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Degrado e criticità

Nel documento Ri-generazione del canale Burlamacca (pagine 31-35)

un’infrastruttura territoriale. Ai fini di un intervento complessivo è stato necessario realizzare prima di tutto una mappatura del degrado, urbanistico e ambientale, che mettesse in evidenza le criticità diffuse e quelle puntuali; successivamente un’individuazione delle potenzialità e delle attività potenziabili che con ordine gerarchico differente insistono sul comprensorio. Queste operazioni mi hanno permesso di determinare le aree che maggiormente necessitano interventi di recupero e quelle che hanno solamente bisogno di un potenziamento.

Ciò è stato possibile attenendomi alla vasta letteratura pianificatoria, andando talvolta a parlare di persona con tecnici dei diversi enti per risolvere questioni poco chiare o troppo intrigate.

Solo per dare un’idea della dimensione dell’area e della difficoltà legate alla comprensione degli aspetti prettamente urbanistici, alle problematiche del territorio, ai vincoli e alle previsioni che vi insistono, passo in rassegna i piani consultati:

PIT Regione Toscana, PTC Provincia di Lucca, PAI Autorità di Bacino del fiume Serchio, PdG ente Parco Regionale Migliarino San Rossore Massaciuccoli, PS Comune di Viareggio, PRG Porto di Vireggio, PS e RU Comune di Massarosa.

A questi segue ovviamente una serie di strumenti pianificatori subordinati come il PIUSS Programma Integrato Urbano di Sviluppo Sostenibile, PGTU Piano Generale del Traffico Urbano, il PRAE Piano di Recupero delle Attività Estrattive, il RU di Viareggio approvato ma non ancora adottato, e alcuni studi pubblicati in collaborazione tra Autorità di Bacino del fiume Serchio e il Consorzio di Bonifica Versilia Massaciuccoli.

32 “L'industria delle costruzioni n. 428 novembre/dicembre 2012” apre così il numero sugli - SPAZI PUBBLICI -

Il degrado fisico e sociale che caratterizza molte aree urbane, rende evidente una condizione di sofferenza della sfera pubblica. Tale declino viene collegato da un lato al generale prevalere di forme individualistiche sulla dimensione pubblica del vivere sociale, dall’altro alla dispersione degli spazi collettivi conseguente alla separazione delle funzioni nella città.

Degrado Urbanistico

Sull’area urbana, è stato doveroso, in termini di degrado urbanistico, affrontare il tema della qualità degli spazi pubblici, individuando vaste aree con scarsa qualità o prive di qualità urbana, deturpate soprattutto dalla mancanza di un arredo urbano omogeneo e dalle ossessive sistemazioni a parcheggio. I siti che maggiormente ci interessano sono quegli spazi interstiziali tra la geometria delle darsene storiche e gli isolati urbani, dove gli stalli dei parcheggi arrivano fino alle bitte, venendo meno così i luoghi dello stare, trasformando aree dall’alto potenziale pubblico, in aree con fini logistici-economici. Queste aree ovviamente sono adiacenti con porzioni di città interessate da degrado da traffico. I problemi principali legati alla mobilità carrabile si riscontrano dunque nella zona di piazza D’Azeglio, nel nodo riferibile al ponte girante, in corrispondenza del nucleo storico cinquecentesco e nella vasta circonvallazione del largo Risorgimento. Le aree che riportano degrado fisico, sono riferite in particolare all’estesa fascia adiacente ai binari ferroviari in prossimità della stazione vecchia, rimasta un monumento ai binari arrugginiti, al pietrisco stabilizzante e agli arbusti d’occasione. A fianco a quest’area, il piano attribuisce all’attuale mercato ortofrutticolo un degrado economico dovuto alla mancata resa ti tale attività; un’altra forma di degrado economico è costituita dalla mancata valorizzazione e utilizzo dei beni storici, come la Torre Matilde e i Magazzini del Sale, i quali offrono

volumetrie di valore architettonico, ma sono oggi solo osservati dall’esterno.

Degrado igienico invece riguarda i fabbricati industriali dismessi ma non ancora recuperati, primo tra tutti lo stabilimento dell’ex oleificio Salov sorto sulle sponde del canale e sui resti dell’antica torre di guardia, ma di cospicuo interesse anche i giganti di lamiera, sabbifici sorti sulle sponde delle ex cave di sabbia; vaste aree degradate da abbandono disegnano isole verdi, in contatto con il canale per ampie tratte sono il parco della ex Vetraia e l’area denominata Lisca, stretta striscia di terra tra viadotto autostradale e nuovamente il bacino di San Rocchino. Infine si punteggiano una serie di attrezzature incompatibili con il luogo dovute a concentrazione di distributori di carburanti (l’area del Largo Risorgimento, nel tratto a cavallo con la Burlamacca ne conta ben 5 posizionati quasi consecutivamente), attività incompatibili con il contesto sono quelle artigianali produttive incuneate nel precario tessuto residenziale periferico; infine impianti tecnologici di smaltimento rifiuti vanno “ovviamente” a insediarsi nella delicata area umida che abbraccia ancora una volta la cava di San Rocchino.

Degrado Ambientale

Questo tipo di degrado è legato alla gestione del territorio e alla tutela della salute del paesaggio; riguarda per natura del territorio la macro-area 3 ed è tutt’oggi oggetto di numerosi studi da parte degli enti preposti.

Iniziando la lettura di questo tipo di degrado si ha il primo elemento di disturbo, riscontrabile nel malfunzionamento delle cateratte alle porte di Viareggio, così che la l’acqua marina di risalita si mescola con il deflusso delle acque dolci. Il fenomeno della salinizzazione, è riconducibile inoltre all'abbassamento estivo del livello delle acque del lago, che oltre che alla evapotraspirazione è connesso ai prelievi idrici effettuati a scopo irriguo. Non è escluso inoltre che l’aumento della salinità possa essere connessa anche all’attività estrattiva che si è sviluppata dagli anni ’50, con massima espansione nel ‘70, dal momento che

33 è in questo periodo che si sono manifestati in maniera più vistosa

i valori massimi di salinità. Tuttavia le cave sembrano rappresentare non tanto le cause, quanto il ricettacolo delle acque saline che risalgono dal mare attraverso il Canale Burlamacca.

E' da evidenziare che agli inizi degli anni '40, studi eseguiti sul lago permettevano di classificare le acque come "oligoaline" e "oligotrofiche" cioè acque totalmente dolci e con bassa presenza di nutrienti. Il fenomeno dell’eutrofizzazione si manifesta a causa dell’aumento di disponibilità di nutrienti (P, N, K) in un corpo idrico contraddistinto da un debole ricambio delle acque, che consente la loro permanenza e l’accumulo sia nel fondale sia nelle molecole organiche vive o in decomposizione.

I nutrienti derivano in parte dai canali e dalle idrovore che pompano dentro il lago una parte delle acque di bonifica, interessate da attività agricole, floricole e zootecniche oltre che dagli insediamenti produttivi ed attività industriali.

Anche la presenza di depuratori e reti fognarie malfunzionanti, concorre all'incremento del fenomeno in questione.

L’altro dei 3 aspetti riguardanti il degrado a larga scala è la Subsidenza. L’attività degli impianti idrovori strettamente legata alla regimazione delle acque, come ho già sottolineato in precedenza causa un prosciugamento di vaste aree rese coltivabili, ma in questo modo, tali terreni ricchi di torba risultano compattati; ciò determina un primo abbassamento, che ne determina un secondo dato dalla pressione degli strati superficiali su quelli sottostanti, ma di fondamentale interesse è il terzo abbassamento che si mostra costante, dato dalla gassificazione della torba, come naturale processo chimico a seguito della sottrazione d’acqua alla molecola organica:

“Il terreno sparisce” trasformandosi in acqua e anidride carbonica. A conferma di ciò, il rilievo Lidar effettuato

dall’autorità di bacino, mostra che l’area bonificata è totalmente sotto il livello del mare, con depressioni fino a -3 m slm.

A quest’aree è legato un degrado anche di tipo colturale, dove la monotematicità delle coltivazioni a grano e grano turco nella quasi totalità dell’area è fonte non solo di scarsi profitti ma anche di un paesaggio agrario banalizzato.

Un’altra forma di degrado diffuso è quello legato all’utilizzo del padule come area di caccia, non tanto nell’attività venatoria in se, quanto nel modo di occupare le sponde dei canali. Siamo di fronte ad un fenomeno diffuso e consolidato nella mentalità degli abitanti del posto, quello di costruire manufatti in legno e lamiera adibiti a rimessaggio dei barchini, ma paragonabili più al villaggio galleggiante di Tonle-Sap-Lake che a puntuali interventi di architettura spontanea, questo soprattutto a causa della loro infestante diffusione. Ogni canale ha la sua serie di baracche, alcune rinnovate, altre fatiscenti a comporre un quadro forse vernacolare ma di infondato valore. Altra occupazione infestante è quella delle sponde della cava di San Rocchino, sul lato che costeggia la via di Montramito; rimessaggi a terra di barche a vela e carcasse di vecchie barche a motore, inferriate “di turno” a segnare la proprietà privata, sedi di piccole attività sportive acquatiche come la vela, la canoa e il kayak che per carenza di fondi o di interessi non hanno strutture adeguate, e si concretizzano in moletti di fortuna e box in lamiera adibiti a stoccaggio canoe.

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Nel documento Ri-generazione del canale Burlamacca (pagine 31-35)

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