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Descrizione di una nuova e di una ricorrente mutazione nel gene ALDH3A2 in pazienti Italiani con la

SCOPO DELLA TES

4.2 Descrizione di una nuova e di una ricorrente mutazione nel gene ALDH3A2 in pazienti Italiani con la

Sindrome di Sjogren-Larsson

La sindrome di Sjogren-Larsson (SLS) è un disturbo neurocutaneo a trasmissione genetica autosomica recessiva causato da mutazioni all’interno del gene ALDH3A2 che codifica per l’aldeide deidrogenasi degli acidi grassi (FALDH). La FALDH è un enzima microsomale che catalizza l’ossidazione delle aldeidi alifatiche a media-lunga catena in acidi grassi. In questo lavoro abbiamo analizzato due pazienti SLS Italiani, privi di parentela tra loro, che mostravano i classici sintomi della patologia, quali ittiosi, problemi nella deambulazione, diplegia spastica e ritardo mentale.

4.2.1 Descrizione Pazienti

Il paziente 1 è una donna di 12 anni. L’ittiosi è divenuta evidente durante il primo mese di vita. A causa della spasticità alle gambe, la paziente ha iniziato a camminare all’età di due anni ma solamente con dei supporti. Ha subito la correzione chirurgica delle articolazioni delle gambe e ha iniziato a camminare autonomamente, con un andamento spastico, all’età di sette anni. Da quel momento la sua disabilità motoria è rimasta stabile ed attualmente, all’età di dodici anni, la spasticità coinvolge solo gli arti inferiori. La retinopatia pigmentaria è stata esclusa: la conduzione nervosa motoria e sensoriale era normale, cosi come lo sviluppo del linguaggio; il paziente presenta in ogni modo una moderata difficoltà nell’apprendimento.

Il paziente numero due è un maschio di cinque anni. L’ittiosi era presente alla nascita e la spasticità alle gambe è divenuta evidente dopo pochi mesi di vita ma la diplegia è rimasta di lieve entità e nessun intervento chirurgico agli arti inferiori è stato necessario. La retinopatia pigmentaria è stata esclusa ma è stato diagnosticato un lieve ritardo mentale.

Una biopsia della cute prelevata dall’addome del paziente 2 è stata analizzata mediante studi di microscopia elettronica. La sezione esaminata mostrava ipercheratosi, scollamento dello strato granuloso, acantosi e papillomatosi (Figura 1a). La microscopia elettronica ha rivelato delle inclusioni anomale nel citoplasma delle cellule degli strati granuloso e corneo. Nello strato granuloso sono stati osservati numerosi vacuoli legati alla membrana ed elettro-lucenti (Figura 1a). Queste inclusioni

citoplasmatiche spesso mostravano delle strutture lamellari localizzate perifericamente, suggerendo che potevano rappresentare dei cheratinosomi anormali (anche conosciuti come granuli lamellari, corpi di Odland). Lo spazio intercellulare della parte inferiore dello strato corneo appariva frequentemente allargato e parzialmente riempito con materiale amorfo o laminato (Fig 1b). All’interno del citoplasma delle cellule dello strato corneo, erano presenti numerosi vacuoli spesso contenenti strutture lamellari (Fig 1b). La presenza di queste inclusioni lamellari, nelle cellule degli strati corneo e granuloso, è una caratteristica tipica nei pazienti affetti dalla sindrome di Sjogren-Larsson e potrebbe derivare dai cheratinosomi, come suggerito già in altri lavori (Bernardini et al., 2007; Ito et al., 1991; Rizzo 1993).

Figura 1. Analisi del Paziente 1 e 2. (a) Gli asterischi indicano i vacuoli elettro-lucenti presenti nello strato granuloso. Il triangolo evidenzia le strutture lamellari presenti nella periferia del vacuolo, mentre le frecce stanno ad indicare l’irregolarità dello spazio tra lo strato granuloso e lo strato corneo (barra= 500nm). (b) Lo spazio intercellulare della porzione inferiore dello strato corneo appare più ampio e riempito con materiale amorfo (asterisco). Il triangolo indica inoltre la presenza di anomale invaginazioni della membrana plasmatica. All’interno del citoplasma delle cellule dello strato corneo sono presenti numerosi vacuoli che sembrano essere pieni di cheratinosomi (freccia)(barra=200nm). (c) Sequenza wild type dell’esone 5. (d) Mutazione in eterozigosi (presente in entrambi i genitori) che mostra l’inserzione di una adenina (freccia nera). (e) Inserzione in omozigosi di una adenina (freccia rossa). Questa mutazione comporta lo spostamento del registro di lettura che causa la generazione di un codone di STOP prematuro (TAA). (f) Sequenza wild type dell’esone 7. (g) Mutazione in eterozigosi con cambiamento nucleotdico (C>T freccia nera) che causa una sostituzione nucleotidica, S365L, nel paziente 2.

4.2.2 Analisi Molecolare

L’amplificazione ed il seguente sequenziamento del gene ALDH3A2 ha evidenziato nel primo paziente la presenza di una mutazione omozigote; nello specifico si tratta di un’inserzione nucleotidica (c.769insA) nell’esone 5, confermata dalla presenza nei genitori della stessa mutazione in eterozigosi (Figura 2). La mutazione c.insA consiste nell’inserzione di un’adenina in una sequenza di tre adenine dalla base 767 alla base 769, comportando cosi un cambiamento nel codice di lettura e la conseguente sostituzione degli aminoacidi dall’Isoleucina 257 all’Isoleucina 261 e la successiva formazione di un codone di STOP prematuro alla posizione 262. Questo cambiamento porta alla produzione di una proteina tronca di soli 261 aminoacidi. Questa mutazione non era stata ancora descritta in letteratura. La proteina tronca che si viene a formare perde una regione essenziale per l’attività catalitica. Nonostante il tiolo catalitico della Cys241 sia ancora presente, nella proteina tronca vengono a mancare altri residui importanti per la funzionalità dell’enzima, quali il Glu333 che è noto essere una base generale di tutte le aldeidi deidrogenasi di classe 3 (Hempel et al., 2001).

Abbiamo messo in coltura i fibroblasti estratti da una biopsia di pelle prelevata al paziente 2 al fine di analizzare l’attività enzimatica della FALDH. Il test effettuato ha evidenziato una forte riduzione dell’attività della FALDH pari a 935 pmol min-1 mg-1 rispetto ai normali valori compresi tra 6750-20570. In seguito l’analisi molecolare ha evidenziato la presenza di due mutazioni in eterozigosi all’interno del gene ALDH3A2 già descritte in letteratura. La prima, c.1094C>T (Fig. ) comporta una sostituzione aminoacidica, S365L (Shibaki et al., 2004; Sillen et al., 1999); la seconda, c.471 + 2T>G (Rizzo et al 1999) è una mutazione che coinvolge il sito donatore di splicing (GT > GG) dell’esone 3 e che ha come conseguenza la perdita degli esoni 2 e 3 dalla sequenza codificante (exon skipping). Il risultato di questo exon skipping è la perdita di 106 aminacidi (dal 52 al 157) (figura 2).

La mutazione c.1094C>T è stato già descritta ed associata a due differenti aplotipi del gene ALDH3A2 (#1 e #2) (Rizzo e Carney 2005; Rizzo et al., 1999). Noi abbiamo visto che il nostro paziente è eterozigote per gli aplotipi #1 e #3; la madre invece (c.471 + 2T) risulta essere eterozigote per gli aplotipi #1 e #4, mentre il padre (c.1094C>T) è omozigote per l’aplotipo #3. La mutazione c.1094C>T è quindi situata sull’aplotipo #3 del gene ALDH3A2, indicando che questo allele mutato rappresenta una mutazione ricorrente nella popolazione italiana.

Figura 2. Analisi del Paziente 2. (a) Analisi della sequenza degli esoni 1-4 del gene ALDH3A2 del paziente 2. Il cromatogramma mostra la sequenza del prodotto più piccolo che risulta dalla delezione degli esoni 2 e 3 causata da un exon skipping con la conseguente perdita di 106 aminoacidi. (b) Il cromatogramma mostra la mutazione in eterozigosi del sito di splicing c.471+2T>G. (c) L’analisi elettroforesica dell’amplificato mostra la presenza dei due prodotti, quello wild type e quello deleto che manca di 318 paia di basi.

4.3

Caratterizzazione di una nuova e di una