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Danni Punitivi e Responsabilità Civile: Possibili ripensamenti tra Compatibilità Giuridica ed Opportunità Economica.

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INDICE

INTRODUZIONE………..p. 4

CAPITOLO I. Polifunzionalità della Responsabilità Civile

1. Nozione unitaria della Responsabilità Civile……….p. 8

2. Individuazione di un’evoluzione della Responsabilità Civile………...p. 13 3. Diverse funzioni della Responsabilità Civile………..p. 16 3.1 Funzione Riparatoria o Compensativa……….p. 18 3.2 Funzione Punitiva o Sanzionatoria……….p. 20 3.3 Funzione Preventiva o Deterrente………..p. 22

4. La Responsabilità Civile quale strumento di tutela nel contesto dei rimedi di riparazione del danno………p. 24

5. Sentenza n. 16601 del 5 luglio 2017 delle Sezioni Unite della Cassazione ………..p. 26

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CAPITOLO II. Analisi Economica del Diritto 1. Analisi economica del diritto e Responsabilità civile……p. 29 2. Analisi economica del diritto e danni punitivi………..p. 32

3. Sentenza Philip Morris e la decisione della Corte Suprema Americana………p. 35 CAPITOLO III. Danni punitivi, Elementi comparatistici 1. Danni punitivi………p. 40 2. Elementi comparatistici………..p. 43 2.1 Danni Punitivi negli Ordinamenti Common Law…….p. 43 2.2 L’esperienza Inglese come trait d’union tra Commn Law e Civil Law……….p. 50 2.3 Danni punitivi negli Ordinamenti Civil

Law………p. 53

3. Danni punitivi in Italia……….p. 57

3.1 Analisi dell’articolo 96 c.p.c successivamente alla L. 18

giugno 2009……….p. 60 3.2 L’art. 709 Ter c.p.c………..p. 65

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3.3 Art. 125 c.p.i. Retroversione degli utili a confronto con i danni punitivi………p. 68 3.4 Riflessioni su queste ipotesi………p. 70 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE……….p. 72 BIBLIOGRAFIA………...p. 73

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INTRODUZIONE

L’istituto dei punitive damages nasce dalla tradizione statunitense: esso costituisce uno fra gli istituti giuridici caratteristici dei sistemi di common law e, allo stesso modo, uno tra i più controversi del diritto privato di tali Paesi, sia con riferimento ai suoi presupposti teorici, sia considerando le ricadute applicative della sua applicazione.

Nella realtà europea e, più in generale nei sistemi di civil law, -contrariamente a quelli di common law dove l’istituto risulta ampiamente utilizzato - il dibattito circa la validità e la possibile adozione dei punitive damages risulta infatti ancora aperto e tutt’altro che risolto.

Il meccanismo dei punitive damages prevede che (prevalentemente in ipotesi di tort ovvero di responsabilità extracontrattuale) a favore del danneggiato il quale riesca a dimostrare la malice (dolo) o la gross negligence (colpa grave) del danneggiante sia riconosciuto un risarcimento ulteriore rispetto a quello necessario per compensare il danno subito ( compensatory damages).

Si tratta quindi di un istituto chiamato ad assolvere la duplice funzione: punire il colpevole e fungere da deterrente per il futuro verso condotte analoghe.

Gli interrogativi che emergono all’interno del tema e che mi sono proposta di analizzare consistono nel vagliare la possibilità che esistano, nei paesi di common law, delle ipotesi di danni punitivi sul piano sostanziale da ritenere ammissibili ed applicabili altresì all’interno del nostro ordinamento, nonché di approfondire il discusso tema della delibazione e del riconoscimento di sentenze straniere comminanti punitive damages tali all’interno del nostro Paese.

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A tal fine, ho dedicato particolare attenzione all’importante sentenza n. 16601 del 5 luglio 2017 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, all’interno della quale le stesse si sono espresse circa la compatibilità del risarcimento punitivo con il sistema giuridico italiano: in particolar modo, la Corte si è confrontata in via sistematica con la possibilità, a favore del danneggiato, di ottenere il pagamento di una somma superiore a quella strettamente necessaria a reintegrare il danno; ciò al precipuo fine di infliggere una pena al danneggiante (superandosi così l’idea di un carattere monofunzionale della responsabilità civile, costituito dalla finalità reintegratoria del risarcimento). L’analisi della sentenza appare di particolare utilità al fine di valutare se essa comporti di fatto un mutamento del panorama attualmente consolidato – come ampia parte della dottrina ha sostenuto – interrogandosi sulla effettiva portata innovativa della pronuncia. A fronte della diversa visione dello strumento di danni punitivi nel panorama giuridico, ed in virtù dell’idea di valutare se l’accettazione dell’istituto possa estendersi al di fuori dei confini degli ordinamenti di common law, il problema che il giurista nazionale si pone è come contemperare l’esistenza di due approcci completamente diversi, alla responsabilità civile e alle sue funzioni, con la globalizzazione dei rapporti e con l’affermarsi di una lettura polifunzionale di tale istituto.

Da una parte, con riferimento alla globalizzazione dei rapporti giuridici, abbiamo il problema del fatto che gli ordinamenti si muovono verso l’armonizzazione. Da ciò sorge l’esigenza di un riconoscimento transnazionale quindi delle sentenze e questo ci porta al problema dell’accettabilità e della qualificazione di istituti che non soltanto sono sconosciuti al nostro ordinamento, ma che rispondono a delle logiche molto diverse da quelle tipiche della nostra esperienza giuridica. Dall’altra parte, l’evoluzione della

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responsabilità civile anche sulla base di studi economici evidenzia la coesistenza di interpretazioni diverse della responsabilità civile, non esaurendo peraltro completamente la materia. Anche laddove, oltretutto, si voglia accogliere l’impostazione tradizionale dell’istituto in parola, non è detto che l’interpretazione dominante in un determinato periodo storico non possa essere modificata o sostituita in linea con gli sviluppi delle caratteristiche e delle dinamiche sociali, ovvero in virtù di una mutata sensibilità all’analisi giuridica e ai suoi presupposti; in altre parole, può accadere che soluzioni considerate inammissibili o inadeguate in passato, in un momento storico posteriore, possano invece risultare opportune.

In questo senso si pone il problema di capire se la sentenza della Corte di Cassazione del 2017 rappresenti o meno un mutamento del panorama consolidato e, qualora si voglia accogliere una lettura in senso affermativo, se la portata della stessa investa esclusivamente il nostro secondo filone di indagine – la delibazione delle sentenze straniere comminanti danni punitivi – ovvero se presenti delle potenzialità in ottica di modifica della nostra concezione della responsabilità civile in senso sostanziale. Per sviluppare questi interrogativi il presente lavoro si propone di esaminare, innanzitutto, i caratteri della responsabilità civile dal punto di vista dottrinale e giurisprudenziale cercando la sintesi tra diverse istanze di tipo giuridico - economico dell’istituto. Si cercherà di conseguenza di comprendere se, ed eventualmente attraverso quali strumenti, sia possibile individuare uno spazio di legittimità per forme risarcitorie di tipo punitivo.

Nel corso di quest’analisi, tenendo costantemente a mente gli elementi emersi dalla già menzionata sentenza n.16601 del 5 luglio 2017, assumerà particolare importanza la riflessione in merito alle funzioni della responsabilità, la quale deve tener conto

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non soltanto della struttura teorica di fondo dell’istituto ma anche di esigenze di tipo economico; ciò, naturalmente, nei limiti entro i quali queste possano rappresentare un formante essenziale da tenere in considerazione ogni qual volta si parli dell’allocazione di risorse e di distribuzione di incentivi all’interno di un sistema di responsabilità.

Nell’ultima parte si tenterà altresì di dare una visione del tema di maggiore respiro, accogliendo una prospettiva comparatistica, valorizzando l’esperienza inglese come trait d’union tra common law e civil law e volgendo lo sguardo ad ordinamenti extranazionali di civil law.

La dimensione italiana del fenomeno tornerà poi nella presente trattazione; in tal senso si esamineranno alcune ipotesi normative che la dottrina nazionale evidenza come più esemplificative di possibili emergenze di tipo punitivo nel nostro ordinamento; tuttavia, a ben vedere, come si osserverà, in ognuna di queste ipotesi l’ascrivibilità di un danno punitivo non tiene conto del fatto che, in verità, si presentano concorrenti giustificazioni da ricondurre all’interno della responsabilità civile intesa in senso tradizionale. Una prospettiva criticamente attenta appare, in questo senso, auspicabile.

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CAPITOLO I. LA POLIFUNZIONALITA’ DELLA RESPONSABILITA’ CIVILE 1. Nozione unitaria della responsabilità civile Nel linguaggio comune il termine responsabilità sta ad indicare la condizione di chi deve render conto sul piano umano, morale o giuridico, di fatti, attività, eventi di cui è autore o parte in causa, e subirne le conseguenze. Nel linguaggio tecnico giuridico tradizionalmente il termine “responsabilità civileʺ evoca l’idea di un danno subito da qualcuno e l’obbligo di ripararlo a carico di qualcun altro e la riparazione del danno costituisce la sanzione che segue all’accertamento della responsabilità.

L’introduzione dell’istituto della responsabilità extracontrattuale viene fatta risalire al III secolo a.C. con la Lex Aquilia de damno,1 in

cui si fa riferimento per la prima volta al danno ingiusto procurato.2 Tale forma di responsabilità prevedeva il risarcimento

del danno in maniera sensibilmente diversa rispetto ad oggi, in quanto il danno era rapportato non al momento in cui si verificava il fatto illecito ma al maggior valore che questi aveva avuto nell’ultimo anno.

L’elemento centrale della responsabilità era costituito dall’illiceità della condotta: era il fatto ad essere ingiusto e l’ingiustizia era un sinonimo di illiceità.

Il requisito dell’illiceità del fatto rifletteva l’idea che nessuno può essere ritenuto responsabile delle conseguenze di un suo

1 La Lex Aquilia, come definisce Ulpiano, è un plebiscito fatto votare da un

2 Si tratta di un concetto che assume un ruolo determinante nella qualificazione del fatto illecito e rappresenta il presupposto per la risarcibilità di ogni tipologia di danno, sia esso patrimoniale che non patrimoniale.

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comportamento ove tale comportamento non integri la violazione di un obbligo preesistente.

Fonte di responsabilità civile erano solo i fatti previsti dalla legge come illeciti. Da ciò discendeva un risarcimento del danno più oneroso di quello in concreto patito, per tale motivo oggi è frequente l’osservazione secondo cui nel diritto romano la responsabilità extracontrattuale avesse una funzione sanzionatoria.

Tendenzialmente il sistema romanistico fondava la responsabilità sul danneggiante e non sul danno. Tale ricostruzione trova dei riflessi anche nel codice del 1865 3 in cui l’istituto della

responsabilità era fondato sulla punizione del colpevole e sul dogma della funzione sanzionatoria, configurando la presenza di un fatto ingiusto (contra ius) ovvero un atteggiamento doloso o colposo dell’agente che determinava un’offesa di un diritto tutelato erga omnes4 da norme primarie dell’ordinamento.

Data tale funzione, la responsabilità venne definita responsabilità secondaria a contenuto tipico, poiché era una forma di reazione dell’ordinamento alla lesione di diritti assoluti e tutelati unicamente dalla legge. La sanzione prevista per la lesione dei diritti assoluti era la condanna del danneggiante al risarcimento

3Il codice civile italiano del 1865, anche detto Codice Pisanelli dal nome del

Guardasigilli Pisanelli, rappresenta il primo codice civile del Regno d'Italia e fu emanato il 2 aprile 1865. Il Codice fu redatto sotto l'ampio influsso del Codice Napoleonico non per questo è da sempre giudicato come un Codice fotocopia dell'altro. In realtà il Codice Napoleonico fu chiaramente il modello ideale ma ugualmente il Codice Pisanelli presenta novità circa allo stesso soprattutto in campo familiare. In Italia, infatti, l'influsso della tradizione cattolica portò una tendenza meno favorevole alla laicizzazione della materia matrimoniale e familiare cosa che invece era avvenuta in Francia.

4 I diritti assoluti sono quelle situazioni giuridiche soggettive di vantaggio

tutelate erga omnes ovvero nei confronti di tutti gli altri consociati, senza la loro necessaria cooperazione e dunque, ai fini della loro integrazione, non è necessaria l’esistenza di un rapporto giuridico come invece avviene nel caso dei diritti relativi. L'esempio principe della categoria in esame è il diritto di

proprietà, la cui tutela corrisponde alle actiones in rem di diritto romano.

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del danno, secondo un meccanismo simile a quello proprio del diritto penale.5

Con il codice del 19426 si è assistito allo spostamento del

baricentro della responsabilità del fatto illecito al danno ingiusto. E ciò ha comportato anche un radicale cambiamento nella concezione della funzione della responsabilità: non si tratta di sanzionare un comportamento illecito ma di riparare la lesione ingiustamente subita dal danneggiato.

Con tale codice, venne introdotto l’art 2059c.c.7 che espressamente

prevedeva il risarcimento dei danni non patrimoniali nelle ipotesi previste dalla legge, fondando quello che oggi si chiama sistema bipolare: danno patrimoniale da un lato e danno non patrimoniale dall’altro.

Nello stesso codice il legislatore con l’art 2043 c.c.8 introdusse una

forma di responsabilità aquiliana non in termini soggettivi, ossia basata sulla figura dell’autore dell’illecito, ma oggettivi, ove il

5 Corollari di questa impostazione erano: a) la centralità della persona del danneggiante; b) l’imprescindibilità della sussistenza della colpa, quale condizione di imputabilità della responsabilità; c) la commisurazione del risarcimento teneva conto della gravità delle offese e dell’intensità dell’elemento soggettivo; d) la tipicità dell’illecito.

6 Il codice civile italiano del 1942 è un corpo organico di disposizioni di diritto civile e di norme di diritto processuale civile di rilievo generale (es. libro VI - titolo IV) e di norme incriminatrici (es. libro V - titolo XI). Emanato con il Regio decreto 16 marzo 1942, n. 262, in materia di "Approvazione del testo del Codice

civile", e simbolicamente entrato in vigore il 21 aprile dello stesso anno (in

riferimento dalla data convenzionale della fondazione dell’antica Roma) costituisce, insieme alle leggi speciali, una delle fonti del diritto civile italiano in quanto ancora vigente nell'attuale Repubblica Italiana. 7 Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.

8 “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagioni ad altri un danno ingiusto,

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connotato dell’ingiustizia venne riferita non più al fatto (id est al comportamento dell’agente), bensì alla vittima del danno.

Con la nuova impostazione sposata dal codice del ’42 si affermarono diversi principi in ordine all’art 2043c.c. tra cui: l’obbligo del risarcimento del danno quale sanzione9 per una

condotta che si qualificasse come illecito; che il carattere dell’illiceità discendesse sia dalla colpa dell’autore, sia dalla lesione di una posizione giuridica della vittima tutelata erga omnes dalla norma primaria; l’ingiustizia menzionata dall’art 2043c.c. fosse riferita al danno, piuttosto che alla condotta; la responsabilità aquiliana postulasse quindi che il danno inferto presentasse la duplice caratteristica di essere contra ius, cioè lesivo di un diritto soggettivo assoluto, e non iure, cioè derivante da un comportamento non giustificato da altra norma.10

In tal modo, la responsabilità extracontrattuale assunse la forma di responsabilità primaria il cui cardine non era più il fatto illecito, ma il danno ingiusto provocato ledendo non solo i diritti assoluti, come nel codice del 1865, ma tutte le situazioni giuridicamente rilevanti.

Tale evoluzione è culminata con la pronuncia della Corte di Cassazione Sez. Un. n. 500/99.11 Con tale sentenza, riconducendo

il carattere dell’ingiustizia al danno inferto, la Corte di Cassazione ha affermato che l’area della risarcibilità non è definita da altre norme recanti divieti, bensì da una clausola generale, espressa

9 F. QUARTA, La funzione deterrente della responsabilità civile, Napoli, 2010, pp. 55 ss., 82 s., 125 ss. e 316 ss.

10 F. CARINGELLA, L. BUFFONI, Manuale di diritto civile, ed. IV, Roma, 2013, p. 1317.

11 Con la sentenza 500/1999 la Corte di Cassazione ha ribaltato completamente

l’orientamento giurisprudenziale in materia di risarcibilità del danno per condotte illecite della Pubblica Amministrazione, attenuando quella differenza

netta che distingueva i diritti soggettivi dagli interessi legittimi.

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dalla formula “danno ingiusto”. In virtù di tale assunto è risarcibile il danno che presenta le caratteristiche dell’ingiustizia, ossia inferto in difetto di una causa di giustificazione e che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l’ordinamento (contra ius).12

Viene cosi riconosciuta all’art 2043c.c. una funzione precettiva: non più norma “secondaria” volta a sanzionare la violazione di norme “primaria” poste aliunde dall’ordinamento a tutela di diritti soggettivi assoluti, bensì essa stessa norma “primaria” attributiva di un nuovo ed autonomo diritto alla riparazione del danno ingiustamente patito da un soggetto per effetto dell’attività illecita altrui, anche ove l’interesse inciso non rivesta le fattezze del diritto soggettivo assoluto.

Il carattere precettivo riconosciuto all’art 2043c.c. e la nuova prospettiva vittimologica accolta da dottrina e giurisprudenza, hanno determinato il tramonto del dogma della funzione sanzionatoria della responsabilità civile con attribuzione alla stessa di una finalità compensativo-riparatoria. Il nuovo scopo rivestito dall’istituto della responsabilità fa si che il risarcimento assolva al compito fondamentale di restaurare la sfera patrimoniale o non patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, mediante l’attribuzione di una somma di danaro che tenda ad eliminare le conseguenze del fatto dannoso. In poche parole, con il codice del ’42, si amplia l’ambito applicativo della responsabilità extracontrattuale. 12 Cass., S.U., 22 luglio 1999, n. 500.

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2. Individuazione di un’evoluzione della responsabilità civile.

La concezione monofunzionale della responsabilità civile, quale strumento di riparazione del danno patito dal soggetto leso dall’illecito altrui, è stata per lungo tempo dominante in dottrina e nella giurisprudenza di legittimità e da ultimo ribadita dalla Cassazione a Sezioni Unite.13 Tale concezione evidenziava la

primaria esigenza di riparazione dei pregiudizi delle vittime di atti illeciti, con la conseguenza che il momento centrale del sistema fosse rappresentato dal danno, inteso come perdita cagionata da una lesione di una situazione giuridica soggettiva;14 pertanto la

progressiva autonomia della disciplina della responsabilità civile da quella penale ha comportato l’obliterazione della funzione sanzionatoria e di deterrenza15e l’affermarsi della funzione

reintegratoria e riparatoria.

Mano a mano si evidenzia il progressivo superamento della concezione monofunzionale della responsabilità civile da parte della dottrina che da tempo mette in dubbio che la funzione riparatoria-compensativa, seppur prevalente nel nostro ordinamento, sia l’unica attribuibile al rimedio risarcitorio, essendo ad esso del tutto estranea qualsiasi sfumatura punitiva-deterrente.

Le ragioni sottese alla rinnovata attenzione della dottrina ad un possibile recupero alla responsabilità civile della funzione preventiva o deterrente, sembrano attenere all’esigenza di 13 Del 22 luglio 2015 n. 15350. 14 Corte Cost., n. 372 del 1994. 15 V. tra le tante, Cass. n. 1704 del 1997, n. 3592 del 1997, n. 491 del 1999, n. 12253 del 2007, n. 6754/2011.

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assicurare lo strumentario della tutela civile dei diritti di un rimedio idoneo ad assicurare l’effettività della loro protezione16

tutte le volte che la condanna al risarcimento del danno in funzione puramente riparatoria risulti adeguata allo scopo.

Un’attenta dottrina non ha mancato di rilevare come le prese d’atto da parte del legislatore dell’inadeguatezza, sul piano dell’effettività, di una tutela imperniata esclusivamente sul rimedio risarcitorio compensativo, sia alla base di una moltitudine di indici normativi,17 che segnalano la già avvenuta introduzione, nel nostro

ordinamento, di rimedi risarcitori con funzione non riparatoria, ma sostanzialmente sanzionatoria.18

Tali indici normativi palesano un’evoluzione del sistema che imprime sulla responsabilità civile una curvatura diversa rispetto a quella che era tradizionalmente propria, segnando il definitivo superamento della concezione monofunzionale della responsabilità civile, nonché l’abbandono di ogni tentativo di ricostruire l’istituto aquiliano attorno ad un presupposto unificante, che si tratti dell’illecito, del rischio d’impresa, del danno e della esigenza di ripararlo, collocata al centro del sistema

16 G. PONZANELLI, op. cit. 17 La L. 22 Aprile 1941, n. 633, art 158 e soprattutto D.Lgs. 10 Febbraio 2005, n. 30, art 125 in materia di proprietà industriale, che prevede la c.d. teoria della retroversione degli utili. La L. 8 Febbraio 1948, n. 47, art 12 in materia di diffamazione a mezzo stampa. D.Lgs. 24 Febbraio 1998, n.58, art 187 undecies, comma 2 in tema di intermediazione finanziaria.

Art. 709 ter c.p.c inserito dalla L. 8 Febbraio 2006, n. 54, art 2 in materia di responsabilità genitoriale. Art. 96 c.p.c, comma 3, aggiunto dalla L. 18 Giugno 2009, n. 69, art. 45 Art. 614 bis c.p.c introdotto dalla L. 18 Giugno 2009, n. 69, art. 49 D.Lgs. 15 Gennaio, 206, n. 7 ( artt. 3-5) L. 20 Maggio 1970, n.300, art. 18 comma 2, Statuto dei lavoratori. 18 Cass., 16 maggio 2016, n. 9987

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aquiliano all’esito della rimeditazione dell’istituto da parte della civilistica italiana degli anni 60 del secolo scorso.19

Si riscontra dunque l’evoluzione della tecnica di tutela della responsabilità civile verso una funzione anche sanzionatoria e deterrente; pur restando la funzione risarcitoria quella immediata e diretta cui l’istituto è teso, tanto da restare imprescindibile il parametro del danno cagionato.20

19 SCOGNAMIGLIO, Principio di Effettività, Tutela Civile Dei Diritti e Danni

Punitivi, in Responsabilità Civile e Previdenza 2016, pag. 1120B, fasc. 4.

20 Interessante è la parte in cui la Suprema Corte illustra i punti di convergenza e di divergenza tra l’istituto delle astreintes e quello dei danni punitivi: risarcimento del danno ed astreinte costituiscono misure fra loro diverse, con funzione l’uno reintegrativa e l’altra coercitiva, volta a comportare l’induzione all’adempimento;

Entrambe mirano all’adempimento, l’astreinte di un obbligo posto all’interno della relazione diretta tra le parti e da adempiersi in futuro; il danno punitivo all’adempimento futuro dell’obbligazione contrattuale principale, restando però il contenuto suo proprio quello di sanzione per il responsabile; si dovrà parlare, da una parte, di funzione deterrente propria, e dall’altra parte, di funzione deterrente indiretta;

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3. Diverse funzioni della responsabilità civile

La responsabilità civile assolve quattro funzioni fondamentali,21

che possono tra di loro coesistere.22

Si indicano così: a) la funzione compensativa, ovvero di reagire all’atto illecito dannoso, allo scopo di risarcire i soggetti ai quali il danno è stato recato; b) la funzione di ripristinare lo status quo ante nel quale il danneggiato23versava prima di subire il

pregiudizio; c) la funzione punitiva o sanzionatoria, ossia quella di sanzionare l’autore di una condotta riprovevole;24 d) la funzione di

deterrente per chiunque intenda compiere atti o a svolgere attività da cui possano derivare effetti pregiudizievoli per i terzi.25

A queste quattro funzioni si affiancano poi alcune funzioni sussidiarie che più propriamente attengono agli effetti economici della responsabilità civile: e) la distribuzione delle “perdite”, da un lato, f) l’allocazione dei costi dall’altro.26

21 Cfr. per una prima ricognizione di campo PROSSER, Handbook of the Law of

Torts, St. PAUL-MINN, 1964, 22 ss; FLEMING, The Law of Torts, Sidney, 1971, 7

ss.; E WRIGHT, Introduction to the Law of Torts, in C.L.J., 8, 238 ss.; DELL’AQUILA, i principi generali della responsabilità civile nel diritto inglese, Milano, 1989.

22 L’esigenza di una coesistenza fra queste diverse funzioni è segnalata da F. QUARTA, o.c., pp. 129 ss. e 266 ss., il quale, criticando gli orientamenti tradizionali tesi ad attribuire alla responsabilità civile una funzione esclusivamente risarcitoria, sostiene l’utilità di accedere al percorso tracciato dalla scuola del diritto penale minimo, promuovendo un più ampio impiego di sanzioni civili ultracomprensive, parametrate al livello di colpa del danneggiante e alla concreta distanza di fatto lesivo dal limite del giuridicamente tollerabile. 23 C. SALVI, La responsabilità civile, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano 2005, p. 302 ss. 24 G. ALPA, La Responsabilità Civile, Trattato Di Diritto Civile, Milano 1999;

25 G.ALPA- U.BRECCIA- G.BONILLINI- F.CARINCI- M.CONFORTINI- A.IANNARELLI- M.SESTA- G.COTTINO- O.CAGNASSO, La responsabilità Civile.

Parte Generale, Torino, 2010;

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L’identificazione di queste molteplici funzioni27 è frutto di un

approccio analitico che non sempre descrive la realtà delle cose,28

è innegabile, infatti, che mutando periodo storico e ambiente sociale una funzione diviene preminente rispetto ad un’altra, e viceversa.29

Con la prima espressione si intende descrivere esternamente il trasferimento della perdita dal soggetto che l’ha effettivamente subita al soggetto al quale la perdita viene definitivamente accollata.

Con la seconda espressione si ha al riguardo, invece, all’individuazione dei costi relativi all’assunzione del rischio connesso con il verificarsi del danno: costi che sono poi ripartiti tra operazioni di prevenzione e di risarcimento del danno.

è in realtà utopistica e quella sanzionatoria obsoleta, sostiene che le due funzioni rimaste sono quelle che si individuano nelle parole di compesation della vittima e di deterrence dei danneggiati;

27 P. PERLINGERI, le funzioni della responsabilità civile, in Rass. d. civ. 2011, fasc. 1, p. 119: la responsabilità civile non può avere un’unica funzione, ma una pluralità di funzioni, che possono tra loro coesistere; P.G. MONTANERI, la

responsabilità civile, Torino 1998, p. 19: la responsabilità civile ha molte

funzioni, nessuna è in grado da sola di spiegare la complessa struttura delle regole giurisprudenziali sull’illecito civile.

28 G. ALPA, dopo aver elencato le diverse funzioni in linea di massima riconducibili alla responsabilità civile, afferma che la identificazione di queste funzioni, in una scala gerarchica variamente disposta, è frutto di un approccio analitico che non sempre descrive la realtà delle cose;

29 Sull’evoluzione delle funzioni della responsabilità civile, v., altresì, M. FRANZONI, il danno risarcibile, Trattato della responsabilità civile, vol. II, Milano 2010, p. 734-743, il quale ricorda che il principale scopo del codice del 1865 era quello di punire l’azione colpevole mediante il risarcimento, perché veniva attribuito alla colpa il compito di selezionare i danni risarcibili, risultando, così, l’attenzione del legislatore rivolta principalmente al comportamento dell’agente, e che con l’avvento dell’industrializzazione vennero alla luce i limiti della nozione di colpa nella sua accezione psicologico-morale, quale nozione che venne abbandonata in favore di concezioni obiettive. A quel punto il centro della riflessione si spostò dal soggetto agente a quello leso, e la funzione principale della responsabilità divenne quella compensativa a discapito di quella sanzionatoria.

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Nel pensiero della dottrina maggioritaria e della giurisprudenza, le diverse funzioni non esplicano pari incidenza. La rilevanza della terza funzione, quella sanzionatoria dell’illecito, connessa con la potestà punitiva dello stato, si è progressivamente ridotta nei tempi moderni. E ciò è dipeso sia dall’affinarsi degli strumenti del diritto penale,30

sia soprattutto dal prevalere, nell’ambito della teorizzazione dell’istituto della responsabilità civile, della tendenza a risarcire il danno, piuttosto che a colpire il danneggiato.

La funzione preminente è quella riparatoria-compensativa, che riflette la prospettiva vittimologica della responsabilità civile.

3.1 Funzione Riparatoria o Compensativa

Compensare vuol dire rimuovere, in termini pecuniari, un danno provocato, alla stregua di un’ottica di scambio,31 ma che più

precisamente è volto a tentare di ripristinare la situazione di equilibrio iniziale che l’illecito ha violato, colmando questo vuoto attraverso la risorsa pecuniaria.32

La funzione compensativa è indicativa del fatto che è proprio il danno subito a costituire il limite entro il cui ammontare il risarcimento stesso può essere predisposto: in ciò consiste la “compensazione”, nel ripristino della condizione patrimoniale di

30 V. per tutti BRICOLA, Teoria generale del reato, inNoviss. Dig. It., XIX, Torino, 1973, 43 ss., e anche RODOTA’, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1967, 16 ss.

31A. DI MAJO, La Responsabilità civile nella prospettiva dei rimedi: la funzione

deterrente;

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cui la vittima dell’illecito o inadempimento godeva anteriormente allo stesso.33

La funzione compensativa della responsabilità sta infine ad indicare proprio l’inscindibilità tra il danno subito e la responsabilità dell’autore dell’illecito: non può esistere responsabilità senza che si sia verificato un danno.34

La funzione riparatoria-compensativa è una formula di sintesi che comprende le prime due funzioni indicate nel paragrafo precedente: a) la funzione di reagire all’illecito dannoso, lo scopo di risarcire i soggetti ai quali il danno è stato arrecato; b) la funzione di ripristinare lo status quo ante cioè di riportare il danneggiato alla stessa situazione in cui si trovava prima di subire il pregiudizio.

Il risarcimento è un rimedio contro il danno, inteso come modificazione peggiorativa della sfera giuridico patrimoniale della vittima.

Per effetto del risarcimento il danneggiato si viene a trovare nella medesima situazione in cui si trovava prima dell’evento dannoso: egli riceve un’utilità sostitutiva e corrispondente al valore delle conseguenze economiche negative subite; utilità che consente il ripiano della perdita.

33 Cass., 18 luglio 1989, n. 3352, in Foro it., 1990, I, c. 1933, e in Resp. civ. prev., 1990, 88; Cass., 3 ottobre 1987, n. 7389, in Mass. Giur. it., 1987.

34 Si vedrà in seguito che in realtà tale assunto è contraddetto da una serie di situazione in cui l’ordinamento permette il risarcimento del danno in chiave ultra-compensativa (cioè in misura superiore al danno effettivamente subìto). Il che ha portato parte della dottrina a sostenere l’esistenza di modelli normativi di responsabilità con funzione ulteriore rispetto a quella compensativa (ad esempio, deterrente e sanzionatoria).

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La responsabilità civile quindi è uno strumento di reazione al danno ingiusto visto che il risarcimento compensa la vittima per il pregiudizio subito. 3.2 Funzione Punitiva o Sanzionatoria La funzione riparatoria-compensativa è posta in contrapposizione alla funzione sanzionatoria.

Generalmente si disconosce alla responsabilità civile tale ultima funzione proprio perché se ne afferma la funzione riparatoria: il risarcimento mira al ristoro del danneggiato, non alla funzione del danneggiante.

Modelli normativi di responsabilità in chiave sanzionatoria sono propri della società in cui si avverte il potere accentratore dello stato35 e di società in cui non è ancora netta la distinzione tra

responsabilità civile e responsabilità penale.

Il margine di azione di tale funzione si è via via sempre più ristretta in considerazione tanto dell’ampliamento dell’ambito di applicazione del diritto penale quanto alla tendenza della dottrina e della giurisprudenza a respingere questo tipo di funzione. E, infatti, ogni danno è incancellabile e, una volta accaduto, non vi è alcuno strumento fattuale per ottenere il ripristino dello status quo ante, ma il risarcimento che, pur non annullando il danno, ne trasla gli effetti dal danneggiato al danneggiante.

Si constata in dottrina e in giurisprudenza una tendenza all’abbandono dell’idea del risarcimento come sinonimo di sanzione afflittiva36e quindi della concezione della funzione

35 G. ALPA, La responsabilità civile, cit., 160, Trattato di Diritto Civile, Milano 1999;

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punitiva della responsabilità civile che invece aveva caratterizzato l’istituto nel vigore del codice del 1865.

Si è detto che il danno ingiusto è cagionato da un fatto non iure, cioè da un fatto non conforme all’ordinamento.

In altri termini la lesione di un interesse giuridicamente tutelato è cagionato da un fatto non autorizzato dall’ordinamento, non lecito e quindi illecito.

Fonte di responsabilità civile è allora un fatto qualificato illecito dall’art 1173 c.c.37 che cagione un danno ingiusto.

Ne deriva che non è solo il danno ad essere qualificato negativamente ma anche il fatto presenta una contrarietà con l’ordinamento giuridico.

L’illiceità del fatto attiene alla sfera giuridica del danneggiante; il danno ingiusto riguarda la sfera del danneggiato.

Questa doppia prospettiva consente di assegnare alla responsabilità una doppia funzione.

Resta ferma la funzione riparatoria-compensativa per cui, nella prospettiva del danneggiato, il risarcimento deve compensare la perdita subita.

Alla funzione riparatoria si associa quella sanzionatoria; nella prospettiva dell’autore del fatto illecito il risarcimento del danno misura il disvalore dell’ordinamento per la condotta antigiuridica e mira ad affliggere il responsabile, a sanzionarlo per quella condotta.

piuttosto, discorrere di prestazione risarcitoria, disciplinata dalle regole in materia di responsabilità civile, quando si tratta di una prestazione funzionale a riparare il danno effettivamente subito dalla vittima di un fatto illecito; mentre, in presenza di una prestazione intesa a sanzionare una condotta illecita, a prescindere dal danno che ne sia concretamente derivato, il riferimento più proprio sarebbe ad “una prestazione sanzionatoria” del tutto estranea alla tematica della responsabilità civile ed alle sue regola. C. GRANELLI, “in tema di

danni punitivi”, in Resp. Civ. prev., 2014, 19761.

37 Le obbligazioni derivano da contratto, fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità all’ordinamento giuridico.

(22)

3.3 Funzione Preventiva o Deterrente

Alla funzione sanzionatoria è intimamente connessa la funzione di deterrenza38 alla responsabilità civile: l’obbligazione risarcitoria è

volta a disincentivare la produzione di danni e quindi tende a prevenire la commissione di fatti illeciti dannosi.

L’effetto di deterrenza risiede nel fatto che il risarcimento del danno è un fattore economico che l’agente prende in considerazione per valutare vantaggi e svantaggi del suo operare. Trasformato in un costo dell’attività dannosa, il risarcimento induce il soggetto agente a considerare che le conseguenze del suo operare sono più svantaggiose dei profitti che gli possono derivare dall’attività esercitata.

Si ha così un controllo indotto delle attività private; controllo che mira a disincentivare le condotte dannose perché non convenienti. E ciò in ragione di una più attenta analisi dell’evoluzione dei sistemi di disciplina dell’illecito civile.

Tale analisi come si vedrà più avanti consente di registrare l’alternarsi delle tecniche di imputazione della responsabilità per cui l’ordinamento conosce non solo forme di responsabilità soggettiva ma anche ipotesi oggettive.

La prevenzione del danno e l’effetto deterrente della responsabilità civile sono tradizionalmente connessi a forme di responsabilità oggettive ed in ultima analisi al presupposto del fatto illecito e della colpa.

38 P. PERLINGERI, Le funzioni di responsabilità civile, in Rassegna di diritto civile 1/2011, pp. 120 e ss.

(23)

L’ordinamento guarda alla condotta riprovevole del danneggiante, ovvero non iure39 e sanziona il fatto illecito attraverso l’obbligo di

risarcimento che disincentiva la commissione di condotte causative di danni ingiusti.

Nella responsabilità oggettiva, almeno così come è strutturata negli schemi più frequentemente applicati, è dissociata da ogni fattore inerente al comportamento soggettivo dell’agente, posto che l’obbligo di risarcire il danno sorge per il semplice fatto che l’agente ha svolto un’attività rischiosa oppure perché sulla base di una scelta di politica per diritto l’agente appare il soggetto che meglio di altri può sopportare la traslazione del danno.

In tutte queste ipotesi la responsabilità civile conserva una funzione deterrente.

L’obbligo del risarcimento incide sul patrimonio dell’agente; il costo del danno, e spesso del risarcimento, lo induce ad assumere tutte le cautele idonee ad evitare il danno o ad esercitare attività che coinvolgono un più ridotto margine di rischio.

Allora, anche nelle forme di imputazione oggettiva della responsabilità civile, l’obbligo di risarcire il danno diviene un forte strumento di deterrence: il rischio del risarcimento del danno induce l’agente ad adottare tutte le misure idonee a prevenire pregiudizi ai terzi, specie nell’esercizio di attività pericolose o eccessivamente rischiose.

39 L’ingiustizia del danno presuppone, innanzitutto, che il danno sia prodotto

non iure o sine iure. Con tale espressione si vuole spiegare che l’evento lesivo sia

stato cagionato dall’agente a fronte di una condotta che non risulti giustificata e che sia contraria alle valutazioni di giustizia dell’ordinamento. Il comportamento del danneggiante non trova in nessuna disposizione normativa un fondamento che possa indurre a considerarlo consentito; DE FRANCESCO G.

(24)

4. La responsabilità civile quale strumento di tutela nel

contesto dei rimedi di riparazione del danno.

Nel corso dei precedenti paragrafi, si è tentato di fornire un’esposizione generale relativa alla funzione della responsabilità, richiamando seppur in modo sommario una catalogazione dei principali differenti funzioni enucleate dalla dottrina civilistica italiana.

Emerge chiaramente da tale esposizione che l’analisi funzionale della responsabilità civile vive oggi di una costante contraddizione. Da una parte, la dottrina e la giurisprudenza sembrerebbero preferire una concezione monolitica di responsabilità intesa quale strumento di reintegrazione del patrimonio del soggetto che subisce un danno nel proprio status quo ante e come strumento di traslazione del danno dal soggetto che lo ha subito a quello che lo ha cagionato.

Dall’altra, all’interno del nostro ordinamento giuridico ritroviamo molteplici modelli di responsabilità che, con opinione pressoché unanime, si discostano da quello con finalità reintegratorie o compensative, e assumono un ruolo diverso nel contesto dei rimedi di tutela civile dei diritti.

Tale contraddizione potrebbe essere spiegata con la convivenza, nell’ambito del medesimo ordinamento giuridico, di un paradigma generale di responsabilità con funzione reintegratoria e di differenti modelli specifici di responsabilità che derogano al paradigma generale.

Una tale ricostruzione, volta a salvaguardare la validità del principio cui aderire, risulta inidonea a spiegare la complessità del ruolo che la responsabilità ricopre nell’ambito degli strumenti di tutela civile dei diritti.

(25)

A tale riguardo basti ricordare che rispetto al dogma della funzione reintegratoria della responsabilità, la giurisprudenza si è costantemente opposta alla liquidazione di risarcimenti ultra-compensativi che tradiscono la valenza deterrente o sanzionatoria del paradigma di responsabilità, anche nei casi in cui si trattasse meramente di provvedere alla delibazione della sentenza di una Corte straniera a fini esecutivi in Italia.40

L’utilizzo delle argomentazioni di natura pubblicistica che la Suprema Corte ha speso per respingere l’ingresso dei punitive damages statunitensi, confermando la valutazione espressa dalla Corte d’Appello di Venezia circa il contrasto con l’ordine pubblico italiano di una sentenza che contenga a condanna al pagamento di danni punitivi,41 non trovano in realtà nessun appiglio normativo,

poiché il principio dell’integrale riparazione del danno non risulta avere alcuna copertura costituzionale, ma discenderebbe dalla combinazione dei criteri di quantificazione del danno, art 1223 c.c. e dal divieto di arricchimento ingiustificato.42

40 Cass. 19 gennaio 2007 n. 1183, in Responsabilità civile. Prev., 2007, 9, 1890. La sentenza trae origine da un caso di incidente stradale avvenuto nel 1995 in Alabama, negli Stati Uniti, quando un motociclista, dopo una collusione con un’autovettura, perdeva il casco protettivo per un difetto di progettazione della fibbia di chiusura e, rovinando al suolo, batteva la testa decedendo.

A seguito di un’azione di risarcimento danni nei confronti della società produttrice della fibbia difettosa, con sede legale in Italia, la madre della vittima otteneva la condanna della società al pagamento di un milione di dollari nei confronti della donna. Trattandosi della sentenza di una corte statunitense, si rendeva necessaria la delibazione da parte della giurisdizione italiana al fine di porre in esecuzione la sentenza. La Corte d’Appello di Venezia tuttavia rigettava la sentenza vedendo nella pronuncia del giudice statunitense la condanna ad un danno punitivo, con finalità pubblicistiche e pertanto contrario ai principi di ordine pubblico interno. La donna ricorreva in Cassazione deducendo che la sentenza della corte statunitense non è in ogni caso contraria all’ordine pubblico interno, conoscendo anche il nostro ordinamento civilistico istituti di natura e finalità sanzionatoria e afflittiva.

41 App. Venezia, 15 ottobre 2001, in Foro padano, 2002, I, 525; CAMPEIS D., DE PAULI A., Danni punitivi, ordine pubblico e sentenze straniere delibande a

contenuto anfibio, in Nuova giur. civ., 2002, I, 771.

(26)

5. Sentenza N. 16601 del 5 Luglio del 2017 delle Sezioni Unite della Cassazione.

La sentenza delle Sezioni Unite n. 16601/2017 della Cassazione parrebbe porsi in discontinuità, in una prima lettura, contro il riconoscimento di una possibile evoluzione della responsabilità civile, quindi di una polifunzionalità della stessa, riconoscendo invece una nozione cosiddetta unitaria della responsabilità civile. Si riteneva che il compito della responsabilità era unicamente la reintegrazione della sfera patrimoniale del soggetto danneggiato mediante la corresponsione di una somma di denaro al solo fine di eliminare le conseguenze del danno arrecato, considerando cosi come unica funzione quella risarcitoria-compensativa.

È dai suindicati indici normativi e dalla sentenza del 5 luglio del 2017 n. 16601 in commento, le Sezioni Unite, a seguito dell’ordinanza di rimessione n. 9978 del 2016 della prima sezione della Corte di Cassazione, hanno ammesso il riconoscimento di una sentenza statunitense contenente la condanna del soggetto danneggiante al risarcimento di danni ultra-compensativi, ammettendo in via di principio la compatibilità ontologica dei risarcimenti puntivi43 con il vigente ordinamento italiano.

Tale pronuncia descrive l’evoluzione dell’interpretazione del principio di ordine pubblico e dell’istituto aquiliano.

Con la pronuncia della Suprema Corte a Sezioni Unite, non solo è stata riconosciuta la natura polifunzionale della responsabilità civile e la cittadinanza nell’ordinamento italiano dei danni punitivi,

riparazione del danno, in BUSSANI M. (a cura di), La responsabilità civile nella giurisprudenza costituzionale, Napoli, 2006, 67; VILLA G., La quantificazione del danno contrattuale, in Danno e resp., 2010, 1, 37.

43 Cass.,5 luglio 2017, n. 16601, in Quotidiano Giuridico, 2017, PONZANELLI G.,

Le Sezioni Unite sulla delibazione di sentenze straniere di condanna a danni punitivi.

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ma è stato anche implicitamente e definitivamente superato il dogma dell’integrale riparazione come limite massimo del risarcimento.

Sul punto è il caso di ricordare l’orientamento di quella parte della dottrina che per anni ha evidenziato come il sistema della responsabilità civile non svolge la sola funzione compensatoria, bensì risponde a esigenze di giustizia talvolta retributiva, altre volte distributiva,44 oltre che ad una politica coerente all’attuale

assetto economico e sociale, sostenendo che, nelle ipotesi previste, il meccanismo da adottare sia alla fine di evitare l’integralità del risarcimento sia nel caso di introduzione di sistemi diversi da quello puramente compensativo, è quello del combinato disposto dagli artt. 1223c.cc, 1226c.c. e 2056c.c., i quali, oltre a prevedere il contenuto minimo del risarcimento, attribuendo al giudice il potere di valutazione equitativa in relazione alle circostanze del caso; permettendo, di fatto, una valutazione della condotta antigiuridica, del grado di colpevolezza e dell’arricchimento che il danneggiato ha ottenuto con la sua condotta illecita, oltre che il danno subito dalla vittima.45

La Suprema Corta ha riconosciuto che accanto alla preponderante e primaria funzione compensativo-riparatoria dell’istituto è emersa una natura polifunzionale che si proietta verso più aree, tra cui sicuramente principali sono quella preventiva-deterrente e

44 E.J. WEINRIB, Restitutionary Damages as Corrective Justice, 1 Theroretical inq. L. 1,2000; E. J. WEINRIB, Deterrence and Corrective Justice, in 50 UCLA L. Rev. 621, 2000; inoltre sulla funzione organizzativa cfr. P.G. MONTANERI, op. cit, 1998, p. 22.

45 Sul punto v. P.G. MONTANERI, G,M.D. ARNONE, N. CALCAGNO, op. cit. 2014, p. 77, Gli Autori evidenziano come tale criterio sia stato utilizzato in alcune ipotesi anche dalla giurisprudenza; cfe. Cass., 11 maggio 2010, n- 11353, in Foro it, I, 2011, c. 540, con nota di P. PARDOLESI, Abuso sfruttamento d’immagine e danni

punitivi: L’Autore osserva che in questo caso la condanna è in un’ottica

sanzionatoria-punitiva; infatti la Corte ha provveduto a comminare una condanna per lo sfruttamento dell’immagine di un giovane ballerino con la retroversione degli “utili presumibilmente conseguiti dall’autore dell’illecito”.

(28)

quella sanzionatoria-punitiva, aprendo così uno spiraglio all’istituto dei danni punitivi.

La sentenza che si è annotata ha uno spiccato carattere innovativo. Per giungere a tale conclusione le Sezioni Unite sono partite dalla consapevolezza della profonda evoluzione della nozione di ordine pubblico, non fondato sui principi sui quali si fonda la struttura etico-sociale della comunità ma dall’insieme dei principi fondamentali dell’ordinamento interno che tenga conto dell’armonizzazione con il diritto Internazionale e soprattutto con il diritto comunitario.

Su tale base le Sezioni Unite hanno sancito il superamento del dogma del carattere monofunzionale della responsabilità civile ammettendo accanto alla tradizionale finalità di corrispettività compensativa, atta a restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione ripristinandone lo status quo ante del danno, anche la funzione preventiva deterrente e funzione sanzionatoria-punitiva.

Al contempo, le Sezioni Unite avvertono però che non possono essere recepite dal sistema giuridico italiano tutte le decisioni relative a danni punitivi, ciò poiché essendo indefettibile il rispetto dei principi sanciti dagli artt. 23 - 24 e 25 Cost.,46 il connotato

sanzionatorio può ammettersi solo qualora chiaramente previsto da una adeguata norma di legge dell’ordinamento straniero.

46 Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

(29)

CAPITOLO II. ANALISI ECONOMICA DEL DIRITTO 1. Analisi economica del diritto e responsabilità civile

La responsabilità civile è stata oggetto di analisi economica del diritto. 47 Secondo i principi tradizionali lo scopo della

responsabilità civile è quello di compensare le vittime per i danni sofferti, al fine di ristabilire il loro iniziale livello di benessere, utilizzando quindi una funzione distributiva e deterrente.

La teoria tradizionale della responsabilità civile è adatta ad una particolare visione della vita in società. Nelle interazioni quotidiane ci imponiamo dei rischi, per controllarli la società ha sviluppato norme di condotta ragionevole. Quando tali norme sono violate né può risultare un danno, ed i suoi costi devono essere sopportati dal soggetto responsabile di tale pregiudizio.

Gli economisti ritengono che tramite la responsabilità civile si può ottenere un’efficiente allocazione delle risorse.

Oltre all’approccio tradizionale vi è l’analisi economica del diritto,48 che è interessata a incentivi per un comportamento di

efficienza allocativa. Da questo punto di vista la responsabilità ha

47 G. ALPA, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998; P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961; U. MATTEI, Tutela inibitoria e tutela risarcitoria, Giuffrè, Milano, 1987; P. MONATERI, La responsabilità civile, nel Trattato di diritto civile, Utet, 1998; G. CALABRESI, Costo degli incidenti e responsabilità civile, Giuffrè, Milano, 1975; R. PARDOLESI, Profili comparatistici di analisi economica del diritto privato, Bari, 2015.

48 A.POSNER, The Economic Structure of Tort Law, 1987; S. SHAVELL, An

Economics Analysis of Accident Law, 1987; R.COOTER e T.ULEN, Law and Economics, 2a ed., Berkeley, 1997 tr. It. a cura di PARDOLESI, MATTEI E

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la funzione di indurre i decisori a considerare i danni che i loro atti, o le loro omissioni, possono cagionare ad altri.

Tali danni sono nel gergo degli economisti “costi esterni”.

Perciò lo scopo della responsabilità civile, in quest’ottica, è quello di “internalizzare” gli incidenti, se gli incentivi sono ottimali, vittime e danneggianti mantengono un livello di precauzione che minimizza il costo sociale degli incidenti,49 ossia massimizzare il

beneficio delle attività economiche creatrici del rischio, al netto degli incidenti stessi.50

Si nota così il contrasto tra la teoria tradizionale “giustizia correttiva” e l’efficienza, in quanto nel primo profilo notiamo che si vuole ristabilire la distribuzione di benessere che preesisteva alla lesione, nel secondo profilo lo scopo è quello di indurre ogni soggetto a tener conto, nel proprio computo costi-benefici, di tutte le conseguenze economiche che la propria attività genera.

Le regole di responsabilità dovrebbero mirare a minimizzare i costi sociali degli incidenti, cioè la somma dei costi preventivi, del danno e dei costi transattivi.51 Adottando un criterio di imputazione basato sulla colpa si avrà che i costi di prevenzione degli incidenti verranno sopportati in parte dai potenziali danneggianti, ed in parte dai potenziali danneggiati. Nella responsabilità per colpa il danneggiante è tenuto a risarcire i danni arrecati soltanto se riconducibili a propria negligenza. 49 RECCHIA e SABBADINI, I costi sociali degli incidenti stradali, Milano, 1982. 50 G. FREZZA, F. PARISI, Responsabilità civile e analisi economica, Milano, 2006, p.2. 51 G. CALABRESI, The Costs of Accident: A legal and Economic Analysis, cit., 26-31, 1970, per costi transattivi si intendono quei costi funzionali all’individuazione delle responsabilità dei soggetti coinvolti nel sinistro, mentre i costi preventivi sono quelli derivanti dall’adozione delle misure di precauzione rispetto agli

(31)

In particolare il danneggiante sarà chiamato a rispondere dei danni solo nel caso di mancata adozione delle misure precauzionali richieste, diversamente qualora il sinistro si verifichi nonostante l’adozione delle dovute misure, nulla si avrà nei confronti del danneggiante e il danno dovrà restare in capo alla vittima.

Secondo l’approccio dell’analisi economica del diritto le ragioni dell’esclusione della responsabilità del danneggiante risiede sull’esigenza di incentivare anche le potenziali vittime a comportarsi in modo diligente, adottando le misure precauzionali opportune, c.d. obblighi di prevenzione bilaterali.52

Adottando invece un criterio di imputazione basato sulla responsabilità oggettiva restano valide le considerazioni sopra svolte circa la necessità di minimizzare il costo sociale degli incidenti, con la differenza che in questo caso il rispetto dei livelli di diligenza ottimali non esonera il danneggiante da responsabilità. Con essa si stabilisce che tutte le attività sono illecite e comportano in caso di danno un risarcimento efficiente, quindi il danneggiante paga anche se incolpevole.

La conseguenza, quindi, che ne deriva dalla responsabilità oggettiva è il massimo grado di deterrenza. Se il danneggiato adempie, indipendentemente dal fatto che abbia agito con dolo o colpa, ci sarà maggiore deterrenza.

Dall’altra parte la conseguenza negativa, invece, comporterebbe la non attenzione all’effettiva allocazione delle colpe, rischiando di non riuscire a discriminare tra un fatto più grave o meno grave. Il danneggiante sarà tenuto a risarcire in ogni caso la vittima di ogni conseguenza dannosa che sia riconducibile alla sua attività, effetto che si riscontra dal punto di vista dell’allocazione degli

52 COOTER, MATTEI, PARDOLESI, ULEN, op. cit., p. 397.

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incentivi, ovvero pretendere il massimo grado di deterrenza in sacrificio di una allocazione che sia più aderente alle effettive condotte.

In entrambi i casi gli oneri devono mantenere sempre un costo non superiore ai valori dei danni attesi, altrimenti l’adozione di misure di sicurezza ulteriori verrebbe ad esser considerata una conseguenza negativa perché ritenute eccessive e subottimali.

2. Analisi economica del diritto e danni punitivi

L’esame delle acquisizioni dell’analisi economica in tema di responsabilità civile colposa e oggettiva, ci consente di comprendere meglio la funzione dei risarcimenti punitivi.

I danni punitivi rappresentano un correttivo rispetto al risarcimento del danno, in conseguenza del fatto che non tutte le vittime vengono concretamente risarcite dei pregiudizi subiti. In definitiva i danni punitivi servono a ristabilire una situazione di risarcimenti perfetti in assenza di fattori di disturbo quali costi processuali o di altro genere.53

Essi rappresentano uno strumento di internalizzazione perfetta dei costi esterni creati dall’attività intenzionale del danneggiante. Buona parte dei gius-economisti nordamericani conferma ancora oggi che la finalità sanzionatorio – deterrente dei punitive damages rappresenta uno strumento economicamente efficiente rispetto al contenimento del costo sociale degli incidenti. La Law and Economics individua l’opportunità di applicazione dei danni punitivi in presenza di casi diversi, ovvero rappresentano le diverse ragioni per cui è posto in essere l’illecito. 53 Idem, p. 437.

(33)

Secondo la ricostruzione dottrinale un primo caso è quello dell’illecito commesso dal danneggiante che si sia rappresentato concrete possibilità di sfuggire alla condanna (c.d. escape liability). Tale circostanza si verifica in tutti in casi in cui il danneggiante si sia prefigurato le difficoltà, economiche e processuali, che la vittima dovrà affrontare per far valere il suo diritto in giudizio, e ne abbia approfittato tenendo la condotta antigiuridica.

Un secondo caso è rappresentato dai c.d. illeciti strategici,54 ovvero

illeciti che vengono commessi in danno di un soggetto, con la precisa finalità di scoraggiare altri soggetti posti nelle medesime condizioni.

Un terzo caso è quello dell’illecito commesso al fine di lucrare un profitto il cui ammontare è superiore rispetto ai danni cagionati alla vittima.

In queste ipotesi la sola condanna al pagamento dei compesatory damages non assicurerebbe una idonea funzione deterrente rispetto all’illecito, in quanto anche a fronte della esecuzione della sentenza, il danneggiante residuerebbe un profitto netto che potrà ritenere per se’.55 Una volta evidenziate le diverse ragioni per cui è posto in essere l’illecito, occorrerà procedere nella individuazione delle differenti risposte sanzionatorie che l’ordinamento può predisporre in vista di un obiettivo di deterrenza che sia efficiente.56

Pertanto, una volta individuate le esternalità negative occorrerà quantificarle al fine di ricollocarle, tramite lo strumento risarcitorio, in capo ai soggetti danneggianti. 54 D. FRIEDMAN, op. cit, 398. 55 P. PARDOLESI, Profitto illecito e risarcimento del danno, 2005, p. 26 e ss. 56 G. CALABRESI, Costo degli incidenti e responsabilità civile, p. 33.

(34)

Occorrerà in questo caso diversificare il quantum dei danni punitivi in relazione al tipo di illecito commesso e al concreto ammontare delle esternalità realizzate.

Di conseguenza la risposta dell’ordinamento, in termini punitivi, dovrà diversificarsi a seconda che l’illecito sia commesso in situazioni di escape liability, di illeciti strategici ovvero di guadagno del danneggiante superiore al danno della vittima.

I primi due casi rappresentano quelle circostanze in cui la misura complessiva dei risarcimenti che vengono corrisposti alle vittime è inferiore alla somma totale dei danni cagionati.

In presenza di dette circostanze la misura sanzionatoria idonea a svolgere una funzione deterrente, sarà quella del c.d. multiplier principle.57Il principio prevede che in tutti i casi in cui il

danneggiante abbia una significativa probabilità di non essere condannato al risarcimento, la condanna per quel tipo di illecito deve ammontare al danno causato, moltiplicato per la probabilità che il danneggiante sia ritenuto responsabile.

La concessione di condanne punitive risulta efficiente solo in ipotesi di illeciti intenzionali o dolosi. Infatti secondo quanto abbiamo osservato in tema di responsabilità per colpa e responsabilità oggettiva, in entrambi i casi, gli oneri precauzionali dei potenziali danneggianti devono mantenersi entro un costo che non sia superiore al valore dei danni attesi. Altrimenti, l’adozione di misure di sicurezza ulteriori comporterebbe che il costo sociale degli incidenti tornerebbe a crescere per via di costi di prevenzione eccessivi.

Risulta agevole rilevare come l’applicazione di condanne punitive in caso di illeciti colposi o non colposi avrebbe quale conseguenza negativa l’adozione, da parte dei potenziali danneggianti, di misure

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di sicurezza eccessive e subottimali. Da ciò, ne deriva confermata l’inopportunità di far ricorso ai danni punitivi in presenza di colpa ovvero di semplice responsabilità oggettiva.

3. Sentenza Philip Morris e la decisione della Corte Suprema Americana

Al fine di comprendere quali sono i criteri che devono guidare i giudici nell’erogazione della valutazione dei danni punitivi, un significativo esempio nell’ordinamento, dove i danni punitivi hanno la maggiore applicazione ovvero quello americano, è rappresentato dalla sentenza Philip Morris.

Tale sentenza costituisce sostanzialmente il punto di riferimento dei danni punitivi, che conseguentemente è criterio di interpretazione della disciplina dei danni punitivi anche laddove se ne volesse ipotizzare un trapianto giuridico in ordinamenti diversi.

La decisione resa dalla Corte Suprema degli Stati Uniti58 nella

causa Philip Morris USA contro Williams merita di essere segnalata sia per il clamore suscitato dalla decisione, sia per l’importanza dei principi affermati dalla Corte Suprema,59 ovvero limitazioni della

libertà della giuria nella determinazione quantitativa dei punitive damages, giustificata sulla base della lesione del due process of law che essi comporterebbero qualora si presentassero come glossy excessive.

58 Supreme Court of the United States, 20 febbraio 2007; Philip Morris USA c.

Williams.

59 Phlip Morris USA v. Williams, 549 U.S. (2007). La Sentenza è annotata da G. PONZANELLI, I danni punitivi sempre più controllati; La decisione Philip Morris

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I punitive damages possono qualificarsi o meno incostituzionali perché “glossy excessive” sulla base di tre criteri di determinazione, superabili qualora tale deroga apparisse necessaria per finalità di deterrenza:

a) i danni punitivi devono mantenere un rapporto di proporzionalità con la gravità della condotta, infatti la Corte sancisce che una pena pecuniaria pari a dieci volte la somma concessa a titolo riparatorio debba considerarsi lesiva del principio di due process of law; b) ovvero devono trovarsi in misura tale da potersi ragionevolmente rapportare con i danni compensativi accordati per riparare il danno attuale o potenziale subito dalla vittima, la giuria non può prendere in considerazione condotte poste in essere al di fuori dello stato in cui viene instaurato il trial per il risarcimento; c) devono essere determinati tenendo conto anche delle sanzioni penali che la legge prevede come applicabili in casi simili, questo serve a determinare un massimale di sicurezza .

Ripercorriamo sinteticamente le tappe che hanno portato alla decisione, per ben comprendere il percorso complesso.

La sig.ra Mayola Williams, vedova erede del sig. Jesse Williams, instaurava davanti la Circuit Court della Contea di Multnomah, in Oregon , una causa contro la Philip Morris USA.

La vedova Williams esponeva che il marito era un accanito fumatore di sigarette prodotte dalla convenuta ed era deceduto nel 1997 per cancro ai polmoni. Secondo la parte attrice tale malattia sarebbe stata causata dal comportamento fraudolento della Philip Morris colpevole di aver creato nel pubblico la falsa impressione che il fumo di sigarette non fosse dannoso alla salute.

Sulla base di queste premesse, chiedeva il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali e il riconoscimento di punitive damages entro il limite di 100 milioni di dollari.

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