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Il datore nel rapporto di lavoro subordinato: poteri e limit

CAPITOLO II Il potere di controllo del datore di lavoro

1. Il datore nel rapporto di lavoro subordinato: poteri e limit

SEZIONE II: 3. I controlli a distanza sul lavoratore nel quadro anteriore al Jobs Act − 4. Aporie e mal funzionamento dell’impianto normativo dell’art. 4 St. Lav. – 5. I controlli difensivi quale tentativo di superamento dei limiti di cui all’art. 4 St. Lav. – SEZIONE III: 6. La riforma dell’art. 4 St. Lav.: un nuovo bilanciamento d’interessi fra elementi di novità e tratti di continuità – 7. La persistenza del divieto assoluto e le nuove procedure autorizzatorie − 8. Gli strumenti di lavoro e la portata derogatoria dell’art. 4, c. 2 St. Lav.: ricostruzione di una nozione in divenire − 9. Gli strumenti di rilevamento degli accessi e delle presenze − 10. Le condizioni di utilizzabilità dei dati acquisiti: adeguata informazione ed espresso richiamo al D. Lgs. 196/2003 − 11. Inosservanza della procedura autorizzatoria e profili di antisindacalità della condotta datoriale − 12. La responsabilità penale del datore di lavoro nella disciplina dei controlli a distanza

SEZIONE I

1. Il datore nel rapporto di lavoro subordinato: poteri e limiti

dell’eterodirezione

Il diritto del lavoro e, in particolare, il rapporto di lavoro subordinato costituisce il terreno elettivo entro cui si manifesta con maggior vigore ed evidenza, all’interno del panorama delle relazioni contrattuali interprivatistiche, la tensione fra potere e diritto, in quanto esempio paradigmatico della tipologia dei contratti asimmetrici.

Nella dicotomia fra subordinazione ed autonomia, la cifra caratterizzante la prima delle predette declinazioni del rapporto lavoristico deve esser infatti ravvisata

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nell’attribuzione in capo al datore di un trittico di poteri, tradizionalmente individuati nel potere direttivo, nel potere di controllo e, infine, nel potere disciplinare62. Tali poteri, complessivamente intesi, pongono il datore di lavoro in

una posizione di peculiarità rispetto alle ordinarie relazioni e posizioni contrattuali note al diritto civile, in quanto gli attribuiscono delle prerogative che eccedono rispetto a quelle del comune contraente. Si è detto che tale triade di poteri costituisce il tratto distintivo della subordinazione in quanto nelle collaborazioni di lavoro autonomo difetta ab origine, in capo al committente, l’esistenza di simili facoltà, obbligandosi in tal caso il prestatore all’esecuzione di un’opera ovvero di un servizio, rectius di un risultato, rispetto al quale non può realizzarsi, se non altro in una dimensione fisiologica dell’esecuzione della collaborazione, alcuna forma di ingerenza del committente, se non in termini di verifica dell’esatta esecuzione al termine dell’opera stessa, da cui la distinzione fra obbligazione di mezzi ovvero di risultato secondo le tradizionali coordinate civilistiche.

Fra gli anzidetti poteri, il fondamento essenziale del lavoro subordinato deve esser identificato nel potere direttivo, rispetto al quale il potere di controllo e quello disciplinare svolgono una funzione ancillare ed ausiliaria, costituendo una conseguenza giuridica della facoltà di conformare, gestire ed organizzare l’impresa. Oltretutto, l’esercizio del potere direttivo distingue il contratto di lavoro dagli altri contratti previsti dal Codice civile nei quali il contenuto e l’oggetto dell’obbligazione/prestazione vengono definiti dalle parti al momento della conclusione del contratto stesso. Diversamente, nel caso del contratto di lavoro subordinato il datore di lavoro è legittimato ad indicare di volta in volta le modalità

62 Vale tuttavia precisare come non sia possibile individuare un unico criterio che sia di per sé

sufficiente ad identificare la sussistenza di un vincolo di subordinazione, essendo stati elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza diversi indici sussidiari, quali: l’inserimento del prestatore all’interno dell’organizzazione produttiva, l’oggetto della prestazione di lavoro quale obbligazione di mezzi ovvero obbligazione di risultato, l’assunzione o meno del rischio, l’osservanza di un orario di lavoro, la disponibilità di pc o di altre dotazioni aziendali, la cadenza della corresponsione del compenso, la misura fissa o variabile del compenso stesso, il possesso o meno di un badge o di altri strumenti per accedere ai locali aziendali, l’onere di comunicare preventivamente la fruizione di un periodo di ferie sottostando a tal proposito all’autorizzazione datoriale etc..

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di svolgimento della prestazione, onde coordinarla con le esigenze organizzative imprenditoriali, ferma restando tuttavia la necessità di rendere edotto il dipendente, sin dalla sua assunzione, delle mansioni a cui lo stesso è preposto, della sua qualifica e livello d’inquadramento contrattuale.

La prevalenza in termini concettuali ed operativi del potere direttivo rispetto a quello di controllo ed a quello disciplinare emerge anche da un’esegesi dell’art. 2094 c.c. con il quale il legislatore ha inteso fornire una definizione del lavoratore subordinato, identificandolo in colui che «si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore». Il tratto significativo della norma codicistica è stato nel tempo individuato unanimemente dalla dottrina e dalla giurisprudenza nella parte finale della disposizione, ove vengono evocati i concetti di “dipendenza” e di “direzione”, rispetto alle cui nozioni si sono sviluppate diverse tesi, le une volte a differenziarne il significato semantico e le altre ad accentuare il carattere d’endiadi delle sopracitate espressioni63.

L’accento, a ben vedere, sin da un’analisi testuale della norma, viene posto non già sulle caratteristiche del contratto, bensì sulle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. La giurisprudenza, infatti, individua il contenuto fondamentale della definizione di subordinazione e la chiave per la produzione dei

63 BALLESTRERO M.V. DE SIMONE G., Diritto del lavoro, II Ed., Giappichelli Editore, Torino,

2015, pag. 96 ss., individuano l’elemento qualificante nella nozione di subordinazione giuridica, ovvero di etero-direzione, quale assoggettamento del lavoratore al potere del datore di disporne secondo le mutevoli esigenze di tempo e luogo e di determinarne le concrete modalità di esecuzione. In senso analogo anche ROCCELLA M., Manuale di diritto del lavoro: mercato del lavoro e rapporti di lavoro, V Ed., Giappichelli Editore, Torino, 2013, pag. 44 ss., ritiene che la nozione giuridica di lavoro subordinato non presupponga necessariamente la dipendenza economica, la quale è un «concetto labile, un criterio sociologico». L’Autore ritiene che rispetto alla fattispecie del lavoro subordinato il rapporto dei concetti di dipendenza e subordinazione «può essere considerato analogo a quello che corre fra sostanza ed accidente (…) l’elemento della qualificazione del tipo contrattuale va identificato nella dipendenza (…) e non nell’eterodirezione, che meriterebbe essere collocata più propriamente sul piano degli effetti (…) conseguenti ad una qualificazione già operata». In senso critico rispetto all’impostazione di endiadi SANTORO PASSARELLI G., Il lavoro subordinato. L’identificazione della fattispecie, in Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale. Privato e pubblico,SANTORO PASSARELLI G. (a cura di), Utet, 2014, pag. 17 ss., secondo cui si tratta di due concetti diversi anche se collegati.

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suoi effetti nell’obbligo del lavoratore di svolgere la propria attività collaborando con continuità all’interno dell’organizzazione imprenditoriale, in una posizione gerarchicamente sottoposta rispetto al datore, del quale deve rispettare pedissequamente le direttive in ordine al tempo, al luogo e alle modalità di esecuzione dell’attività. Suo diretto corollario è il potere del datore di dirigere la prestazione e di utilizzarla secondo le esigenze dell’impresa, anche alla luce del disposto dell’art. 2086 c.c. secondo cui l’imprenditore/datore di lavoro è posto al vertice dell’impresa, in funzione gerarchicamente sovraordinata64. In altri termini,

nel potere direttivo convivono sia un’accezione dinamica – tale per cui il datore ha facoltà di organizzare la propria impresa e il proprio personale dipendente, fornendo specifiche direttive in ordine alle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa −, sia un’accezione statica – espressione della posizione di superiorità gerarchica del datore rispetto al lavoratore subordinato −.

Attorno alla nozione di subordinazione, poi, alla luce dei due lemmi “dipendenza” e “direzione” enunciati nell’art. 2094 c.c., si sono sviluppate in seno alla dottrina due differenti ricostruzioni65. Secondo una prima opzione ermeneutica

la subordinazione rappresenta una nozione socio-economica, in virtù della quale essa identificherebbe la condizione di inferiorità e di dipendenza economica della persona del prestatore rispetto al proprio datore. Gli elementi della fattispecie che andrebbero a supportare tale interpretazione si colgono dalla realtà sociale e vengono rinvenuti nell’alienità del dipendente rispetto ai mezzi di produzione e al risultato della prestazione, nonché nella sua situazione di complessiva debolezza economica e nell’inerenza dell’attività lavorativa al ciclo produttivo dell’impresa. Tale ricostruzione mira dunque ad adattare i dati normativi e giuridici ai profili della realtà fattuale, valorizzando la condizione in cui si trova il lavoratore subordinato.

64 Per un’analisi della posizione giuridica del datore si rimanda a VOZA R., La tutela del contraente

forte nel diritto del lavoro, in Riv. Ita. Dir. Lav., 2015, n. 1, III, pag. 13 ss..

65 Per un approfondimento circa le due tesi sopra esposte si rinvia al commento all’art. 2094 in

AMOROSO G.–DI CERBO V.–MARESCA A.,Diritto del Lavoro, Giuffrè Editore, Milano, 2013, Vol. I, IV Ed., pag. 751 ss..

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Tuttavia, anche alla luce della finalità anzidetta, va da sé l’inadeguatezza di tale tesi o, quanto mano, l’incapacità di tale impostazione di fungere da criterio discretivo della subordinazione, valendo, al più, come indice sintomatico e sussidiario ma non come elemento dirimente. Deve essere infatti precisato come la debolezza sociale ed economica del lavoratore dipendente, per quanto costituisca un dato comune, forse addirittura notorio, non si presti ad essere elevata a criterio giuridico, non trovando un proprio fondamento in alcuna norma del Codice civile ovvero di altra legge speciale. Sembra infatti doversi inquadrare tale criterio entro una dimensione extragiuridica.

Inoltre, come sottolineato da autorevole dottrina, vi sono rapporti di lavoro i quali, seppur non abbiano natura subordinata, si caratterizzano anch’essi per la situazione di dipendenza economica del prestatore, come accade di sovente nell’ipotesi di collaborazioni coordinate e continuative di cui all’art. 409 c.p.c.66.

Infine, tale tesi presuppone l’utilizzo del metodo tipologico e non già del metodo sussuntivo67 il quale ultimo, essendo maggiormente rigoroso, presenta un

maggior grado di affidabilità. In particolare, la subordinazione intesa come dipendenza socio-economica valorizza, ai fini della qualificazione del rapporto di

66 Ex multis, fra i commenti più recenti in dottrina, si vedano, a titolo esemplificativo e non esaustivo,

ICHINO P., Le conseguenze dell’innovazione tecnologica sul diritto del lavoro, in RIDL, 2017, n. 4, I, pag. 525 ss.; SANTORO PASSARELLI G., Il lavoro autonomo non imprenditoriale, il lavoro agile e il telelavoro, in RIDL, 2017, n. 3, I, pag. 369 ss.;PERULLI A., Il Jobs Act degli autonomi: nuove (e vecchie) tutele per il lavoro autonomo non imprenditoriale, in RIDL, 2017, n. 2, I, pag. 173 ss.; GOGLIETTINO G.P., Jobs Act: i limiti del lavoro autonomo parasubordinato e le plausibili azioni risolutive, in DRI, 2016, n. 2, pag. 431 ss.; BRONZINI G., Il punto su il futuro (giuridico) del lavoro autonomo nell'era della share-economy, in RIDL, 2016, n. 1, III, pag. 75 ss..

67 Il metodo sussuntivo, c.d. anche metodo sillogistico, si basa sul confronto fra la fattispecie

concreta e quella astratta e presuppone, ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come subordinato, la sussistenza nel caso concreto di tutti gli elementi costitutivi previsti dal tipo legale cristallizzato all’art. 2094 c.c. Diversamente, il metodo tipologico è basato su di un giudizio di approssimazione (o prevalenza) e prende come metro di riferimento il tipo normativo e non già legale, onde garantire un maggior adattamento della disciplina normativa alla realtà fattuale e sociale, con la conseguenza che in tal caso permeano nella valutazione giuridica della qualificazione del rapporto anche elementi extragiuridici ovvero di tipo socio-economico che esorbitano dalla fattispecie legale di cui all’art. 2094 c.c.. Tale metodo consiste in un esame circa la somiglianza della fattispecie concreta rispetto al tipo normativo ricavabile dalla fattispecie astratta.

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lavoro, il tipo normativo e non già la fattispecie legale, conducendo ad un’ipotetica, ma non remota, eccessiva estensione della nozione stessa.

Una seconda tesi, invece, configura la subordinazione come un dato tecnico- funzionale, collegato eminentemente all’esecuzione dell’attività lavorativa e scevro da valutazioni circa le condizioni sociali del lavoratore. In tale prospettiva, assume assoluta rilevanza l’elemento dell’eterodirezione, che consta nell’inserimento della prestazione lavorativa all’interno dell’organizzazione imprenditoriale e nell’assoggettamento del prestatore al potere direttivo, di controllo e disciplinare del datore.

A ciascuna delle sopra esposte declinazioni del concetto di subordinazione corrisponde, poi, un diverso significato semantico della “dipendenza”, in un caso assunta come dipendenza economica e nell’altro come direzione spazio-temporale della prestazione lavorativa.

Il concetto di direzione, invece, starebbe ad indicare il potere del datore di lavoro di determinare, al momento di costituzione del rapporto, e di modificare successivamente, nel corso dello stesso ed altresì in via unilaterale, le modalità di esecuzione della prestazione (subordinazione tecnica) al fine di assicurare che quest’ultima sia idonea a soddisfare il suo interesse imprenditoriale (subordinazione funzionale) 68.

Se la ricostruzione dei concetti di “dipendenza” e di “eterodirezione” sopra esposti non trova riscontri unanimi in seno alla dottrina, è altrettanto indubbia la mancanza di un esplicito riferimento, all’interno dell’art. 2094 c.c., sia al potere di controllo sia al potere disciplinare tradizionalmente sussistenti in capo al datore di lavoro. Il fondamento giuridico del potere datoriale di controllare l’esatta ed integrale esecuzione della prestazione lavorativa, al pari del potere di sanzionarne sul piano disciplinare eventuali inadempimenti e/o omissioni, può tuttavia esser

68 SANTORO PASSARELLI G., Il lavoro subordinato. L’identificazione della fattispecie, in Diritto e

processo del lavoro e della previdenza sociale. Privato e pubblico, SANTORO PASSARELLI G. (a cura di), Utet, 2014, pag. 18.

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comunque rinvenuto nella predetta norma codicistica, ovvero trovare la propria fonte normativa nella posizione gerarchicamente sovraordinata che l’ordinamento attribuisce alla figura del datore (art. 2086 c.c.).

Fra i tre poteri attribuiti al datore di lavoro nell’esercizio delle proprie prerogative imprenditoriali di gestione del personale deve essere ravvisata una relazione di presupposizione logica e giuridica, in quanto l’esercizio del potere di controllo è in tanto consentito in quanto il datore, nell’ambito del suo potere direttivo, abbia fornito al dipendente le dovute direttive ed indicazioni in ordine ai tempi ed alle modalità di esecuzione della prestazione. Dunque, l’effettivo e concreto esercizio del potere di controllo presuppone l’esistenza e l’effettività del potere gerarchico-direttivo. A sua volta, poi, il potere di controllo costituisce il presupposto logico e giuridico affinché il datore possa sanzionare disciplinarmente eventuali mancanze imputabili al proprio dipendente di cui lo stesso abbia avuto contezza per il tramite degli strumenti (legittimi) che l’ordinamento gli attribuisce, pur sempre nel rispetto della dignità e della riservatezza dei lavoratori.

L’anima, dunque, della disposizione codicistica sopra richiamata deve esser ravvisata nel potere organizzativo-direttivo, il quale permea intrinsecamente il diritto del lavoro69 assurgendo, in una visione dinamica, a strumento attraverso cui

il datore, nella sua posizione gerarchicamente sovraordinata, può organizzare l’impresa e le risorse umane.

Nel potere direttivo viene efficacemente sintetizzata la relazione asimmetrica che si instaura fra datore e dipendente nella fattispecie del lavoro subordinato, consentendo al primo di organizzare e gestire la propria realtà imprenditoriale nell’ottica della flessibilità correlata alle esigenze aziendali.

Trovando fondamento nell’art. 41 Cost., esso esprime il fattore dell’etero- direzione intesa come subordinazione tecnico-funzionale del dipendente, il quale

69 Secondo PERULLI A., Il potere direttivo dell’imprenditore, in I poteri del datore di lavoro

nell’impresa, Atti del convegno di studi, Venezia 12 aprile 2002, ZILIO GRANDI G. (a cura di), Cedam, Padova, 2002, pag. 9 ss., «il diritto del lavoro rappresenta l’habitat naturale del potere direttivo».

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svolge la propria prestazione secondo le direttive altrui, con mezzi altrui e realizzando un’opera rispetto alla cui titolarità esso è alieno. Riflettendo in ordine alla fonte ed ai limiti del potere direttivo, si comprende come quest’ultimo trovi il proprio fondamento giuridico non solo nella legge, bensì anche nel contratto individuale di lavoro ove vengono cristallizzate le reciproche obbligazioni delle parti. Tuttavia, il potere direttivo è altresì mediato dal contratto, in quanto questo ne funge anche da limite. Addirittura, può sostenersi che il potere direttivo in taluni casi vada oltre il contratto, come accade nell’ipotesi della somministrazione, ove il lavoratore, ancorché formalmente legato con il proprio datore nel vincolo sinallagmatico del contratto di lavoro, presta la propria attività alle dipendenze ed alle direttive dell’utilizzatore finale, in ragione delle sue specifiche esigenze di organizzazione dell’impresa e dei fattori produttivi.

Onde evitare, tuttavia, che l’esercizio delle prerogative imprenditoriali possa assumere una deriva lesiva dei diritti del lavoratore, l’ordinamento si è premurato di arginare i poteri datoriali individuando dei limiti esterni rispetto alla libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost..

Fra questi vi sono, in primo luogo, i diritti fondamentali della persona, la cui tutela non è tracciata tuttavia dal Codice civile, bensì direttamente dalla Costituzione e fra i quali vanno annoverati il diritto alla privacy, alla riservatezza, alla salute, alla dignità, all’uguaglianza etc..

Secondariamente, vengono identificati i limiti di carattere generale attinenti alla tipicità dei poteri imprenditoriali ed al conseguente controllo di causalità, nonché alla proporzionalità degli stessi. In particolare, i mezzi di cui dispone l’imprenditore per amministrare i fattori produttivi e le risorse umane sono tipizzati e come tali sorretti dunque da una causa che li giustifica e che ne permette ex post il controllo.

La proporzionalità, invece, esplicitamente codificata nell’art. 2106 c.c. in materia disciplinare, rappresenta un canone di ragionevolezza, imponendo in primis la necessaria sussistenza di un rapporto di adeguatezza fra il mezzo impiegato dal

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datore ed il fine perseguito, nonché un giudizio di comparazione tra i contrapposti interessi sostanziali delle parti contrattuali.

Non da ultimo, vi sono poi i limiti specifici dettati con riferimento ai singoli istituti in cui i suddetti poteri si estrinsecano, quali per esempio in materia di modifica delle mansioni, della durata della prestazione lavorativa, di trasferimento, di risoluzione del rapporto di lavoro etc..

Tuttavia, soprattutto alla luce delle ultime riforme che hanno interessato il mercato del lavoro, talvolta ridisegnando gli equilibri di forza delle parti contrattuali, v’è da chiedersi se le guarentigie ed i limiti dettati dal legislatore fungano da effettivo presidio dei diritti dei lavoratori ovvero se l’ottica di bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco non si sia rovesciata, costruendo un sistema di «tutela del contraente forte»70.