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Decorrenza del termine prescrizionale

ASPETTI CARATTERISTICI DELLA RESPONSABILITA’ STATUALE

5. Decorrenza del termine prescrizionale

Il tema della prescrizione, come già detto, è strettamente legato a quello della natura giuridica che debba essere riconosciuta alla responsabilità dello Stato e, in maniera par- ticolare, a quella del legislatore. Molteplici e contrapposti sono stati gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in materia241, così come analizzati nel paragrafo preceden- te.

Sulla questione è intervenuta, più volte, anche la Corte di Giustizia, la quale, in una pronuncia del 2011242, ha precisato che dovrà essere il singolo Stato membro ad indivi-

duare il giudice competente e a stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurispru- denziali per la tutela dei diritti, spettanti ai singoli, dall’UE.

Le dette modalità dovranno rispettare i principi di equivalenza, di non discriminazione e di effettività, già enucleati nei paragrafi precedenti. Quello di effettività non ha impedito, alla Corte di Giustizia, di ritenere compatibile con il diritto dell’Unione la previsione di

ragionevoli termini decadenziali o prescrizionali243, poiché previsti a tutela della cer- tezza del diritto e tali da non renderne impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio. Premesso che imporre un periodo prescrizionale ordinario o breve è, come già chiarito in precedenza, conseguenza della natura giuridica da attribuire alla responsabilità dello Stato e di quella da riconoscere alla connessa azione risarcitoria, sembra, quì, opportuno soffermarsi sul termine a partire dal quale esso debba decorrere.

In merito al dies a quo del periodo prescrizionale del diritto al risarcimento del danno, la giurisprudenza italiana si è più volte pronunciata, seguendo posizioni contrastanti. Secondo una corrente di pensiero sviluppatasi nei Tribunali di primo grado, non avrebbe alcuna rilevanza il recepimento della direttiva. Il termine prescrizionale, infatti, decorre-                                                                                                                

241 Cfr.

PIZZORNI, La recente evoluzione della giurisprudenza nazionale in tema di responsabilità dello Stato cit. pagg. 162 – 166.

242 Corte di Giustizia Europea, 19 Maggio 2011, causa C – 452/09, caso Iaia ed altri vs Ministero dell’Istruzione U-

niversità e Ricerca, Ministero delle Economie e Finanze e Università di Pisa, in Corriere giuridico, 2011, pag. 1426,

con nota di A. DI MAJO, I diritti dei medici specializzandi e lo Stato inadempiente cit.

Per i giudici di Lussemburgo “in mancanza di una disciplina dell’Unione, in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare il giudice competente e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giuri- sdizionali intesi a garantire la piena tutela dei diritti spettanti ai singoli, in forza del diritto dell’Unione, purché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equiva-

lenza) e non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti

dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività)”.

In senso conforme, anche la giurisprudenza precedente della Corte di Giustizia Europea, 17 Luglio 1997, cause riuni- te C – 114/95 e C – 115/95, Texaco e OlieselskabetDanmark; 11 Luglio 2002, causa C – 62/2000, Marks & Spencer; 24 Marzo 2009, causa C – 445/06, Danske Slagterier

243 Si veda, nella sentenza, il punto in cui si sostiene che “per quanto concerne quest’ultimo principio (quello di equi-

valenza), la Corte ha riconosciuto compatibile con il diritto dell’Unione la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza”.

rebbe sin dalla sua emanazione, a partire dalla quale il danneggiato sarebbe legittimato a richiedere il risarcimento244. Quanto detto avrebbe imposto, ai medici specializzandi, di agire il prima possibile, per far valere il proprio diritto, non riconoscendo alcuna rile- vanza causale all’inadempienza statuale. Lo Stato, poi, potrà facilmente eccepire il ri- tardo nell’azione.

La tesi appena esaminata è stata assoggettata ad alcune critiche.

Per prima cosa, il singolo, in quanto non ancora concretamente danneggiato, non po- trebbe vantare un diritto risarcitorio finché non sia scaduto il termine per la trasposizio- ne della direttiva. Il detto diritto sorgerebbe, infatti, solo quando la trasposizione sia mancata, sia stata inesatta, parziale oppure tardiva e questo è verificabile solo scaduto il termine di recepimento. Questo significa che nessun effetto pregiudizievole potrà confi- gurarsi se lo Stato possa ancora recepire tempestivamente la direttiva.

Altra critica riguarda l’impossibilità logica di conciliare l’inefficacia diretta della diret- tiva con la tutela prevista. Se, dunque, la direttiva richieda un recepimento non si com- prende come possa essere invocata un’azione risarcitoria diretta a fronte di una direttiva non trasposta.

Un secondo orientamento245, invece, ha fatto coincidere il dies a quo del termine pre- scrizionale con la scadenza prevista per l’attuazione della direttiva. Soltanto da questo momento sorgerebbe il diritto al risarcimento del danno.

Anche questa tesi, però, è stata criticata perché non terrebbe conto del fatto che, una volta scaduto il termine di recepimento, il singolo potrebbe non essere ancora venuto a conoscenza della violazione del diritto, che gli sia stato negato, e dell’ammontare del relativo risarcimento. Inoltre, non è detto che un danno si sia già verificato in quel pre- ciso momento. Può non esservi, infatti, necessaria coincidenza temporale tra l’inadempimento dello Stato e l’effettivo danno ottenuto dal cittadino.

In ultimo, si è sostenuto che il dies a quo debba farsi coincidere con la data di effettivo recepimento della direttiva, anche una volta scaduto il termine previsto. Nel caso dei medici specializzandi, dunque, il termine prescrizionale decorrerebbe dalla data di en-                                                                                                                

244 Vedi Tribunale di Bari, sez. III, 30 Novembre 2007; Tribunale di Catanzaro n. 1379/08, 853/06, 1524/03; Tribuna-

le di Torino n. 2741/05; Tribunale di Roma, sez. I, 14 Giugno 2004 n. 13821, in Foro italiano, fasc. I, pag. 2511, con nota di D. DALFINO e in D&G – diritto e giustizia, 2004, con nota di AA.VV., Gli specializzati prima del 1991 non evi-

tano la prescrizione. In quest’ultima pronuncia si precisa che il termine di prescrizione (quinquennale) trova la sua

disciplina nell’art. 2948 n. 4 c.c. poiché riguarda somme dovute dalla PA con cadenza annuale o inferiore all’anno. Nello stesso senso anche Consiglio di Stato 9 Febbraio 2004 n. 445.

trata in vigore del d.lgs. 257/91, con il quale sono state, finalmente, trasposte (in ritardo) le direttive comunitarie in questione246. Soltanto da tale data, infatti, i singoli medici hanno potuto compiutamente rendersi conto della violazione del diritto comunitario po- sta in essere dallo Stato, del contenuto del diritto riconosciuto, dell’ammontare dei compensi stabiliti, del soggetto tenuto ad erogarli, della non retroattività della corre- sponsione e del consequenziale diritto al risarcimento.

Tali principi sono stati affermati anche dalla pronuncia della Corte di Giustizia sul caso

Emmott247, secondo la quale i privati non avranno piena conoscenza dei loro diritti fin-

ché una direttiva non sia stata correttamente trasposta. E tale incertezza continuerà an- che se, nel frattempo, la Corte di Giustizia abbia dichiarato inadempiente lo Stato mem- bro.

Ciò con la conseguenza che, fino al momento della trasposizione della direttiva, lo Stato non possa eccepire, al cittadino, di aver agito tardivamente, in quanto il dies a quo de- correrebbe solamente dall’avvenuto recepimento248.

Le stesse conclusioni sono state raggiunte da una parte della giurisprudenza di merito249 secondo cui l’individuazione del dies a quo presupporrebbe la qualificazione della vio- lazione statale in termini d’illecito permanente o meno.

                                                                                                               

246 Si ricorda che subito dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 257/91, il TAR Lazio, sez. I, 16 Aprile 1993 n. 601, ha ri-

tenuto che tale decreto dovesse essere disapplicato dal giudice nazionale nella parte in cui riservava l’applicazione dell’ordinamento comunitario ai soli medici ammessi alle scuole di specializzazione nell’a. a. 1991/92, lasciando so- pravvivere il precedente regime per le specializzazioni già in corso. Sempre in questa decisione si è poi affermati il principio secondo cui nel caso in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondi- zionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere innanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato, sia che questo non abbia tempestivamente recepito la direttiva sia che l’abbia recepita in modo inadeguato. Sullo stes- so tema e similmente, vedi anche TAR Lazio, sez. I bis, 25 Febbraio 1994 n. 279 e Consiglio di Stato, sez. IV, 23 Settembre 1994, n. 735.

247 Corte di Giustizia Europea, 25 Luglio 1991, causa C – 208/90.

248 Cfr. Cass. 3 Giugno 2009 n. 12814 (in Diritto & Giustizia, 2009), riportata in APPENDICE alle pagg. 222 e 223.

La Corte, richiamando la sentenza Emmott, afferma che “trattandosi di azione di risarcimento del danno, la prescri- zione è quinquennale e inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. Tale momento non coincide con l’emanazione della direttiva, se la stessa non è immediatamente applicabile; né con il termine assegnato agli Stati per la trasposizione della fonte comunitaria del diritto interno, perché, anche a quel momento, il soggetto privato non è in condizioni di conoscere quale sia il contenuto del diritto che gli viene negato e l’ammontare del rela- tivo risarcimento. Può, invece, individuarsi nel momento in cui entra in vigore la normativa di attuazione interna della direttiva europea: è questo il momento in cui il soggetto può far valere il diritto al risarcimento del danno, perché è in quel contesto che egli viene a conoscere il contenuto del diritto attribuito e i limiti temporali della corresponsione”. Dunque, una volta trasposta – anche scorrettamente – la direttiva nell’ordinamento interno, il privato è in grado di esercitare l’azione risarcitoria, perché in quel momento è precisato il contenuto economico ovvero l’ammontare della retribuzione annuale ed è esclusa la retroattività, per cui gli anni pregressi rimangono fuori dell’attuazione della direttiva.

Con riferimento alla fattispecie in esame, la pronuncia della Suprema Corte conclude nel senso che la prescrizione si sia già verificata, perché la trasposizione era avvenuta nel 1991 e l’azione giudiziaria era stata iniziata nel 2001, quando i cinque anni erano ormai decorsi.

Cfr. anche Tribunale di Salerno 3 Settembre 2010 n. 1957; Corte d’Appello di Genova, 4 Giugno 2008 n. 65; Tribu- nale di Genova, sez. II, 10 Luglio 2006 n. 2697; Tribunale di Genova, sez. II, 14 Maggio 2004 n. 2188.

Se l’illecito è permanente, la prescrizione del diritto al risarcimento inizierebbe a decor- rere solo con la cessazione della permanenza.

Se, invece, l’illecito è istantaneo (anche se con effetti permanenti), la prescrizione de- correrebbe subito, in quanto il danno si produrrebbe immediatamente nella sfera giuri- dica del soggetto passivo, anche se poi gli effetti siano duraturi nel tempo.

Secondo questa parte della giurisprudenza, nel caso delle direttive in tema di remunerazione dei medici specializzandi, l’illecito in oggetto non andrebbe considerato legato all’omessa trasposizione ma al recepimento inesatto (o tardivo) della direttiva dell’UE. In queste circostanze, il fatto generatore di danno per il privato sarà considerato istantaneo (e non permanente) perché si consuma nel momento stesso in cui viene emanato il testo normativo illegittimo. Da qui la conclusione secondo cui la prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorrerebbe dall’entrata in vigore della normativa interna che abbia trasposto, in modo infedele, il dettato comunitario. In ordine a tale orientamento va però rilevato che, nel caso degli specializzandi, all’epoca dell’entrata in vigore del d.lgs. 257/91, i giudici di Lussemburgo non si erano ancora pronunciati in merito all’esistenza di un diritto al risarcimento del danno deri- vante dalla mancata/ritardata/incompleta attuazione delle direttive, diritto riconosciuto solo dopo la sentenza Francovich.

Un’ulteriore tesi dottrinaria e giurisprudenziale250, non ha tenuto conto della data di attuazione della direttiva nell’ordinamento interno, perché il fondamento della risarcibilità del danno postulerebbe solo che quest’ultimo si sia verificato dopo la scadenza del termine di recepimento, prescritto dalla norma europea. Sempre in merito agli specializzandi si è affermato che il danno, maturato con il conseguimento del diploma di specializzazione non conforme alle prescrizioni comunitarie, era posteriore al termine per la trasposizione delle direttive stesse.

                                                                                                               

249 Vedi Tribunale di Catanzaro, 20 Aprile 2009, in Danno e responsabilità, 2010, pag. 22 e in Guida al Diritto,

2009, n. 24, pag. 53. Si richiamano, sul punto, in tale pronuncia, con riferimento alla materia dell’occupazione sine

titulo, Consiglio di Stato, sez. IV, 5 Febbraio 2009 n. 650 e Cass. civ., sez. I, 26 Novembre 2008 n. 28214, in Giusti- zia civile Massimario, 2008, fasc. 11. Pag. 1688.

250 Cfr. Cass. 10 Marzo 2010 n. 5842 (riportata in

APPENDICE alle pagg. da 224 a 228), in Foro italiano, 2011, fasc. 3, pag. 862 e in Giustizia civile, 2011, fasc. 6, pag. 1586, con nota di A. ANDRONIO, La mancata attuazione del diritto

dell’Unione Europea da parte dello Stato: responsabilità contrattuale di natura indennitaria per attività non antigiu- ridica.

Nello specifico la sentenza ha chiarito che “la data di attuazione della direttiva comunitaria nell’ordinamento interno è irrilevante, giacché il fondamento della risarcibilità del danno postula solo che quest’ultimo si sia verificato dopo la scadenza del termine ultimo prescritto dalla norma comunitaria per il recepimento della direttiva nell’ordinamento interno”.

In tal modo si è identificato il dies a quo nella data del conseguimento del diploma di specializzazione, successiva a quella dell’entrata in vigore delle direttive. Il termine di prescrizione avrebbe dovuto farsi decorrere dal momento della causazione effettiva del danno.

Nel panorama giurisprudenziale europeo va poi segnalata una recente pronuncia251 che ha rivisitato i principi affermati nella sentenza Emmott e ha precisato che il termine di prescrizione di un’azione di risarcimento nei confronti dello Stato, per manca- ta/inesatta/ritardata trasposizione di una direttiva, decorrerebbe dalla data in cui si siano verificati i primi effetti lesivi e ne siano prevedibili altri, anche qualora tale data sia an- tecedente alla corretta trasposizione della direttiva in parola252.

Nell’aderire all’orientamento delle Sezioni Unite secondo cui la responsabilità dello Stato avrebbe natura contrattuale, la giurisprudenza di legittimità253 è giunta a sostenere che la pretesa risarcitoria sia assoggettata al termine di prescrizione decennale, che, tra l’altro, apparirebbe essere quello maggiormente prevedibile per i singoli e più rispon- dente al principio di effettività.

In questa pronuncia è stata avanzata la necessità di rendere pienamente applicabili i principi espressi nei casi Emmott254 e Danske Slagterier, anche in relazione alla fatti-

specie dei medici specializzandi.

                                                                                                               

251 Corte di Giustizia, 24 Marzo 2009, causa C – 445/06, causaDanske Slagterier.

252 Si afferma, poi, con Corte di Giustizia Europea, 19 Maggio 2011, C – 452/09, in Corriere giuridico, 2011, pag.

1426, che il diritto all’Unione non osta a che lo Stato membro eccepisca la scadenza di un termine di prescrizione ragionevole a fronte di un’azione giurisdizionale proposta da un singolo per ottenere la tutela dei diritti conferiti da una direttiva, anche qualora tale Stato non l’abbia correttamente trasposta, a condizione che, con il suo comportamen- to, esso non sia stato all’origine della tardività del ricorso.

E si precisa anche che l’accertamento, da parte della Corte, della violazione del diritto dell’Unione è ininfluente sul

dies a quo del termine di prescrizione, allorché detta violazione è fuori dubbio.

253 Cass. 17 Maggio 2011 n. 10813 (già nel paragrafo precedente e riportata in

APPENDICE alle pagg. da 229 a 248) in

Corriere giuridico, 2011, pag. 1411, con nota di A. DI MAJO, I diritti dei medici specializzandi e lo Stato inadempiente cit.

254 Nella sentenza sul caso Emmott, si è precisato che “finché una direttiva non è stata correttamente trasposta nel di-

ritto nazionale, i singoli non sono in grado di avere piena conoscenza dei loro diritti. Tale situazione d’incertezza per i singoli sussiste anche dopo una sentenza con cui la Corte ha dichiarato che lo Stato membro di cui trattasi non ha soddisfatto gli obblighi che ad esso incombono ai sensi della direttiva, e anche se la Corte ha riconosciuto che l’una o l’altra delle disposizioni della direttiva è sufficientemente precisa e incondizionata per essere fatta valere dinanzi ad un giudice nazionale. Solo la corretta trasposizione della direttiva porrà fine a tale stato d’incertezza e solo al momen- to di tale trasposizione si è creata la certezza giuridica necessaria per pretendere dai singoli che essi facciano valere i loro diritti.

Ne deriva che, fino al momento dell’esatta trasposizione della direttiva, lo Stato membro inadempiente non può ecce- pire la tardività di un’azione giudiziaria avviata nei suoi confronti da una singolo al fine della tutela dei diritti che ad esso riconoscono le disposizioni di tale direttiva, e che un termine di ricorso di diritto nazionale può cominciare a de- correre solo da tale momento”.

Non avendo, lo Stato italiano, dato una corretta trasposizione alle direttive in questione, entro il termine stabilito, esso sarebbe rimasto legato, anche, ad un adempimento tardivo degli obblighi comunitari, con effetti retroattivi, ai diplomati dopo il 1° Gennaio 1983. Non avendo, lo Stato italiano, recepito la direttiva neanche in ritardo, la Cassazione ha ritenuto che, a favore di ogni soggetto destinatario di un diritto, qualora la direttiva fos- se stata recepita in tempo, si sia determinata una situazione per cui, de die in die, lo Sta- to sarebbe stato obbligato al risarcimento in funzione della sua inadempienza. Obbliga- zione risarcitoria che non sarebbe sorta laddove la norma di attuazione fosse stata appli- cata retroattivamente e avesse previsto il risarcimento dei danni da ritardo255.

In merito alla decorrenza del termine di prescrizione dell’azione risarcitoria, la giuri- sprudenza in esame ha precisato che il diritto al risarcimento del danno possa dirsi sorto solo dopo la sentenza Francovich, considerata come parametro temporale a partire dal quale chi abbia conseguito il diploma di specializzazione, dopo il 31 Dicembre 1982, possa avanzare pretese risarcitorie.

Soltanto a partire da tale pronuncia, infatti, si è configurata una particolare obbligazione risarcitoria il cui fatto costitutivo è l’inadempienza di una direttiva e può, di conseguen- za, iniziare a decorrere il termine prescrizionale256. La Cassazione ha aggiunto che si potrebbe, addirittura, far riferimento all’emanazione della sentenza Brasserie du Pê-

cheur, nel 1996, che ha, definitivamente, chiarito e concluso il dibattito sulla risarcibili-

tà dei danni derivanti da inadempimento di un obbligo comunitario. Dunque verrebbe esclusa ogni rilevanza dell’entrata in vigore del d.lgs. 257/91.

La permanenza della condotta inadempiente dello Stato ha determinato, continuativa- mente, il mantenimento dell’obbligo risarcitorio e del danno. Sia l’obbligo risarcitorio                                                                                                                

255 Si ricorda, nella sentenza della giurisprudenza di legittimità in esame, che le dirr. 75/362/CEE e 75/363/CEE, non-

ché la dir. 82/76/CEE che le modificò, vennero abrogate dall’art. 44 della direttiva del Consiglio 5 Aprile 1993, 93/16/CEE, la quale, però, oltre a confermare la loro disciplina per i medici specializzandi, stabilì, nello stesso art. 44, che, nonostante l’abrogazione, restassero “salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per il recepi- mento” e , dunque, l’obbligo all’adempimento tardivo. E viene ricordata anche la più recente dir. 2005/36/CE la qua- le ha previsto l’abrogazione a partire dal 20 Ottobre 2007 della dir. 93/16/CEE. Per effetto dell’abrogazione anche dell’art. 44 sopracitato, dovrebbe dirsi che a quella data è cessato l’obbligo dello Stato italiano di adempiere, sia pure tardivamente, le dirr. 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE e ciò anche per gli effetti della sentenza che ne aveva accertato l’adempimento. Ma – aggiunge la Suprema Corte – non è immaginabile che, in tale modo, siano venuti me- no i diritti risarcitori dei singoli già generatisi, dato che in tale ipotesi sarebbe stata necessaria una previsione espressa oppure la previsione della sua retroattività, cioè della sua estensione ai diritti risarcitori già sorti. La giurisprudenza di legittimità ritiene, pertanto, che debba considerarsi venuto meno soltanto l’obbligo comunitario dello Stato italiano di adempiere la direttiva.

256 L’assunto – precisa la Corte – vale naturalmente per qualsiasi ipotesi d’inadempienza, verificatasi anteriormente

alla sentenza Francovich, con riferimento a direttiva di contenuto sufficientemente specifico nell’attribuzione di dirit- ti da giustificare l’obbligo risarcitorio.

che il danno vedono continuamente rinnovata la loro fonte, de die in die, dal fatto che lo Stato permanga nel non adempiere257.

I soggetti interessati si trovano, legittimamente, in una situazione di attesa e conservano il loro diritto risarcitorio. Fin quando perduri il comportamento omissivo dello Stato non potrà dirsi prodotta alcuna ipotesi definitiva di danno.

Un risvolto particolare ha avuto la questione appena esaminata quando il recepimento della direttiva sia stato tempestivo ma parziale.

Si distingue a seconda che vi sia stato adempimento parziale sul piano oggettivo o sog- gettivo. Nel primo caso, la direttiva è recepita parzialmente sul piano oggettivo ma a fa- vore di tutti i soggetti, da essa, contemplati e il termine prescrizionale inizierà a decorre- re dall’entrata in vigore dell’atto di acquisizione parziale che dimostrerebbe, infatti, la