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2. Il ruolo di Formabiap

2.3 La trasformazione della letteratura orale in libri di testo

2.3.2 Decolonizzazione

Il processo di decolonizzazione all’interno dell’eib mira a combattere l’egemonia culturale su differenti livelli: la traduzione, la struttura curricolare, i contenuti e le metodologie didattiche. Ciò implica un’attenzione particolare non solo ai contenuti ma anche alle logiche di pensiero e ai modelli di sistematizzazione del sapere delle società indigene. L’istituzione scolastica, pensata e costruita secondo un’impostazione occidentale, presenta forme di interazione e di insegnamento che non coincidono con quelle che gli alunni hanno appreso nell’ambito familiare (Burga Cabrera 2012). Allo stesso modo il testo scolastico non è un prodotto neutro ma contiene e trasmette anche involontariamente norme, epistemologie, atteggiamenti, contenuti che riflettono le politiche educative, la posizione dell’autore e in generale i valori della cultura dominante. A questo si aggiunga il modo in cui il docente fa uso del testo all’interno dell’attività didattica, soprattutto nei casi in cui ha interiorizzato un sentimento di disprezzo nei confronti delle culture autoctone. L’elaborazione di curriculum e libri di testo e la scelta dei contenuti deve tener conto dei diversi sistemi di apprendimento, delle categorie culturali e delle strategie di sistematizzazione del sapere vigenti nella cultura degli studenti. Per esempio un testo di matematica rivolto a bambini shawi dovrà necessariamente analizzare il loro sistema di numerazione in cui solo i numeri fino al 5 sono in shawi e i restanti in quechua99 e che è in accordo all’elemento contato (indicato da marcatori morfologici); allo stesso modo dovrà spiegare i sistemi di misura usati nella loro cultura,100solitamente relazionati alle parti del corpo.

L’aspetto in cui è maggiormente visibile l’impostazione etnocentrica è la distinzione tra sapere scientifico occidentale e sapere tradizionale indigeno. La scelta dei termini non è neutra laddove nega alle culture autoctone il carattere scientifico e trasmette in maniera subdola un concetto gerarchico della conoscenza (Montoya 1990). La separazione tra natura e società presente nei curriculum scolastici e nei libri di testo non solo rivela l’impostazione occidentale della scolarizzazione ma mette in luce le

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Questa particolarità è dovuta probabilmente a periodi di contatto tra le due lingue. 100 Comunicazione personale della professoressa Yris Barraza.

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relazioni di potere che vengono alimentate attraverso l’imposizione di ideologie e verità considerate arbitrariamente come universali. Si nega il fatto che anche la cultura occidentale è locale (Walsh 2007) e la dimensione universale è frutto di una scelta arbitraria che risponde a delle logiche di potere e dominazione. La visione antropocentrica presente nei libri di testo riflette il pensiero occidentale ed è nettamente in contrasto con la visione olistica che caratterizza le culture indigene in cui uomini, animali ed esseri spirituali condividono gli stessi spazi (Bowers 2002). Da questa diversa impostazione ha origine una contraddizione tra la visione della realtà che gli alunni hanno acquisito nelle loro comunità e quella che viene trasmessa nella scuola, per esempio attraverso la tassonomia esseri senza vita/esseri vivi secondo la quale gli elementi naturali fanno parte della prima categoria (Trapnell, Calderón, Flores 2008). Spesso anche i progetti ufficialmente interculturali hanno in realtà perpetuato un processo di colonizzazione culturale promuovendo e utilizzando tassonomie e categorie occidentali che mal si adattavano ai contenuti indigeni e ne impedivano la comprensione. Questa visione del mondo genera incomprensione e confusione tra gli alunni indigeni che nella quotidianità vivono una realtà a stretto contatto con la natura sia da un punto di vista fisico (si pensi alla vita nelle comunità e alle attività in cui accompagnano gli adulti) sia da un punto di vista spirituale-emotivo di rispetto e contatto con “los seres naturales”. In questa prospettiva l’uomo non occupa un posto privilegiato ma ricerca costantemente un’armonia con la realtà circostante.

Un’educazione interculturale si pone come obiettivo quello di dimostrare che la scienza è presente anche nelle culture indigene con propri sistemi di trasmissione e organizzazione dei dati e con una ricchezza di conoscenze che includono diversi campi: botanica, biologia, zoologia etc. Lo stesso discorso si ripropone nella distinzione tra arte occidentale e artesanía o tra cultura e folclore. L’obiettivo, che risponde ad una logica coloniale del sapere, è quello di imporre l’idea della cultura occidentale come l’unica realmente valida a cui tutti devono mirare. Il discorso sulla colonialidad va di pari passo con il concetto di modernità a cui viene data un’interpretazione univoca, escludendo altri modelli sociali, culturali e politici che rispondono a logiche diverse. Si tratta di una modernità di comodo che giustifica e alimenta la gestione del potere e le relazioni improntate sulla disparità e mira di fatto ad annullare la diversità culturale, percepita come un ostacolo allo sviluppo della nazione. Secondo Lander la nozione di

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modernità alla base dell’ideologia della colonialidad è riconoscibile sotto quattro aspetti:

1) la visión universal de la historia asociada a la idea del progreso (a partir de la cual se construye la clasificación y jerarquización de todos los pueblos y continentes, y experiencias históricas); 2) la “naturalización” tanto de las relaciones sociales como de la “naturaleza humana” de la sociedad liberalcapitalista; 3) la naturalización u ontologización de las múltiples separaciones propias de esa sociedad; y 4) la necesaria superioridad de los saberes que produce esa sociedad (‘ciencia’) sobre todo otro saber (Lander 2000: 22).

Attraverso quello che si può definire un processo di colonizzazione di tutti gli ambiti, il pensiero occidentale con i suoi valori e le sue logiche diventa la condizione “normale” e l’unica universalmente valida a cui le altre realtà culturali si devono uniformare. Di fronte a questa condizione di oppressione il processo di decolonizzazione implica necessariamente la negazione del mito della modernità e la presa di coscienza da parte delle popolazioni autoctone del proprio ruolo di vittime innocenti (Dussel 2000). Non si tratta dunque di rifiutare la modernità nella sua totalità bensì il suo carattere eurocentrico a favore di un concetto di modernità che come progetto decolonizzatore si fonda sulle epistemologie e cosmologie dei gruppi subalterni.

Oltre a un tipo di colonizzazione del sapere che in modo manifesto considera le culture indigene inferiori è possibile individuare un’altra forma più selettiva e subdola, che riconosce validità solo a determinate manifestazioni culturali indigene con l’obiettivo di appropriarsene e utilizzarle a proprio vantaggio. Possiamo citare i motivi tradizionali con cui determinati gruppi etnici decorano i propri manufatti e che attualmente sono entrati, attraverso una produzione su larga scala, nel sistema economico capitalistico danneggiando la produzione artigianale e trasfigurando il reale significato del disegno. Un altro esempio è l’apprezzamento delle opere dei pittori amazzonici che incontrano il gusto occidentale ma che continuano ad essere etichettate come indigene e con difficoltà gli si riconosce lo status di arte moderna. Infine gli interessi delle multinazionali farmaceutiche rappresentano forse il lato più meschino mediante l’appropriazione di conoscenze medico curative indigene, che acquisiscono validità scientifica solo nel momento in cui la scienza occidentale le “scopre” ovvero riconosce in esse un potenziale economico. In realtà si tratta di sostanze e metodi curativi che le

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popolazioni autoctone usano da secoli e alle quali il mondo occidentale non riconosce alcuna validità finché non intuisce la possibilità di un guadagno economico attraverso l’acquisizione di brevetti. Anche in questo caso si tratta di un’appropriazione che ignora volutamente l’esistenza di altri modelli di cura che rispondono a sistemi e logiche di pensiero differenti e sono strettamente vincolati con altre pratiche sociali e discorsive in cui tanto il paziente quanto il curandero o sciamano si riconoscono.

El conocimiento indígena del uso de una planta, por ejemplo, para curar el paludismo es parte de la forma del ejercicio de la racionalidad tal como se practica en la sociedad indígena, y éste ejercicio asocia, en una secuencia de situaciones vividas, el diagnóstico del mal del paciente, la relación sico- social entre curandero y paciente, la identificación visual, táctil, olfativa y gustativa del individuo vegetal, los pasos para preparar el ungüento o el brebaje y su dosificación, el saber discursivo de las oraciones y sus fuerzas “simbólicas” [...]

A nuestra industria farmacéutica, en cambio, sólo le interesa un hecho factual: tal especie botánica es usada para curar tal enfermedad pues su hipótesis obedece a la simple racionalidad causal occidental: la planta contiene sustancias químicas que combaten la actividad del microorganismo que causa los síntomas de la enfermedad, y es esa hipótesis la que va a verificar en sus laboratorios para identificar la sustancia “eficiente”, patentarla y, eventualmente, sintetizarla industrialmente para su comercialización económicamente rentable (Gasché 2010: 21-22).

Come nel caso dei motivi decorativi anche in questo caso a causa dell’estrapolazione dal contesto si perdono il significato e la funzione originari che risiedono nella relazione tra pratiche curative e dimensione naturale –spirituale. L’assunzione di una sostanza è accompagnata da diete, ícaros101 e rituali che fanno parte del percorso curativo e partecipano al processo di recupero del paziente. L’appropriazione degli spazi e degli strumenti occidentali da parte degli indigeni in qualsiasi campo, rappresenta una sfida al sistema ed è percepita dalla società nazionale come una minaccia ai propri interessi. Attraverso l’educazione interculturale, la pittura, la scrittura, la partecipazione alla realtà economica, l’attivismo politico gli indigeni possono dimostrare non solo l’attualità dei propri sistemi di pensiero ma anche la capacità di agire nella società nazionale minando le relazioni di potere e offrendo modelli di modernità alternativi.

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Canti attraverso i quali lo sciamano trasmette la propria energia durante la realizzazione di rituali curativi.

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Un’impostazione decoloniale è riscontrabile in quegli scrittori indigeni che Zapata (2008) definisce critici e che attraverso l’uso della scrittura portano avanti un discorso di liberazione da modelli culturali, sociali e politici che impediscono l’affermazione di altre epistemologie. Nel ruolo di intellettuali sostengono la propria identità etnica, possiedono un’educazione di stampo occidentale, avendo compiuto spesso il loro percorso di studi in contesti urbani, e portano avanti un discorso anticolonialista da quegli stessi settori del sapere che hanno contribuito all’affermazione dell’ideologia colonialista. La loro posizione è quanto mai complessa e paradossale perché mirano a destabilizzare il sistema egemonico dall’interno, attraverso il ricorso agli stessi strumenti e agli stessi luoghi di enunciazione della cultura occidentale. Il pensiero anticolonialista non è recente ma nasce nel momento in cui il contatto tra le culture autoctone e la cultura spagnola dà inizio all’affermazione della superiorità della cultura occidentale e del suo sistema di valori. Anche in passato il processo di decostruzione dell’ideologia dominante portato avanti dagli intellettuali ha implicato l’appropriazione degli strumenti espressivi occidentali per dar voce ad altre realtà epistemiche102. All’interno di un discorso decolonizzatore assume dunque importanza la sovversione di questa visione frammentaria e parziale della cultura a favore di una dinamica che Leyva e Speed103 definiscono di co-labor in cui tutti in qualità di attori sociali contribuiscono in egual misura alla ricerca. Viene a mancare tanto la divisione gerarchica dei ruoli (informante, oggetto/soggetto di studio, intellettuale) quanto l’impostazione eurocentrica della cultura a favore dell’affermazione di altri sistemi di pensiero. Nella consapevolezza che l’interculturalità implica il dialogo tra logiche diverse, i docenti di eib devono sempre tener conto delle pratiche sociali di ciascun gruppo etnico nel momento in cui elaborano metodologie didattiche e curriculum; risulta dunque fondamentale un accurato lavoro di ricerca sul campo con l’aiuto dei saggi. Per esempio la pratica della lettura di racconti tradotti ed appartenenti ad altre realtà culturali porta avanti una falsa idea di interculturalità, con la convinzione che il semplice ricorso a contenuti differenti implichi il rispetto per la diversità culturale. Si

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Mignolo cita come esempio Guaman Poma “En su empeño por decolonizar el saber y el ser de los

conceptos que los ubican en un lugar inferior, los intelectuales indígenas han debido cambiar la geografía de la razón, pues todo reclamo de derechos dentro de los conceptos oficiales de saber y ser que no tuviese ese cambio en cuenta habría sido cuestionable” (Mignolo 2007: 140).

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Leyva, Xochitl. Speed, Shannon. 2008. Hacia la investigación descolonizada: nuestra experiencia de

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ignora di fatto il significato e la funzione che quella narrazione possiede nel suo contesto d’origine e, aspetto ancora più importante, che spesso si tratta di storie riadattate sia nella trama sia nella forma ai gusti occidentali (Aime 2004).

Vigil analizzando un testo utilizzato in una scuola eib104 per studenti quechua mette in evidenza come il cambio di registro si riveli in realtà una traduzione di tipo linguistico da un codice all’altro che non tiene conto del valore attribuito alla parola e della natura orale delle lingue indigene, che appartengono a culture in cui è fondamentale la pratica dell’argomentazione.

Se tiene desconocimiento sobre cómo las distintas culturas organizan sus discursos, y se piensa que la manera de organizar los discursos en castellano es la única existente; es por ello que, cuando se diseñan los programas de lectura y escritura en lenguas indígenas para la escuela básica, estos se limitan a traducir los contenidos del castellano a la lengua indígena, sin tener en cuenta que las situaciones comunicativas y los discursos se rigen por

las estructuras propias de cada cultura (Vigil 2006).

In questo caso si richiedeva agli studenti di distinguere i testi in base a tre tipologie: colloquiale, narrativo ed espressivo secondo una classificazione che appartiene alla cultura occidentale. In realtà nella cultura degli studenti questa classificazione non ha alcun senso perché le narrazioni si distinguono in base alla fonte dell’informazione, segnalata attraverso l’uso di marcatori morfologici.105 Allo stesso modo la distinzione tra una notizia e un racconto sulla base delle categorie di realtà e invenzione appare incompatibile con la cultura dello studente sotto due aspetti: non c’è alcuna differenza tra i due testi perché la fonte di informazione è la stessa e la dicotomia reale/immaginario non corrisponde alla concezione del mondo propria di molte culture indigene.

Barraza e Sullón (2007) citano come esempio la suddivisione tradizionale dei ruoli per genere tra gli shawi che prevede che le donne cantino e gli uomini suonino gli strumenti. Di fronte a questo dato ci si pone la scelta se all’interno della scuola sia corretto far cantare anche gli studenti maschi, anche se non corrisponde al ruolo che

104 Il testo è stato prodotto da un istituto di formazione in eib nella zona dell’Urubamba (Cuzco-Perù). 105

Anche l’Aymara possiede dei suffissi grammaticali che indicano la fonte dell’informazione. Albó individua cinque categorie di fonti di informazione “conocimiento personal, conocimiento por lenguaje,

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svolgono all’interno della comunità. Ignorare i valori e le pratiche di un gruppo etnico significa imporre un altro modello culturale e intaccare gli equilibri sociali su cui si basa la vita comunitaria. Durante il periodo di ricerca all’interno della scuola di Formabiap ho potuto constatare personalmente il risultato dell’influenza delle religioni evangeliche su alcuni studenti shawi che cantavano alabanzas, ovvero lodi religiose abbandonando dunque la tradizionale suddivisione dei ruoli.

Un altro aspetto segnalato da Barraza e Sullón riguarda l’approccio didattico e le errate interpretazioni che possono scaturire da una scarsa conoscenza delle pratiche comunicative indigene. Nell’ambito scolastico l’attenzione da parte dello studente è solitamente deducibile dal fatto che durante la lezione il suo sguardo sia rivolto in direzione del docente; per questa ragione l’abitudine degli studenti indigeni a tenere lo sguardo basso può essere erroneamente interpretata come prova di disattenzione. Ma nel momento in cui vengono interrogati dimostrano di aver seguito la lezione. La spiegazione è riscontrabile nelle pratiche comunicative proprie della culture indigene:

“Se ha demostrado en muchas sociedades indígenas que los niños no miran directamente a las personas mayores porque esto puede significar un desafío y/o falta de “respeto” hacia éstas” (Barraza Sullón 2007: 4).

Vi sono poi forme di acculturazione subdola che agiscono per esempio attraverso l’applicazione di pratiche comunicative occidentali alle lingue indigene, determinando fraintendimenti o la totale incomunicabilità con l’interlocutore106. Attraverso questo meccanismo vengono introdotti nelle culture considerate “subalterne” ideologie e sistemi di valori propri della cultura dominante che vengono inconsciamente assimilati.

L’interculturalità promossa dalle popolazioni indigene si rivela un “proyecto

epistémico” (Walsh 2003) orientato a demolire l’impostazione coloniale ed

eurocentrica del sapere portata avanti attraverso politiche educative acculturanti. L’attivismo politico e la partecipazione attiva delle popolazioni indigene attraverso le proprie organizzazioni contro l’imposizione di un unico modello culturale, politico ed

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Si pensi alla struttura comunicativa di domanda e risposta che generalmente viene applicata nel rapporto tra maestro e studente e che non sempre corrisponde al modo in cui i bambini indigeni interagiscono con una persona adulta.

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economico mette in luce la presa di coscienza della differenza coloniale che invade tutti gli aspetti della realtà sociale e determina gerarchie e diseguaglianze.

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