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PARTE II: INQUADRAMENTO TERRITORIALE

3. BACINO DEL FIUME MINCIO

4.2. DESCRIZIONE SOCIO ECONOMICA

La Riserva interessa un territorio a forte connotazione agricola; nelle zone a seminativo si coltivano soprattutto mais, erba medica, grano, orzo e soia. Tuttavia, analizzando la carta dell’uso del suolo (tab. 2; fig. 16), si evince che solo il 20% della superficie della Riserva è destinato a seminativi; la restante parte è suddivisa, invece, tra paludi interne e torbiere (43%), un tempo coltivate, alvei fluviali e corsi d’acqua artificiali (16%), prati stabili (8%), e altre destinazioni meno rilevanti.

COD. CLC (CORINE LAND COVER) USO DEL SUOLO AREA (ha)

1.1.2.3 - Tessuto residenziale sparso 13,96 1.2.1.1.1 - Insediamenti industriali, artigianali, commerciali 12,75 1.2.1.1.2 - Insediamenti produttivi agricoli 1,77

1.3.3 - Cantieri 1,77

1.4.1.1- Parchi e giardini 13,03 1.4.1.2 - Aree verdi incolte 7,24 1.4.2.2 - Campeggi e strutture turistico ricettive 0,80 2.1.1.1 - Seminativi semplici 309,28 2.1.1.3.1 - Colture orticole a pieno campo 0,64

2.2.2 - Frutteti 2,34

2.2.4 - Arboricoltura da legno 36,44 2.2.4.1 - Pioppicoltura 11,95 2.3.1.1 - Prati permanenti in assenza di specie arboree ed arbustive 119,36 2.3.1.2 - Prati permanenti con presenza di specie arboree ed arbustive 1,21 3.1.1.1 - Boschi di latifoglie a densità media e alta 6,14 3.1.1.3 - Formazioni ripariali 1,07 3.2.4.2 - Cespuglieti in aree agricole abbandonate 1,23 4.1.1 - Paludi interne e torbiere 654,46 5.1.1 - Alvei fluviali e corsi d'acqua artificiali 249,35 5.1.2.1 - Bacini idrici naturali 6,89 5.1.2.2 - Bacini idrici artificiali 27,16 5.1.2.3 - Bacini idrici da attività estrattive interessanti la falda 38,25

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Figura 16 - Carta dell’uso del suolo nel SIC

Da quando è stata sospesa la coltivazione delle erbe palustri, la maggior parte delle porzioni vallive, molte delle quali private, non sono più sfruttate per produrre reddito e oggi risultano abbandonate; ciò vale soprattutto per le paludi interne e le torbiere, un’estensione considerevole. Fino a pochi anni fa, l’eccezione era costituita da alcuni appezzamenti (circa il

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2% dell’intero areale) localizzati nella porzione settentrionale dell’area in esame, in località Casazze, nei quali la coltivazione a scopo commerciale di canna e carice era stata mantenuta. Accantonata la tradizionale raccolta, dall’analisi dei dati attuali si evince che l’economia locale è sostenuta, oggi, da altre attività antropiche: la principale è l’agricoltura, ma sono rilevanti anche il turismo, l’educazione ambientale, la pesca sportiva, le piccole imprese artigianali, le attività commerciali ed industriali. Le coltivazioni agricole prevalenti sono costituite da seminativi a ciclo annuale e da prati permanenti polifiti per l’alimentazione di bestiame da latte, il cui allevamento nei comuni orientali della riserva rappresenta un comparto economico di assoluto rilievo. Sono inoltre presenti, sia pure con un ruolo marginale, colture arboree industriali (pioppeti) in questi anni progressivamente sostituiti con impianti di arboricoltura da legno a ciclo lungo.

Al momento, la parte più interna del SIC, il cuore della zona umida, viene valorizzata solo dal punto di vista turistico ed educativo: l’ente Parco organizza periodicamente attività di sensibilizzazione ambientale, come il birdwatching, la fitodepurazione, escursioni in barca tra canneti ed aironi, ecc. Nell’abitato di Rivalta è presente peraltro un museo etnografico sui mestieri del fiume, che raccoglie reperti e dati sulle attività locali tradizionali.

Negli ultimi anni alcuni appezzamenti paludosi in sponda sinistra hanno riguadagnato, se pur in piccola parte, un interesse non solo ambientale: infatti, su questi terreni la biomassa è raccolta per usi zootecnici interni alle aziende agricole (lettiera per il bestiame in sostituzione della comune paglia). Tuttavia, la convenienza economica di tali operazioni, praticate da alcuni agricoltori previo accordo con l’ente Parco, dipende dalle fluttuazioni di mercato della paglia stessa, il cui prezzo è talvolta inferiore ai costi di raccolta della biomassa locale.

Per ciò che riguarda le proprietà, circa il 72% del territorio del SIC è privato, mentre la quota restante fa parte del demanio: la dislocazione dei terreni, suddivisi tra privati e pubblici, è mostrata in fig. 17.

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Figura 17 - Dislocazione dei terreni pubblici e privati all'interno del SIC

Come si può notare in fig.17, le informazioni collezionate, talvolta non complete o aggiornate, sono insufficienti a coprire l’intero territorio del sito comunitario; infatti, per alcune zone private (circa il 30% della superficie totale del SIC) non sono noti né il numero né le generalità dei proprietari (fig. 18).

Figura 18 - Suddivisione delle proprietà dei terreni nel SIC

Gli appezzamenti privati noti, che coprono approssimativamente il 60% della superficie privata totale interna al SIC, sarebbero suddivisi tra circa 40 proprietari; la copertura delle singole proprietà (quota di superficie relativa all’intero sito comunitario) varia da un massimo di circa il 6% a un minimo inferiore allo 0,1% (fig. 19).

Sup di pubblica competenza 28% Sup privata 44% Sup. privata senza info 28%

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Figura 19 - Copertura delle proprietà private note

Tuttavia, questi dati si riferiscono alla superficie totale del SIC, che comprende anche alcune aree cementificate (a uso del suolo residenziale e industriale – commerciale) e zone private non informative; di conseguenza, i dati sono solo parziali e andrebbero integrati opportunamente.

4.2.1. INTERAZIONE CON I PROPRIETARI LOCALI

L’ente Parco non è ben visto da tutti i proprietari locali, per ragioni molto spesso riconducibili all’imposizione di limiti e regole: in generale, l’interazione tra i proprietari delle Valli e il Parco del Mincio è problematica, eccezion fatta per alcuni agricoltori che si mostrano invece collaborativi. A conferma di ciò, si riporta in modo confidenziale che, in seguito a spiacevoli eventi in merito alla gestione degli appezzamenti, alcuni agricoltori hanno richiesto alla Regione l’esclusione dalla Riserva; addirittura sono attualmente in corso dei procedimenti civili tra alcuni dei proprietari e Regione Lombardia.

Per la tesi in questione sono stato messo in contatto con 3 agricoltori locali, il sig. Benasi Bruno, il sig. Fiorini Massimo, il sig. Gili Francesco, tutti molto disponibili ad offrirmi le loro conoscenze e il loro tempo per specifiche interviste.

Il primo, proprietario dell’ultima zona rimasta per la coltivazione a scopo commerciale di canna palustre e carice, fa parte della famiglia che storicamente commerciava i prodotti della Valle; egli è un imprenditore che, visto il suo ruolo, conosce bene gran parte degli appezzamenti e le relative proprietà.

Il sig. Fiorini, agricoltore ed allevatore, gestisce alcuni terreni a canneto, cariceto e molinieto, con l’ausilio di comuni mezzi agricoli; sebbene operi su terreni non di proprietà, è

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un grande conoscitore degli ambienti umidi locali, soprattutto per ciò che riguarda le zone in sinistra Mincio, da cui rimuove la biomassa a scopi zootecnici. Avendo alle spalle notevole esperienza nella gestione di canneti, cariceti e molinieti, egli è in grado di offrire molti dettagli pratici e logistici inerenti alla coltivazione e alla raccolta della biomassa nelle Valli.

Il sig. Gili, infine, gestisce una piccola porzione delle Valli del Mincio, di proprietà Michielotto; è il più anziano dei tre ed è quindi fonte di molte memorie storiche, altrimenti difficilmente recuperabili.

Nonostante il numero dei proprietari contattati sia esiguo rispetto al totale, si può desumere che le conoscenze in loro possesso siano molto affidabili e, pertanto, sufficienti a definire un quadro conoscitivo dell’area.