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2. Il ruolo di Formabiap

2.3 La trasformazione della letteratura orale in libri di testo

2.3.3 Traduzione e autotraduzione

Nella regione amazzonica peruviana l’imposizione della lingua spagnola ha determinato un impoverimento linguistico, l’adozione di uno strumento di comunicazione differente e ha influito negativamente sull’identità e l’autostima del parlante indigeno. Come segnala Regan:

El idioma es un elemento poderoso en la formación y mantenimiento de la identidad, por ser el medio principal de la comunicación. A través de la lengua se expresa la forma de pensar de un pueblo y es el medio de transmisión de los conocimientos ( Regan 1988: 141).

In contesti in cui la lingua è stata veicolo di colonizzazione la traduzione non solo implica delle scelte stilistiche ma comunica inevitabilmente anche delle convinzioni ideologiche di cui il traduttore può essere più o meno consapevole. Non si tratta unicamente di un procedimento linguistico al contrario è un’operazione culturale che agisce sui lettori/ascoltatori attraverso la diffusione di messaggi che vanno oltre il contenuto del testo stesso. Nel caso delle lingue indigene e a maggior ragione nell’ambito dell’eib, l’autotraduzione può convertirsi in uno strumento utile al processo di decolonizzazione del sapere favorendo l’affermazione e la diffusione di epistemologie differenti da quella occidentale. Nonostante a livello legislativo lo spagnolo non sia l’unica lingua ufficiale, nella pratica è la sola a cui venga riconosciuto maggior prestigio e che comunemente viene utilizzata negli uffici pubblici e nei mezzi di comunicazione di massa. Secondo Trapnell e Vigil:

[...] si bien consideramos importante el aprendizaje de castellano como segunda lengua, debemos examinar críticamente los problemas causados por la predominancia de esta lengua, develar la ideología y la estructura del poder que produce y reproduce estos problemas, con el propósito de transformar las relaciones de poder en una mejor relación, libre de la hegemonía y de la dominación (2011: 18-19).

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Per i kukama, nella maggioranza monolingue spagnoli, il ricorso alla lingua d’origine non solo rappresenta una forte volontà di rivendicazione identitaria e affermazione dell’essere indigeno ma rivela un atteggiamento che si oppone al lungo percorso di negazione e subordinazione a cui sono stati sottoposti attraverso vari canali ma soprattutto attraverso la scolarizzazione. Il risultato dell’acculturazione è evidente non solo nella lingua ma anche nel modo di pensare e accettare una visione della realtà e un modo di affrontare la vita che sia differente da quello occidentale. Come segnala Angelica Ríos107, docente e coordinatrice del Formabiap, negli anni in cui vigeva la nota 14 le federazioni hanno scelto di sostenere i giovani che vivevano in città con la convinzione che avessero maggiori possibilità di superare la prova di ammissione. Ma proprio a causa della formazione scolastica nel contesto urbano, considerata inizialmente come un vantaggio, gli studenti kukama incontrano maggiori difficoltà dei bilingui. Durante il loro processo di formazione gli alunni hanno manifestato uno scarso livello di conoscenza della propria cultura d’origine che ha portato i docenti a dover adottare strategie di recupero culturale specifiche e in qualche modo limitate dalla stessa realtà urbana in cui vivono. In occasione del ciclo non scolarizzato, a differenza degli altri studenti che si recano nelle proprie comunità, i kukama fanno ritorno alla città in cui la pratica, il lavoro di ricerca e l’avvicinamento alla propria cultura risultano notevolmente limitati dal contesto.

Anche tra i gruppi etnici che hanno mantenuto e utilizzano quotidianamente la propria lingua d’origine come gli shawi si può riscontrare, seppur in misura minore, un sentimento di inferiorità interiorizzato nel corso degli anni, che si manifesta nell’interazione con parlanti madrelingua spagnoli. Un livello linguistico insufficiente o il timore di essere oggetto di scherno determina spesso insicurezza nel parlante il quale soprattutto nella conversazione orale dovrà compiere un lavoro di traduzione immediato e complesso in considerazione del fatto che le due lingue rispondono a logiche di pensiero differenti (Chanchari Pizuri 2012).

Nel processo di traduzione entrano in gioco diversi fattori legati alla sfera sociale ed emotiva quali l’autostima dei parlanti e le relazioni di potere. Ogni parlante riceve

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Angélica Ríos Ahuanari, coordinatrice di Formabiap, intervista realizzata il 24/08/2012 presso gli uffici di Formabiap, Iquitos.

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sicurezza e stabilità nel riconoscersi membro di una comunità linguistica e allo stesso tempo associa la propria lingua a ricordi, sentimenti, valori culturali ed esperienze di vita. Ciò è evidente nei processi di autotraduzione in cui il traduttore può incontrare delle difficoltà nel rendere in un’altra lingua un’esperienza o un ricordo che ha sperimentato e vissuto nella propria lingua materna. La traduzione presenta infatti una serie di passaggi non solo da una lingua all’altra ma da un sistema di pensiero all’altro, portando con sé valori e sentimenti riconducibili esclusivamente alla logica di pensiero della cultura d’appartenenza. Anche nel caso degli studenti che hanno la lingua indigena come L1, scrivere nella propria lingua comporta uno sforzo di traduzione e interpretazione notevole. Nella maggioranza dei casi, a causa di processi di scolarizzazione in lingua spagnola, prima pensano al contenuto in lingua indigena, poi a come l’avrebbero scritto in spagnolo e infine lo traducono per iscritto nella loro lingua. È chiaro dunque che la traduzione si presenta come un vero e proprio processo mentale. Durante il mio lavoro sul campo ho potuto constatare nel racconto di uno studente108 di lingua kichwa come i due codici linguistici si sovrapponessero per la necessità di indicare in maniera più accurata determinati aspetti o immagini.

Il processo di traduzione implica da una parte delle scelte stilistiche sulla base del contenuto, del pubblico e della finalità del testo e dall’altra delle soluzioni come il prestito linguistico, i neologismi e le perifrasi per supplire a differenze di tipo lessicale; è il caso di termini scientifici nel passaggio dallo spagnolo alla lingua indigena o della ricchezza di campi semantici riguardanti il mondo naturale che non trovano corrispondenza nella lingua spagnola. Un chiaro esempio è rappresentato dalla traduzione realizzata dal professor Rafael Chanchari Pizuri appositamente per questa tesi dei testi shawi analizzati nel paragrafo 3.2. Il testo consente infatti di individuare le scelte e le strategie che vengono generalmente adottate nei casi dei testi bilingui elaborati da Formabiap, orientate tanto al rispetto dell’origine orale del racconto quanto alla riproduzione della varietà spagnola della regione.

L’uso di termini come “nochecita”(tahshiru) “hermanito”(iya’wa)109, “solita” (inaora), “despacito” (uhshakeran), ahorita (ahpira).rispecchiano un uso dei diminutivi piuttosto

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Odilo Lanza Jipa, comunidad Campo Serio, río Napo, pueblo kichwa. 109

Nell’uso comune la parola “iya’wa” (hermanito) si usa tra fratelli che hanno più o meno la stessa età, come in questo caso.

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frequente nel parlato dello spagnolo amazzonico. Ad esclusione di “hermanito” che rappresenta effettivamente la traduzione del diminutivo shawi “iya’wa”, negli altri casi ci troviamo davanti a una scelta del traduttore. Nel caso di “nochecita” il diminutivo è stato utilizzato con lo scopo di tradurre l’espressione “tahshiru’pu” che significa “al anochecer”, infatti nella lingua shawi i diminutivi si possono applicare alle persone, alle piante, agli oggetti ma non a fenomeni naturali come la notte (tahshi). Un discorso analogo vale per il termine “ahpira” tradotto come “ahorita” ma che nella lingua shawi non può avere valore diminutivo poiché “es ilógico decir ahorita vamos a regresar si

estamos yéndonos lejos para la lengua shawi”110. La volontà di riprodurre la varietà amazzonica dello spagnolo si riscontra oltre che nell’uso dei diminutivi anche nella scelta lessicale di termini quali “chapanear”, “sable”, “chobon” e altri che favoriscono la raffigurazione di un contesto socio culturale nel quale lo studente può riconoscersi. Detto in altri termini è questa la varietà dello spagnolo con cui gli studenti indigeni entrano in contatto sia all’interno delle comunità sia nei contesti urbani della regione amazzonica. Lo stesso procedimento si verifica nelle lezioni di lingua durante le quali gli studenti si esercitano a livello orale e scritto in entrambe le lingue, praticando di fatto un lavoro di autotraduzione. È un’attività che richiede un discreto livello di conoscenza di entrambe le lingue e che nel caso di studenti come i kukama, che devono recuperare la propria lingua d’origine, può essere affrontata solo in un secondo momento. In occasione del laboratorio di scrittura creativa, precedentemente citato, in cui gli studenti erano invitati ad elaborare un racconto nella propria lingua per poi tradurlo in spagnolo, alla richiesta su come fossero riusciti a superare le differenze tra i due codici linguistici uno studente shawi111 ha affermato “Se les saltean

algunas palabras para que tenga coherencia el texto”. Questa spiegazione offre un

chiaro esempio di come le competenze in entrambe le lingue gli abbiano permesso di far ricorso a soluzioni pratiche, funzionali a una resa coerente del testo nella seconda lingua; per uno studente kukama che appena giunto al Formabiap è monolingue spagnolo un’attività di questo tipo è impensabile.

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Comunicazione personale del professor Rafael Chanchari Pizuri. 111

Milton Lancha Pizango, studente shawi di Formabiap, intervista realizzata il 09/08/2012 presso la scuola di Formabiap, Zungarococha, Iquitos.

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Spesso il processo di autotraduzione realizzato dagli studenti non si riduce alla relazione lingua indigena-lingua spagnola ma coinvolge diverse varietà dialettali con differenti livelli di competenza scritta e orale. La diversità dei codici linguistici non ostacola la comprensione tra studenti o tra docente e studenti ma al contrario influisce positivamente sulla didattica, offrendo un quadro più ampio della ricchezza e vitalità delle lingue amazzoniche. Una delle strategie adottate dagli studenti nel caso di scarse competenze a livello scritto in lingua indigena (spesso conseguenza di una mancata scolarizzazione nella lingua materna) è quella di ricorrere all’alfabeto spagnolo per scrivere nella propria lingua. Se prendiamo come esempio la lingua shawi la scuola di Formabiap ha adottato un’unica versione dell’alfabeto per le diverse varietà regionali riconducibili alla zona di provenienza dei parlanti112, che tiene conto delle esperienze scolastiche e del possibile contatto con sistemi alfabetici differenti elaborati dall’ILV o da altre istituzioni. Soprattutto agli inizi del proprio percorso formativo gli studenti shawi possiedono una varietà lessicale in accordo con la propria zona di provenienza, mostrano la tendenza a scrivere come parlano e fanno uso dell’alfabeto spagnolo. Per questa ragione le lezioni di lingua indigena implicano un continuo lavoro di negoziazione e arricchimento culturale grazie alla diversità degli apporti di ciascun studente.

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La linguista Yris Barraza ha rilevato, attraverso la consultazione degli studenti presenti nella scuola, la diminuzione dell’uso della lingua shawi tra le nuove generazioni nei casi in cui provengano da comunità vicine alle città (Barraza 2012).

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