Capitolo III Analisi empirica: la metodologia DEA
3.2 la Data Envelopment Analysis
La DEA è una metodologia per la valutazione dell’efficienza di unità decisionali chiamate DMU (decision making unit) le quali presentano una struttura molteplice di input e output. Le unità decisionali possono essere imprese, organizzazioni no-profit, scuole, università, musei, teatri, organizzazioni culturali, ovvero una qualsiasi organizzazione che può essere vista come una unità produttiva, che impiega delle risorse (input) per ottenere dei risultati in termini di produzioni e servizi (output).
Tecnologia un input-un output
Per poter spiegare la metodologia al meglio, si determina in primo luogo il caso più semplice in cui può essere applicata la DEA che è quello in cui si valuta l’efficienza di un solo input e di un solo output.
In questo caso, utilizzando come misura di efficienza la produttività media dell’impresa, essa è espressa dalla seguente formula: 𝐸! ="#$%#$
&'%#$ = (!
)!
Dove xa e ya rappresentano l’input e l’output impiegato dall’impresa A. Per cui, l’efficienza dell’impresa A, dipende dal risultato di Ea.
Per osservare la situazione in maniera più chiara, l'impresa A può essere rappresentata come un punto nel piano con coordinate (xa; ya) e la produttività media di A può essere visualizzata come la pendenza della retta passante per “A” e per l'origine degli assi.
Figura 3.1: Rappresentazione grafica dell’impresa A.
Se si vuole confrontare l'efficienza di più imprese è sufficiente calcolare la produttività media di ciascuna impresa. L'impresa più efficiente sarà l'impresa a cui corrisponde la più alta produttività e si posizionerà sulla frontiera efficiente, cioè la retta sulla quale si posizionano tutte le DMU efficienti.
Una volta che si è calcolata l’efficienza assoluta di ogni DMU, è possibile calcolare l’efficienza relativa, la quale mette in correlazione una DMU con la DMU più efficiente. Per calcolare l'efficienza relativa è sufficiente dividere l'efficienza assoluta di una DMU per la efficienza assoluta della DMU più efficiente.
𝑒* = 𝐸* 𝐸+
Dove Eb rappresenta l’efficienza della DMU benchmark.
Nel caso in cui un'impresa risultasse essere inefficiente, essa può migliorarsi in due modi: riducendo l’input a parità di output oppure aumentando l'output a parità di input.
Tecnologia due output un input.
Successivamente si affronta il caso in cui si confrontano imprese che utilizzano un solo input per ottenere due output. Nella misurazione dell’efficienza di queste imprese risulta ragionevole giudicare più efficienti quelle imprese che a parità di input riescono ad ottenere maggiori quantità di entrambi gli output.
Possiamo visualizzare graficamente la situazione rappresentando le imprese in un piano considerando gli assi come: ,-./-. 1
23/-. ,
,-./-. 4 23/-. .
Figura 3.3: Rappresentazione grafica della tecnologia due output e un input.
La frontiera efficiente è rappresentata dalla linea rossa sulla quale sono posizionate le due imprese efficienti “B” e “C”. Ciascun punto che si trovi sulla frontiera efficiente ha la caratteristica tale per cui un output non può essere migliorato senza peggiorare inevitabilmente il valore dell’altro.
La regione costituita dalla frontiera efficiente e dagli assi cartesiani, contenente i punti che rappresentano le imprese, viene chiamata insieme delle possibilità di produzione.
La imprese la cui efficienza non si trova sulla frontiera efficiente possono misurare la propria efficienza prendendo come riferimento i punti sulla frontiera.
Prendendo ad esempio l’impresa “A” al fine di misurare la sua efficienza è sufficiente confrontarla con un’impresa virtuale “P” che si trova sulla frontiera efficiente e che abbia la caratteristica di avere lo stesso rapporto di output di “A”.
L'efficienza dell'impresa “A” è calcolata come il rapporto tra la distanza 𝑂𝐴&&&& e la distanza 𝑂𝑃&&&&. In particolar modo questa misura dell’efficienza viene chiamata misura dell’efficienza radiale ed è espressa dal rapporto di due distanze.
Tecnologia due input un output.
Per quanto riguarda la situazione opposta, ovvero il modello dove si utilizzano due input e un output, è molto simile alla tecnologia due output- un input. Ciò che risulta cambiare è che verranno giudicate efficienti quelle imprese che a parità di output, impiegano meno input. Nella figura sottostante è rappresentato un esempio di tecnologia a due input e un output.
Figura 3.5: Rappresentazione grafica della tecnologia due input e un output, con il relativo confronto tra la DMU inefficiente e la DMU virtuale.
In questo modello gli assi sono rappresentati dalle variabili: 23/-. 1,-./-., 23/-. 4,-./-.. La linea rossa sta ad indicare nuovamente la frontiera efficiente sulla quale si posizionano tutte le DMU risultate efficienti. Nuovamente, per calcolare l’efficienza dell’impresa R la si confronta con un’impresa virtuale P avente lo stesso output di R. L’efficienza “radiale” di R è espressa dal rapporto tra la distanza tra la distanza 𝑂𝑃&&&& e la distanza 𝑂𝑅&&&&, esplicata dalla seguente formula: 𝑒5 = 6 (,;6(,89999)9999) .
3.2.1 Il modello CCR
Il modello CCR è in grado di misurare l’efficienza di DMU con multi-input e multi-output.
Par cui consideriamo n unità decisionali (DMU) F1, F2, …, Fn, che utilizzano m input per produrre s output, secondo le seguenti proprietà (Cooper et al. 2007):
- i dati numerici sono disponibili per ogni input e output di ciascuna DMU a condizione che siano positivi;
- gli input, gli output e la scelta delle DMU dovrebbero allinearsi all’interesse di un analista o di un manager nelle componenti che entrano a far parte della misurazione di efficienza relativa delle DMU;
- in principio un numero ridotto di input ed un numero maggiore di output risulta essere preferibile per un corretto calcolo dell’efficienza.
- Le unità di misura delle diverse entrate e uscite non devono necessariamente essere uguali.
Assumiamo che gli input e gli output per ogni DMU siano rispettivamente (𝑥1*,.., 𝑥<*) per gli input e (𝑦1*,..., 𝑦=*) per gli output. Gli input e gli output sono rappresentati come segue, con la matrice X inerente agli input e la matrice Y agli output (Cooper et al. 2007):
X = , 𝑥11 𝑥14 … 𝑥13 𝑥41. . … . 𝑥44 … 𝑥43 . . … . 𝑥<1 𝑥<4 … 𝑥<3 0 Y = , 𝑦11 𝑦14 … 𝑦13 𝑦 . . … . 41 𝑦44 … 𝑦43 . . … . 𝑦=1 𝑦=4 𝑦=3 0
Inoltre, associamo agli input e agli output dei pesi virtuali, ottenendo il seguente quadro completo:
- yrj= output di tipo “r” impiegato nell’impresa Fj (r= 1, …, s). - xij= input di tipo “i” impiegato nell’impresa Fj (i= 1, …, m). - ur= peso associato all’output di tipo r (r= 1, …, s).
- vi= peso associato all’input di tipo i (i= 1, …, m).
Con queste premesse, possiamo elaborare l’indicatore di efficienza dell’impresa Fj:
𝐸*> = 𝑉𝑖𝑟𝑡𝑢𝑎𝑙 𝑜𝑢𝑡𝑝𝑢𝑡 𝑉𝑖𝑟𝑡𝑢𝑎𝑙 𝑖𝑛𝑝𝑢𝑡 = ∑=5?1𝑢5𝑦5 ∑< 𝑣@𝑥@*> @?1 = 𝑢1𝑦1*>+ 𝑢4𝑦4*>+ ⋯ + 𝑢=𝑦=*> 𝑣1𝑥1*>+ 𝑣4𝑥4*>+ ⋯ + 𝑣<𝑦<*>
La caratteristica del modello è che i pesi non vengono fissati a priori dal decisore ma vengono derivate direttamente dai dati del problema e sono calcolati risolvendo un problema di ottimizzazione. Si tratta di determinare per ogni unità decisionale il suo migliore insieme di pesi cioè i “pesi ottimi” che consentono di rendere massimo il suo indice di efficienza relativamente ai vincoli sull’efficienza delle altre unità decisionali.
Se anche attraverso l’uso di pesi ottimi si assesta una situazione in cui l'impresa non è efficiente allora non si può affermare che la sua “non efficienza” sia dovuta ai pesi associati.
Il problema di efficienza relativa dell’azienda che per comodità denomineremo Fj0, si sviluppa come segue: [P]A*> = ⎩ ⎪ ⎪ ⎨ ⎪ ⎪ ⎧max Ε*" =∑ -#(#$" % &'( ∑*)'(C)))$" (1.1) 𝑐𝑜𝑛 𝑖 𝑣𝑖𝑛𝑐𝑜𝑙𝑖 (1.2) Ε* =∑%&'(-#(#$ ∑+,'(C)))$ ≤ 1 (𝑗 = 1,2, … , 𝑛) (1.3) 𝑢5 ≥ 0 (𝑟 = 1, … , 𝑠) (1.4) 𝑣@ ≥ 0 (𝑖 = 1, … , 𝑚) (1.5)
Le variabili del problema [P] sono i pesi ur= (u1,…,us ) e vi( v1,…,vm). Il valore ottimo della funzione obbiettivo Ej0* rappresenta l’indice di efficienza ottimo per l’unità Fj0; si noti che per effetto dei vincoli, il valore ottimo della funzione obbiettivo deve essere minore od uguale a uno. Il problema [P] dovrà essere formulato da ciascuna impresa F1, F2,…, Fn riportando un indice di efficienza ottimo per ciascuna di esse.
Inoltre, è importante sottolineare che il vincolo di non negatività 1.5 non è sufficiente a far si che i termini frazionari 1.3 abbiano un valore positivo. Di conseguenza, analizzando tale assunzione in termini manageriali, si definisce che tutti gli input e gli output hanno un valore non-zero e che per questo sia necessario attribuire ai pesi di ur e vi dei valori che siano positivi (Cooper et al. 2007).
Il problema precedente può essere trasformato, in un problema di programmazione lineare, secondo due modelli: input-oriented e output-oriented.
Il modello input-oriented si sviluppa come segue:
[PL]A*> = ⎩ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎨ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎧max 𝛿 = U 𝑢5𝑦5*> D E?1 (2.1) 𝑐𝑜𝑛 𝑖 𝑣𝑖𝑛𝑐𝑜𝑙𝑖 U 𝑣@𝑥@*> F G?1 = 1 (2.2) U 𝑢5𝑦5* D E?1 − U 𝑣@𝑥@* F G?1 ≤ 1 (𝑗 = 1,2, … , 𝑛) (2.3) 𝑢5 ≥ 0 (𝑟 = 1, … , 𝑠) (2.4) 𝑣@ ≥ 0 (𝑖 = 1, … , 𝑚) (2.5)
Il problema [P] ed il problema di programmazione lineare [PL] sono equivalenti, in quanto dalla risoluzione degli stessi si ottiene lo stesso valore ottimo della funzione obbiettivo. Per cui, proprio
Una volta risolto il suddetto problema si potrà osservare se l’impresa agisce in maniera efficiente o in maniera inefficiente. Se Ej0 = 1, allora l’impresa in questione è considerata radialmente efficiente, se invece risultasse Ej0 < 1, verrebbe considerata radialmente inefficiente.
Un’impresa nel modello DEA CCR risulta efficiente se è conforme alla seguente definizione: una “decision making unit” è CCR efficiente, se 𝛿*=1 ed esiste almeno una soluzione ottima (v*; u*), con v* > 0 e u* > 0. In caso contrario la DMU è detta “CCR inefficiente”.
Tutte le imprese che vengono considerate radialmente efficienti vanno a costituire, come già visto in precedenza, la frontiera efficiente a cui le imprese inefficienti devono tendere per poter migliorare il proprio rendimento.
Di seguito si presenta, invece, il modello di programmazione lineare attraverso l’approccio output- oriented, riferito al modello input-oriented (2.1-2.5):
[PL]A*> = ⎩ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎨ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎧min 𝜂 = U 𝑣@𝑥@*> F G?1 (3.1) 𝑐𝑜𝑛 𝑖 𝑣𝑖𝑛𝑐𝑜𝑙𝑖 U 𝑢5𝑦5*> D E?1 = 1 (3.2) − U 𝑢5𝑦5* D E?1 + U 𝑣@𝑥@* F G?1 ≥ 0 (𝑗 = 1,2, … , 𝑛) (3.3) 𝑢5 ≥ 0 (𝑟 = 1, … , 𝑠) (3.4) 𝑣@ ≥ 0 (𝑖 = 1, … , 𝑚) (3.5)
Nel modello output-oriented in questione si affronta un problema di minimizzazione dato che il modello input-oriented (2.1-2.5), a cui si fa riferimento, presenta un problema di massimizzazione. Nuovamente, se 𝜂 = 1, l’impresa J0 verrà considerate efficiente, se 𝜂 < 1 allora l’impresa verrà considerata non efficiente (Charnes, et al. 1978).
Dal problema primale si può ottenere un problema duale dal quale si ottengono nuove importanti informazioni. Per ottenere il problema duale si pone il problema primale in forma compatta, prendendo in considerazione tutti i suoi elementi:
- yj0= vettore degli output di Fj0, yj0= (y1j0, …, ysj0);
- xj0= vettore degli input di Fj0, yj0= (x1j0, …, xmj0);
- X= matrice degli input per tutte le unità decisionali; 𝑋 = Y
𝑥11 ⋯ 𝑥13
⋮ ⋱ ⋮
𝑥<1 ⋯ 𝑥<3\
- Y= matrice degli output per tutte le unità decisionali; Y= Y
𝑦11 ⋯ 𝑦13
⋮ ⋱ ⋮
𝑦=1 ⋯ 𝑦=3\
- u= vettore dei pesi associati agli output u= (u1, …, us);
- v= vettore dei pesi associati agli input v= (v1, …, vm);
Da, ciò si elabora il seguente problema di programmazione lineare primale in forma compatta:
[PL]A*> = ⎩ ⎪ ⎪ ⎨ ⎪ ⎪ ⎧ max 𝑢𝑦*> (4.1) 𝑐𝑜𝑛 𝑖 𝑣𝑖𝑛𝑐𝑜𝑙𝑖 𝑣𝑥*> = 1 (4.2) −𝑣𝑋 + 𝑢𝑌 ≤ 0 (4.3) 𝑣 ≥ 0 (4.4) 𝑢 ≥ 0 (4.5)
Il problema duale, se il problema primale mostra una funzione di massimizzazione, presenterà una funzione di minimizzazione. Inoltre, Per costruire i coefficienti della funzione obiettivo del problema duale si utilizzano i termini noti dei vincoli del primale, che saranno i coefficienti della nuova funzione obiettivo del problema duale. Se il problema primale presenta due vincoli, allora la funzione obiettivo del problema duale presenterà due variabili e così via dicendo. Osservando la funzione del problema primale sotto forma matriciale, si osserva che il relativo problema duale non è altro che la matrice trasposta del primale. Quindi, il problema duale avrà tante variabili quanti sono i vincoli del problema primale. Perciò, il problema duale relativo al problema primale input-oriented (4.1- 4.5), risulta come segue: [PLD]A*> = ⎩ ⎪ ⎪ ⎨ ⎪ ⎪ ⎧min 𝜃*> (5.1) 𝑐𝑜𝑛 𝑖 𝑣𝑖𝑛𝑐𝑜𝑙𝑖 𝜃𝑥*>− 𝜆𝑋 ≥ 0 (5.2) 𝜆𝑌 ≥ 𝑦*> (5.3) 𝜆 ≥ 0 (5.4) 𝜃 𝑙𝑖𝑏𝑒𝑟𝑎 (5.5)
Il problema duale consiste nella ricerca di eventuali imprese virtuali che vanno a dominare l’impresa target. Tale impresa virtuale con input 𝜆𝑋 e output 𝜆𝑌, non è altro che una DMU nella quale gli input sono una combinazione lineare degli input delle imprese reali (F1, F2, …, Fn) e gli output sono una combinazione virtuale degli output delle imprese reali (F1, F2, …, Fn). Per cui 𝜆𝑗, è una variabile che permette di effettuare delle combinazioni lineari tra gli input e gli output delle DMU.
Dal vincolo (5.3) si osserva come l’output della DMU virtuale debba essere maggiore o uguale al vettore degli output della DMU target, mentre dal vincolo (5.2) si denota come il vettore degli input dell’impresa virtuale, debba essere minore od uguale del vettore degli input dell’impresa target, moltiplicato per 𝜃.
La soluzione ottima della funzione obbiettivo 𝜃∗ è un valore che si trova all’interno di un range di numeri che va da 0 a 1. Per cui se il valore ottimo è 𝜃∗ < 1 allora l’impresa target non è efficiente. Inoltre, dai vincoli 5.3 e 5.4 si possono ricavare le seguenti variabili slack (Charnes, et al. 1978): 𝑠I = 𝜃𝑥
*>− 𝑋𝜆 𝑠I≥0 “input excesses”
𝑠J = 𝑌𝜆 − 𝑦
*> 𝑠J≥0 “output shortfalls”
Nel caso in cui una DMU presenti un indice di efficienza 𝜃*= 1, presentando delle variabili slack positive, allora tale DMU è detta “efficiente in senso radiale”, ma in essa è presente un’efficienza mista. Tale impresa viene anche definita “debolmente efficiente” (Charnes, et al. 1978). Secondo un’ottica manageriale, in questo caso di efficienza mista causata dalla presenza di variabili slack positive, è ancora possibile ricercare la piena efficienza, ovvero migliorare qualche input o output senza peggiorarne altri.
L’assunzione delle variabili “slack” implica l’introduzione di una nuova definizione di efficienza: un’unità decisionale Fj0 è pienamente efficiente se 𝜃*= 1 e tutte le variabili slack sono nulle. Tale definizione è l’espressione della cosiddetta efficienza di Pareto-Koopmans, di cui la proprietà estesa afferma che ogni DMU si può considerare pienamente efficiente se e solo se nessuno degli input e degli output può essere migliorato senza peggiorarne altri. (Charnes, et al. 1978)
Inoltre, dal problema duale si possono trarre ulteriori informazioni, come il “reference set” per un’unità decisionale che sia risultata inefficiente. Il “reference set” per le DMU Fj0 è rappresentato da quelle imprese a cui è assegnato un valore delle variabili duali maggiore di zero 𝜆*∗ > 0 che corrisponde:
𝑅 = {𝑗| 𝜆*∗ > 0} 𝑗 = 1+. . . +𝑛
Il “reference set” rappresenta l’insieme di DMU efficienti che deve essere assunto come riferimento da un’unità decisionale risultata inefficiente.
In aggiunta, sempre nel caso in cui una DMU risulti inefficiente, una DMU può migliorare la sua efficienza riducendo radialmente gli input oppure aumentando gli output. La proiezione sulla frontiera efficiente si ricava nel modo seguente:
𝑥e = 𝜃𝑥K> *>− 𝑠I
𝑦e = 𝑦K> *>+ 𝑠J
.