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La fotografia come dato scientifico nel pensiero positivistico.

STORIOGRAFIA ESSENZIALE SULL’ANTROPOLOGIA VISUALE Introduzione

II.II La fotografia come dato scientifico nel pensiero positivistico.

Tra i vari fattori responsabili della diffusione della fotografia gioca un ruolo essenziale la nascita dell’indirizzo filosofico del positivismo. La teoria elaborata da Auguste Comte si basava su un nuovo approccio alla visione dell’universo.

L’approccio scientifico positivistico, in generale, vedeva l’impiego di dati inconfutabili per sostenere le varie teorie. Ogni nuovo studio doveva basarsi su una serie di dati scientifici ripetibili che dovevano portare ad una precisa e confutabile conclusione.

In tale prospettiva la fotografia era uno strumento fondamentale, in grado di dare un’esatta riproduzione della realtà, quasi alla pari della vista umana. La fotografia divenne essenziale per molti studi, in alcuni divenne il corpus centrale delle opere.

In tale quadro, si colloca l’uso della fotografia che fece Charles Darwin nel suo studio sull’espressione delle emozioni22, dove le immagini vengono utilizzate per dimostrare la veridicità delle tesi esposte nel testo scritto. L’interesse del ricercatore nacque dagli studi sulla fisiognomica del medico-fotografo Guillaume Benjamin Armand Duchenne, condotti all’ospedale di Salpètrière con lo scopo di indagare sulle malattie mentali e del sistema nervoso e muscolare.

Immagini tratte da: L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli altri

animali con introduzione, postfazione e commenti di Paul Ekman,

Bollati Boringhieri, 1998

Simone Ligas, Teorie, interpretazioni e metodi dell’antropologia visuale,

Tesi di dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli studi di Sassari 50

Nel testo L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali i concetti dell'evoluzionismo vengono applicati non solo alle trasformazioni della struttura corporea, ma anche al comportamento e alla "vita mentale" degli animali.

L'intelligenza, la memoria e la capacità di ragionamento, come pure le emozioni espresse dagli uomini e dagli animali, hanno tutte una comune origine evolutiva (evoluzionistica,) e rivestono una funzione essenziale ai fini della sopravvivenza. Gli affetti servono a comunicare informazioni fra un animale e un altro, fare previsioni sui possibili comportamenti di un altro membro della specie e ad esibire comportamenti appropriati alla situazione.

Con la sua indagine, costruita con l'ausilio di osservazioni, materiali illustrati, aneddoti riguardanti sia gli animali che i bambini, sia i popoli europei e i gruppi umani preletterati, Darwin anticipa di molti decenni i metodi adottati dall'etologia con l'obiettivo principale di mettere in evidenza l'espressione dell'emozione. Il corpus fotografico che viene impiegato nella parte grafica è costituito da fotografie fatte con la macchina ferma sul cavalletto che inquadrava il volto del soggetto, che a sua volta era stimolato a provare diverse sensazioni da cui scaturivano le mimiche facciali considerate emozioni. La scelta di utilizzare una macchina fissa che riprendeva la stessa inquadratura, era legata alla necessità di avere come risultato dei dati di soggetti diversi nella stessa condizione ambientale, escludendo così le variabili che avrebbero potuto modificarne il risultato. Questo genere fotografico prese il nome di fotografia antropometrica, considerata come fotografia scientifica per eccellenza, in quanto, utilizzando le griglie misuratrici del corpo umano, si adattava all’ideale di dato scientifico costituitosi all’interno del pensiero positivistico.

Gli studi antropometrici quindi, forti dell’approvazione derivata dal pensiero positivista si diffusero ampiamente. In Italia ad esempio si ebbe una esperienza simile a quella di Darwin con l’antropologo e medico Paolo Mantegazza che nel 1869 fu chiamato a ricoprire la cattedra di antropologia ed etnologia presso l'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Mantegazza si definiva un evoluzionista "darwiniano con benefizio d'inventario”. Nell’ Atlante della espressione del dolore23, in collaborazione con il fotografo Giacomo Brogi produsse una serie di immagini fotografiche su soggetti stimolati a provare dolore; egli stesso si adoperò come cavia per i suoi test. Le immagini risultanti vennero poi richieste da Darwin ed utilizzate come dati all’interno dei suoi studi.

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Tesi di dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli studi di Sassari 51

In questo stesso contesto teorico positivista ed evoluzionistico è necessario considerare il lavoro dell’antropologo, medico e criminologo Cerare Lombroso, il quale influenzato dalle teorie darwiniane e dalla filosofia positivista ispirò i lavori di Mantegazza. Lombroso lavorò soprattutto sulla craniometria, attraverso la quale riteneva fosse possibile determinare il carattere morale degli uomini.

Di Charles Eugène de Focauld (1858-1916) che si è occupato di linguistica di popolazioni berbere dell’Atlante si hanno alcune immagini fotografiche che rappresentano soprattutto lui stesso accanto a elementi tipici della cultura tuareg. Per contro, rispetto all’interesse cristiano di Focauld troviamo gli studi dei funzionari, militari, imprenditori ed avventurieri europei che miravano a documentare come fosse perfetto il funzionamento delle colonie. Abbiamo, quindi, una quantità di materiali fotografici che documentano le campagne di vaccinazione, i censimenti, la distribuzione dei viveri o il lavoro nei campi che, come è ovvio non possono essere considerati materiali etnografici, nemmeno “passivi”, in quanto frutto di promozione del colonialismo e quindi realizzati secondo un taglio interpretativo etnocentrico.

Molte fotografie arrivate dalle colonie, invece, venivano realizzate per documentare le varietà somatiche degli abitanti delle popolazioni incontrate. Queste immagini erano poi i dati costitutivi delle teorie antropometriche sviluppate sui popoli africani. Da queste fotografie in una seconda analisi potremo cogliere dati etnografici riguardanti l’abbigliamento utilizzato dai soggetti. Paradossalmente in tali foto lo scopo era mostrare le proporzioni fisiche degli individui tralasciando altri aspetti, come quello dell’abbigliamento che risulta più etnograficamente importante.

In ambito etnografico la fotografia conservò un ruolo marginale, venne usata come dato integrativo nei resoconti degli informatori sul campo e non entrò quasi mai a far parte di un volume antropologico. Bisogna considerare che nel periodo in questione il lavoro dell’antropologo era ancora un lavoro “da ufficio”. Tali antropologi “teorici”, il cui contributo alla disciplina è fondamentale, utilizzavano le relazioni dei loro etnografi corrispondenti. Il diffondersi della ricerca sul campo, nata grazie anche ad i corrispondenti degli antropologi da “tavolino”, che doveva garantire l’esattezza delle fonti e delle testimonianze, provocò, nel mondo antropologico, una sorta di iconofobia da parte dei ricercatori. Si trattò di un’iconofobia riguardante solo il film e le foto; per contro, erano privilegiati diagrammi di parentela e i

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modelli classificatori, derivanti dallo strutturalfunzionalismo. Questi servivano a chiarire il fatto sociale studiato il quale non era possibile spiegare con le foto che risultavo inadatte. Dopo l’interesse mostrato dai pionieri dell’antropologia (Boas, Haddon), sia nel contesto dell’evoluzionismo (di cui l’antropologia d’urgenza è figlia e nel quale si collocano le fotografie frontali e di profilo scattate da Anthony Wilkin, durante la spedizione allo Stretto di Torres), sia nell’organizzazione dei dati, la documentazione visiva delle cultura venne presto abbandonata e bisognerà attendere circa tre decenni affinché la fotografia e la cinematografia ritrovino un ruolo nella ricerca antropologica come strumenti di documentazione. Questo esito avviene nel momento in cui gli schematismi strutturalfunzionalisti erano più deboli, vale a dire nell’antropologia americana della scuola di cultura e personalità, interessata allo studio del comportamento visuale.

In questo contesto è impossibile immaginare, in campo antropologico, una totale sostituzione dei disegni e delle riproduzioni pittoriche da parte delle fotografia. Anche se il nuovo strumento garantisce il distacco obbligato da interpretazioni fuorvianti, ed è dunque più sicuro come documento etnografico, foto e disegni si integrano, come avviene nel 1900 nella rivista L’illustration, dove con la didascalia, “L’esposizione Universale. Notizie dal paese”, appare un cinese, disegnato e carboncino, che legge una rivista; quest’ultima è una fotografia incollata sul disegno. La sostituzione totale delle arti grafiche manuali in campo scientifico avverrà solo quando (attorno agli anni 40 nel ‘900) il pubblico di lettori sarà in grado di distinguere tra narrazione e documentazione, giudizio e informazione, coinvolgimento e razionalità.