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8. Nietzsche e il confronto con la teologia: gli "Appunti teologici"

8.1 Le linee teologiche di riferimento: Schenkel, Renan e Strauss

8.1.3 David Strauss

La "Vita di Gesù", di David Strauss, influenzò il pensiero teologico di Nietzsche in maniera molto più complessa e incisiva rispetto ad altri autori e a distanza di anni ripensando ai momenti più importanti della sua giovinezza si ricorderà di aver assaporato "con l’accorta lentezza di un raffinato filologo l’opera dell’incomparabile Strauss."249 L'opera di Strauss infatti aveva già interessato il padre di Nietzsche, che ne aveva una copia in casa a Naumburg. Daniel Schenkel cita questo libro nella

247 Ernest Renan, La vita di Gesù, trad. F. Grisi, Newton Compon editori, Roma, 1990. 248 FP 1888 p.199.

prefazione della sua Charakterbild Jesu e così fece Krafft in una delle sue lezioni secondo gli appunti presi da Nietzsche:

"Das Leben Jesu, des stifters Seit der negativ. Kritik befasst sich ( 1833 Strauss) ein eigner Zweig del Theol. mit dem Leben Jesu. Der beginn der chr. Kirche besteht seit dem Pfingstfest . Die resultate des Lebens u. Wirkens. Geschichtl . Studien zum Leben Jesu"250

Nietzsche lesse probabilmente entrambe le edizioni della " Vita di Gesù", sicuramente quella del 1864,251 durante il suo soggiorno a Bonn e la portò con sè a Naumburg, dal 20 Marzo al 23 Aprile 1865, durante le vacanze pasquali e nel Settembre del 1865 Nietzsche leggerà un altro libro di Strauss in polemica con Schenkel.252

Lo stesso Paul Deussen testimonia il profondo interesse di Nietzsche per la seconda edizione del "Das Leben Jesu" di Strauss, del 1864, che durante una discussione sulla lettura della Vita di Gesù disse all’amico, propenso ad accettarne la critica demitizzante e dissolutrice della storicità del Gesù dei Vangeli: " La cosa ha una seria conseguenza: se rinunci al Cristo, devi rinunciare anche a Dio.253" Inoltre in una lettera indirizzata all'amico Mushake, Nietzsche affermava: "all’ora del caffè mangio un po’ di filosofia hegeliana e, se l’appetito è scarso, prendo qualche pillola di Strauss."254

250 GSA " signatur " C III e C I 2. Citazioni da C I 2, p. 11. 251 Das leben Jesu für das deutches Volk bearbeitet, Leipzig, 1864 252 F. Nietzsche, Epistolario, 1850-1869, Milano 1976, p.384.

253 P. Deussen, Ricordi di Friedrich Nietzsche , trad. Matteo Ghidotti, La scuola di Pitagora, Napoli, 2010, p. 71.

254 F. Nietzsche, Epistolario, 1850-1869, Milano 1976, Lettera a Hermann Mushacke, 20 settembre 1865.

L’opera di Strauss (1808-1874), La Vita di Gesù, era apparsa nel 1835 in tedesco (Das leben Jesu kritisch bearbeitet, Tübingen, 1835-1836 ), a cui seguirono numerose altre edizioni; essa era, nell’ambito di quella che sarà poi chiamata Leben Jesu Forschung, la prima, per quanto riguarda lo studio globale della vita di Gesù, ad apparire "su un terreno nuovo: quello della mitologia"255, come scrive Strauss nella Prefazione alla prima edizione256. Con la sua interpretazione "mitica" dei Vangeli, che aveva le sue premesse teoriche nella filosofia di Hegel, Strauss prendeva le distanze sia dall' interpretazione razionalistica, che tendeva a spiegare i fenomeni miracolosi con spiegazioni naturali sia dall' interpretazione tradizionale dell'ortodossia, che riteneva il sovrannaturale presente nei racconti evangelici come realmente accaduto. Partendo dall'analisi storica e comparativa dei Vangeli e tra il cristianesimo e i vari culti dell'antichità, Strauss dichiarò i Vangeli storicamente inattendibili, in quanto miti inconsapevolmente prodotti dalla coscienza popolare dei primi seguaci di Gesù e perciò assolutamente inaffidabili nel consegnarci la figura del

255 cfr. D.F. Strauss, Vie de Jésus, ou examen critique de son histoire, Paris 1839, Introduction, §

14bis, Idée et espèces du mythe évangélique, p. 105)

256 nella stessa Prefazione scrive Strauss: «Ai nostri giorni, i teologi più istruiti e più ingegnosi mancano generalmente di una condizione essenziale, senza la quale, malgrado qualunque scienza, niente può essere eseguito sul terreno della critica, cioè un cuore e uno spirito affrancati da certe supposizioni religiose e dogmatiche, affrancamento che l’autore ha acquisito giovanissimo attraverso studi filosofici. I teologi troveranno senza dubbio che l’assenza di tali supposizioni nel suo libro sia poco cristiana; egli, da parte sua, trova che la presenza di tali supposizioni nei loro sia poco scientifica»; ma, prosegue Strauss, «l’autore sa che l’essenza della religione cristiana è completamente indipendente dalle sue ricerche critiche. Per mito evangelico Strauss intende «un racconto che si rapporta immediatamente o mediatamente a Gesù e che possiamo considerare non come l’espressione di un fatto, ma come espressione di un’idea nei suoi primi discepoli"

Gesù storico, pur contenendo in nuce le verità universali sull'uomo e su Dio.257Con queste conclusioni della sua ricerca Strauss poteva portare fino in fondo le conseguenze delle sue premesse filosofiche hegeliane: l'unica verità che si era espressa in passato attraverso il mito, cioè la forma religiosa, trovava oggi il suo pieno compimento nel puro concetto della elaborazione filosofica. Dunque l'espressione mitica della religione doveva essere considerata oggi come storicamente superata e il dogma cristiano del Dio che si fa uomo ricondotto concettualmente al

257 "Già anteriormente Horst aveva espresso con una speciale chiarezza questo concetto simbolico della storia di Gesú. Che tutto quanto si narra del Cristo, sia o no vera storia, la è, secondo questo autore, questione ormai piuttosto indifferente per noi, e che d’altronde noi non siamo piú in grado di risolvere. Anzi, egli segue, se vogliam esser sinceri, confesseremo che per la parte illuminata de’ nostri contemporanei piú non è che pura favola ciò che, per gli antichi fedeli cristiani, era storia sacra; i racconti della nascita soprannaturale del Cristo, de’ suoi miracoli, della sua risurrezione, dell’ascensione sua, debbono rigettarsi come contrari alle leggi della nostra facoltà conoscitiva. Ma chi li consideri non piú col solo aiuto dell’intelligenza, siccome vera storia, bensí, col sussidio del sentimento e dell’immaginazione, siccome poesia, troverà che nulla è arbitrario in questi racconti, che ogni cosa, in essi, ha sue radici nel profondo dello spirito umano e nei punti per cui questo comunica con la divinità. Veduta sotto tale aspetto, la storia intera del Cristo agevolmente collegasi con quanto havvi d’importante per la coscienza religiosa, di vivificante per un’anima pura, di attraente per un sentir delicato. Questa storia è una bella e santa poesia della umanità generale, in cui si riuniscono tutti i bisogni del nostro istinto religioso: e ciò forma per lo appunto il massimo onore del cristianesimo e la prova migliore del suo valore universale. La storia dell’Evangelo è, in sostanza, la storia della natura umana ridotta ad un concetto ideale; essa ci mostra nella vita di un individuo, ciò che l’uomo dev’essere, ciò ch’ei può realmente divenire unendosi a quell’individuo e seguendone la dottrina e lo esempio. Né per questo si nega che Paolo, Giovanni, Matteo e Luca scorgessero fatti e storia certa in ciò che a noi non può sembrare piú altro fuorché una finzione sacra. Ma nel loro modo di vedere eran quelli fatti sacri e storia sacra, appunto per lo stesso motivo che oggi, nel modo di vedere nostro, ce li fa apparire come miti sacri e sacre finzioni. I punti di vista, soltanto, sono diversi; la natura umana, e in essa l’istinto religioso, rimangono sempre gli stessi. Quegli uomini, nel mondo in cui vivevano, avevano d’uopo, per ravvivare le disposizioni religiose e morali nel cuore dei loro contemporanei, di storie e di fatti il cui fondo essenziale era tuttavia costituito da idee. Questi fatti, per noi, sono invecchiati e divenuti dubii: e solo in grazia delle idee che ne forman la base, i racconti che li racchiudono ottengono ancora il rispetto." D. F. Strauss, La vita di Gesú o Esame critico della sua

progressivo sviluppo materiale e spirituale dell'umanità. Così la modalità particolare di utilizzare il metodo storico critico, da parte di Strauss, faceva sì che l'intero sistema della dogmatica cristiana non apparisse altro che un'insieme di forme espressive di un pensiero storicamente condizionato e legato a sovrastrutture inessenziali ed estrinseche, rispetto al suo autentico contenuto, comportandone così, per un verso, la necessaria dissoluzione ma per l'altro una necessaria riformulazione.

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