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La responsabilità dello Stato verso l’Unione Europea e verso i singoli.

RESPONSABILITA’ E ORGANI DELLO STATO COINVOLT

1. La responsabilità dello Stato verso l’Unione Europea e verso i singoli.

Verificare che uno Stato abbia correttamente osservato gli obblighi imposti dal diritto dell’UE (ivi compreso quello di recepimento della direttiva non autoesecutiva) significa sottoporne i contestati comportamenti alla procedura d’infrazione69, regolata dagli artt. 258 ss TFUE.

Bisognerà, prima, controllare l’inadempimento dell’obbligo comunitario e, solo quando questo sia stato confermato, riconoscerne, alla parte lesa, la tutela risarcitoria.

Anche quando il comportamento pregiudizievole sia consistito nel mancato, inesatto o parziale recepimento della direttiva e ciò abbia comportato un danno ai privati, perché i soggetti lesi possano provare la responsabilità dello Stato inadempiente e ottenerne il risarcimento, sarà necessario che venga, preventivamente, esperita la procedura d’infrazione. Solo con il suo esercizio, infatti, si potrà provare l’effettivo inadempimen- to comunitario e accertarne la responsabilità.

Scopo della procedura d’infrazione è l’armonizzazione del diritto comunitario e la sua uniforme applicazione.

Solitamente essa è attivata su iniziativa della Commissione che, dopo aver permesso al- lo Stato di presentare le proprie osservazioni, emette un parere motivato e fissa un ter- mine per l’adempimento. Qualora lo Stato non si conformi al parere nel termine previ- sto, la Commissione potrà richiedere l’intervento della Corte di Giustizia che, nel rileva-

                                                                                                               

69 Si vedrà, inseguito, che quest’assunto verrà sovvertito dalla sentenza Brasserie du Pêcheur e Factortame (in

AP- PENDICE alla pagg. da 155 a 164) e dalla sentenza Dillenkofer (Corte di Giustizia Europea, 8 Ottobre 1996, cause riu- nite C – 178/94, 179/94, 188/94, 189/94, 190/94, E. Dillenkofer e A. vs Repubblica Federale di Germania).

re il mancato rispetto del Trattato, constata l’infrazione e, con sentenza, condanna lo Stato inadempiente (art. 258 TFUE).

La procedura d’infrazione può essere promossa anche da un altro Stato membro dell’UE che dovrà rivolgersi alla Commissione e presentare le proprie osservazioni scritte e ora- li, in contraddittorio con lo Stato accusato. Solo dopo che queste siano state presentate, la Commissione dovrà emettere un parere motivato entro tre mesi. L’emissione del pa- rere oppure la scadenza infruttuosa del termine previsto permetterà, allo Stato membro che si sia rivolto alla Commissione, di adire la Corte di Giustizia (art. 259 TFUE). Solo quando la Corte di Giustizia sia stata coinvolta nella procedura d’infrazione dalla Commissione oppure da uno Stato membro dell’UE, essa potrà accertare l’inadempimento ed emettere sentenza.

La detta sentenza di accertamento implica il necessario conformarsi dello Stato inadem- piente ma, qualora questi non lo faccia, potrà essere assoggettato ad una nuova procedu- ra di infrazione che lo condannerà al pagamento di una somma forfettaria o di una pena- lità (art. 260 TFUE).

La procedura qui indicata, però, presenta alcune criticità. Innanzitutto, essa si limita so- lo ad accertare l’inadempimento ed, eventualmente, a comminare, allo Stato inadem- piente, il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità, senza che questo venga garantito da alcun procedimento esecutivo e senza che venga dichiarata la nullità della norma interna adottata in violazione del diritto dell’UE.

Va, inoltre, detto che questa procedura non può soddisfare le aspettative dei privati70 che abbiano subìto un pregiudizio patrimoniale. Essi, infatti, non possono promuoverla né, tanto meno, incentivare i titolari dell’azione ad esercitarla e, in generale, non posso- no pretendere l’osservanza di alcun obbligo in conformità al diritto dell’UE.

Poiché il sistema sanzionatorio previsto dai Trattati, a carico degli Stati membri che sia- no rimasti inadempienti, non è mai stato così incisivo e non è riuscito ad assicurare, ai privati, le forme di protezione previste, la Corte di Giustizia ha, però, sopperito a questa mancanza, affermandone uno pienamente efficace.

                                                                                                               

70

V. A. SAGGIO, La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario, in Danno e Responsabilità, 2001, pag. 227.

Le prime soluzioni normative, che hanno dato una parziale risposta all’esigenza di tutela risarcitoria dei privati, si sono avute tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, in tema di appalto.

Le dirr. 89/665/CEE e 92/13/CEE71 hanno, infatti, riconosciuto, ai partecipanti alle pro- cedure di appalto, il diritto all’esercizio di ricorsi efficaci e rapidi contro le decisioni che siano state prese dalle PPAA aggiudicatrici, violando il diritto comunitario.

La Dir. 89/665/CEE prevedeva che, laddove vi fossero state decisioni illegittime delle amministrazioni aggiudicatrici, la Corte di Giustizia potesse provvedere cautelativamen- te, emanando provvedimenti provvisori per riparare la violazione o impedire il verifi- carsi di altri danni. Alla tutela cautelativa, il legislatore comunitario aveva aggiunto an- che quella di annullamento e risarcitoria.

Lo stesso tipo di garanzie sono state riconosciute anche dalla dir. 92/13/CEE ed, even- tualmente, sostituite dal pagamento di una somma, non irrisoria e tale da esercitare un potere dissuasivo, qualora l’infrazione del diritto comunitario non fosse stata evitata o riparata.

Erano, dunque, i primi passi, i primi interventi normativi e giurisprudenziali, di portata settoriale72 che avrebbero, poi, condotto alla più generica sentenza Francovich in tema di accertamento della responsabilità e sorgere del relativo obbligo risarcitorio in capo allo Stato (compreso la PA) per mancato adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea.

Sembrò necessario, infatti, promuovere una tutela risarcitoria più vasta che provvedesse, senza una selezione per settori, in tutte quelle ipotesi in cui i cittadini non fossero già garantiti dall’applicazione diretta delle norme europee ad operatività immediata.

Non sembra, infatti, avere alcuna ragion d’essere la tutela risarcitoria quando il diritto che vanti il singolo abbia fonte in un regolamento, una direttiva dettagliata o su rapporti                                                                                                                

71 Rispettivamente in materia di appalti pubblici di forniture, lavori e servizi e di appalti pubblici nel settore

dell’acqua, energia, trasporti e telecomunicazioni.

Vedi A. PIAZZA, Risarcimento del danno in materia di appalti pubblici (art. 13 L. 142/1992) e tutela cautelare avanti

al giudice amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, 1995, fasc. 1, pag. 29.

72 Sulla responsabilità degli Stati per mancata attuazione di queste direttive, si veda Corte di Giustizia Europea 17

Settembre 1997, causa C – 54/96, Dorsch Consult, Corte di Giustizia Europea 24 Settembre 1998, causa C – 76/97,

Tögel e Corte di Giustizia Europea 4 Marzo 1999, causa C – 258/97, HI.

In queste sentenze è affermato il principio secondo cui, qualora le dirr. 89/665/CEE e 92/13/CEE non siano totalmen- te recepite dagli ordinamenti nazionali e il diritto interno non possa essere interpretato in senso ad esse conforme, gli interessati possono chiederne il risarcimento.

Sull’importanza di queste direttive, si vedano L. FUMAGALLI, La responsabilità degli Stati membri per la violazione

del diritto eurounitario, Milano, 2000, pag. 229 e P. G. FERRI, La tutela risarcitoria del diritto comunitario degli ap-

verticali. Come già detto, il principio del primato del diritto europeo su quello nazionale fa sì che la norma interna, contrastante con il regolamento (con la direttiva autoesecuti- va o su rapporti verticali), non venga applicata, a favore dell’utilizzo diretto della fonte sovranazionale.

Ad un diverso risultato si perviene, però, laddove la fonte europea richieda un recepi- mento nazionale e questo non sia pervenuto in tempo. Non potendo operare la disappli- cazione della norma interna (contraria alla direttiva non self – executing o relativa a rapporti orizzontali), essa andrà interpretata nel modo più vicino alla normativa euro- pea73 o, in mancanza, il soggetto, che ne abbia subìto un danno, potrà richiederne il ri-

sarcimento74.

L’assenza di una regolamentazione espressa relativa alla responsabilità dello Stato per inadempimento degli obblighi comunitari era stata, in origine, sopperita da una, alquan- to diffusa, produzione giurisprudenziale della Corte di Giustizia che aveva configurato                                                                                                                

73 Per la Corte di Giustizia Europea, il giudice nazionale può, in sede d’interpretazione conforme, ricorrere anche ad

un’applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione recepite in ritardo, al fine di rimediare ai pregiudizi subìti dai soggetti lesi.

Nella sentenza Carbonari (Corte di Giustizia Europea 25 Febbraio 1999 C – 131/97 di cui si dirà successivamente e che è stata riportata in APPENDICE alle pagg. da 171 a 174), la Corte ha concluso che la dir. 75/362/CEE (art. 2 n. 1 lett. C pt. 1 nella parte in cui venga richiesto che l’attività dei medici specializzandi sia adeguatamente remunerata) sia sufficientemente chiara, precisa e incondizionata.

Va fatta eccezione, però, per la mancata individuazione del debitore tenuto al versamento per cui si è richiesto l’opera interpretativa (conforme alle norme europee) del giudice nazionale.

Sull’argomento R. MASTROIANNI, Conflitto tra norme interne e norme comunitarie non dotate di efficacia interna: il

ruolo della Corte Costituzionale, in Diritto dell’Unione Europea, 2007, fasc. 3, pag. 585 e L. GALANTINO, Le fonti

extralegislative nell’esperienza giurisprudenziale, in Rivista italiana di diritto del lavoro, 2009, fasc. 4, pag. 447.

74

G. TESAURO, Diritto comunitario cit. pag. 223 ss; A. TIZZANO, La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri

dell’Unione Europea, in Foro italiano, 1995, fasc. IV, pag. 13 ss; P. MENGOZZI, La responsabilità dello Stato per i

danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario, in Rivista di diritto internazionale, 1994, pag. 617;

FERRARO, La responsabilità risarcitoria degli Stati cit. pag. 36; FUMAGALLI, La responsabilità degli Stati membri cit., pag. 240; G. ALPA, Problemi attuali in tema di responsabilità della Pubblica Amministrazione: lesione di interessi

legittimi ed illecito comunitario, in Contratto e Impresa/Europa, 1999, pag. 92; ALPA – ANDENAS, Fondamenti di di-

ritto privato europeo, in Trattato Iudica – Zatti, Milano, 2005, pag. 476 ss; BUSNELLI, La responsabilità civile dello

Stato, in Danno e responsabilità, 1999, pag. 10 ss; CALZOLAIO, La violazione del diritto comunitario non è antigiuri-

dica: l’illecito dello Stato al vaglio delle Sezioni Unite, in Contratto e Impresa, I/2010, pag. 79; CALZOLAIO, L’illecito

dello Stato fra diritto comunitario e diritto interno. Una prospettiva comparatistica, Milano, 2004; DI MAJO, Respon-

sabilità e danni nelle violazioni comunitarie ad opera dello Stato, in Europa diritto privato, 1998, fasc. II, pag. 746

ss; FERRARO, La responsabilità risarcitoria degli Stati membri cit. pag. 36; FUMAGALLI, La responsabilità degli Stati

membri cit. pag. 240; MONTANERI, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile diretto da R. Sacco, Torino, 1998, pag. 857; PIZZORNI, La recente evoluzione della giurisprudenza nazionale in tema di responsabilità dello Stato

per violazione del diritto dell’Unione, in Diritto dell’Unione Europea, 2001, pag. 149; PONZANELLI, Europa e re-

sponsabilità civile, in Foro italiano, 1992, fasc. IV, pag. 151 ss, e La responsabilità civile. Profili di diritto compara- to, Bologna, 1992, pag. 89; ROPPO, La responsabilità civile dello Stato per violazione del diritto comunitario, in Con-

tratto e Impresa/Europa, 1999, pag. 101 ss; SAGGIO, La responsabilità dello Stato cit.; SCODITTI, Ancora sull’illecito

dello Stato per mancata attuazione di direttiva comunitaria, nota a Cass. 7630/03 e 4915/03, in Foro italiano, 7 –

8/2003, fasc. I, pag. 2015 ss, e Il sistema multilivello di responsabilità dello Stato per mancata attuazione di direttiva

comunitaria, nota a Cass. 4915/2003, in Danno e responsabilità 7/2003, pag. 721 ss; TIZZANO, La tutela dei privati

nei confronti degli Stati membri cit.; TORIELLO, La responsabilità civile dello Stato per violazione del diritto comuni-

tario nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Contratto e impresa/Europa, 1997, pag. 685; VANDERSANDEN – DONY, La responsabilità des états membre de cas de violation du droit communautaire, Études de droit communau-

singole forme di tutela risarcitoria statale a favore dei privati, senza, però, puntualizzar- ne un’affermazione generale.

Già prima del caso Francovich, di cui si tratterà diffusamente nel sottoparagrafo succes- sivo, la Corte di Giustizia aveva affrontato il problema con le sentenze Humblet vs Bel-

gio (16 Dicembre 1960 C – 6/60), Commissione vs Italia (7 Febbraio 1973, causa n.

39/72) e Russo vs Aima (22 Gennaio 1976 C – 60/75)75.

Si trattava, però, di pronunce che, scevre dal promuovere una procedura analoga a quel- la d’infrazione di cui agli artt. 169 – 171 del Trattato, non mostravano la loro concreta forza operativa in quanto rimettevano, agli Stati membri, la disciplina a tutela76.

Per la prima volta, con la sentenza Francovich, è stata affermata l’operatività, davanti al giudice interno, di una responsabilità dello Stato – legislatore (per omessa, incompleta o scorretta esecuzione del diritto comunitario), considerata inerente al sistema del Tratta-

to, e se n’è ammessa la risarcibilità, a favore delle posizioni giuridiche soggettive dan-

neggiate. Di conseguenza, è stata sottratta, ai diritti nazionali, la determinazione delle condizioni sostanziali di operatività.

Scopo della sentenza qui citata era quello di garantire la più ampia efficacia del diritto europeo, con il rafforzamento della posizione dei privati e della loro tutela davanti al giudice nazionale, a fronte dell’inefficace utilizzo degli strumenti classici.

Come vedremo, la sentenza Francovich verrà, poi, confermata da altre pronunce suc- cessive nelle quali la Corte di Giustizia ha precisato che il sorgere, in capo allo Stato, della responsabilità e del relativo obbligo risarcitorio resti subordinato al verificarsi di alcune condizioni.

                                                                                                               

75 Il caso Humblet ha evidenziato il dovere dello Stato, che avesse violato i principi espressi nel protocollo sui privi-

legi e le immunità CECA, di ritirare tutti gli atti contrari a tale diritto comunitario e di eliminarne gli effetti antigiuri- dici.

In questa sentenza veniva affermato il principio secondo cui “ove la Corte accerti che un atto legislativo o ammini- strativo degli organi di uno Stato membro contrasta con il diritto comunitario, l’art. 86 Tr. CECA impone a tale Stato tanto di revocare l’atto di cui trattasi quanto di riparare gli illeciti effetti che ne possono essere derivati”.

La pronuncia del caso Commissione vs Italia, invece, ha chiarito come la sentenza dichiarativa dell’inadempimento possa “avere pratica rilevanza come fondamento della responsabilità eventualmente facente carico allo Stato membro – a causa dell’inadempimento – nei confronti di altri Stati membri, della Comunità o dei singoli”.

In ultimo, con la sentenza Russo vs AIMA, nella quale era stata trattata la materia dei rimborsi di dazi e imposte do- ganali illegittimamente riscossi, la Corte aveva affermato che, “nell’ipotesi che il danno derivi dalla violazione di una norma di diritto comunitario da parte dello Stato, questo dovrà risponderne, nei confronti del soggetto leso, in con- formità alle disposizioni di diritto interno relative alla responsabilità della pubblica amministrazione”.

76 Secondo N. PECCHIOLI, in La Corte di Giustizia chiude il cerchio: una nuova pronuncia in materia di responsabili-

tà dello Stato per mancata attuazione di una direttiva, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1997, fasc.

1, pag. 112, sono proprio gli Stati membri ad essere gli “arbitri delle conseguenze derivanti dagli inadempimenti dei loro obblighi comunitari”.

1.1 La sentenza Francovich e Bonifaci

Senza dubbio la sentenza che ha segnato la strada verso una sempre più forte integra- zione fra diritto amministrativo e diritto europeo è stata quella pronunciata, dalla Corte di Giustizia, il 19 Novembre 1991, cause riunite C – 6/90 e C – 9/9077, meglio indicata come caso Francovich e Bonifaci, da molti Autori78 considerata una sensibile novità nel panorama europeo e nazionale che abbia provocato un diffuso senso di vertigine per l’ampiezza delle conseguenze che da essa ne siano derivate.

Il sig. Francovich aveva lavorato alle dipendenze della CDN Elettronica snc, da lui cita- ta in giudizio, davanti al Pretore di Vicenza, perché si era visto recapitare, dall’azienda, solo sporadici acconti al posto dell’intera retribuzione. Il Pretore aveva condannato l’impresa al pagamento di 6.000.000 di lire ma l’ufficiale giudiziario aveva redatto ver- bale di pignoramento infruttuoso. A fronte di questo pignoramento infruttuoso, il sig. Francovich aveva chiesto l’esperimento delle garanzie previste dalla dir. 80/987/CEE o il pagamento, in via subordinata, di un indennizzo.

La sig.ra Bonifaci, invece, e altre trentatré donne, che avevano lavorato presso la Gaia

Confezioni srl, fallita il 5 Aprile 1985, avevano proposto ricorso, innanzi al Pretore di

Bassano del Grappa. Alla conclusione dei loro rapporti di lavoro, le donne vantavano, nei confronti dell’azienda, un credito complessivo di 253.000.000 di lire.

Più di cinque anni dopo il fallimento, esse non avevano ricevuto niente e, dunque, ave- vano chiesto al giudice di condannare lo Stato a corrispondere loro gli importi spettanti a titolo di retribuzione arretrata (almeno delle ultime tre mensilità) oppure al pagamento di un indennizzo, così come stabilito dalla direttiva.

Ricevute le richieste, i giudici nazionali79 aditi avevano sottoposto, alla Corte di Giusti- zia Europea, alcune questioni pregiudiziali.

                                                                                                               

77 In

APPENDICE alle pagg. da 150 a 154.

78 Corte di Giustizia, 19 Novembre 1991 Francovich, C – 6/90, in Giurisprudenza italiana, 1992, fasc. 1, pag. 1169

con nota di R. CARANTA, Responsabilità oggettiva dei pubblici poteri per violazioni del diritto comunitario, in Cor-

riere giuridico, 1992, pag. 53; con nota di G. GIACALONE, Vecchio e nuovo nella tutela dei singoli in relazione a nor-

me comunitarie inattuate, in Foro italiano, 1992, fasc. IV, pag. 145; con nota di A. BARONE – R. PARDOLESI, Il fatto

illecito del legislatore e di G. PONZANELLI, L’Europa e la responsabilità civile entrambi in Foro Italiano, 1992, IV fasc., pgg. da 146 a 157 Bologna (secondo cui la sentenza è, rispettivamente, il passaggio del Rubicone e un grand

arrêt); con nota di M. BIAGI, Direttive CEE e responsabilità dello Stato membro, in Giurisprudenza italiana, 1993, fasc. 1, pag. 1585; con nota di L. ANTONIOLLI DEFLORIAN, Francovich e le frontiere del diritto europeo cit.

79 Pret. di Vicenza del 9 Luglio 1989 e Pret. di Bassano del Grappa del 30 Dicembre 1989 in Diritto e pratica del la-

voro, 1990, pag. 1698.

R. CARANTA, La responsabilità oggettiva dei pubblici poteri cit. pag. 1172, secondo cui “l’esito della questione solle- vata dai pretori veneti non era scontato se solo si pensi che, fino ai tempi recenti, il diritto comunitario è stato visto come un diritto di risultati, non un diritto di mezzi, o, in prospettiva parzialmente diversa, come un diritto che si pre-

La prima, e più importante, era quella relativa alla possibilità che il privato pretendesse l’adempimento, da parte dello Stato, delle disposizioni sufficientemente precise e in- condizionate, contenute nella dir. 80/987/CEE. Questo avrebbe comportato l’immediato ottenimento delle garanzie dovute o, in alternativa, il pagamento di un risarcimento. La seconda domanda, invece, aveva riguardato la lettura combinata degli artt. 3 e 4 della direttiva in esame e l’eventuale obbligo di pagamento, da parte dello Stato, di quanto stabilito dal detto art. 3 laddove non si fosse avvalso della facoltà di introdurre i limiti di cui all’art. 4.

Consequenzialmente, l’eventuale risposta negativa alla seconda domanda comportava la necessità di individuare la garanzia minima dovuta dallo Stato, in modo che la direttiva fosse considerata attuata80.

Se ne desume che la decisione abbia riguardato il mancato recepimento, in Italia, della dir. 80/987/CEE (entro il 23 ottobre 1983, così come indicato dallo stesso art. 11), che vedeva sorgere, in capo ai lavoratori, specifiche garanzie a tutela dei crediti vantati nei confronti del datore di lavoro inadempiente.

Ratio della direttiva era proprio avvicinare le legislazioni degli Stati membri dell’UE,

per assicurare, ai lavoratori, il soddisfacimento di diritti derivanti dal contratto di lavoro, grazie all’imposizione di uno standard normativo che ne realizzasse un trattamento mi- nimo uniforme81.

Con l’art. 3 dir., infatti, era stata prevista la costituzione di un organismo (o fondo) di

garanzia, cioè uno strumento tecnico che tutelasse i lavoratori e corrispondesse loro i

crediti vantati in caso d’inadempienza del datore di lavoro.

Alla data del 2 Febbraio 198982, la Corte di Giustizia Europea aveva verificato l’inadempienza dello Stato italiano nel recepimento della direttiva, con una procedura di                                                                                                                

occupava della disciplina sostanziale dei fenomeni, non della loro disciplina processuale, rimessa in linea di principio alla discrezionalità dei Paesi membri”.

80 Non era la prima volta che un giudice italiano invocasse la Corte di Giustizia per estendere l’ambito di responsabi-

lità ai fini del diritto europeo.

Si veda, in proposito, Corte di Giustizia Europea, 13 Luglio 1898 (causa 380/87) in Rivista di diritto pubblico comu-

nitario, 1991, pag. 1013, con nota di R. CARANTA, Responsabilità extracontrattuale della pubblica amministrazione

per lesione di interessi legittimi e diritto comunitario.

81P. MORI, Novità in tema di tutela dei singoli nei confronti dello Stato inadempiente a direttive comunitarie: il caso

Francovich e Bonifaci, in Giustizia Civile, 1992, pagg. da 513 a 526, ed. Giuffré, Milano.

82 Commissione vs Italia, causa 22/87, in Foro italiano, 1992, IV, pag. 22 con nota di M. DE LUCA, Salvaguardia dei

diritti dei lavoratori, in caso di insolvenza del datore di lavoro, nel diritto comunitario.

Secondo l’Autore, l’inadempimento dello Stato agli obblighi comunitari vedeva la sua spia più vistosa nella mancata trasposizione, nei termini, delle direttive comunitarie.

infrazione. La norma europea, infatti, fu attuata solo un anno dopo, con la legge comu- nitaria del 1990 che ne precisò le linee guida della delega legislativa, trasfuse, poi, nel 1992, nel decreto legislativo del 27 Gennaio n. 8083.

Le parti vantavano l’immediata operatività della direttiva in virtù della semplice