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1.6 Ruolo delle proteasi e dei loro inibitori nell’ epidermide Le proteasi sono state a lungo considerate responsabili della degradazione

1.7.1 Meccanismo catalitico

A tutt’oggi non è stata ancora eseguita un’analisi dettagliata del meccanismo catalitico di questa classe di enzimi. La maggior parte degli studi enzimatici si è concentrata sul fattore XIIIa (Hettasch et al., 1997;Micanovic et al.,1994) e sulla TGasi 2 (Folk e Finlayson, 1977). Da questi studi è emerso che la reazione a due substrati catalizzata da questi enzimi segue il meccanismo a doppio spostamento (ping pong) con uno schema modificato, che comprende l’azione dell’acqua (Figura 9); Folk e Finlayson, 1977). Il primo substrato a legarsi all’enzima è quello contenente il residuo di Gln (conosciuto come substrato “donatore” o “Q”) . Dopo la formazione del complesso binario enzima-substrato, si ha la fase di acilazione in cui la cisteina del sito attivo si lega, tramite un legamo tioestere, al gruppo ã-carbonilico della Gln substrato, formando un intermedio acil–tiolestere legato all’enzima, chiamato intermedio acil-

enzima (Folk, 1969). Dopo il rilascio di ammoniaca (primo prodotto),

l’enzima si associa al secondo substrato, un residuo di Lys di una proteina (noto come substrato “accettore” o “K” nel caso della reazione di transamidazione) o una poliammina. La deacilazione si verifica attraverso amminolisi dell’intermedio acil-tioestere, portando alla rigenerazione dell’enzima libero. L’accettore di acile durante questo processo è tipicamene l’ε-ammino gruppo di un residuo di lisina o il gruppo amminico primario di poliammine fisiologiche (come la spermidina e la putrescina). In assenza di un’ammina primaria, l’acqua è in grado di rigenerare l’enzima libero, sebbene con una cinetica molto più lenta. Inoltre, in vitro, le transglutaminasi hanno anche mostrato di aver attività su certi esteri ad alta energia, catalizzando la loro idrolisi o amminolisi (Folk et al., 1969). Si pensa che il passaggio limitante di queste reazioni sia la formazione del complesso intermedio acil-enzima. Le diverse forme isoenzimatiche condividono un comune meccanismo d’azione. L’attività catalitica è molto probabilmente mediata da una triade amminoacidica Cys-His-Asp che ricorda da vicino quella delle proteasi a cisteina papaina-simili (Cys25- His159-Asn175; Drenth et al.,1968) ed è conservata in tutte le TGasi cataliticamente attive. Questa triade è stata recentemente identificata attraverso analisi cristallografica ai raggi X nel fattore XIIIa (Cys314, His373 e Asp396; Yee et al., 1996). Il probabile meccanismo catalitico delle TGasi è illustrato schematicamente nella figura 10. Si ritiene che a pH neutro il residuo di His sia prevalentemente protonato nella forma ad ione imidazolio, probabilmente stabilizzato dalla carica negativa del residuo di

Figura 9. Schema del meccanismo di catalisi delle transglutaminasi. Lo schema

è quello di un modello a doppio spostamento ordinato, mdoficato per l’eventuale intervento dell’acqua.

Figura 10. Ipotetico meccanismo catalitico delle transglutaminasi (dettagli nel testo).

Asp. Questo particolare intorno chimico, già descritto nel caso della papaina (Polgár, 1974; Polgár, 1979) renderebbe il residuo di Cys più acido del normale, favorendo la sua forma ad anione tiolato che è notevolmente più reattiva come nucleofilo del gruppo sulfidrilico. Il meccanismo catalitico comporterebbe pertanto la presenza di una coppia ionica imidazolio-tiolato (Fig.10, (1)). Secondo questo modello, la Cys del sito attivo, nella forma ad anione tiolato, attacca il carbonio del gruppo γ -carbonilico della Gln del primo substrato formando un intermedio tetraedrico in cui il substrato è unito covalentemente all’enzima (Fig.10, (1)). Successivamente, nello stadio lento della reazione, l’intermedio tetraedrico si scinde e lo ione imidazolio della His, che in questa fase agisce da catalizzatore acido generale, dona un H+ all’azoto amminico dell’intermedio determinandone il rilascio sotto forma di ammoniaca (Fig.10, (2)) Sembra che questa reazione, energeticamente sfavorita, sia parzialmente sostenuta dal rilascio di ammoniaca e dalla sua susseguente protonazione in ambiente neutro (Aeschlimann and Paulsson, 1994). La fase di acilazione produce così un intermedio tioacil-enzima (Fig.10 (2, 3)). A questo punto della reazione, l’His si comporta da catalizzatore basico generale favorendo l’attacco nucleofilo dell’azoto amminico della Lys del secondo substrato con la formazione di un secondo intermedio tetraedrico che rapidamente riarrangia (deacilazione) liberando il secondo prodotto e rigenerando così l’enzima (Fig.10, (4,5)). Per quanto riguarda la specificità di reazione, si può dire che questa sia abbastanza ristretta per quanto concerne il riconoscimento del primo substrato e meno per quello del secondo. Infatti, sebbene le TGasi utilizzino un residuo di glutamina legato ad un peptide come donatore acilico, la suscettibilità di questi residui all’attacco enzimatico dipende dalla sequenza aminoacidica dei residui che circondano la glutamina stessa (distribuzione della carica). Tipicamente, le transglutaminasi riconoscono la sequenza generica Gln- Gln*-Val, dove Gln* rappresenta il residuo donatore del gruppo acilico. Comunque, sembra che tale specificità sia distinta per ciascun isoenzima. In contrasto con la loro elevata selettività per il donatore acilico, le TGasi mostrano un’ampia tolleranza per il substrato accettore che, come già ricordato, può essere un residuo di lisina o una qualunque delle poliammine fisiologiche. Come detto prima, le TGasi richiedono Ca2+ per smascherare la cisteina del sito attivo ed essere così attive. Quindi il legame del calcio provoca una evidente riorganizzazione della struttura delle proteine. La recente risoluzione cristallografica della TGasi 3 attivata ha dimostrato che il legame del calcio provoca un sostanziale cambiamento conformazionale che coinvolge l’apertura di un canale nella proteina esponendo i residui chiave

che controllano l’accesso del substrato al sito di legame. Tramite l’incremento del calcio intracellulare, probabilmente la cellula può attivare le TGasi in assenza di sintesi proteica. Il Ca2+ è usato probabilmente come

secondo messagero anche quando l’attivazione delle TGasi è mediata da diversi agonisti, come lo sperma (nella fertilizzazione delle uova di riccio di mare, Cariello et al., 1984), il fattore di crescita epidermico (EGF, nelle cellule epidermoidi di carcinoma umano A431, Dadabay e Pike, 1987) e la trombina (che agisce sulle piastrine umane, Lorand et al., 1987). Il calcio potrebbe essere rilasciato nel citoplasma dai depositi intracellulari o potrebbe essere portato dentro la cellula dall’esterno. Data la concentrazione relativamente alta di calcio richiesta per attivare le TGasi, si può supporre che tale attivazione si ha soprattutto in situazioni estreme, quando la capacità d’immagazzinamento interno del calcio diviene sovraccaricata, o quando le pompe che espellono il calcio non riescono a bilanciare l’influsso del catione. Una caratteristica interessante delle TGasi è la loro bassa velocità di reazione. Quando si misura l’attività specifica, usando un substrato artificiale come la caseina metilata o un substrato specifico come la loricrina, la più alta velocità di reazione misurata con gli enzimi attivati delle TGasi 1 e 3 è di circa 1000 pmole di putrescina incorporata/ora/pmole di enzima, che corrisponde ad un ciclo di reazione ogni 3-4 secondi (Kim et al., 1994; Candi et al., 1998). Anche la TGasi 2 è ugualmente lenta (Kim et al., 1994). Comunque, le caratteristiche strutturali che determinano la specificità di substrato e questo modesto tasso di reazione rimangono ancora sconosciuti. Inoltre, le strutture finora risolte delle TGasi hanno rivelato la presenza di tre legami peptidici atipici in cis, localizzati nel dominio catalitico in motivi che fiancheggiano i residui della triade catalitica. Normalmente, questi legami sono energeticamente sfavorevoli, e si pensa che siano presenti in queste proteine perché in qualche modo sono necessari per alcuni aspetti del meccanismo di reazione oppure per conferire stabilità particolari (Weiss et al., 1998a; Weiss et al., 1998b).

1.7.2. Struttura, organizzazione genomica ed evoluzione delle TGasi