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L A DEFINIZIONE DI DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE BASATO SU MOT

L’U NIONE E UROPA E LE POLITICHE IN MATERIA DI NON

4. L A DEFINIZIONE DI DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE BASATO SU MOT

RELIGIOSI E SUL CREDO SECONDO LA DIRETTIVA

2000/78/CE

Il divieto di discriminazione fondato su motivi religiosi o convinzioni personali è oggetto della direttiva 2000/78/CE e della proposta di direttiva del 2008. Quest’ultima direttiva riguardante la discriminazione per motivi di religione o convinzioni personali, disabilità, età od orientamento sessuale al di fuori del mercato del lavoro, non è ancora stata adottata quindi concentrerò la mia analisi sulla direttiva del 2000.

La direttiva 2000/78/CE, sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro, vieta in questi due campi, una serie di discriminazioni tra cui figura anche quella basata sulla religione o convinzioni personali317, sia dirette che indirette.

312 Vedi in seguito.

313 Vedi 2006/702/CE: Decisione del Consiglio, del 6 ottobre 2006, sugli orientamenti strategici

comunitari in materia di coesione in GU L 291 del 21.10.2006, pagg. 11–32

La decisione del Consiglio nel preambolo dispone che “[…] la prevenzione della discriminazione basata

su sesso, razza o origine etnica, religione e convinzioni personali, disabilità, età e orientamento sessuale sono i principi fondamentali della politica di coesione e dovrebbero essere inseriti in tutti i livelli dell’approccio strategico in materia di coesione.”

314 Articolo 3 TUE: “Essa rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla

salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo.”

315 Articolo 22 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea: “L’Unione rispetta la diversità

culturale, religiosa e linguistica.”

316 Vedi articolo 6 TUE.

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Analogamente a quanto contenuto nella maggior parte dei trattati a tutela dei diritti umani318, la discriminazione basata sulla religione è associata a quella fondata sulle convinzioni personali ma non esiste una chiara definizione di cosa sia inteso con questi due termini. La normativa di attuazione degli Stati membri della direttiva 2000/78/CE, tende a seguire l’andamento della stessa, non definendo i termini religione e convinzione personale o precisandoli nelle proprie costituzioni319 o nelle note esplicative320 che forniscono delle indicazioni maggiori riguardo il modo in cui i due vocaboli devono essere intesi.321

Un filone di pensiero è incentrato sulla credenza che religione e convinzioni personali vadano intese secondo quanto precisato dalla giurisprudenza della Corte EDU sull’interpretazione dell’articolo 9 sulla libertà di pensiero, di coscienza e di religione322. In base a ciò, la Corte EDU

318 Vedi per esempio la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, la Convenzione europea per

la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali o la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

319 In Germania, secondo la definizione fornita dalla corte costituzionale federale tedesca, la religione o

le convinzioni personali come “qualsiasi certezza specifica per quanto riguarda tutto il mondo, l'origine e

lo scopo del genere umano che dà senso alla vita umana e del mondo, e che trascende il mondo”.

Vedi COMMISSIONE EUROPEA, Religion and Belief discrimination in employment - the EU law, OFFICE FOR

OFFICIAL PUBLICATIONS OF THE EUROPEAN COMMUNITIES, 2007, pag. 27

320 La nota esplicativa della legge federale austriaca sullo stato delle comunità confessionali religiose

definisce la religione e le convinzioni personali come “Una struttura di convinzioni il cui contenuto è

rappresentabile e si è evoluto nella storia, per spiegare il genere umano e il mondo nel suo significato trascendente e di accompagnarli con specifici riti, simboli e dare loro orientamento in conformità con i principi di base e dottrine”.

Vedi Ibidem.

La definizione qui fornita di religione e convinzioni personali, ricorda vagamente quanto determinato dalla Corte EDU.

321 Vedi COMMISSIONE EUROPEA, op. cit., pag. 27

322 Articolo 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberà

fondamentali: “Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto

include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti.

2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui.”

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ha identificato come religione o convinzione personale “un sistema costituito da una dottrina, da riti comuni e da prescrizioni circa abitudini comportamentali”323.

Nel preambolo della direttiva è possibile leggere che “In casi strettamente limitati una disparità di trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata alla religione o alle convinzioni personali, […] costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, a condizione che la finalità sia legittima e il requisito sia proporzionato. Tali casi devono essere indicati nelle informazioni trasmesse dagli Stati membri alla Commissione.”. Quindi la discriminazione per motivi religiosi o convinzioni personali è sempre vietata tranne nel caso in cui un aspetto legato alla appartenenza ad una religione o ad una convinzione personale rappresenti un requisito “essenziale e determinante” per lo svolgimento di una attività lavorativa.

L’articolo 4 della direttiva 2000/78/CE, al primo comma, ribadisce tale concetto ed inoltre, al secondo, stabilisce che “Gli Stati membri possono mantenere nella legislazione nazionale in vigore alla data d'adozione della presente direttiva o prevedere in una futura legislazione che riprenda prassi nazionali vigenti alla data d'adozione della presente direttiva, disposizioni in virtù delle quali, nel caso di attività professionali di chiese o di altre organizzazioni pubbliche o private la cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, una differenza di trattamento basata sulla religione o sulle convinzioni personali non costituisca discriminazione laddove, per la natura di tali attività, o per il contesto in cui vengono espletate, la religione o le convinzioni personali rappresentino un requisito essenziale, legittimo e giustificato per lo svolgimento dell'attività lavorativa, tenuto conto dell'etica dell'organizzazione. Tale differenza di trattamento si applica tenuto conto delle disposizioni e dei principi costituzionali degli Stati membri, nonché dei principi generali del diritto comunitario, e non può giustificare una discriminazione basata su altri motivi. A condizione che le sue disposizioni siano d'altra parte

323 Vedi C.FAVILLI, op.cit., pag. 313.

Vedi inoltre la sentenza della Corte EDU del 18 febbraio 1999, Buscarini e altri contro Repubblica di San

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rispettate, la presente direttiva non pregiudica pertanto il diritto delle chiese o delle altre organizzazioni pubbliche o private la cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, e che agiscono in conformità delle disposizioni costituzionali e legislative nazionali, di esigere dalle persone che sono alle loro dipendenze un atteggiamento di buona a fede e di lealtà nei confronti dell'etica dell'organizzazione.”

Il secondo comma statuisce quindi una ulteriore eccezione specifica alla discriminazione fondata su motivi religiosi e di credo nel senso che negli Stati membri in cui sia presente “una normativa o una prassi nazionale” al momento dell’adozione della direttiva o sia “prevista in una futura legislazione”, che ammetta una differenza di trattamento fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, “nel caso di attività professionali di chiese o di altre organizzazioni pubbliche o private”, venga mantenuta in vigore.

La differenza di trattamento non costituisce discriminazione se la religione e le convinzioni personali rappresentano un requisito “essenziale, legittimo e giustificato” per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

La disposizione inoltre non pregiudica “il diritto delle chiese o delle altre organizzazioni pubbliche o private la cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni personali […]

di esigere dalle persone che sono alle loro dipendenze un atteggiamento di buona fede e di lealtà nei confronti dell’etica dell’organizzazione” dove per etica si intende la finalità legittima allo scopo di considerare non discriminatoria una disparità di trattamento. L’etica dell’organizzazione si qualifica come caratteristica essenziale per rendere non discriminatoria una differenza di trattamento.

Il secondo comma dell’articolo 4 precisa inoltre che una discriminazione, sia diretta che indiretta, basata su altri motivi non specificati nella direttiva, non possa essere giustificata dalla specifica eccezione prevista dalla disposizione.

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CAPITOLO 3

LA NON DISCRIMINAZIONE BASATA SU MOTIVI RELIGIOSI E DI