilitati nella denuncia del mancato rispetto della libertà di pensiero e espressione hanno infatti pagato l’alto prezzo della censura e della limitazione delle libertà personali.

25 Le politiche repressive hanno altamente inficiato la possibilità di accedere alle testimonianze dirette di

alcune delle personalità che inizialmente erano state comprese nel campione della ricerca. In molti casi, l’autoesilio all’estero o la detenzione di alcuni hanno impedito la possibilità di condurre un’intervista. In questi casi, essendo molti di loro intellettuali eminenti e conosciuti, si è scelto di procedere con la ricerca di dati biografici da inserire all’interno del percorso collettivo. Sono state analizzate a questo proposito

interviste pubblicate, dichiarazioni, biografie schematiche e interventi su testate giornalistiche. Nel campione della ricerca sono attualmente quattro le persone convolte in processi giudiziari.

Durante molte interviste l’attacco diretto contro le forze d’opposizione della sfera socio- culturale ha riattivato il parallelismo con le politiche securitarie degli anni ’80 che, nonostante le notevoli differenze nelle pratiche della repressione e i principali attori a cui è indirizzata, punivano, allora come oggi, non solo l’attivismo politico ma il pensiero percepito come antagonista: nelle università, nella firma di petizioni collettive, nella stampa26. Divenute negli anni un deciso fronte di opposizione allo status quo, le istanze di

protesta sociale promosse fin dai primi anni ’80 e consolidate con una crescita sempre maggiore negli anni successivi, si trovano oggi a ricoprire un importante ruolo nella denuncia dell’ondata di autoritarismo intrapresa dal governo. Sono dunque le strette congiunture tra gli eventi contemporanei (tempo dell’intervista) e quelli del passato (tempo del ricordo), a rimarcare queste memorie di un ulteriore coinvolgimento sia a livello personale che collettivo. In particolare, la condizione di sovra-politicizzazione del contesto in cui è stata svolta la ricerca ha provocato due principali conseguenze: l’una inerente al racconto del passato, l’altra relativa alla salvaguardia e all’autocensura del presente. Le dichiarazioni rilasciate nelle varie interviste devono dunque essere considerate a partire dall’alto grado di polarizzazione sociale del paese che, nelle strategie del discorso, influisce sia nella selezione – più o meno consapevole – del ricordo di alcune vicende piuttosto che altre, sia nella funzione del giudizio della valutazione, delle aspettative. Nonostante questi racconti avessero quindi l’obbiettivo di ricostruire i percorsi biografici e il personale coinvolgimento nelle lotte politiche del passato, tuttavia l’argomento di discussione rimarcava il forte grado di condizionamento con gli avvenimenti contemporanei.

26 I parallelismi più comuni riguardano soprattutto l’attacco alle scuole e alle università che oggi, come negli

anni ’80, vennero duramente colpite dalla repressione. La riformulazione del sistema educativo durante la giunta militare negli anni ’80 comportò l’emanazione della legge n° 1.402 che proibiva a 1.255 insegnanti di proseguire la propria attività. Oggi, dopo due anni di stato d’eccezione, il numero degli accademici che sono stati allontanati dalle università ammonta a 6.08. Fonte: bianet URL http://bianet.org/bianet/ifade-

ozgurlugu/198990-akademide-ihraclar-6-bin-81-e-yukseldi aggiornato all’11/07/2018). Altra pratica che nelle interviste viene citata nella comparazione di questi due periodi è la firma di petizioni di denuncia. Il 15 maggio 1984 venne firmata da 1.383 intellettuali la petizione intitolata “Türkiye’de Demokratik Düzene İlişkin Gözlem ve İstemler” (Osservazioni e Richieste circa l’Ordine Democratico in Turchia). La petizione denunciava le limitazioni pratiche e legali alle attività culturali e artistiche nel paese e richiedeva maggiore libertà d’espressione. Il 10 gennaio 2016 la petizione “Bu Suça Ortak Olmayacağız” (Non Saremo Parte di Questo Crimine), sottoscritta da 1.128 accademici denunciava invece le operazioni del governo nel sud-est della Turchia, nelle città a maggioranza curda. Nel primo caso sono state processate 56 persone. Oggi sono 146 i processi ancora in corso avviati per propaganda terroristica (vedi 4.1.3). Tuttavia è necessario fare una puntualizzazione. Nel 1980 la repressione prevedeva combattere soprattutto la sinistra organizzata e uno dei target era l’autonomia universitaria. Nel 2016 il principale target rimane una fazione, considerata eversiva e mandante del tentativo di colpo di stato, che è essa stessa nelle fondamenta del partito al potere.

Il clima di controllo e le limitazioni alla libertà d’espressione delle politiche attuate durante lo stato d’eccezione, oltre all’andamento della narrazione stessa, hanno inevitabilmente inciso sul modo di proporre e condurre l’incontro. Se in generale non è stata riscontata una grande reticenza nell’accettare la proposta d’intervista27 (in totale sono stati

rifiutati tre inviti con la motivazione di non voler rilasciare dichiarazioni) e nel sottolineare apertamente la propria posizione politica, una prima differenza può essere considerata in base al tipo di impegno che i singoli continuano a portare avanti nel presente28. Chi nel tempo

ha abbandonato l’impegno politico e la visibilità pubblica è stato in generale più propenso a rilasciare dichiarazioni maggiormente dettagliate, sia per questioni di autostima (veniva spesso chiesto: «perché ti interessi alla mia storia?», «chi ti ha consigliato di parlare con me?») sia per avere la possibilità di affrontare tematiche che per alcuni rimangono relegate ormai solo alla sfera privata (De Sanctis 2018, 499). Sono questi i casi in cui i racconti della partecipazione alle organizzazioni illegali, della militanza, della vicinanza con personalità rivoluzionarie, vengono sviscerati in maniera più approfondita. Coloro che sono ancora coinvolti in movimenti e/o attività politiche dimostrano invece più cautela nel rilasciare dichiarazioni potenzialmente compromettenti. Per questi ultimi la consapevolezza del rischio è maggiore e in generale il grado di popolarità, la partecipazione ad eventi pubblici e l’esposizione mediatica depotenziano la curiosità dell’incontro. Questo tipo di interviste sono solitamente meno romantiche e più concentrate sulla partecipazione ai movimenti degli anni ’80 piuttosto che sugli anni precedenti (De Sanctis 2018, 499).

Dal momento che la storia orale – utilizzando l’intervista, pratica di per sé performativa – si allontana dalla pretesa monologica delle ricerche che tentano di eclissare la funzione del ricercatore nel processo di formazione delle fonti, è necessario considerare nel caso in questione la mia specifica condizione di ricercatrice, con una notevole differenza generazionale rispetto al campione considerato, straniera (italiana) e donna. Nelle interviste

27 Nominare le interviste precedenti e presentarsi a nome di qualcuno conosciuto aiuta infatti a ridurre lo

scetticismo e allo stesso tempo a distendere la possibile diffidenza iniziale. Le richieste d’intervista annunciate a partire da queste premesse sono in percentuale quelle che ricevono una maggiore risposta affermativa. È in particolare durante un’intervista a un giornalista, attivista per i diritti umani e tra i fondatori di İHD, che nel momento in cui chiedo dei consigli per i nomi delle successive interviste scorrendo la rubrica telefonica afferma: «Purtroppo molti di loro sono in carcere». Questa parentesi oltre a testimoniare il clima di tensione e di attacco agli intellettuali a livello contemporaneo rivela l’esistenza di una stretta rete di contatti tra gli intellettuali presi a riferimento attiva ancora oggi. Per quanto riguarda le reti relazionali tra gli intellettuali vedi anche 4.4.3

28 Per motivi connessi alla sicurezza personale, legata al tipo di attività portata avanti tutt’oggi, in una delle

tale condizione, e quindi la mia soggettività29, si articolava con il campione della ricerca che,

diversamente da molti studi di storia orale, è rappresentato da intellettuali coscienti delle proprie strategie narrative e abituati a rilasciare dichiarazioni, quindi padroni del proprio discorso e consapevoli delle tecniche di salvaguardia della propria privacy sia dai possibili rischi di natura politica sia dalle critiche mosse in alcuni ambiti alle loro scelte ideologiche e alla loro classe sociale (De Sanctis 2018). Molti intellettuali hanno quindi accolto le interviste coscienti e consapevoli di quello che un’intervista significa nel processo di ricerca. Data la notevole differenza generazionale l’incontro si strutturava spesso in un rapporto quasi scolastico, da professore a alunno. Altra condizione era legata al fatto di essere straniera che, se da una parte rappresentava un fattore di curiosità e quindi un elemento favorevole nella costruzione del rapporto tra ricercatrice e intervistato/a, dall’altra comportava una costante accertamento sulla mia conoscenza degli eventi storici di cui parlavano, ripetendo spesso «non so se sai quello che è successo» anche di fronte agli argomenti più conosciuti. Inoltre, il fatto di essere una donna, nelle interviste a donne la maggior parte delle quali femministe, assicurava il più delle volte vicinanza. Per gli uomini invece la spontaneità e lo zelo nel sottolineare l’importanza della lotta delle donne in mia presenza in alcune situazioni sembrava essere connessa alla volontà di rimarcare la propria presa di distanza dal lungo dibattito che accusava i movimenti rivoluzionari di sinistra di essere improntati su un’ottica spiccatamente maschilista, in un tentativo di demarcare il loro appoggio a una causa per lungo tempo ritenuta secondaria (vedi 3.2.4).

A queste osservazioni va inoltre aggiunto il processo di costruzione della fiducia nel momento dell’incontro, che in contesti di alta tensione politica si stabilisce a partire da un terreno più difficoltoso. Più in generale le interviste hanno confermato l’attivazione costante di filtri nella trattazione di tematiche collettivamente riconosciute come ‘problematiche’, pratica tuttavia attuata nel quotidiano anche nelle discussioni informali. È in particolare a

29 All’accusa della mancanza di obiettività degli storici orali nei confronti del proprio oggetto di indagine, le

teorie pionieristiche, tra le altre, di Alessandro Portelli e Luisa Passerini in Europa e Ronald Grele e Michael Frisch per quanto riguarda il Nord America, introdussero uno spostamento paradigmatico dell’impostazione metodologica a favore di una celebrazione del rapporto soggettivo dell’intervista che divenne uno dei punti fondamentali della storia orale stessa (Bonomo 2013). È Luisa Passerini (1979, 85) ad affermare:

«Subjectivity has the advantage of being a term sufficiently elastic to include both the aspects of spontaneous subjective being (soggettività irriflessa) contained and represented by attitude, behavior and language, as well as other forms of awareness (consapevolezza) such as the sense of identity, consciousness of oneself, and more considered forms of intellectual activity. The importance of this term, moreover, is that it embraces not only the epistemological dimension but also that concerned with the nature and significance of the political».

partire dai capi di imputazione più comuni – soprattutto quelli per sospetta propaganda terroristica connessa al movimento rivoluzionario curdo PKK- Partîya Karkerén Kurdîstan o alla congrega (cemaat) di Fethullah Gülen, accusato di essere stato il mandante del tentativo di colpo di stato del 15 luglio 2016 – che si condivide a livello collettivo una mappatura degli argomenti da trattare con prudenza, sia nelle affermazioni pubbliche che in quelle private (De Sanctis 2018, 499). È proprio la ricerca di campo a consentire l’accesso a questa consapevolezza. L’attenzione alla selezione terminologica utilizzata nel trattare queste questioni e allo stesso tempo la mia stessa prudenza nel richiedere l’approfondimento di alcune tematiche sono esempi dell’attuazione dei costanti sistemi di autocensura non solo nel dibattito politico contemporaneo ma anche nella ricostruzione delle memorie.

Oltre quindi all’identificazione delle ricorrenze presenti nei vari percorsi biografici l’analisi dei racconti permette di considerare le interpretazioni di un determinato avvenimento da parte di un gruppo di persone che ne sono state coinvolte, di avanzare osservazioni sui motivi per cui specifici temi siano stati spontaneamente messi in luce o volutamente sorvolati, di valutarne i giudizi alla luce del presente. Interrogarsi di fronte a un