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La scuola cinematografica scientifica Tedesca.

STORIOGRAFIA ESSENZIALE SULL’ANTROPOLOGIA VISUALE Introduzione

II.V La scuola cinematografica scientifica Tedesca.

Grazie all’interesse dei primi etnologi tedeschi come ad esempio Rudolf Pöch, che tentarono con i mezzi a loro disposizione di introdurre la cinepresa nell’ambito scientifico-etnografico, si ebbe un notevole sviluppo delle applicazioni del mezzo fotografico a livello sia tecnico che metodologico. Partendo dalla grossa affinità del cinematografo con l’occhio umano, si arrivò alla considerazione che esso potesse persino potenziarlo, rendendo più precisa l’osservazione delle scene in movimento.

Simone Ligas, Teorie, interpretazioni e metodi dell’antropologia visuale,

Tesi di dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli studi di Sassari 60

Questa concezione era condivisa anche dallo studioso tedesco Hermann Hafker. Nonostante egli sostenesse che il documento filmico potesse essere sostitutivo della realtà, aggiungeva che era necessaria una grande cautela realizzativa, poiché la registrazione di un’azione non era di per sé sufficiente a costituire un documento scientifico; la scientificità di un documento derivava, infatti, dal livello di completezza e attinenza al reale che esso possedeva. Le riprese dello svolgersi di una danza, secondo Hafker, non potevano essere considerate un documento scientifico in quanto, almeno nelle tecnologie del tempo, non si aveva la possibilità di documentarle in modo completo; non era ad esempio possibile registrare in sincronia il sonoro. Risultava necessario, quindi, “completare” la documentazione in tutte le sue parti costitutive e, al momento della riproposizione al “pubblico”, accompagnarla con una produzione scritta con un intento esemplificativo meglio definito.

Il dibattito sulle applicazioni del cinema, non rimase circoscritto ai suoi utilizzi possibili nel campo della ricerca, ma si allargò ben presto alle funzioni didattico-comunicative che poteva avere parallelamente alla funzione prettamente scientifica. Tale riflessione metodologica coincise con lo sviluppo, in Germania, di una maggiore attenzione per la qualità estetica del film etnografico. Questo, ideato anche con scopi didattici, doveva comunque tenere conto di una serie di regole ben precise.

Dopo la prima Guerra Mondiale la Germania, avendo perso le proprie colonie, ridusse le ricerche etnografiche con l’impiego del cinema reindirizzando, soprattutto in epoca nazista, documentari propagandistici con scopi “didattici” di regime; notoriamente, infatti, la Germania nazista riconobbe e utilizzò largamente il cinema nella pratica di “indottrinamento ideologico” delle masse. Sorse in quegli anni il Reich sanstaltfur film und bild Inwissenschaft und Unterrichtl, ovvero il centro per la produzione di film educativi e per il coordinamento del sistema di istruzione tedesco con sede a Berlino. L’istituzione, in epoca nazista, dell’Ente di Realizzazione Filmica, rappresentò un punto di arresto, seppur temporaneo, del libero evolversi sia delle istanze teoriche, che delle metodologie elaborate in Germania fino ad allora. I vertici nazional-socialisti, attenti alle potenzialità espresse dal medium cinematografico, rifunzionalizzarono infatti le teorie visuali elaborate in precedenza, utilizzandole anche attraverso la creazione di film etnografici “di regime” sul popolo “ariano”, secondo l’ideologia del regime che doveva permeare tutti gli aspetti della vita. Vennero così vanificati i precedenti sforzi profusi dagli studiosi nell’inquadrare la produzione filmica etnografica

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Tesi di dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli studi di Sassari 61

tedesca, entro parametri di scientificità e qualità ben definiti. Si deve comunque rilevare che tale istituzione fu una delle poche a non essere abolita dopo la guerra.

Nel 1956 il Reich sanstaltfur film und bild Inwissenschaft und Unterrichtl si trasformerà nel Institut für den Wissenschaftlichen Film, ovvero l’istituto per l’assistenza ai film scientifici; da tale istituto venne la codificazione delle regole per la documentazione filmica in etnografia. Secondo questa codificazione le regole fondamentali erano diverse: doveva essere prediletta l’uniconcettualità del film scientifico: cioè, si doveva affrontare un solo argomento per volta; si doveva impiegare una tecnica; si doveva osservare un evento, un tratto culturale; l’argomento doveva avere una durata relativamente breve; essendo uno strumento didattico, il film non doveva contenere artifici fuorvianti rispetto alla narrazione o alla comprensione del messaggio; inoltre, doveva prediligere le attività nelle quali il movimento avesse un ruolo predominante.

Secondo l’ideologia che costituiva la codificazione delle regole per la documentazione filmica, era necessario unificare l’idea stessa di film scientifico applicando i medesimi criteri ad ogni disciplina, distinguendo pertanto tre possibili categorie di film scientifici: film di ricerca, film di documentazione scientifica e film didattico. Il film didattico doveva essere l’unico a rispettare il linguaggio espressivo proprio del cinema; gli altri due dovevano osservare la funzione dell’analisi di un particolare fenomeno e quella descrittiva, nella maniera più oggettiva possibile. Proprio per non intaccare l’oggettività del dato filmico, questo non doveva contenere alcun espediente esplicativo.

In questa prospettiva diventava impensabile fissare dei criteri metodologici che garantissero l’omogeneità del materiale filmico prodotto, ma vennero elaborate delle regole di carattere prettamente tecnico basate sui seguenti parapretri: tecnica utilizzata, luogo scelto e soggetto del film; non si consideravano per niente le dinamiche relazionali che intercorrono tra cineasta e soggetti filmati. Si evidenziava così il tipo di rapporto tra osservatore e soggetto osservato derivante delle linee tecniche impostate dall’IWF, Institut für den Wissenschaftlichen Film; si trattava di un rapporto di tipo verticale fra il “ricercatore” e il “soggetto” studiato, che rendeva l’uomo o la sua cultura, passibili di un’osservazione dall’esterno.

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Tesi di dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali, Università degli studi di Sassari 62