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2. Il ruolo di Formabiap

3.5 El hombre garza (kukama)

Il brano è tratto dal libro “Visiones Kukama-Kukamiria en relación al bosque y la

sociedad” (FORMABIAP 2009c: 62) che raccoglie letture in lingua spagnola

appartenenti alla cultura kukama e destinate alla scuola primaria. I redattori del brano sono Luis Ahuanari, Richard Cordoba Huaya, Tanner A Macedo e Vil Jeferson Rengifo.

El hombre garza

Antiguamente, en un pueblo ubicado a orillas del río Samiria, vivía un hombre muy pescador que sacaba muchos peces de manera misteriosa. Viendo esto una familia se enamoró de él y le entregó a una de sus hijas. El hombre se quedó a vivir en la comunidad de su esposa y sólo se dedicaba a la pesca. Su suegro le preguntaba qué secreto tenía para cazar tanto pescado. El suegro le hacía esta pregunta porque veía que las demás personas no podían pescar tanto como él, pero su yerno no le decía nada.

Un día su cuñado más pequeño insistió al pescador que lo llevara con él a pescar; ante tanta insistencia el hombre aceptó. Cuando estaban cerca de la cocha atracó la canoa y le dijo a su cuñadito que lo esperara ahí mientras él se iba a pescar. El niño se quedó esperándolo y el hombre se fue por el canto de la cocha. No pasó mucho tiempo y el pescador volvió a la canoa con una inmensa sarta de peces. Su cuñadito se asombró, no podía creer que pescara tanto en tan poco tiempo. Cuando regresaron a la casa le contó a su familia lo que había sucedido.

Al día siguiente el hombre se fue a pescar solo. Sin embargo, dos de sus cuñados decidieron seguirlo a escondidas para ver cómo pescaba y cúal era su secreto. Ellos vieron que el hombre llegó a la cocha, se sacó la ropa, se transformó en una garza, y empezó a pescar.

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Viendo todo esto los dos cuñados se admiraron y al regresar a su casa comentaron con sus familiares lo que habían visto. El hombre, al verse descubierto, quedó convertido en garza hasta el día de hoy.

Analisi strutturale

Il testo ha inizio con l’avverbio “antiguamente” che colloca gli avvenimenti in un passato lontano e indefinito che garantisce alla narrazione un valore esemplare e una maggiore adattabilità e rielaborazione a seconda delle esigenze del gruppo. Un altro tratto peculiare è l’identità generica dei personaggi a partire dal protagonista di cui non si conosce il nome e che viene identificato in base al suo aspetto “hombre” e la qualità che lo contraddistingue “pescador”. Allo stesso modo gli altri personaggi vengono presentati e qualificati in relazione al grado di parentela che condividono con il protagonista: suegro, esposa, cuñado. A differenza di altri testi pubblicati da Formabiap non si riscontra la presenza del discorso diretto riconducibile alla dimensione orale, ma si rileva comunque una prevalenza di verbi dichiarativi come:

decir, preguntar, insistir, contar e comentar. La scelta del discorso indiretto e la

successione lineare degli avvenimenti rivelano una maggiore elaborazione nella fase di trasposizione alla scrittura finalizzata alla creazione di un prodotto che rispecchi i canoni occidentali. La scelta è attribuibile ai destinatari della raccolta. Come spiegato nella presentazione:

Este texto contiene diversas lecturas referidas, aproximadamente, a los campos temáticos de las áreas de “Ciencia y Ambiente” y “Personal Social” del currículo de Educación Básica Regular (EBR). Se espera que pueda ser leído por niños de 5to y 6to grado de primaria (Ciclo V de EBR) (FORMABIAP 2009c: 5).

L’estensione della raccolta a un circuito educativo più ampio e non circoscritto all’ambito dell’eib, risponde alla volontà di garantire una maggiore diffusione delle

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culture indigene la quale richiede l’adattamento della letteratura orale indigena a forme narrative più accessibili ad un lettore occidentale oltre che l’uso di un codice linguistico condiviso.

Analisi dei contenuti e funzione didattica della letteratura indigena

Il testo incentrato sull’attività della pesca presso i kukama, svolge una delle funzioni principali del racconto mitico: spiegare l’origine di un oggetto, di un fenomeno o di una pratica sociale. La storia inoltre mette in luce la relazione peculiare che le popolazioni amazzoniche instaurano con la natura che non prevede l’esistenza di confini netti tra esseri umani, animali ed entità spirituali. Le diverse dimensioni entrano in contatto tra loro quotidianamente dando luogo a trasposizioni e cambi di identità che vengono percepiti come possibili da coloro che si riconoscono nella cosmovisione amazzonica e nel sistema di valori che racchiude. Il protagonista fin dal principio si differenzia dagli altri per una dote, l’abilità nella pesca, che per la sua eccezionalità si presenta come qualcosa di non-umano e desta sospetti nelle persone che gli stanno attorno. Incarna la figura del gran pescador, appartenente alla categoria indigena Ipurakari (grande pescatore, cacciatore o guerriero), che si distingue tra i membri di un gruppo per le proprie abilità e capacità (Rivas 2004). La pesca tra i kukama evidenzia lo stretto rapporto di armonia esistente tra uomo e natura che si concretizza sia nella scelta di pescare esclusivamente la quantità sufficiente al proprio fabbisogno sia nei rituali che precedono e accompagnano l’attività. Una delle tecniche utilizzate fin da tempi remoti è quella che prevede l’uso del barbasco161 il cui liquido versato nelle acque causa la

morte dei pesci. L’uso della pianta è accompagnato da una serie di norme e divieti che contribuiscono alla buona riuscita della pesca e soprattutto al mantenimento dell’equilibro naturale; ad esempio l’estrazione del barbasco dev’essere condotta in totale silenzio per non svegliare la madre della pianta e alle donne con il ciclo mestruale o in gravidanza è vietato prendere parte a qualsiasi fase del processo perché si ritiene che abbiano un’influenza negativa (FORMABIAP 2009b). Oltre all’uso del

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Con questo termine si fa riferimento a una pianta le cui radici contengono un’alta concentrazione di rotenone, una sostanza chimica tossica.

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barbasco, utilizzato ancora oggi, i kukama hanno sviluppato un’ampia gamma di

tecniche e strumenti a seconda del tipo del pesce e dell’ambiente, che nel tempo sono stati sostituiti dall’uso delle reti. Inoltre vengono riconosciuti dagli altri gruppi etnici dell’Amazzonia peruviana come grandi pescatori; le conoscenze acquisite attraverso l’esperienza hanno determinato anche la nascita di specializzazioni nella cattura di grandi pesci come il paiche o la gamitana, apprezzati non solo per le loro qualità nutritive ma anche perché compaiono spesso all’interno del patrimonio letterario amazzonico. Nello specifico il racconto permette anche di illustrare una situazione di ricchezza e abbondanza che non si riscontra nell’attualità a causa sia dell’abbandono progressivo da parte delle nuove generazioni di kukama delle norme e dei valori della propria cultura d’origine sia dell’inquinamento, conseguenza dello sfruttamento indiscriminato del territorio da parte delle multinazionali straniere.

Un’altra versione dello stesso mito utilizzata nella scuola di Formabiap e pubblicata nella raccolta “Para recordar la vida. Relatos de origen de los pueblos indígenas

amazónicos”(FORMABIAP 2005) presenta come dato aggiuntivo la maledizione divina:

Desde ese momento el hombre se transformó en garza y se fue a vivir lejos. El Dios kukama lo maldijo por haberse negado a enseñar la pesca a los demás hombres. Su cuñado, que había visto como pescaba, enseñó a los demás kukama (2005: 18).

Il riferimento finale a Dio e in particolare alla maledizione, che ricorda il Dio severo e vendicativo del Vecchio Testamento, rappresenta una prova dell’influenza del processo di evangelizzazione che ha riguardato in generale tutte le popolazioni amazzoniche. Come rileva Agüero in epoca coloniale:

Paralelamente a la estructura social-secular de la hacienda, se fueron erigiendo las reducciones o pueblos misionales cuya organización respondía a los objetivos religiosos de los misioneros. Estos pueblos se formaban con personas que pertenecían a un mismo grupo étnico o a grupos étnicos distintos, luego que habían aceptado -según se decía- reducirse a la fe católica (1994: 55).

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In particolare tra i kukama e altre popolazioni appartenenti al gruppo etnico tupí-

guaraní ha ricoperto un ruolo di grande importanza il mito de la Tierra sin mal162, una sorta di paradiso terrestre presente in molti racconti che ha acquisito vigore con il processo di evangelizzazione e si è rinnovato nel tempo. In particolare tra il 1971 e il 1987 numerose famiglie appartenenti all’etnia tupí-guaraní aderirono a un movimento milleranista noto come Movimiento de los Hermanos Cruzados163 e guidato da Francisco da Cruz, un leader carismatico giunto dal Brasile che predicava l’imminente fine del mondo e la necessità di emigrare verso una città santa situata al centro della selva (Agüero 1994). Il successo del movimento è probabilmente riconducibile alla volontà della popolazione kukama di trovare una via di fuga dalla discriminazione e dalle relazioni di potere. Dopo secoli di evangelizzazione la maggior parte dei kukama pratica un cristianesimo di tipo popolare e sincretico in cui i dogmi cristiani si mescolano e si adattano a valori e pratiche tradizionali. L’egemonia della Chiesa cattolica è stata soppiantata dalla diffusione all’interno della regione amazzonica di diverse correnti religiose che, con lo scopo di attirare gruppi di fedeli, spesso hanno iniziato ad operare nei settori fino ad allora di competenza esclusiva del clero cattolico, come quello educativo. Solo in riferimento alla regione di Nauta, in cui è alta la percentuale di kukama, Agüero (1994) registra la presenza dei seguenti credo religiosi: Chiesa cattolica, Chiesa evangelica, Chiesa battista, Chiesa pentecostale, Chiesa dei Testimoni di Geova e Chiesa Avventista del Settimo Giorno.

La narrazione termina con la trasformazione del protagonista in animale, la garza (airone), ponendo fine a una condizione di per sé innaturale poiché le sue capacità sono in realtà riconducibili alla sua vera natura. L’assunzione di un’altra identità riflette anche una credenza comune nelle culture amazzoniche secondo la quale gli animali anticamente erano persone e che nei racconti viene generalmente esplicitata con l’espressione “antiguamente era gente”, “antiguamente eran personas”, “antiguamente era un hombre” e “antiguamente era una mujer”.

Viveiros de Castro spiega questa concezione attraverso la teoria del prospettivismo. La situazione descritta nel racconto, in cui inizialmente non vi è una differenziazione tra

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Si veda Regan (1983).

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animali e esseri umani, rispecchia il pensiero indigeno amazzonico secondo il quale in principio la condizione comune era quella dell’umanità. La distinzione natura/cultura su cui si basa il pensiero evolutivo occidentale che prevede l’allontanamento da parte dell’uomo dalla condizione animale originaria è dunque opposta alla concezione del mondo tipica delle cosmologie indigene (Viveiros 2004). La differenza fondamentale rispetto al pensiero occidentale è che per le culture indigene tutti gli esseri viventi (umani e non umani) possiedono un’anima e di conseguenza anche un proprio punto di vista che gli permette di osservare la realtà e viverla da prospettive diverse.

In condizioni normali gli umani vedono gli umani come umani, e gli animali (le piante, ecc.) come animali (piante, ecc.); quanto agli spiriti, vedere questi esseri generalmente invisibili è sempre segno di condizioni anormali. Invece alcuni animali (i predatori) e gli spiriti vedono gli umani come animali (prede), così come altri animali (le prede) vedono gli umani come spiriti o come animali (predatori). Infine, gli animali e gli spiriti vedono se stessi come umani […] (Viveiros de Castro 2000: 48).

Fondamentalmente ciò che distingue umani da non umani è il corpo inteso come involucro che ricopre la natura umana originaria, visibile solo da quelli che appartengono alla stessa specie o da chi possiede doti particolari come gli sciamani. Il corpo non è inteso come aspetto fisico esteriore ma come l’insieme di capacità, facoltà e disposizioni che Viveiros indica con il termine habitus. Anche l’uso delle maschere animali nei contesti rituali non risponde tanto alla necessità di occultare le proprie sembianze umane quanto alla volontà di attivare meccanismi di immedesimazione con l’animale assumendone le caratteristiche e gli atteggiamenti (Viveiros de Castro 2004). La cosmovisione indigena concepisce la realtà come uno spazio condiviso da umani e non umani il cui equilibrio si mantiene attraverso il rispetto di norme e divieti, utili a regolare la vita all’interno delle comunità e a garantire il benessere fisico dell’individuo. La stretta relazione tra uomini, animali e esseri spirituali così come la labilità dei confini tra le varie dimensioni, rendono possibile che uno sciamano si trasformi in spirito o animale, che uno spirito assuma le sembianze di un essere umano164 e che una persona comune si possa trasformare in animale (Tello Imaina

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2014). Quest’ultimo è il caso della cutipa, l’essere umano si comporta come un animale perché quest’ultimo l’ha cutipato ovvero l’ha amato più degli altri esseri umani. Secondo Regan (1983) il concetto di cutipa racchiude l’idea di dare o restituire165: quando un uomo caccia un animale o ne mangia la carne quest’ultimo può trasmettere una malattia o una caratteristica propria al figlio dell’uomo, ovvero lo cutipa.

La frase finale “El hombre, al verse descubierto, quedó convertido en garza hasta el día

de hoy” assume una duplice funzione: fornisce una spiegazione socialmente

accettabile in relazione alla straordinarietà delle doti del pescatore e mette in luce il tema della vergogna come motivo che determina la trasformazione, l’assunzione di un’altra identità e in questo caso il ritorno alla normalità. È un tema ricorrente nei racconti mitici di tutte le culture amazzoniche e riscontrato anche in altri brani analizzati in questa sede.

165 Regan spiega anche il concetto di cutipa applicato all’agricoltura e al matrimonio. Nel primo caso corrisponde all’azione di restituire alla terra, attraverso la coltivazione di nuove piante, il corrispettivo del raccolto; nel secondo caso quando un uomo sposa la sorella del cognato (marito di sua sorella) si dice che quest’ultimo l’ha cutipato nel senso che gli ha “restituito” una sorella.

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