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La riforma dell’art 4 St Lav.: un nuovo bilanciamento d’interessi fra

CAPITOLO II Il potere di controllo del datore di lavoro

6. La riforma dell’art 4 St Lav.: un nuovo bilanciamento d’interessi fra

Con la riforma dell’art. 4 St. Lav., avvenuta con la novella di cui all’art. 23, c. 1 D. Lgs. 151/2015, il legislatore ha inteso superare sul piano del diritto positivo le aporie e le ragioni del malfunzionamento della previgente norma statutaria, recependo taluni esiti della giurisprudenza di legittimità e adeguando il contenuto del disposto legislativo al mutato quadro organizzativo e produttivo. Nella mens legis vi era l’espressa volontà di costruire un’architettura normativa rispondente alle rinnovate esigenze delle parti contrattuali, dettate anche dall’avvento del paradigma dell’Industria 4.0.

146 MARAZZA M., I controlli a distanza del lavoratore di natura “difensiva”, in Controlli a distanza

e tutela dei dati personali del lavoratore, TULLINI P. (a cura di), Giappichelli Editore, Torino, 2017, pag. 30.

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L’introduzione delle nuove tecnologie nell’organizzazione del lavoro ed all’interno dei sistemi di produzione ha infatti comportato radicali riflessi non solo nella struttura dell’impresa (in termini di metodi, impianti ed apparecchiature di produzione), che per certi versi si è snellita e meccanicizzata per il tramite del massiccio impiego della robotica, bensì anche nella disciplina dei rapporti di lavoro e nelle relazioni sindacali ed industriali, come sottolineato anche dalla dottrina più risalente147 148, ridisegnando in ultima analisi i nuovi contorni del potere

organizzativo e direttivo del datore.

A fianco alla denunciata obsolescenza tecnologica, vi era inoltre un evidente problema concernente la crisi della distinzione, materiale e concettuale, fra strumenti di controllo e strumenti di lavoro, che invece costituiva un presupposto implicito per la vigenza del precedente modello statutario149.

Un ulteriore elemento che ha concorso, unitamente all’avvento delle nuove tecnologie, ad incrinare l’equilibrio normativo creato per decenni dall’art. 4 St. Lav. deve essere ravvisato nel processo di modifica e di arricchimento che la nozione di

147 SALIMBENI M.T., Nuove tecnologie e rapporto di lavoro: il quadro generale, in DE LUCA TAMAJO

R.–IMPERIALI D’AFFLITTO R.–PISANI C.–ROMEI R.(a cura di), Nuove tecnologie e tutela della riservatezza del lavoratore, Franco Angeli Editore, Milano, 1988, pag. 22 ss.; ZOLI C., Il controllo a distanza del datore di lavoro: l’art. 4, L. n. 300/1970 tra attualità ed esigenze di riforma, cit..

148 Parte della dottrina ha ritenuto che l’avvento delle nuove tecnologie abbia avuto un effetto

spiazzante rispetto all’art. 4 St. Lav.. In tal senso si veda TREU T, Lo statuto dei lavoratori: vent’anni dopo, in QDLRI, 1990, pag. 7 ss.; ROMEI R., Il dibattito dottrinale sull’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, in Nuove tecnologie e tutela della riservatezza del lavoratore, DE LUCA TAMAJO R. – IMPERIALI D’AFFLITTO R.–PISANI C.–ROMEI R.(a cura di), Franco Angeli Editore, Milano, 1988, pag. 121 ss.; DEL PUNTA R., La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art 23 d. lgs. 151/2015), cit., che sottolinea come l’utilizzo sempre più frequente di computer all’interno del mondo del lavoro abbia reso la procedura di autorizzazione prevista dall’art. 4, c. 2 St. Lav. come «eccessiva, se non assurda».

149 In tal sensoGOFFREDO M.T.MELECA V., Jobs Act e nuovi controlli a distanza, in DPL, 2016,

n. 31, pag. 1894 ss.; BARBIERI M., L’utilizzabilità delle informazioni raccolte: il Grande Fratello può attendere (forse), cit., pag. 189; DEL PUNTA R., La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art 23 d. lgs. 151/2015), cit., secondo cui la distinzione fra strumenti di controllo e strumenti di lavoro «si è annebbiata sino ad annullarsi», con conseguente emersione dell’incapacità della tecnica regolativa dell’art. 4 St. Lav. di tenere il passo dei processi di informatizzazione del lavoro. ALVINO I., L’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori alla prova di internet e della posta elettronica, cit., individua due fattori di rottura dell’equilibrio di cui al precedente art. 4 St. Lav.: il primo costituito dall’avvento delle nuove tecnologie e il secondo dal processo di arricchimento subito nell’ordinamento nazionale dalla nozione di riservatezza.

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riservatezza ha subito all’interno del nostro ordinamento, in virtù anche delle spinte sovrannazionali ed internazionali. Come si dirà più approfonditamente nei successivi capitoli, il diritto alla riservatezza ha assunto nel tempo contorni semantici più ampi rispetto a quelli che gli erano stati conferiti ad inizio degli anni Settanta, venendosi a configurare come una nozione non già esclusivamente statica, quale interesse a non subire intrusioni nella propria sfera personale secondo il classico right to be alone, bensì una dimensione dinamica, volta a garantire il diritto a mantenere un controllo sulla conoscenza e sulla conoscibilità da parte di terzi dei propri dati personali e sensibili e dunque sulla loro trasmissione.

Appare evidente come siano mutate non solo le modalità di organizzazione dell’impresa e dunque anche le prerogative che l’imprenditore/datore desidera di assumere e di esercitare, bensì anche le esigenze dei lavoratori. Nel mercato del lavoro attuale il problema non è più esclusivamente quello di evitare di sottoporre il dipendente ad un controllo costante, capillare ed anelastico, esercitato per il tramite di strumentazioni meccaniche e, come tale, esorbitante rispetto al controllo che il Ministro Brodolini intendeva contenere entro una “dimensione umana”. Il problema maggiore e più delicato è quello di evitare che il datore possa venire in possesso di dati ed informazioni sensibili relativi al personale dipendente e possa dunque utilizzarli abusando delle proprie facoltà e poteri. A ciò si aggiunga che, a parere di chi scrive, l’esigenza di mantenere il controllo datoriale entro una dimensione umana si fa oggi sempre più di difficile realizzazione, in termini di concreta fattibilità al di là delle istanze garantistiche astrattamente professabili. Tale circostanza, in particolare, non la si deve esclusivamente alle scelte del legislatore ed alle sempre più prepotenti esigenze datoriali, ma anche allo stesso agire umano che è stato plasmato dall’evoluzione tecnologica che lo stesso uomo ha promosso. La dimensione prettamente umana è andata sfumando per lo stesso volere dell’uomo, con conseguente necessaria accettazione di talune contaminazioni tecnologiche, purché comunque non si trasformino in una soggezione dell’uomo alla macchina.

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A fronte di questo articolato motivazionale e nel più ampio disegno riformatore del Jobs Act, con l’art. 1, c. 7, lett. f) L. 183/2014 è stata attribuita al Governo la delega ad adottare uno o più decreti legislativi, in coerenza con la regolazione dell’Unione Europea e le convenzioni internazionali, con riferimento alla «revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore»150. Evidente, sin dalla prima lettura, è il richiamo ai

valori sottesi al disposto costituzionale di cui all’art. 41 Cost..

L’art. 4 St. Lav. è stato dunque integralmente ritrascritto mantenendo, tuttavia, la finalità propria dell’impianto originario.

La norma prevede oggi al comma 1, similmente a quanto prima disposto al comma 2, la possibilità di impiego di impianti audiovisivi e di altri strumenti dai quali possa derivare, anche solo potenzialmente, un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, a fronte del rispetto di due condizioni esiziali e cumulative: l’una di carattere finalistico e l’altra di natura procedurale. Tali impianti devono, in primo luogo, rispondere ad una o più delle finalità previste ex lege concernenti: 1) esigenze organizzative e produttive; 2) la sicurezza del lavoro151; 3) la tutela del patrimonio

150 Per un’approfondita analisi del contenuto della legge delega in materia di controlli a distanza si

rinvia a LAMBERTUCCI P., Potere di controllo del datore di lavoro e tutela della riservatezza del lavoratore, cit.; CARINCI M.T., Il controllo a distanza sull’adempimento della prestazione di lavoro, cit., pag. 50, censura la delega legislativa per la formulazione vaga e generica, al punto da dubitarne della legittimità costituzionale, ritenendo che la stessa non possa fungere da ausilio per una risoluzione dei dubbi interpretativi ed applicativi che il nuovo art. 4 St. Lav. pone.

151 L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la circolare n. 302/2018, avente ad oggetto il rilascio di

provvedimenti autorizzatori ex art. 4 St. Lav. per motivi di sicurezza sul lavoro, ha prescritto che nelle istanze debbano essere «puntualmente evidenziate le motivazioni di natura prevenzionistica che sono alla base dell’installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di potenziale controllo a distanza dei lavoratori corredate da una apposita documentazione di supporto. Più specificatamente appare necessario che le affermate necessità legate alla sicurezza del lavoro trovino adeguato riscontro nell’attività di valutazione dei rischi effettuata dal datore di lavoro e formalizzata nell’apposito documento (DVR). Pertanto l’istanza rivolta alle strutture territoriali e all’Ispettorato nazionale (per le imprese plurilocalizzate) dovrà essere corredata dagli estratti del documento di

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aziendale152. Oltre al requisito finalistico, deve concorrere anche il soddisfacimento

di un requisito procedurale in quanto l’installazione di tali apparecchiature deve essere preceduta da un accordo collettivo stipulato con la RSU o RSA oppure, in alternativa, con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale in caso di imprese con unità produttive dislocate nel territorio di più Province o di più Regioni. In mancanza dell’accordo sindacale, il datore di lavoro potrà rivolgersi all’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente (ovvero all’Ispettorato Nazionale nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali) onde ottenere un’analoga autorizzazione amministrativa.

Pur rinviando ad una trattazione più approfondita l’analisi dei singoli profili giuridici, valga segnalare sin d’ora i due principali elementi di novità del novellato testo normativo dell’art. 4, c. 1 St. Lav. relativi, da un lato, all’introduzione di una nuova ipotesi giustificante, in chiave teleologica, l’installazione delle apparecchiature in parola – concernente la tutela del patrimonio aziendale – e, dall’altro lato, alla semplificazione delle procedure autorizzatorie sindacali e amministrative per le imprese multilocalizzate, le quali non devono necessariamente sottoscrivere accordi sindacali diversi per ciascuna unità produttiva.

Trascurabile, invece, o comunque priva di un particolare valore è stata l’eliminazione del riferimento alla «finalità di controllo a distanza dell’attività dei

valutazione dei rischi, dai quali risulti, in stretta connessione teleologica, che l’installazione di strumenti di controllo a distanza è misura necessaria ed adeguata per ridurre i rischi di salute e sicurezza cui sono esposti i lavoratori».

152 Proprio per la particolare valenza di tali causali quali condizioni di legittimità dell’installazione

delle videocamere non sempre condivisibile è la postura adottata da MARAZZA M., Dei poteri (del datore di lavoro), dei controlli (a distanza) e del trattamento dei dati (del lavoratore), in WP CSDLE “Massimo D’Antona” It,. n. 300/2016, edito anche in ADL, 2016, n. 3, pag. 483 ss., secondo cui laddove l’installazione sia stata autorizzata senza l’indicazione di alcuna finalità, l’impianto potrà essere utilizzato per tutti gli scopi previsti dalla legge. Tuttavia, considerato che è compito delle rappresentanze sindacali e dell’ITL verificare la sussistenza e la genuinità della causale addotta, una tale evenienza non sarà in concreto realizzabile. Diversamente opinando, verrebbe svotato di significato il limite teleologico di cui all’art. 4, c. 1 St. Lav..

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lavoratori». Nell’attuale formulazione dell’art. 4, c. 1 St. Lav. viene del tutto abbandonato tale richiamo, il quale comunque deve ritenersi un presupposto scontato ed implicito, come tale non bisognoso di una positivizzazione normativa153.

Di assoluta rilevanza è invece il disposto del comma 2, il quale prevede l’esenzione dal duplice requisito finalistico e procedurale con riguardo agli strumenti di lavoro ed agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. Il legislatore della riforma ha inteso dunque creare un doppio regime circa l’installazione degli strumenti elettronici, strutturalmente articolato nei primi due commi dell’art. 4 St. Lav., il quale conferisce, nella seconda delle citate disposizioni, nuovi margini di operatività al potere di controllo datoriale.

Tuttavia, i primi due commi costituiscono un primo nucleo normativo da contrapporsi a quanto previsto dal successivo comma 3, il quale si propone di disciplinare il distinto profilo giuridico concernente l’utilizzabilità dei dati in tal modo acquisiti.

Il comma 3, infatti, a differenza della previgente versione dell’art. 4 St. Lav., prevede l’utilizzabilità delle informazioni raccolte «a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196», da intendersi oggi integrato e sostituito in parte qua con il Regolamento UE 2016/679, nonché novellato dal D. Lgs. 101/2018.

153 In dottrina SALIMBENI M.T., La riforma dell'articolo 4 dello statuto dei lavoratori: l'ambigua

risolutezza del legislatore, cit., ritiene invece utile l’eliminazione di tale riferimento, il quale evocava elementi di intenzionalità che non sembravano rilevare a fronte di oggettive potenziali intrusioni nella sfera dei lavoratori.

Circa l’elemento psicologico-intenzionale della condotta datoriale si veda Cass. Pen, Sez. III., 6.10.2010, n. 37171, la quale ha statuito la punibilità del reato già previsto dagli artt. 4 e 38 St. Lav. (successivamente dagli artt. 114 e171 D. Lgs. 196/2003) anche a titolo di colpa.

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Vengono dunque espressamente riconosciuti e disciplinati i due distinti piani dell’installazione e quello logicamente successivo dell’utilizzabilità dei dati raccolti, ancorché – a rigore – l’esercizio del potere di controllo datoriale possa essere scandito addirittura in quattro fasi cronologicamente e funzionalmente distinte: una prima, relativa all’installazione delle apparecchiature tecnologiche; una seconda, concernente l’acquisizione dei dati mediante l’utilizzo della strumentazione informatica; una terza di conservazione e memorizzazione dei dati nei server aziendali e, infine, una quarta fase, meramente eventuale, di utilizzazione dei dati a tutti i fini connessi con il rapporto di lavoro, persino a fini disciplinari154.

Alla luce dell’inserimento della tutela del patrimonio aziendale fra le finalità di cui all’art. 4, c. 1 St. Lav. è necessario, dunque, riprendere l’interrogativo posto in chiusura del paragrafo precedente circa l’assorbimento o l’attualità della categoria dei controlli difensivi. Sul punto, si è sviluppato un acceso di battito in dottrina che ha visto l’emergere di due tesi differenti.

Secondo una prima opzione i controlli difensivi sarebbero stati definitivamente attratti entro la fattispecie dei controlli preterintenzionali di cui all’art. 4, c. 1 St. Lav.155 con la conseguenza che sarebbero consentiti solamente ove

154 In tal senso, fra le prime applicazioni pratiche nel contezioso, si veda Trib. Roma, ordinanza

24.3.2017, con nota di GRAMANO E., La rinnovata (ed ingiustificata) vitalità della giurisprudenza in materia di controlli difensivi, in DRI, 2018, n. 1, pag. 265 ss.; edita anche in Boll. ADAPT, 2017, n. 41.

155 Ex multis DEL PUNTA R., La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d.lgs.

151/2015), cit.; ALVINO I., I nuovi limiti al controllo a distanza dei lavoratori nell’intersezione fra regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del codice della privacy, in Lab. & Law Iss., 2016, vol. 2, n. 1, pag. 3 ss., secondo cui in tal modo deve ritenersi superata anche l’artificiosa categoria giurisprudenziale dei controlli difensivi diretti ad accertare comportamenti illeciti idonei a pregiudicare beni estranei al rapporto di lavoro; BALLETTI E., I poteri del datore di lavoro tra legge e contratto, cit., il quale, pur rilevando la controtendenza della disposizione rispetto all’impianto normativo generale, ritiene che non vengano in tal modo lese le prerogative datoriali, potendo assolvere per tempo all’adeguata tutela del patrimonio aziendale attivando la procedura di cui all’art. 4, c. 1 St. Lav.; RICCI M., I controlli a distanza dei lavoratori tra istanze di revisione e flessibilità “nel” lavoro, in ADL, 2016, n. 4-5, pag. 740 ss.; CRISCUOLO C., Controlli difensivi e codice della privacy, in RIDL, 2017, n. 1, II, pag. 39 ss.;TEBANO L., La nuova disciplina dei controlli a distanza: quali ricadute sui controlli conoscitivi?, in RIDL, 2016, n. 3, I, pag. 345 ss.; GRAMANO E., La rinnovata (ed ingiustificata) vitalità della giurisprudenza in materia di controlli difensivi, cit.,

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preventivamente autorizzati e preceduti dall’informativa di cui al comma 3, nonché nel rispetto degli obblighi legislativamente imposti dalla disciplina in materia di privacy156.

Secondo altra postura ermeneutica, invece, residuerebbe sempre un legittimo interesse in capo al datore di lavoro, seppur con un raggio d’operatività più limitato rispetto al passato, ai fini dell’esercizio di tale matrice di controlli, in una prospettiva di bilanciamento dei contrapposti interessi. Quest’ultima soluzione esegetica consentirebbe ampi margini di discrezionalità in capo al datore di lavoro in quanto, in thesi, verrebbe legittimata l’utilizzazione a fini disciplinari, e financo risolutori, dei dati raccolti con i controlli difensivi sia in mancanza di una preventiva autorizzazione sindacale o amministrativa (ipotesi 1) sia laddove l’autorizzazione sussista, ma ponga un’espressa esclusione del trattamento dei dati per finalità disciplinari (ipotesi 2) sia in difetto della preventiva informativa ai lavoratori di cui all’art. 4, c. 3 St. Lav. (ipotesi 3).

Una rilevante criticità che si pone come trasversale rispetto ai due filoni dottrinali sopra descritti concerne la difficoltà dell’operazione di selezione e distinzione fra gli illeciti contrattuali dei lavoratori, inquadrabili propriamente negli inadempimenti contrattuali e, come tali, nella nozione di «attività dei lavoratori», e gli illeciti extracontrattuali. La difficoltà deriva dall’ontologico atteggiarsi del

definisce anacronistica la categoria dei controlli difensivi, la quale, a detta dell’Autrice, avrebbe perso «la sua stessa ragion d’essere»; BARBIERI M., L’utilizzabilità delle informazioni raccolte: il Grande Fratello può attendere (forse), cit., pag. 202; LAMBERTUCCI P., La disciplina dei “controlli a distanza” dopo il Jobs Act: continuità e discontinuità con lo Statuto dei lavoratori, in Jobs Act: un primo bilancio, CARINCI F. (a cura di), ADAPT, e-book series n. 54, 2016, pag. 270 ss..

In tal senso anche la relazione del Garante della protezione dei dati personali all’Audizione presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, 9.7.2015, secondo cui la novella ha comportato l’«espressa legittimazione dei controlli c.d. difensivi (per la tutela del patrimonio aziendale, che pure la giurisprudenza, sia pur con qualche limite, già ammetteva), la cui disciplina è ricondotta alla procedura generale concertativo-autorizzativa».

156 L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la circolare n. 5/2018 ha infatti prescritto che la generica

motivazione della «tutela del patrimonio» aziendale, ove comporti l’installazione di dispositivi operanti in presenza del personale dipendente debba essere necessariamente «declinata per non vanificare le finalità imposte alla base della nuova disciplina normativa», fra cui l’essenziale rispetto dei principi dettati dal Codice privacy che «impongono una gradualità nell’ampiezza e nella tipologia del monitoraggio, che rende assolutamente residuali i controlli più invasivi».

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comportamento del prestatore di lavoro, il quale, ancorché rilevante sul piano extracontrattuale, può avere delle evidenti conseguenze anche sul versante del rapporto di lavoro, incidendone l’equilibrio sinallagmatico anche in ragione della nozione in senso lato che può essere conferita al concetto di «patrimonio aziendale», tale da ricomprendervi anche valori eminentemente immateriali come la tutela dell’immagine dell’impresa157.

Analizzando prima facie il disposto del nuovo art. 4 St. Lav., pare deporre in senso confermativo rispetto alla tesi dell’assorbimento dei controlli difensivi entro il campo del comma 1 il tenore letterale della norma, in ragione del vincolo causale alla tutela del patrimonio aziendale espressamente inserito dal legislatore della riforma. Secondo questo filone dottrinale, il riferimento letterale alle suddette esigenze di tutela sarebbe di per sé idoneo ad assorbire ogni forma di controllo datoriale, riguardante qualsivoglia tipo di comportamento illecito del lavoratore, giacché costituirebbe il chiaro indice della volontà legislativa di superare la categoria dei controlli difensivi, recependoli dal diritto vivente e positivizzandone il contenuto.

157 Per l’accezione immateriale del concetto di patrimonio aziendale si veda Cass. Civ., Sez. Lav.,

23.2.2012, n. 2722, concernente l’immagine della Banca accreditata presso il pubblico. Rilevante è altresì Cass. Civ., Sez. Lav., 23.2.2010, n. 4375, ove la Cassazione ha evidenziato come non fossero state provate né la particolare pericolosità dell’attività svolta dalla lavoratrice, consistente nell’accesso alla rete internet, né l’esigenza di protezione del patrimonio aziendale. Per la Corte, onde poter invocare la disapplicazione dell’art 4 St. Lav., il datore di lavoro avrebbe dovuto dimostrare che la condotta della lavoratrice fosse idonea a pregiudicare la sicurezza dell’impianto informatico, per ipotesi sottoponendolo a virus.

Si segnala LEVI A., Il controllo informatico sull’attività del lavoratore, cit., pag. 165 ss., il quale, ai fini dell’individuazione di un possibile contemperamento tra le contrapposte esigenze in gioco, propone una rilettura della nozione di patrimonio aziendale in termini dinamici, tale da ricomprendervi anche l’efficienza aziendale, richiamando la distinzione giurisprudenziale, sviluppata in materia di sciopero, fra danno alla produzione e danno alla produttività. Se dunque è ammessa una compressione del diritto di sciopero in caso di danno alla produttività, allora, ritiene l’Autore, dovrebbe ammettersi anche lo svolgimento di controlli a distanza in caso di lesione della produttività dell’impresa realizzata, per esempio, attraverso una continuativa e consistente utilizzazione del social network. Tuttavia, il concetto di capacità produttiva dell’impresa può in thesi