I contratti derivati negoziati fuori dai mercati regolamentati (cosiddetti over the
counter)
36si distinguono da quelli uniformi o standardizzati in quanto sono il risultato
della mera autonomia pattizia (art. 1322 c.c.), non vincolata all’osservanza di alcuno
schema predefinito
37.
Da tale ultima circostanza discende che i profili più rilevanti delle contrattazioni aventi
ad oggetto i derivati finanziari – in particolare, l’ammontare delle prestazioni, i termini e i
meccanismi negoziali –, sono rimessi alla libertà contrattuale dei singoli contraenti
38.
Ciò consente alle parti di costruire in modo più aderente alle rispettive esigenze il
contenuto del contratto
39; tuttavia, sotto un altro punto di vista, risulterà assai problematico
individuare nel mercato individui portatori di interessi, omogenei ma diametralmente
opposti, che consentano di addivenire alla conclusione di un contratto derivato
40.
Orbene, deve innanzitutto essere osservato che il mercato dei derivati otc non si
sostituisce, né si situa in subordine rispetto a quello dei derivati uniformi, bensì si pone
con quest’ultimo in un rapporto di complementarietà
41: gli operatori, pertanto, potranno
scegliere se concludere un contratto all’interno del mercato regolamentato, con tutte le
garanzie in questo contemplate (in primis, l’accesso al sistema della Cassa di
compensazione e garanzia), oppure al suo esterno, aspirando sicuramente a profitti
maggiori ma esponendosi al contempo a rischi più elevati
42.
36 La maggior parte dei derivati presenti sui mercati internazionali appartengono a questa categoria,
assumendo un ruolo di primo piano nella maggior parte delle economie occidentali. S. BO – C. VECCHIO, Il
rischio giuridico dei prodotti derivati, cit., p. 12. 37 E.G
IRINO, I contratti derivati, cit., pp. 305 ss.
38 S. B
O – C. VECCHIO, Il rischio giuridico dei prodotti derivati, cit., p. 12.
39
S. BO – C. VECCHIO, Il rischio giuridico dei prodotti derivati, cit., p. 12;E. GIRINO, I contratti
derivati, (ed. 2001), cit., p. 215.
40 Si tratta, in sostanza, del problema della liquidità del mercato di cui si è fatto supra, correlato al
concetto di standardizzazione. V., tra gli altri, L. VALLE, Contratti futures, cit., p. 308.
41 G. G
ALASSO, Options e contratti derivati, cit., pp. 1294. «I derivati OTC rappresentano circa il 90
per cento del mercato globale dei derivati e sono, allo stato attuale, per lo più non regolati»: L. SASSO, L’impatto sul mercato dei derivati OTC, in Giur. Comm., 2012, VI, pp. 899 ss, e iusexplorer.it. Giova inoltre
segnalare che secondo i dati forniti dalla Bank for International Settlements (BIS), il mercato dei derivati OTC ha subito una contrazione nella prima metà del 2014; in particolare, si è passati da un volume complessivo pari a 19.000 miliardi di dollari a fine del 2013 ad uno pari a 17.000 miliardi dollari a fine giugno 2014. http://www.bis.org/publ/otc_hy1411.pdf
42 E. G
IRINO, I contratti derivati, cit., pp. 441 ss. In particolare, l’autore individua varie tipologie di
rischio, tra i quali, oltre a quello di insolvenza, meritano di essere menzionati quello “di liquidità” (temporanea indisponibilità delle somme) e “di mercato”, “sistemico” (pericolo che inadempimenti di massa comportino altri inadempimenti “a catena”) e “sovrano” (o “del fortuito”).
57
Invero, è proprio la maggior appetibilità economica dei derivati otc a costituire il
principale motivo del loro successo
43; e ciò nonostante il soprarichiamato difetto di
standardizzazione.
Le conseguenze legate alla assenza standardizzazione non sono tuttavia pacifiche.
Non lo sono, in primo luogo, sul piano dell’analisi economica del diritto, posto che non
è pacifico se questa, in ultima istanza, influisca sul mercato in termini negativi – nella
misura in cui, per un verso, ne diminuisce la liquidità
44e, per altro verso, ne aumenta la
rischiosità
45– o positivi – nella misura in cui consente di aspirare a profitti molto elevati
46–.
Per altro verso, sul piano più strettamente giuridico, sembrerebbe che sia proprio
l’assenza di standardizzazione – o meglio, l’assenza di un modello di riferimento – a
rappresentare la causa della crisi dei meccanismi di tutela con cui il giurista è abituato a
confrontarsi.
Per comprendere appieno detto assunto, occorre muovere dall’esame dei vari interventi
che si sono avvicendati negli ultimi anni, finalizzati a disciplinare il fenomeno qui in
esame.
Detti interventi possono essere ricondotti in due macro-aree
47.
43
«I derivati OTC rappresentano circa il 90 per cento del mercato globale dei derivati». L.SASSO, L’impatto sul mercato, cit.
44 L. V
ALLE, Contratti futures, cit., p. 308.
45 In particolare, il cosiddetto rischio operativo, ossia quello che «interessa le eventuali perdite derivanti dall'inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi esogeni, ivi incluse le perdite derivanti da frodi, errori umani, interruzioni dell'operatività, indisponibilità dei sistemi, inadempienze contrattuali, catastrofi naturali», nel quale «è compreso il rischio legale ovvero il “prezzo” che gli investitori pagano per avere un elevato grado di flessibilità sui mercati OTC, mentre sono esclusi i rischi strategici e di reputazione», «è inversamente proporzionale al livello di standardizzazione esistente sul mercato, maggiore è la standardizzazione dei contratti, minore il rischio operativo».L.SASSO, L’impatto sul mercato, cit..
46 S. B
O – C. VECCHIO, Il rischio giuridico dei prodotti derivati, cit., p. 12;E.GIRINO, I contratti
derivati, (ed. 2001), cit., p. 215.
47 «La risposta alla crisi si gioca sul duplice piano che potremmo definire microeconomico e macroeconomico. Nell'ottica microeconomica, l'esame è rivolto alla relazione negoziale tra intermediario ed investitore e ai presidi normativi, e sempre più spesso giudiziari, funzionali «per servire al meglio l'interesse del cliente e per l'integrità dei mercati », di cui all'art. 21 comma 1º, lett. a), d.lgs. 58/1998. Nella prospettiva macroeconomica, si ha riguardo all'organizzazione del mercato globale dei derivati OTC, e in particolare alle strutture di post-trading, nel tentativo di correggerne le deviazioni, in termini di efficienza, dovute ai rischi di controparte e sistemici che connotano le compensazioni bilaterali». P. LUCANTONI,
L'organizzazione della funzione di post-negoziazione nella regolamentazione EMIR sugli strumenti finanziari derivati OTC, in Banca, borsa, tit. cred., 2014, V, pp. 642 ss., e in iusexplorer.it.
58
Nella prima macro-area vanno collocati gli interventi di tipo macroeconomico, aventi
ad oggetto l’adozione di procedure e normative finalizzate ad uno corretto controllo e
gestione del rischio
48.
Nella seconda macro-area, di tipo microeconomico, nella quale rientrano anche i più
volte richiamati «criteri generali» di cui all’art. 21 tuf, possono essere ricomprese le regole
poste a protezione della parte che patisce la cosiddetta asimmetria informativa
49.
3.1. (Segue) La normativa macroeconomica dei derivati otc.
Tra le misure di tipo macroeconomico devono essere segnalati, su tutti, due importanti
interventi sovranazionali.
In primo luogo, vengono in rilievo gli «Accordi di Basilea»
50.
Deve preliminarmente essere precisato che tali accordi non costituiscono una fonte
normativa stricto sensu, consistendo piuttosto nella predisposizione concordata (rectius:
condivisa) di regole destinate ad operare fra gli ordinamenti bancari dei diversi Paesi
51. Si
tratta, pertanto, di disposizioni non giuridicamente vincolanti (cosiddetto soft law)
52.
Chiarito ciò, deve ora essere rilevato che il Comitato di Basilea «non era concepito in
una logica statica ed immutevole, bensì in una prospettiva evolutiva», proprio per
consentire l’adeguamento delle suddette regole ai continui mutamenti del mercato.
48 T. P
ADOA SCHIOPPA, I prodotti derivati: profili di pubblico interesse, in Bollet. econ. Banca d’Italia,
1996, n. 26, p. 62.
49
V. infra.
50 «Con l'espressione “Accordi di Basilea”, spesso troncata nel più immediato “Basilea” (I, II o III), si suole far riferimento alle proposte in materia di vigilanza prudenziale sulle banche, avanzate dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (d'ora in avanti Comitato di Basilea). Si tratta, come noto, di un'organizzazione istituita dal “Gruppo dei 10” (c.d. G10) nel 1975, presso la Banca dei regolamenti internazionali (Bank for International Settlements) avente sede a Basilea, ed oggi composta dai rappresentanti delle Autorità di vigilanza di ventisette Paesi del mondo». F.ACCETTELLA, L’accordo di
Basilea III: contenuti e processo di recepimento all’interno del diritto dell’UE, in Banca, borsa, tit. cred.,
2013, IV, pp. 462 ss., e in iusexplorer.it
51
F.ACCETTELLA, L’accordo di Basilea III, cit.
52 «Con il termine soft law, usato dalla dottrina anglo-americana, si identificano le disposizioni non giuridicamente rilevanti […]. Il soft law può contribuire in vario modo alla creazione di diritto. In primo luogo […] può contribuire alla creazione di consuetudini internazionali, sempre che sussistano i requisiti per la nascita di una consuetudine internazionale […]. In secondo luogo, il soft law può costituire la fonte materiale di diritti ed obblighi giuridici […]. In terzo luogo, il soft law limita il dominio riservato agli Stati, nel senso che il richiamo agli “obblighi politici” stabiliti negli atti di soft law non costituisce “intervento negli affari interni di un altro Stato” […]». N.RONZITTI, Introduzione al diritto internazionale3, Torino, 2009, pp. 178-179; v. anche R.COSTI, L'ordinamento bancario5, Bologna, 2012, p. 581, il quale definisce il Comitato di Basilea «un classico esempio di organismo che elabora regole di soft law».
59
Così, al primo accordo, stipulato in data 11 luglio 1988 e denominato «convergenza
internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali minimi»
(cosiddetto «Basilea I»), ne è seguito un secondo («convergenza internazionale della
misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali minimi», adottato il 26 giugno
2004 e noto come «Basilea II»)
53.
A fronte della recente crisi economico-finanziaria, le cui cause vengono individuate
genericamente nelle carenze della regolamentazione e nei fallimenti della vigilanza
54, il
Comitato ha ritenuto di dover rimeditare il sistema di regole contenute nell’accordo
«Basilea II»
55; nel dicembre 2010 sono quindi stati presentati due documenti, denominati
rispettivamente «schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle
banche e dei sistemi bancari» e «schema internazionale per la misurazione, la
regolamentazione e il monitoraggio del rischio di liquidità», anche noti come «Basilea
III»
56.
Non essendo certamente questa la sede per esaminare nello specifico le regole
contenute nei sopraccitati accordi, è qui sufficiente rilevare che quelle contenute in
«Basilea III» sono, in generale, finalizzate al consolidamento del sistema bancario
53 F. A
CCETTELLA, L’accordo di Basilea III, cit.; v. anche A. ANTONUCCI, Diritto delle banche5,
Milano, 2012, pp. 258 ss.
54 Cfr., al riguardo, F.A
CCETTELLA, L’accordo di Basilea III, cit.; G.DI GASPARE, Teoria e critica, cit.,
passim; F. FRACCHIA, Giudice amministrativo, crisi finanziaria globale e mercati, in Riv. it. dir. pubbl.
comunit., 2010, II, pp. 451 ss. e in iusexplorer.it; E.BARCELLONA, Note sui derivati creditizi: market failure
o regulation failure?, 2010, in Ilcaso.it, secondo il quale «chiunque abbia seguito, se non su riviste specializzate, quanto meno nella stampa quotidiana, le analisi della grande crisi dei nostri giorni avrà sentito ricorrere espressioni quali (i) “separazione fra «finanza» e «realtà»” o “eccesso di finanziarizzazione”, (ii) “espansione irrazionale del credito o “economia fondata sul debito”, (iii) deregulation selvaggia ovvero fallimento delle regole (regulation failure) prima ancora che fallimento del mercato (market failure)».
55 Secondo G.D
I GASPARE, Teoria e critica, cit., pp. 188-190, proprio il cambiamento delle regole
prudenziali, avvenuto in forza di Basilea II, «è stato un tassello decisivo per mettere a punto il sistema dei
flussi monetari verso il mercato dei derivati». 56
«La revisione dell'Accordo di Basilea II, dunque, non risponde solo all'esigenza di superare le inefficienze del sistema bancario emerse durante la crisi, ma anche all'obiettivo di affinare le soluzioni già previste ed affiancarvi ulteriori regole a garanzia di una maggiore solidità delle istituzioni creditizie». F.
ACCETTELLA, L’accordo di Basilea III, cit. Critico, invece, G.DI GASPARE, Teoria e critica, cit., p. 343,
secondo il quale «l’incombente accordo globale sui mercati finanziari atteso con Basilea 3 assume le
sembianze di un continuo rinvio, ad altra data certa ed ad altri atti. Contenuti anticipati in circolo, ma tuttora incerti. Poco o nulla codificato. Gli accordi di Basilea, infatti, nonostante la loro influenza, il rilievo mediato e la loro continua citazione, sono – in quanto tali – privi di effettiva vigenza. Spetta alle singole autorità statali o sovrastatali di vigilanza bancaria e dei mercati finanziari il compito di dare loro attuazione. Tempi e modalità del recepimento dei contenuti dell’accordo una volta raggiunto sono quindi alquanto discrezionali».
60
internazionale
57: obbiettivo, quest’ultimo, perseguito in primo luogo attraverso il
perfezionamento e lo sviluppo delle misure contenute negli Accordi precedenti
58; in
secondo luogo, introducendo il cosiddetto «indice di leva finanziaria» (leverage ratio)
59;
infine, prevedendo la costituzione di adeguate riserve di liquidità (capital
conservation buffer)
60.
Per quanto poi riguarda la specifica contrattazione in strumenti derivati otc, Basilea III
introduce un ulteriore requisito patrimoniale aggiuntivo, funzionale alla copertura del
rischio di perdite dovute all’impatto della variazione dei prezzi di mercato sul rischio di
controparte atteso dei derivati otc: è il cosiddetto credit value adjustment (CVA)
61.
Tuttavia, non tutti i derivati otc devono soddisfare il suddetto requisito; in particolare,
vengono espressamente escluse le negoziazioni su derivati otc realizzate su mercati
regolamentati (salvo che, rispetto alle medesime, le competenti autorità di vigilanza non
57
Al punto 1 dell’introduzione di Basilea III viene espressamente affermato che «the objective of the
reforms is to improve the banking sector’s ability to absorb shocks arising from financial and economic stress, whatever the source, thus reducing the risk of spillover from the financial sector to the real economy».
58 «The Basel Committee is raising the resilience of the banking sector by strengthening the regulatory capital framework, building on the three pillars of the Basel II framework. The reforms raise both the quality and quantity of the regulatory capital base and enhance the risk coverage of the capital framework»: Basilea
III, p. 3.
59 «One of the underlying features of the crisis was the build up of excessive on- and off-balance sheet leverage in the banking system. The build up of leverage also has been a feature of previous financial crises, for example leading up to September 1998. During the most severe part of the crisis, the banking sector was forced by the market to reduce its leverage in a manner that amplified downward pressure on asset prices, further exacerbating the positive feedback loop between losses, declines in bank capital, and the contraction in credit availability». Basilea III, p. 4.
60 «One of the main reasons the economic and financial crisis, which began in 2007, became so severe was that the banking sectors of many countries had built up excessive on and off-balance sheet leverage. This was accompanied by a gradual erosion of the level and quality of the capital base. At the same time, many banks were holding insufficient liquidity buffers. The banking system therefore was not able to absorb the resulting systemic trading and credit losses nor could it cope with the reintermediation of large off- balance sheet exposures that had built up in the shadow banking system […]». Basilea III, p. 1.
61
«In addition to the default risk capital requirements for counterparty credit risk determined based on
the standardised or internal ratings-based (IRB) approaches for credit risk, a bank must add a capital charge to cover the risk of mark-to-market losses on the expected counterparty risk (such losses being known as credit value adjustments, CVA) to OTC derivatives. The CVA capital charge will be calculated in the manner set forth below depending on the bank’s approved method of calculating capital charges for counterparty credit risk and specific interest rate risk […]». Basilea III, p. 31. Sostanzialmente, il credit value adjustment (letteralmente: rettifiche di valore della componente creditizia) consiste in un procedimento
61
stabiliscano che le esposizioni della banca siano rilevanti) e quelle effettuate con
controparti centrali
62.
Di tali ultime tipologie di contrattazioni si occupa specificamente il secondo intervento
sovranazionale rilevante in tale sede, ossia il recente Regolamento UE n. 648/2012 del 4
luglio 2012 sugli strumenti derivati otc, le controparti centrali e i repertori di dati sulle
negoziazioni (cosiddetto «Regolamento EMIR»)
63.
In particolare, il quarto considerando del Regolamento citato esplicita chiaramente le
ragioni che hanno determinato il legislatore comunitario ad intervenire in questo specifico
settore: «i derivati negoziati fuori borsa («contratti derivati OTC») mancano di
trasparenza, dato che si tratta di contratti negoziati privatamente e le relative
informazioni sono di norma accessibili soltanto alle parti contraenti. Tali contratti creano
una complessa rete di interdipendenze che può rendere difficile determinare la natura e il
livello dei rischi incorsi. La crisi finanziaria ha dimostrato che queste caratteristiche
aumentano l’incertezza nei periodi di tensione sui mercati, creando pertanto rischi per la
stabilità finanziaria. Il presente regolamento fissa le condizioni per attenuare tali rischi e
migliorare la trasparenza dei contratti derivati».
A tal fine, tra le varie misure previste dal legislatore comunitario nel Regolamento in
esame, merita di essere segnalata quella avente ad oggetto la predisposizione di una
disciplina del mercato dei derivati otc ispirata a quella dei derivati uniformi.
In particolare, il sistema previsto dal Regolamento EMIR transita attraverso due
direttrici: la standardizzazione e la previsione di una camera di compensazione.
Sotto il primo profilo, il regolamento ripropone, anche in ambito di derivati otc, la
distinzione tra contratti standardizzati e non standardizzati, ricorrendo a tal fine alla
nozione di categoria; più esattamente, il punto 6 dell’art. 2 del Reg. UE n. 648/2012
definisce la nozione di «categoria di derivati» come «un sottoinsieme di derivati aventi
caratteristiche essenziali comuni che includono almeno la relazione con il sottostante, il
tipo di sottostante e la valuta di denominazione del valore nozionale. I derivati che
appartengono alla stessa categoria possono avere scadenze diverse».
62 «A bank is not required to include in this capital charge (i) transactions with a central counterparty (CCP); and (ii) securities financing transactions (SFT), unless their supervisor determines that the bank’s CVA loss exposures arising from SFT transactions are material». Basilea III, p. 31. Cfr. F.ACCETTELLA,
L’accordo di Basilea III, cit.
63 EMIR è l’acronimo di European Market Infrastructure Regulation (letteralmente: regolamento sulle infrastrutture del mercato europeo).
62
La standardizzazione, a sua volta, è il presupposto per l’operatività del sistema di
«compensazione, segnalazione e attenuazione dei rischi dei derivati O.T.C.», come
disciplinata al Titolo III del Reg. UE n. 648/2012, laddove, in difetto della medesima,
troverà invece applicazione la diversa disciplina contenuta nell’art. 11 Reg. cit.
64.
Giova al riguardo soffermarsi ulteriormente sulla procedura di standardizzazione
disciplinata dal Reg. UE n. 648/2012
65.
Il nucleo della disciplina è costituito dall’art. 5 del Reg. UE n. 648/2012, il quale affida
la gestione della procedura in esame all'ESMA (European Securities and Markets
Authority)
66, la quale ha il compito di elaborare, al fine di presentarle alla Commissione
europea per la relativa approvazione, «progetti di norme tecniche di regolamentazione»
funzionali alla identificazione delle categorie di derivati da assoggettare all'obbligo di
compensazione.
Il successivo art. 6 del Reg. UE n. 648/2012 affida sempre all'ESMA il compito di
istituire ed aggiornare un registro pubblico «per individuare correttamente e
inequivocabilmente le categorie di derivati OTC soggette all'obbligo di compensazione».
64
In particolare, «si prevede, ai sensi degli artt. 4 e 9, l'obbligo per le «controparti finanziarie» di
compensare i derivati OTC «standardizzati» mediante una controparte centrale (CCP) e quello di segnalare tutti i contratti derivati OTC ad un repertorio di dati sulle negoziazioni (c.d. trade repository). L'obbligo di compensazione mediante controparte centrale dovrebbe contenere i rischi (specie quello creditizio di controparte) delle attività in esame, in virtù delle condizioni richieste per l'autorizzazione delle CCP e dei relativi requisiti prudenziali (rispettivamente titolo III, capo 1 e titolo IV, capo 3 del regolamento). Si pensi, soprattutto, agli onerosi vincoli patrimoniali richiesti per le controparti centrali (art. 16) — che sembrano scontare la medesima logica degli Accordi di Basilea di una dotazione patrimoniale minima commisurata ai rischi dell'attività – e agli obblighi delle stesse controparti di raccogliere adeguati margini iniziali (art. 41) e di disporre di un fondo di garanzia (art. 42). Di converso, i contratti derivati OTC non standardizzati e, quindi, inidonei ad essere compensati mediante controparti centrali presentano un livello di rischio creditizio di controparte (ma anche operativo) elevato. In ragione di ciò, l'art. 11 del regolamento prevede per la negoziazione di tali contratti derivati delle apposite tecniche di attenuazione dei rischi, tra cui la necessità che le controparti finanziarie detengano «un importo di capitale adeguato e proporzionato per gestire il rischio non coperto da un adeguato scambio di garanzie» (4º par.). Alla luce della segnalata differenza, va interpretato il diverso trattamento dei derivati OTC non compensati attraverso una controparte centrale, ai fini dei requisiti patrimoniali previsti dall'Accordo di Basilea III». F.
ACCETTELLA, L’accordo di Basilea III, cit.
65 «La tecnica legislativa adottata per definire le categorie di derivati oggetto di compensazione è complessa e la normativa di rango primario fissa i criteri generali. Sulla base di Technical standards predisposti dall'ESMA, la Commissione decide se una categoria di contratti derivati OTC debba essere assoggettata all'obbligo di compensazione e a decorrere da quando, compresa l'eventuale applicazione graduale e la durata residua minima dei contratti stipulati o novati prima della data di decorrenza