• Non ci sono risultati.

Dalle descrizioni etnografiche alla fotografia

STORIOGRAFIA ESSENZIALE SULL’ANTROPOLOGIA VISUALE Introduzione

II.I Dalle descrizioni etnografiche alla fotografia

L’antropologia visuale inizialmente venne considerata un’applicazione tecnica di supporto al testo scritto. Attraverso le immagini si potevano integrare i resoconti di viaggio con dati considerati oggettivi. Tuttavia l’utilizzo delle fotografie all’interno dei diari di viaggio rimase sporadico. Sarebbe errato considerare che l’antropologia visuale si sia sviluppata parallelamente alla disciplina madre, in quanto si dovrebbero considerare come dati etnografici visuali già i disegni che, come già accennato, venivano realizzati durante i viaggi di missionari, esploratori ecc.. Volendo andare più a fondo, l’antropologia visuale dovrebbe considerare persino quelle produzioni visuali che l’uomo, nel corso della storia, ha realizzato per tramandare la propria immagine.

Le più antiche descrizioni etnografiche conosciute sono quelle dello storico greco Eròdoto (Alicarnasso tra il 490 e 480 a. C. - Atene 424 circa) che nelle sue storie, chiamate le nove muse18, descrisse i popoli che incontrò durante i suoi viaggi.

Sempre per quanto riguarda le descrizioni “etnografiche” dei popoli definiti nell’antichità “barbari” sono notevoli le descrizioni fatte da Giulio Cesare (Roma 100/102 - ivi 44 a. C.) nel libro a lui attribuito De Bello Gallico19.

Publio Cornelio Tacito, Storico romano (I-II sec. d. C.), tra le diverse opere giunte sino ai nostri giorni, scrisse Germania20 (De origine et situ Germanorum), un'opera “etnografica” su diversi aspetti delle tribù germaniche residenti al di là dell'Impero Romano.

Un’interessante documento di antropologia visuale che rimane di dell’impresa romana sulle popolazioni germaniche è la colonna traina, nella quale sono scolpite, in bassorilievo, momenti salienti del trionfo di Traiano sui Daci.

Si deve rilevare che da sempre si sia cercato di dare una descrizione dei popoli incontrati

18 Chiamate nove muse in quanto i racconti di Erodoto sono nove ed ognuno ha come titolo il nome di una musa.

19 In latino "Sulla guerra gallica"

Simone Ligas, Teorie, interpretazioni e metodi dell’antropologia visuale,

Tesi di dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli studi di Sassari 46

Si deve sottolineare, però, come sia normale che il testo risenta di una forte interpretazione, in quanto le popolazioni descritte vengono osservate dal punto di vista di un narratore mosso da un forte etnocentrismo.

Nel Medioevo abbiamo come descrizione etnografica di rilevante interesse il Milione, probabilmente scritto tra il 1295 e il 1298 da Rustichello da Pisa sotto dettatura del viaggiatore veneziano Marco Polo (Venezia o Curzola 1254 - Venezia 1324). Il Milione è considerato una "Vera e propria enciclopedia geografica, riunisce in un volume le conoscenze essenziali che erano disponibili alla fine del XIV secolo" sull'Asia. Oltre che una relazione di viaggio, è anche un trattato storico-geografico. È stato definito "la descrizione geografica, storica, etnologica, politica, scientifica (zoologia, botanica, mineralogia) dell'Asia medievale"21. Le sue descrizioni contribuirono alla compilazione del Mappamondo di fra Mauro.

Tra i primi resoconti etnografici di popolazioni extraeuropee che riportano figurazioni esplicative troviamo alcune opere di missionari. Probabilmente l’usanza di inserire i disegni all’interno del testo era legata alla necessità di aumentare il potere espressivo delle descrizioni dei popoli incontrati, accentuando quei tratti distintivi che rendevano tali individui “barbari” o “primitivi”. In tale modo risultava semplice giustificare l’operato spesso poco ortodosso di colonizzazione e conversione.

Un esempio sono le figurazioni contenute nel testo Istorica descrizione de' tre regni Congo, Matamba et Angola… e delle missioni apostoliche esercitatevi da religiosi cappuccini (Bologna 1687) scritto dal missionario Giovanni Antonio da Montecuccolo. Nei disegni che ne risultano si vede un tentativo di riportare la realtà nella maniera più realistica possibile; sono realizzati in bianco e nero, non riportano le proporzioni originali e spesso risultano caricaturali. Come è ovvio c’è un’enfatizzazione dei caratteri “selvaggi” dell’uomo che può essere dovuta all’impatto tra la cultura occidentale del sacerdote con quella del “selvaggio”, ma anche alla necessità di dimostrare l’importanza dell’operato cristiano su popolazioni che versavano ancora in uno stato allora considerato “primitivo”.

Simone Ligas, Teorie, interpretazioni e metodi dell’antropologia visuale,

Tesi di dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli studi di Sassari 47

Immagini tratte da: Giovanni Antonio Cavazzi in Istorica descrizione de’ tre regni Congo: Matamba ed Angola, 1687

Immagini tratte da: Giovanni Antonio Cavazzi in Istorica descrizione de’ tre regni Congo: Matamba ed

Angola, 1687

Se nell’opera di Cavazzi la parte figurativa risulta aderire a grandi linee alla realtà, sappiamo che, in diverse altre, l’aspetto caricaturale è portato all’estremo, sino ad ottenere disegni al limite del fantascientifico.

Un esempio sono le raffigurazioni presenti nel volume Moeurs des sauvages amériquains comparées aux moeurs des premiers temps (2 voll., 1724) del missionario gesuita Joseph François Lafitau. Il gesuita si stabilì in Canada dal 1711, studiando usi e costumi degli Irochesi. Tornato in Francia dopo questa esperienza scrisse i due volumi in cui riteneva di rilevare delle affinità tra le credenze dei nativi americani e le dottrine e pratiche religiose della grecia antica. Il suo lavoro si basava sul metodo comparativo e su una sorta di “evoluzionismo” che gli permisero di arrivare alla conclusione che i popoli irochesi si trovassero ancora nello stadio in cui erano state nel passato le culture occidentali dell’antica Grecia. In pratica, François Lafitau impiegò il metodo comparativo più allo scopo di dimostrare l'esistenza, presso tutti i popoli, dell'idea di un “Essere Superiore” piuttosto che condurre un vero e proprio studio antropologico sulle istituzioni degli Irochesi e degli Uroni; l’intento era di compararle con quelle degli "Antichi Popoli" greci e romani.

Simone Ligas, Teorie, interpretazioni e metodi dell’antropologia visuale,

Tesi di dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli studi di Sassari 48

Uomini e donne caraibici delle Antille in una raffigurazione tratta da: Moeurs des souvages américains, comparées aux moeurs des

premiers temps, 1724

Eschimesi maschi e femmine in una raffigurazione tratta da:

Moeurs des souvages américains, comparées aux moeurs des premiers temps, 1724

Le raffigurazioni all’interno dei testi continuarono ad essere proposti anche dopo l’invenzione della macchina fotografica. Come si è già visto, durante le esplorazioni dell’inglese David Livingstone in Africa, la fotocamera era già stata sperimentata e probabilmente era anche in possesso dell’equipe di Livingstone; tuttavia le immagini delle sue avventure furono tutte realizzate da disegnatori; al contempo possediamo fotografie che ritraggono l’esploratore in posa con membri delle “tribù” africane incontrate.

Per gran parte dell’Ottocento la fotografia non venne impiegata all’interno dei testi per diverse motivazioni; in primo luogo si devono tenere in conto i problemi tecnici: possedere una fotocamera, scattare una fotografia e svilupparla aveva un costo elevato e richiedeva valide competenze; era inoltre difficile inserire l’immagine all’interno del volume stampato. Esistevamo problemi accademici, in quanto la ricerca sul campo non era ancora riconosciuta all’interno nel quadro epistemologico dell’antropologia, quindi non aveva bisogno di dati rappresentati da immagini; in sostanza l’antropologia visuale non forniva risultati scientificamente attendibili. L’antropologia per molto tempo è stata un esito prevalentemente teoretico della documentazione etnografica descrittiva.

Simone Ligas, Teorie, interpretazioni e metodi dell’antropologia visuale,

Tesi di dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli studi di Sassari 49