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7.1I

NTRODUZIONE

Nel Complesso Metamorfico Apuano, la quasi totalità dei depositi mineralizzati compare nelle formazioni dell’Unità delle Apuane. La tipologia di giacimenti che consideriamo invece in questo capitolo, e che vede nella miniera del Frigido (Massa) la sua unica rappresentante, è ospitata nei terreni paleozoici dell’Unità di Massa. La miniera del Frigido, posta a circa 1 km dalla città di Massa, lungo la valle del torrente omonimo (Fig. 7.1), è stata oggetto di pochi lavori di carattere scientifico. I contributi mineralogici sono generalmente limitati alla descrizione dei minerali principali del giacimento (D’Achiardi, 1881; Manasse, 1906; Carrozzini et al., 1991), mentre poco è noto sulle varie fasi accessorie presenti (Gregorio et al., 1979; Carrozzini et al., 1991, 1993).

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Le prime notizie della presenza di una “ricerca di rame piritoso” risalgono al marzo 1869 e ci consentono di conoscere come già nei primi anni Sessanta dell’Ottocento fossero presenti lavori minerari eseguiti dal caporale Dell’Amico, con una galleria di 75 m di lunghezza e un pozzo di 55 m di profondità. Furono inoltre scavate altre due gallerie, di 54 e 51 m di lunghezza. La prima concessione della miniera a favore di Gaetano Bagni e del Marchese Luigi Spinola risale al 16 aprile 1873. La concessione fu revocata per abbandono dei lavori in data 8 febbraio 1901 e, messa all’asta pubblica, fu aggiudicata al sig. Fusina in data 17 settembre 1918. Il 19 febbraio successivo, la Società Anonima Miniere dell’Argentiera acquistò la concessione (Monetti, 1922), riattivando i lavori mantenendola fino al 1934. Nel 1937, essa fu concessa al comm. Leone Bicchieri, passando successivamente alla Società per l’Industria Mineraria di Massa e, nel 1950, alla S.p.A. Pignone, che la mantenne sino al 1957. Infine, negli anni Settanta del Novecento, fu sede di un permesso di ricerca (Capuzzi & Carriero, 1974).

La miniera si sviluppa su più livelli, sui due lati orografici della valle (Fig. 7.2). I vari livelli sono collegati tramite pozzi.

Figura 7.2 – Sezione verticale dei lavori minerari della miniera del Frigido (da A.M.M.I., 1935).

Carmignani et al. (1972) descrivono la mineralizzazione del Frigido come “un tipico filone di spaccatura di

grande regolarità, spesso 1-2 metri, di direzione appenninica (NW-SE) e fortissima immersione verso SW. Il riempimento è costituito quasi esclusivamente di siderite spatica , in cui si notano ad occhio nudo mosche di calcopirite. Al microscopio abbiamo riconosciuto, associati alla calcopirite, anche grani di pirrotina, pirite, blenda, galena, tetraedrite […] e di un

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solfoantimonito di piombo, oltre a marcasite secondaria ed altri minerali di alterazione”. Questi autori sottolineano

come “quel che più colpisce è il carattere tettonicamente del tutto indisturbato del filone e dei suoi minerali”. Al contrario, Benvenuti et al. (1995) descrivono le deformazioni subite dal principale corpo minerario, da essi indicato come “Main Vein”. Esso ha direzione NW-SE e immerge verso SW di 70°, con una potenza variabile fra 0.2 e 2 m. Esso è ospitato al contatto fra metarioliti di tetto e filladi al letto ed è parallelo alla principale foliazione di campagna S2. Le strutture osservate da Benvenuti et al. (1995) indicano una deformazione duttile a carico del corpo minerario, con lo sviluppo di fenomeni di boudinage e la formazione di vene di quarzo in corrispondenza delle “necked region” (Fig. 7.3). Il corpo minerario si sarebbe messo in posto a causa della discontinuità reologica fra le filladi, plastiche, e le metarioliti, più fragili.

Figura 7.3 – Il filone del Frigido nel livello Caio Duilio. Foto C. Biagioni.

Ad oggi sono 20 le specie mineralogiche differenti segnalate nella miniera del Frigido. Fra esse, 16 appartengono alla classe dei Solfuri e solfosali (Tab. 7.1).

TABELLA 7.1 – Solfuri e solfosali presenti nella miniera del Frigido

Specie Formula chimica Specie Formula chimica

Bismutinite Bi2S3 Pentlandite (Fe,Ni)9S8

Boulangerite Pb5Sb4S11 Pirite FeS2

Calcopirite CuFeS2 Pirrotina Fe1-xS

Galena PbS Sfalerite ZnS

Garavellite FeSbBiS4 Tetraedrite Cu6Cu4(Fe,Zn)2(Sb,As)4S13

Gersdorffite NiAsS Ullmannite NiSbS

Marcasite FeS2 Vaesite NiS2

Meneghinite CuPb13Sb7S24 Zinkenite Pb9Sb22S42

127

La presenza di tetraedrite nella mineralizzazione della miniera del Frigido è nota dalla seconda metà del XIX secolo. Tale minerale è stato oggetto di numerosi studi scientifici che saranno dettagliati nel prossimo capitolo.

7.2“C

OPPITE

”,

FRIGIDITE

E TETRAEDRITE

La presenza di tetraedrite nella miniera del Frigido è nota sin dall’inizio dei lavori minerari, anche se per la sua completa caratterizzazione sono serviti diversi decenni.

Bechi (1863) scriveva: “Un minerale di colore grigio metallico trovato nella miniera della Valle del Frigido presso Massa

di Carrara, mi veniva rimesso dall’ingegnere Blanchard, e nel tempo stesso il suddetto ingegnere mi pregava di farne l’esame. Osservato con la lente presentava una struttura compatta ed omogenea. […] Si fondeva alla fiamma del cannello, tramandando dei vapori antimoniali, e lasciando sul carbone un residuo, il quale poteva essere ridotto a rame metallico mediante la soda. In questo minerale non vi si trovava alcuna traccia nè di arsenico, nè di piombo. […] Potendo essere considerato questo minerale per la sua composizione come una nuova specie, propongo di chiamarlo Coppite, in onore del signor Coppi, che si è reso benemerito dell’industria mineraria in Toscana. Sebbene questo minerale non sia stato fino a qui trovato cristallizzato, pur tuttavia io spero, che nel proseguire della lavorazione, si potrà trovare in cristalli da poter compire lo studio di questa nuova specie anche per la parte delle sue forme cristalline.” Bechi (1863) riportava anche la media

di tre analisi condotte su questo minerale (Tab. 7.2).

TABELLA 7.2 – Analisi chimiche di campioni di tetraedrite della miniera del Frigido

Elemento Bechi (1863) Funaro (1881) Manasse (1906) Carrozzini et al. (1991)

Cu 30.10 20.391 37.42 37.54 30.04 38.43 38.16 38.15 Ag 0.036 0.52 0.44 0.15 Fe 13.08 13.369 6.60 6.01 9.83 5.25 5.38 5.10 Ni 7.969 0.23 0.14 3.46 - - - Zn tracce 1.72 1.98 0.59 1.61 2.06 2.20 Sn - - tracce tracce Pb - tracce tracce 0.26 - - 0.15 As - tracce tracce 1.50 0.27 0.07 0.35 Sb 29.61 27.001 29.28 29.54 28.82 29.24 28.95 29.00 S 27.01 31.234 25.70 25.48 24.48 24.92 25.10 25.00 Totale 99.80 100.000 100.95 100.69 98.98 100.24 100.16 100.10

D’Achiardi (1881) raccolse, nel gennaio dello stesso anno, nuovi campioni di questa specie e ne fece eseguire le analisi chimiche. Egli descrisse con il termine “frigidite” un minerale da lui ritenuto affine alla tetraedrite: “Do questo nome dalla miniera donde proviene, al minerale grigio, che dissi analogo al panabase, e che l’analisi

fattane non mi consente d’identificare alla coppite di questa giacitura […]. Si presenta abitualmente in masse granulari- compatte con un principio di frattura subconcoidale nelle masse più cristalline, ruvida e granosa nelle comuni. Raramente cristallizzata, non ne ho potuto esaminare che alcuni piccolissimi e scompleti cristalli, donatimi dal sig. F. Grancini, concessionario della miniera, che facean parte dello stesso esemplare insieme a calcopirite e a siderose in limpidissimi romboedri giallo-chiari. […] Colore grigio-acciaio-scuro; proprio come nella frattura fresca di molti panabasi.” Le analisi chimiche

128

riportate, condotte da Funaro (1881), avevano fornito risultati differenti rispetto a quelli di Bechi (1863) evidenziando, in particolare, una notevole ricchezza in Ni (Tab. 7.2).

Figura 7.4 – Campione di tetraedrite raccolto da Antonio D’Achiardi nel gennaio 1881 e cartellini storici che lo accompagnano. Collezione Museo di Storia Naturale, Università di Pisa. Numero di catalogo: #10602. Foto C. Biagioni.

Manasse (1906) riesamina i campioni presenti nelle collezioni pisane e alcuni “altri che furono presi da me in

una gita che di recente feci all’abbandonata miniera.” A causa della incertezza sulla natura del minerale presente

nella miniera del Frigido e indicato dai precedenti autori come “coppite” o “frigidite”, Manasse (1906) eseguì un nuovo studio, riportando i dati chimici di tre analisi quantitative da lui condotte (Tab. 7.2). Il contenuto in Ni risultava variabile e minore rispetto a quello misurato da Funaro (1881). Manasse (1906) descrive anche la presenza di cristalli di tetraedrite (Fig. 7.5), di cui riporta anche una descrizione morfologica: “Rari sono i cristalli; io non ho potuto raccogliere che campioni compatti; ma il Museo pisano possiede due

cristalli quasi completi, non ancora descritti, impiantati insieme a delle masserelle informi del minerale, nella ganga quarzoso- sideritica. […] I cristalli hanno abito tetraedrico […].”

Figura 7.5 – Cristallo di tetraedrite della miniera del Frigido (spigolo di 6 mm) con siderite e cartellino che lo accompagna. Collezione Museo di Storia Naturale, Università di Pisa. Numero di catalogo: #12778. Questo è uno dei cristalli studiati e raffigurati da Manasse (1906).

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Manasse (1906) concludeva che “dai caratteri cristallografici e chimici resta confermato quanto A. D’Achiardi aveva

supposto per il minerale del Frigido in questione; esso quindi altro non è che panabase, di cui può considerarsi come varietà nichilifera, sebbene il nichelio vari molto nelle proporzioni da campione a campione […]”.

Gregorio et al. (1979), nella descrizione tipo della garavellite, analizzarono anche diversi granuli di tetraedrite, posti a diretto contatto con la garavellite. Essi non riscontrarono mai la presenza di Ni al di sopra del limite di rilevabilità strumentale (0.07 wt%). Questo dato, unito alla identificazione di ullmannite, pentlandite e vaesite, tutte fasi nichelifere strettamente associate alla tetraedrite, portarono Gregorio et al. (1979) a ipotizzare che la “frigidite” altro non fosse che una tetraedrite intercresciuta con minerali di Ni. Come conseguenza di queste osservazioni, la IMA CNMMN discreditò ufficialmente il nome “frigidite” (Nickel & Mandarino, 1987).

Infine, Carrozzini et al. (1991) riesaminarono due campioni provenienti dalle collezioni pisane e probabilmente studiati da Manasse, oltre ad altri campioni della collezione Pelloux conservata presso l’ateneo barese. Questi autori condussero analisi chimiche sia per via umida che tramite microsonda elettronica. La prima metodologia conduceva al ricalcolo di formule chimiche non compatibili con quelle della tetraedrite e mostravano un ampio intervallo di variazione nei contenuti in Ni (da 0.44 a 5.55 wt%). Al contrario, le analisi in microsonda elettronica (Tab. 7.2), dotate di una maggiore risoluzione spaziale, non mostravano la presenza di Ni. Questo studio mise inoltre evidenza la presenza di inclusioni di ullmannite, vaesite e gersdorffite ferrifera. Carrozzini et al. (1991) riportarono anche i parametri di cella misurati su tre campioni e variabili fra 10.3883(7) e 10.3887(12) Å.

7.3D

ATI E DISCUSSIONI SULLA TETRAEDRITE DELLA MINIERA DEL FRIGIDO

Nel corso di questo studio abbiamo esaminato un unico campione proveniente dalla miniera del Frigido. Si tratta dell’esemplare #7936 conservato nelle collezioni mineralogiche del Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa. In precedenza da tale campione era stato ricavato un inglobato il quale è stato oggetto di studio nell’ambito di questa tesi di laurea.

7.3.1 Dati chimici

Lo studio in microscopia elettronica a scansione mostra due aspetti principali riguardanti questo campione:

1) la tetraedrite risulta chimicamente omogenea, come mostrano le immagini in elettroni retrodiffusi (Fig. 7.6);

2) il campione è mineralogicamente disomogeneo, presentando numerose inclusioni ospitate nella tetraedrite (Fig. 7.6).

La composizione chimica della tetraedrite è riportata in Tabella 7.3 e si accordano con i dati precedentemente disponibili in letteratura.

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TABELLA 7.3 – Dati chimici del campione del Frigido

Elemento wt% apfu Cu 37.94 9.74 Fe 5.56 1.64 Zn 2.18 0.54 Sb 29.84 4.00 S 24.48 12.46 Ev(%) +4.7

Difatti la tetraedrite della miniera del Frigido presenta il Fe come catione bivalente dominante, parzialmente sostituito da Zn. L’unico catione trivalente rilevato è Sb. Sulla base dei dati chimici riportati in Tabella 7.3 è possibile proporre la seguente formula idealizzata per il campione del Frigido:

M(2)Cu

6M(1)(Cu4Fe1.6Zn0.4) X(3)Sb4S13. Questi risultati si accordano con quelli di Carrozzini et al. (1991). Questi

autori riportano anche piccole quantità di Ag (fino a 0.08 apfu) e di As (fino a 0.08 apfu), probabilmente in virtù dell’utilizzo del sistema WDS per la misura dei loro dati chimici.

Figura 7.6 – Immagine in elettroni retrodiffusi del campione #7936 mostrante l’omogeneità chimica della tetraedrite e la presenza di inclusioni con numero atomico medio più elevato e costituite da oro nativo, bismuto nativo e un solfuro di Au e Bi.

131

Le inclusioni osservate nella tetraedrite sono costituite sia da minerali di ganga sia da solfuri ed elementi nativi. Fra i primi è presente la siderite, in granuli anedrali con composizione (Fe0.93Ca0.04Mg0.03)CO3.

Decisamente più interessanti risultano i solfuri e gli elementi nativi. Nel campione esaminato è presente un individuo subedrale di gersdorffite, la cui composizione, ricalcolata sulla base di 3 atomi per unità formula, risulta essere (Ni0.89Fe0.21)As0.92S0.97. La natura ferrifera del cristallo studiato è in accordo con le

osservazioni di Carrozzini et al. (1991). Inoltre, la presenza di questa fase è una ulteriore conferma della presenza di inclusioni di fasi nichelifere a cui può essere attribuito il contenuto in Ni rilevato da Funaro (1881) nella tetraedrite di questa località. La gersdorffite si associa a un solfuro di Bi e Sb, con modesti contenuti in Cu, avente una composizione media (Bi1.11Sb0.78Cu0.06)Σ=1.95S3.05. Potrebbe trattarsi di un

termine intermedio della serie bismutinite-stibnite, già segnalata da Gregorio et al. (1979) e Carrozzini et

al. (1993). Tuttavia, questi autori proponevano una composizione del tipo (Bi1.5Sb0.5)Σ=2S3, mentre i

campioni studiati sembrano mostrare rapporti Bi:Sb vicini a 1.

La Figura 7.7 mostra un dettaglio della Figura 7.6. In essa si può osservare la natura polifasica dell’inclusione, costituito da tre specie differenti. La lettera A indica una regione in cui è presente una fase alterata, con porzioni ad alto numero atomico (bianche in elettroni retrodiffusi) costituite da oro nativo; la lettera B indica il bismuto nativo, con composizione Bi0.92Sb0.05Cu0.02Fe0.01. Infine, in C, è presente una

interessante fase contenente Au, Bi e S. Sulla base della media di due analisi condotte in EDS e ricalcolate sulla base di 1 Au apfu, si ottiene la seguente formula AuBi5.0(1)S4.9(4). Fra i minerali ad oggi noti contenenti

questi tre elementi, l’unica fase con un rapporto Au:Bi simile a quello misurato nel campione studiato è la jonassonite, AuBi5S4. Considerata la difficoltà nella corretta quantificazione dello S in modalità EDS

(anche a causa dell’interferenza con le righe M del Bi), sono necessarie ulteriori indagini per la corretta identificazione di questa fase.

Figura 7.7 – Immagine in elettroni retrodiffusi dell’inclusione polifasica costituita da oro nativo (A), bismuto nativo (B) e probabile jonassonite (C).

132 7.3.2 Dati strutturali

Dall’inglobato utilizzato per lo studio in microscopio elettronica a scansione è stato separato un granulo utilizzato per condurre lo studio diffrattometrico con tecniche di cristallo singolo. La Tabella 7.4 riassume le condizioni sperimentali e i dettagli del raffinamento strutturale. Le metodologie analitiche e le strategie seguite per i raffinamenti strutturali sono riportati nel Capitolo 3.

TABELLA 7.4– Dettagli delle raccolte e del raffinamento del campione della miniera del Frigido

Dati cristallografici

Sistema cristallino, g.s. Cubico, I-43m

a (Å) 10.3946(15)

V (Å3) 1123.1(5)

Z 2

Dati raccolta e raffinamento

Radiazione (Å) MoKα, λ = 0.71073 Temperatura (K) 293 2θmax(°) 66.03 Riflessi misurati 2524 Riflessi unici 418 Riflessi con Fo>4σ (Fo) 368 Rint 0.0585 0.0407 Intervallo indici h, k, l -13 ≤ h ≤ 13; -15 ≤ k ≤ 6; -15 ≤ l ≤ 14 R[Fo>4σ (Fo)] 0.0276 R (tutti i dati) 0.0367 wR(su F2) 0.0497 GooF 1.034

Numero dei parametri raffinati 21 Massimi e minimi residui (e/Å3) +0.84; -0.64

Il raffinamento strutturale condotto sul campione della miniera del Frigido converge a un valore finale di

R1 = 0.028. Le coordinate atomiche e i parametri termici equivalenti sono riportati in Tabella 7.5, mentre

la Tabella 7.6 fornisce le distanze atomiche osservate per i siti cationici M(1), M(2) e X(3).

TABELLA 7.5 – Coordinate atomiche e parametri termici equivalenti (in Å2) del campione della miniera del Frigido

x y Z Ueq

M(1) ¼ ½ 0 0.0195(6)

133

X(3) 0.26783(5) 0.26783(5) 0.26783(5) 0.0143(2)

S(1) 0.11623(15) 0.11623(15) 0.36165(18) 0.0149(5)

S(2) 0 0 0 0.0194(13)

TABELLA 7.6 – Distanze atomiche (in Å) del campione della miniera del Frigido

M(1) – S(1) ×4 2.3369(12)

M(2) – S(2) 2.262(2)

– S(1) ×2 2.271(2)

X(3) – S(1) ×3 2.432(2)

La Tabella 7.7 riporta i valori del site scattering raffinato e quello calcolato sulla base dei dati chimici assieme ai valori delle distanze medie di legame, calcolate ed osservate, tra catione e anione. In Tabella 7.8 sono invece riportati i valori dei bilanci di valenza. Ciò che si osserva è una buona concordanza dei dati.

TABELLA 7.7 – Comparazione fra numero di elettroni raffinati e calcolati (in elettroni per unità formula) sulla base

della occupanza proposta e paragone fra distanze medie osservate e calcolate (in Å)

XRD EDS Occupanza <Me–S>oss <Me–S>calc

M(1) 27.5 28.2 Cu0.67Fe0.27Zn0.06 2.337 2.381

M(2) 28.9 29.0 Cu 2.268 2.266

X(3) 49.7 51.0 Sb 2.432 2.450

TABELLA 7.8 – Bilancio delle forze di legame (in unità di valenza)

M(1) M(2) X(3) Σ anioni

S(1) 2×→0.354×↓ 0.332×↓ 1.053×↓ 2.08

S(2) 6×→0.34 2.04

Σ cationi 1.40 1.00 3.15

7.3.3 Classificazione dei campioni studiati

I dati chimici e strutturali raccolti sul campione della miniera del Frigido ci permettono di classificare il campione come “tetraedrite-(Fe)”, in accordo con Carrozzini et al. (1991).

134

8

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