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3. Sentenza Philip Morris e la decisione della Corte Suprema Americana

2.1 Danni Punitivi negli ordinamenti Common Law

L’istituto dei punitive damages, originario degli ordinamenti di common law,72nasce con lo scopo di introdurre all’interno

71 SCOGNAMIGLIO, Principio di Effettività, Tutela Civile Dei Diritti e Danni Punitivi, in Responsabilità Civile e Previdenza 2016, pag. 1120B, fasc. 4. 72 In particolare la nozione di punitive damages è nata in Inghilterra nel sec. XII, quando si manifestò fortemente la necessità di tutelare rapporti in relazione ai quali il sistema di common law non prevedeva il sorgere di alcun diritto, o anche se riconosceva uno specifico diritto, non tutelava in maniera adeguata. Inoltre, vi erano situazioni che davano luogo al sorgere di un diritto riconosciuto tale dal

common law per il quale la legge scritta prevedeva una tutela che in astratto

appariva perfettamente adeguata, ma che in pratica non poteva essere esercitata da tutti per la sacralità delle forme. V. MOCCIA, s.v. “Equity”, in Digesto civ., vol. VII, Torino, 1991, pp. 498 e ss.; U.MATTEI, Common law. Il

diritto anglo-americano, Torino, 1992, pp. 35 e ss.

dell’allocazione del risarcimento, profili volti a punire o sanzionare il danneggiante in situazioni in cui si possa rilevare una sostanziale indifferenza alla tutela dell’ordine sociale, affiancando alla tutela eminentemente privatistica profili di tutela dell’ordine pubblico.

Consiste dunque nella condanna del danneggiante, ossia offensore, a un risarcimento ulteriore rispetto a quello riconosciuto a titolo compensativo (compensatory damages) in favore del danneggiato, qualora venga provato che il danneggiante abbia commesso un fatto particolarmente riprovevole73 posto in essere con condotta

caratterizzata da malice74 (dolo - mala fede) o gross negligence

(colpa grave).75

Detto istituto non ha la funzione di ripristinare lo status quo della vittima, ma di punire l’autore al danno al fine di dissuaderlo dal ripetere le medesime condotte in futuro e prevenire che altri potenziali danneggianti possano mettere in atto condotte similmente dannose.76

Nell’ambito di tale responsabilità un ruolo centrale assume l’elemento soggettivo che sorregge la condotta lesiva, ossia il dolo e la colpa grave, indici di indifferenza dell’agente verso l’integrità altrui e di disprezzo per le norme giuridiche e sociali.77 73 Cfr. P. PARDOLESI, op. cit., p. 453.

74 Si tratta di un termine difficilmente traducibile in italiano e che è utilizzato per indicare: il dolo in generale . cfr. De FRANCHIS, Dizionario giuridico cit, 985.

75 P. PARDOLESI, s.v. “Danni punitivi”, in Dig. Disc. Priv., sez. civ., Aggiornato, Torino, 2007, pp. 453 e ss.; F.BENATTI, Correggere e punire: dalla law of torts

all’inadempimento del contratto, Milano, 2008, p. 130 e ss.

76 I punitive damages sono concessi per punire il convenuto (soggetto danneggiante) per aver commesso, in una posizione soggettiva che potrebbe essere definita mala fede, un fatto particolarmente grave e riprovevole (nella quasi generalità dei casi si tratta di un tort); G. PONZANELLI, I punitive damages

nell’esperienza nordamericana, in Riv, Dir, Civ. 1983, I, pagg.438 e ss.

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Tali caratteristiche avvicinano molto i danni punitivi alle sanzioni penali, affidando una funzione attribuita alle norme del diritto penale. In tal senso tali indici di indifferenza rappresentano un punto di fusione, tra il diritto privato e il diritto penale.

Non a caso il danno punitivo si diffonde in un sistema, quello americano, ove la distinzione tra i due rami dell’ordinamento è profondamente labile e quindi la condanna al risarcimento deve assolvere anche una funzione deterrente.78

La nozione di punitive damages pur essendo nata in Inghilterra ha trovato un terreno maggiormente fertile negli Stati Uniti d’America, dove è oggi utilizzata anche per coprire costi delle spese giudiziarie sostenute79 dal danneggiato oltre al ristoro per il

pregiudizio subito.

Va preliminarmente specificato che nell’esperienza americana non esiste un parametro o una formula ad hoc utilizzata per la quantificazione di volta in volta del danno punitivo, piuttosto il suo ammontare è rimesso alla discrezionalità dell’organismo giudicante. Tale aleatorietà nella determinazione quantitativa del risarcimento ha posto non pochi dubbi circa la congruità delle sanzioni imposte dai giudici, arrivando a casi eclatanti nei quali il risarcimento del danno punitivo è stato equivalente a 500 volte il pregiudizio patrimoniale subito dall’attore.80

78 G. PONZANELLI, s.v. “I punitive damages nell’esperienza nordamericana”, in Riv. Dir. Civ., 1983, pp. 435 e ss.

79 In Italia vige il principio della soccombenza, secondo cui i costi della causa finiscono per ricadere sulla parte che risulta perdente nella lite, mentre negli Stati Uniti dove questo principio non trova alcun riconoscimento il ricorso ai c.d.

punitive damages consente di recuperare le spese processuali eventualmente

anticipate dal danneggiato, altrimenti non comprese nel mero risarcimento dei danni .

80 Negli U.S.A il principio dei punitive damages fu assunto a precedente giudizio nel 1791, nel caso Coryell v. Colbought.

Gli ordinamenti di common law distinguono tra damage con cui si indica il concetto di danno e damages81 con cui si indica invece il

risarcimento del danno, quando quest’ultimo supera la misura del pregiudizio effettivamente subito dal soggetto danneggiato, si parla di punitive o exemplary damages. Può, quindi, osservarsi come gran parte del valore dell’istituto risieda proprio nella sua funzione deterrente e in quella pedagogica, ove la condanna esemplare funge da monito all’intera collettività, oltre che nella sua efficiente allocazione del costo dell’incidente in capo al danneggiante. Nel profilo del riconoscimento del danno c’è una sovrapposizione dei profili di compensazione e profili più propri della caratteristica punitiva del diritto penale. possibilità di esportare i punitive damages nell’Europa continentale.

A partire dalla seconda metà degli anni ottanta, infatti, sempre maggiore eco hanno provocato le pronunzie che mostravano come negli States fosse possibile evidenziare la funzione afflittiva/retributiva delle pene private80.

Negli scorsi anni, l’affermarsi dei punitive damages ha subito un processo di crescita, infatti, sono pochi gli Stati membri degli USA che non accettano i danni punitivi.

Tale strumento viene sfruttato nell’ambito delle richieste di risarcimento inoltrate dai consumatori nei confronti di grandi imprese, nonché nel settore del contenzioso del lavoro, soprattutto qualora sia configurabile un cynical

disregard da parte del datore di lavoro, in quanto è prassi giurisprudenziale

comminare una condanna esemplare nei casi di mobbing; G. PONZANELLI, “Punitive damages” e “ due process clause”: l’intervento della Corte Suprema USA, in Foro. It, 1991, IV, 235.

81 La nozione di damage non va confusa con quella di damages, perché con il primo termine si indica il danno subito che a determinate condizioni comporta il diritto al risarcimento, mentre damages indica essenzialmente ma non esclusivamente il risarcimento accordato da un organo giudiziario. I damages non hanno soltanto una funzione risarcitoria o compensatoria, ma anche una funzione punitiva, così un’identificazione del termine damage con la nozione di risarcimento non è affatto esaustiva, perché non permette di considerare numerosi altri profili. La nozione di damage è utilizzata per esprimere il concetto del danno o pregiudizio subito e pur essendo differente da quella di

damages è ad essa strettamente correlata, dato che la parte che ha subito un

danno può chiedere di essere risarcita quando esiste un nesso di causalità sia che si tratti di breach of contract, sia che si tratti di tort; F. DE FRANCHIS,

Il danno punitivo nasce quindi, in un sistema giudiziario caratterizzato in senso repressivo, dove la condanna al risarcimento dei danni deve anche assolvere ad una funzione pedagogica:82 la condanna deve rappresentare un deterrente da

utilizzare non solo nei confronti del danneggiato ma anche nei confronti dell’intera comunità, la c.d. condanna “esemplare”.83

Inoltre la condanna deve rappresentare un risarcimento pieno, in cui le esigenze di giustizia prendono il sopravvento sulle aspettative di punizione della parte soccombente.84

Un'altra importante funzione che tali rimedi consentono di esercitare riguarda la possibilità di colpire in concreto i profitti conseguiti illecitamente dal danneggiante e di sottrarsi a situazioni paradossali in cui gli utili derivanti dalla commissione dell’illecito siano di gran lunga più elevati del danno subito dal singolo individuo, così che per l’autore dell’illecito risulti più conveniente risarcire il danno che evitare di commetterlo.

Da questa funzione si evince una netta distinzione con il nostro ordinamento circa la modalità di intervento qualora ci troviamo in presenza di un extraprofitto. Nel nostro ordinamento, qualora dovesse risultare un extraprofitto ottenuto a danno di terzi, permetterebbe a quest’ultimi di basarsi 82 A. CAVANNA, Storia del diritto moderno in Europa, Giuffrè, Milano, 1982.

83 Negli U.S.A. il principio dei punitive damages fu assunto a precedente giudiziario nel 1791, nel caso Coryell v. Colbought. È bene precisare che non tutti gli Stati membri degli U.S.A. danno ingresso ai danni punitivi, alcuni Stati come la Louisiana, Massachussets, Nebraska e Washington non accettano i danni punitivi. La notorietà assunta dai punitive damages, nel corso degli anni, si deve al fatto che tale strumento viene ampiamente sfruttato nell’ambito delle richieste di risarcimento inoltrate da consumatori nei confronti di grandi imprese, uno dei casi precedenti ad ampia diffusione mediatica è il caso del 2007 William c. Philip Morris.

84 U.MATTEI, op. cit., E. A. FARNSWORTH, introduzione al sistema giuridico degli

Stati Uniti d’America, Giuffrè, Milano, 1979; G.C.HAZARD JR – M. TARUFFO, la giustizia civile negli Stati Uniti, Il Mulino, Bologna, 1993.

sul giudicato ed agire in regresso, avendo in teoria la possibilità di ottenere una soluzione.

Il nostro sistema però sotto questo aspetto risulta essere molto macchinoso, perché richiederebbe a tutti i danneggiati di avere conoscenza dell’illecito, di avere coscienza del fatto che si è in presenza di un danno, questo comporterebbe proprio un problema di operatività.

Nel sistema americano invece il ragionamento è diverso, in questo caso è data ai terzi eventualmente la possibilità di agire, ma nel dubbio, rispetto al fatto che agiscano o meno, l’extraprofitto viene assegnato al danneggiato piuttosto che al danneggiante.

Paradossalmente quindi la responsabilità civile in questo caso avrebbe una funzione premiale nei confronti di chi ha esercitato l’azione.

I punitive damages non dovrebbero essere riconosciuti nelle ipotesi di inadempimento contrattuale, ma soltanto quando il fatto riprovevole commesso dal danneggiante integri un ipotesi regolata dalla Law of Tort, tuttavia questo principio ha subito molte deroghe sul punto, il ricorso ai punitive damages è infatti diventato troppo elastico superando il confine dei Torts85 per trovare

applicazione in un ampia gamma di ipotesi prima escluse.

Dal punto di vista funzionale, l’istituto presenta una caratterizzazione in senso pluralistico. L’analisi dei principali ordinamenti di common law consente di individuare diversi scopi

85 I torts sono retti da un sistema che prevede l’assoluta tipicità della responsabilità extracontrattuale che non ha eguali in altri sistemi. Come rileva UGO MATTEI, “questa fisionomia, fondata su una serie di torts tipici, descritti separatamente l’uno dall’altro, e dotati di nome oltre che di struttura caratteristica, è stata in qualche misura stravolta dal trionfo moderno del

negligence”. Si tratta di un tort di vocazione espansiva, che sembra aver

introdotto anche nell’ordinamento di common law un principio generale di responsabilità extracontrattuale colposa, fondata sull’esistenza di un dovere generale di cautela (duty of care o duty to take care sulla rottura negligente di tale dovere)”. Si veda U. MATTEI, Common Law. Il diritto anglo-americano, Utet,

alla base di esso, operanti contemporaneamente e spesso in competizione tra loro, all’interno dello stesso ordinamento.

Una prima finalità già menzionata, che si pone a fondamento dell’istituto, può essere definita come educativa o di denuncia. In base ad essa, attraverso l’imposizione del risarcimento punitivo, l’ordinamento reagisce all’invasione di quei diritti che considera particolarmente rilevanti, condannandone correlativamente la flagrante violazione posta in essere dal convenuto.

In questo senso, nella concessione del rimedio del risarcimento esemplare si riflette la scelta dell’ordinamento di accordare una protezione rafforzata a determinati diritti, in considerazione del loro carattere fondamentale. Tale reazione mira a scoraggiare il danneggiante dal porre in essere atti di violazione deliberata degli stessi, nella prospettiva del pagamento del semplice risarcimento compensativo quale prezzo della violazione e ne ribadisce il carattere inviolabile.

La seconda funzione connessa al risarcimento punitivo è quella retributiva, l’esigenza retributiva si riconnette all’offesa che la condotta del convenuto arreca agli interessi della società e conferisce al risarcimento punitivo una caratterizzazione in termini pubblicistici.

Attraverso il ricorso al risarcimento punitivo, l’interesse dell’ordinamento alla preservazione dell’ordine sociale è perseguito per il tramite dei canali del diritto privato e la punizione inflitta al convenuto fa si che questi paghi il debito in precedenza contratto con la collettività per averle infranto le sue regole riparandone la violazione del danno cagionato.

Un ulteriore profilo funzionale si situa a metà tra compensazione e punizione: quando opera in base ad esso il danno punitivo consente di rimediare a quel particolare tipo di lesione che investe il diritto del soggetto al rispetto della propria dignità e si traduce

nel diritto ad essere riconosciuti dai terzi come portatori di eguale valore morale.

In altre parole, la particolare coloritura in termini soggettivi della condotta del danneggiante che si traduca nell’insulto nell’umiliazione del danneggiato oltre al danno patrimoniale e non, produce un ulteriore perdita nella sfera giuridica del danneggiato. Essa si sostanzia nella lesione della dignità dello stesso, del suo valore morale in quanto persona umana e si traduce sul piano fenomenico nel senso di aggravamento della lesione subita che il danneggiato sperimenta come diretta conseguenza della condotta aggravata del danneggiante.

2.2 L’esperienza Inglese come trait d’union tra Common

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