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Definizione e classificazione di area metropolitana

Capitolo 1 Dalla città all’area metropolitana

1.2 Definizione e classificazione di area metropolitana

Si è rivelato importante ai fini della ricerca analizzare e ripercorrere gli studi condotti per la definizione di un'area metropolitana, ponendo particolare attenzione all'individuazione delle funzioni che la caratterizzano e alle dinamiche territoriali che ne scaturiscono, nonché verso i fattori che possono condurre ad una sua delimitazione, consentendo quindi la creazione di una classificazione di tipo gerarchico.

1.2.1 Definizioni

Parlando della mancanza di una definizione pienamente soddisfacente della “metropoli” nonostante l’esistenza di molte soluzioni concettuali a formali, Scaramellini (1990) nota l’esistenza di una sorta di “gioco al rialzo” di tipo concettuale e lessicale consistente nella creazione di sempre nuovi termini, alcuni molto suggestivi ed evocativi, tale da far però prefigurare una specie di “rincorsa terminologico-nozionistica a proposito della quale è talvolta lecito chiedersi se preceda (o addirittura prevalga) la fase di innovazione lessicale oppure quella concettuale” (Scaramellini, 1990).

Il primo requisito, la condizione necessaria, per qualificare un territorio come “area metropolitana” è che in esso vi siano una concentrazione e un assortimento significativi di funzioni di rango elevato, non solo extralocale, ma quanto meno regionale, nazionale o internazionale. Il rango di una funzione è dato da una serie di fattori, quali il livello che occupa nella rispettiva tipologia funzionale, la sua rarità, il bacino di utenza2, l’interconnessione con funzioni analoghe o complementari nel “resto del mondo”.

Gli altri connotati che qualificano un’area metropolitana sono il numero di abitanti residenti, il numero di city users, la densità di popolazione, il numero di addetti alla produzione di servizi rispetto al numero di addetti alla produzione di beni e altri consimili.

In linea di principio non è detto che l’area metropolitana debba comprendere una grande città. Può darsi che una conurbazione di centri non grandi costituiscano nel loro insieme un’area metropolitana in quanto in possesso dei requisiti di cui sopra. Al contrario, esistono conurbazioni comprendenti più città di analoga importanza che, di fatto, costituiscono un’unica area metropolitana policentrica. Resta tuttavia il fatto che, per passare da un’area metropolitana generica ad una vera e propria città metropolitana, è necessaria la presenza di una città “madre” importante.

È ormai chiaro da decenni che, in quanto entità insediativa, un’area metropolitana ha

come elementi essenziali una città centrale (la metropoli) che durante il suo processo di espansione ha assorbito, indipendentemente dai confini amministrativi, il territorio immediatamente circostante, e centri urbani vicini più piccoli. Questo concetto di area metropolitana è sostanzialmente analogo a quello contenuto nella definizione adottata dal US Census Bureau, l’istituto di Statistica degli Stati Uniti. “The general concept of a metropolitan area (MA) is one of a large population nucleus, together with adjacent communities that have a high degree of economic and social integration with that nucleus. Some MAs are defined around two or more nuclei”.

Questa definizione richiama l'immagine di una città centrale che esercita un'influenza, tendenzialmente egemonica, nei confronti dei centri urbani vicini con i quali ha rapporti quotidiani di natura economica e sociale. La quotidianità di tali rapporti tende a rendere il territorio interessato un unico mercato del lavoro, un unico centro di acquisti, un unico centro culturale e per il tempo libero. La città centrale svolge un ruolo dominante perché è il centro di questi ambiti, è centro finanziario, commerciale e culturale, è sede di funzioni direzionali pubbliche e private per il territorio che quotidianamente si relaziona con essa.

Nel territorio compreso tra questi centri e la città centrale, i caratteri urbani tendono progressivamente a prevalere su quelli rurali, sia in termini di attività economiche (più secondario e terziario che primario) che in termini di stili di vita, sempre più simili a quelli della città centrale.

Nei paesi ad economia avanzata le città, in particolare quelle più grandi, sono cresciute praticamente senza soluzione di continuità fino agli anni '70 del secolo scorso. A partire dalla fine di quel decennio, prima le grandi metropoli degli Stati Uniti e successivamente quelle europee, Italia compresa, sono state gradualmente interessate dalla inversione della secolare tendenza ad una crescita tendenzialmente proporzionale alla dimensione demografica delle città: i tassi di crescita delle grandi città sono stati superati dai tassi di crescita dei centri più piccoli vicini.

La crescita demografica dei centri intorno al nucleo centrale rappresenta quindi una dinamica metropolitana perché si tratta di un decentramento di popolazione che continua a gravitare sulla città centrale relativamente al lavoro, al tempo libero, alla cultura, agli acquisti, ai servizi rari. Emerge quindi con chiarezza la struttura insediativa metropolitana precedentemente descritta, costituita da una città centrale intorno alla quale si consolida una corona centri da questa strettamente dipendenti.

Prima di entrare nel merito degli studi condotti per definire un criterio per la perimetrazione di un'area metropolitana, appare fondamentale formulare una definizione condivisa, constatando che essa può essere individuata sulla base di diversi criteri, oltre a quello storicamente adottato della soglia di popolazione. Ci si vuole qui soffermare sulla definizione proposta dall'European Environment Agency (2009), interessante sia per i contenuti teorici che per i possibili sviluppi in termini di omogeneizzazione delle politiche urbane nei paesi europei. Tale definizione parte dal presupposto che l'area urbana derivi dall'intersezione di tre tipologie di aree: l'area amministrativa, l'area morfologica e l'area funzionale.

La prima rappresenta l’espressione territoriale della struttura politica e tecnica di governo e costituisce la base di applicazione delle politiche relative alla qualità della vita e allo sviluppo sostenibile. L'area morfologica definisce, in termini fisici, la dimensione spaziale e la forma della città. Essa rispetta i confini amministrativi e comprende le aree urbanizzate, la rete viaria, le aree industriali e commerciali, le aree verdi urbane, le aree portuali, aeroportuali e le attrezzature per lo sport e il tempo libero incluse nello spazio urbano o contigue ad esso. Infine, l'area funzionale urbana, che esprime la misura dell'influenza territoriale della città sul suo hinterland e per questo comprende spazi molto diversi tra di loro come la città, i sobborghi e le aree rurali, rappresentando l'elemento di azione delle forze socio-economiche e ambientali che influenzano lo sviluppo urbano.

Se, tuttavia, si analizzano separatamente i singoli aspetti, appare immediatamente che mentre i primi due approcci consentono una delimitazione dell’area metropolitana dal punto di vista “fisico”, l'ultimo, privilegiando gli aspetti sistemici e funzionali della conurbazione metropolitana, non consente l’identificazione di un’area omogenea e, in certi casi, neppure la delimitazione di un’area fisica.

Le relazioni tra area urbana amministrativa, morfologica e funzionale e la loro più appropriata utilizzazione nei processi di decisione politica sono quindi un elemento critico nel governo delle città. Questo perché l’area funzionale urbana si estende ben oltre i confini amministrativi e morfologici che, per loro carattere, hanno grande inerzia al cambiamento. Queste considerazioni, relative alle relazioni tra le forze socio- economiche e le unità amministrative destinate a gestire le trasformazioni, rendono chiara la necessità di assicurare una forte integrazione politica allo spazio territoriale delle aree urbane, allo scopo di rendere effettiva la loro governabilità.

concezioni che nascono da altrettante differenti filosofie d’approccio al problema. Tuttavia, per una corretta delimitazione di area metropolitana, non è sufficiente riferirsi ad una o all’altra concezione in quanto occorre ricercare una delimitazione che tenga conto contemporaneamente di tutti gli approcci originati dall’integrazione sinergica delle concezioni di città (Casacchia-Nuvolari-Piroddi- Reynaud, 2006):

La difficoltà nel trovare forme di integrazione, e quindi di governo, efficaci e stabili tra le diverse “immagini” del territorio metropolitano, costituisce il principale problema delle realtà metropolitane che assumono al contempo i contorni di una città politica, di una città fisica, di una città sistema3, di una città funzionale e di una città economica.

Pertanto, si possono stabilire alcuni criteri da seguire nella delimitazione di un’area metropolitana:

• quello dell’omogeneità, cioè aree o Comuni con caratteristiche omogenee secondo alcuni parametri o indicatori quali la dimensione demografica, la densità delle attività, le caratteristiche economiche, le caratteristiche sociali, ecc.;

• quello dell’interdipendenza, cioè aree o Comuni in cui le relazioni e gli scambi, di merci, persone ed informazioni sono sensibilmente elevati. I parametri da prendere in considerazione, in questo caso, sono i flussi di pendolarità, i flussi telefonici, le aree di mercato, ecc.;

• quello della morfologia, cioè aree o Comuni che sono, ad esempio, spazialmente continui o che sono localizzati su medesime configurazioni fisiche.

Questa premessa appare necessaria ad introdurre il fenomeno metropolitano, il cui studio presuppone l'uso di un insieme di strumenti di indagine non riconducibili ad un unico filone di pensiero e analisi. Il tema trattato, la città o area metropolitana, per sua natura, si presta infatti a innumerevoli valutazioni e concettualizzazioni che a loro volta conducono ad altrettanti modi di concepire il fenomeno metropolitano e le sue implicazioni.

1.2.2 Funzioni metropolitane

Le funzioni metropolitane sono, in accordo con i caratteri essenziali di una metropoli descritti precedentemente, quelle che permettono ad una città di esercitare la sua influenza in quanto “città madre”. Considerando l’insieme delle funzioni urbane, riconducibili complessivamente a quattro grandi categorie (culturale, direzionale, produttiva, distributiva), le funzioni metropolitane vanno individuate distinguendo tra 3 Sistema di produzione e di distribuzione

quelle che semplicemente soddisfano una domanda data di beni e servizi, come nel caso delle funzioni produttive e distributive, e quelle che producono conoscenza e quindi innovazione, visioni del mondo, stili di vita, ma anche controllo, regolazione, come la funzione culturale e quella direzionale. Queste ultime funzioni, dette quaternarie, sono da considerare metropolitane perché rappresentano “fattori attivi di organizzazione territoriale in quanto la loro azione essenziale è quella di fare da tramite tra il territorio circostante ed i circuiti internazionali della cultura, della conoscenza, dell'innovazione, della mobilità delle persone, delle merci, del denaro”. (Dematteis, 2011).

In altri termini, esse possono essere considerate come matrici attive di organizzazione spaziale (Scaramellini, 1990) in quanto promuovono processi di trasformazione e di sviluppo, indipendentemente dalla distribuzione territoriale della domanda, anche al di fuori delle aree di gravitazione circostanti, contribuendo inoltre alla capacità di gestire e promuovere i rapporti tra singole attività generatrici ed il sistema economico globale attraverso istituzioni ed infrastrutture concepite proprio per questa finalità. Il prevalere delle funzioni quaternarie, che attraendo flussi di consumatori e di utenti dai territori circostanti organizzano lo spazio in aree di gravitazione, permette di distinguere il concetto funzionale di “città” da quello di “metropoli”. In quest'ultima infatti la funzione attiva, propulsiva e generatrice di sviluppo è più importante di quella di semplice generatrice di servizi.

Pertanto, le funzioni che interessano ai fini dell’individuazione del livello di metropolitanità di un’area urbana sono quelle che hanno effetti a scala sovracomunale, ben al di là dei confini amministrativi della città in cui sono localizzate. Gli effetti di queste funzioni vanno intesi sia in termini di influenza (ciò che accade in una città condiziona altre città, come nel caso delle decisioni pubbliche, delle decisioni di soggetti privati come le imprese, dell’applicazione dei risultati di una ricerca) che in termini di attrazione (la città attira turisti, utenti di servizi, studenti, ricercatori, uomini d’affari).

Si riporta di seguito uno schema sintetico in cui, a partire dalla distinzione tra il livello meso-regionale, corrispondente ad una grande area metropolitana, ed il livello macro- regionale, coincidente con un grande stato o una grande regione continentale, si evidenzia l'insieme delle funzioni la cui presenza costituisce fattore discriminante nella definizione dell'area metropolitana. Nell'ottica di una classificazione di tipo gerarchico, è evidente che il rango della metropoli deriva dal numero di funzioni aventi raggio d'azione macro-regionale in essa contenute.

Funzioni Raggio d'azione meso-regionale Raggio d'azione macro-regionale Culturale Università Grandi università e politecnici

Parchi tecnologici Accademie

Compagnie teatrali Istituti di ricerca

Quotidiano a diffusione regionale Centri di elaborazione artistica Festival internazionali

editoria

Network televisivo nazionale e internazionale Musei ed Istituti di cultura nazionali e internazionali

direzionale Amministrazione regionale o provinciale Governo nazionale, organizzazioni internazionali, ambasciate

Comando territoriale di pubblica sicurezza Basi aeree e navali Agenzie regionali di credito, assicurazioni e

servizi finanziari Sedi centrali delle grandi banche, società di assicurazione e immobiliari Direzione di piccole e medie imprese Borsa valori

Uffici decentrati di grandi imprese Uffici direzionali di grandi imprese produttiva Artigianato, piccole e medie imprese con

mercato regionale Grandi imprese esportatrici Domanda e offerta di lavoro entro i raggi di

pendolarità giornaliera

Piccole e medie imprese innovative (robotica, alta moda)

Domanda e offerta di lavoro altamente qualificato, con pendolarità a raggio nazionale e internazionale

distributiva Aeroporto (voli nazionali) Aeroporto internazionale Nodi regionali di reti telefoniche e

telematiche Grande porto e servizi connessi Mercati generali e grossisti Teleporto, comunicazioni internazionali Commercio al dettaglio specializzato e non Imprese di importazione ed esportazione

Ospedale regionale fiere

Offerta di beni e servizi rari Ospedale specialistico Fonte: Dematteis, 2011

Il paradigma chiave per l'individuazione dell'area metropolitana è dunque rappresentato dal concetto di funzione metropolitana. Richiamando quanto espresso in precedenza, si evidenzia che soltanto le funzioni di tipo quaternario assumono una natura metropolitana, in quanto capaci di evocare una città in grado non tanto di offrire una serie di servizi rari (il che genererebbe una semplice area di attrazione e prefigurerebbe una funzione di “centralità” rispetto al territorio circostante) quanto un centro che appare come una “matrice” di organizzazione spaziale, di nucleo coordinatore (il che allora

costituisce stimolo per la creazione di una sfera d’influenza del centro metropolitano). 1.2.3 Classificazione gerarchica

La natura e la definizione di un'area funzionale metropolitana rendono difficoltoso ogni tentativo di delimitazione, essendo impossibile racchiudere entro un determinato perimetro geografico l'insieme dei flussi di rete e dei rapporti funzionali che rappresentano il connotato fondamentale della città metropolitana.

Ancor più arduo, il tentativo di dare un limite amministrativo che rispecchi la complessa realtà del territorio metropolitano. Infatti, “da quando l’urbanizzazione ha assunto la forma della crescita e diffusione ben oltre i limiti della città pre-industriale, e si è affermato nell’analisi delle dinamiche urbane il punto di vista economico-funzionale, le unità territoriali introdotte dai responsabili delle fonti ufficiali si sono dimostrate quasi sempre o troppo piccole (sezioni di censimento, comuni) o troppo grandi (province, regioni), comunque non congrue a rappresentare l’effettiva dimensione della realtà metropolitana” (Martinotti, 1993).

Volendo riportare una visione sintetica complessiva, ma senza alcuna pretesa di esaustività, degli studi sul fenomeno metropolitano, si può affermare che le analisi condotte nel corso degli anni seguono tre indirizzi fondamentali.

Il primo considera l'area metropolitana come una “regione geografica”, un insediamento urbanizzato continuo, racchiuso in un perimetro fisico e composto da elementi riconducibili all'azione di trasformazione dell'uomo. Tale accezione, basata sulla contiguità spaziale o conurbazione, fin dall’inizio non ha però soddisfatto gli studiosi che hanno rivolto la loro attenzione alle interrelazioni presenti nell’area metropolitana.

Il secondo è incentrato sul concetto di “comunità metropolitana”, ossia un sistema di funzioni caratterizzate da un habitat urbano e da una localizzazione spaziale. Questa seconda definizione dell’area metropolitana implica un rapporto di necessità fra funzione e suo manifestarsi nello spazio. Nel mondo contemporaneo, però, la continuità spaziale non appare più connotato essenziale della realtà urbana. Lo sviluppo delle migrazioni pendolari è il fenomeno più evidente della frattura fra continuità fisica ed integrazione funzionale.

Da questa constatazione deriva il terzo approccio ossia l’analisi dei flussi pendolari da e verso il polo centrale e dalla loro trasformazione in una superficie a due dimensioni. Questo filone, in cui il raggio di spostamento del pendolare viene assunto a criterio fondamentale per individuare l'area metropolitana, estende l’area ai poli decentrati che

si sono formati esternamente per l'alto valore dei suoli urbani centrali e per l'espulsione di quote consistenti di nuclei familiari verso aree dove è minore il costo della vita; esso ha ancora come base il sistema funzionale, ma non utilizza più la continuità spaziale come fattore costitutivo dell'area metropolitana. L’evoluzione dei processi di urbanizzazione, infatti, rende sempre più evanescente l’utilizzabilità di questo concetto a causa della frammentazione all’interno dell’area metropolitana e dei fenomeni pendolari che eccedono i confini fisici dell'area urbanizzata.

Da questi filoni di studio emerge come il fenomeno metropolitano possa essere associato a diversi livelli territoriali, dal momento che la struttura metropolitana viene definita come un sistema di funzioni interrelate, distribuite anche discontinuamente nello spazio. Il primo livello è quello delle aree urbane, caratterizzate da continuità nell'urbanizzato e da assenza di aree agricole intercluse; il secondo livello è quello delle aree metropolitane, in cui le funzioni sono integrate e creano flussi di scambio rilevanti; il terzo livello è quello delle regioni metropolitane, che comprendono anche le aree esterne sulle quali si evidenzia l'influenza economica delle aree urbane e metropolitane. Dal punto di vista geografico, un’area metropolitana è una struttura urbana in cui si concentra una popolazione rilevante, formata da una grande città e dall’area di influenza circostante. Essa può essere generata da più città: in questo caso una di esse assume funzione di nodo e denomina l'area stessa.

Ciò detto, la delimitazione di un’area metropolitana è una operazione complessa, sulla quale la ricerca sta ragionando da un centinaio di anni, anche perchè il continuo espandersi dei fenomeni urbani verso l’esterno rende problematica la determinazione di un limite entro il quale racchiudere i processi funzionali associati.

Le aree metropolitane sono una struttura territoriale proposta a fini statistici negli Stati Uniti dove, nel 1910, il Bureau of Census elabora il concetto di “città estesa” da utilizzare per il censimento dei distretti metropolitani, da applicare alle città con più di 200.000 abitanti e ai territori rurali circostanti con una delimitazione che si basa sulle entità amministrative della città e dei centri minori di corona. Nel Censimento 1950 il Bureau of Census introduce le Standard Metropolitan Areas (SMA) modificando la definizione dei confini: ne fanno parte, infatti, una o più contee aventi al loro interno almeno una città di 500.000 abitanti. Altre contee possono essere incluse solo se presentano caratteri metropolitani e hanno una precisa “integrazione economica e

sociale” con la città centrale.

L’esperienza originaria, quella statunitense, in sostanza nasce con l’obiettivo esplicito di individuare sul territorio nazionale le aree metropolitane per farne delle unità statistico- censuarie, utilizzate poi anche per l’allocazione di fondi federali e statali. L’idea generale su cui si fonda è infatti quella di “un consistente nucleo urbano (città centrale) al quale si aggregano le circostanti comunità (contee) che abbiano sufficienti caratteri metropolitani e un alto grado di integrazione economica e sociale con il nucleo stesso”. La SMA è dunque, al tempo stesso, un’area omogenea, in quanto le diverse parti che la compongono hanno caratteri simili, e funzionale poiché queste parti sono tra loro integrate.

Una evoluzione di questo concetto si ha nel 1960, con l’introduzione delle Standard Metropolitan Statistical Areas (SMSA), costituite dal territorio delle contee nelle quali si osservano spostamenti ricorrenti della popolazione per motivi di lavoro. “La definizione di SMSA introduce un nuovo fattore nella determinazione delle aree metropolitane, in quanto la misura delle modifiche insediative e comportamentali della popolazione viene fatta derivare dal grado di integrazione, ottenuta attraverso la mobilità, tra contea centrale e contee periferiche. A questo scopo, nella delimitazione delle SMSA rientrano sia le località che presentano domanda di lavoro che quelle che presentano offerta di lavoro (in cui vi è concentrazione di residenza)” (AA.VV. 2006). Tra le critiche, quelle maggiori sono incentrate sulla scelta dell'unità amministrativa di riferimento, ossia sulla contea.

Nel 1965 si introduce, sempre negli Stati Uniti, l’uso della Functional Economic Area (FEA); essa rappresenta un bacino di lavoro formato dalla città centrale e dall’insieme dei centri in cui risiede la popolazione che quotidianamente si sposta per andare nel luogo di lavoro che è posto nella città centrale. È evidente che la determinazione delle