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PARTE III: MATERIALI E METODI

1. CARATTERIZZAZIONE DEI CANNETI NELLE VALLI DEL MINCIO

4.2. VALORIZZAZIONE ENERGETICA DELLA CANNA PALUSTRE

4.2.1. VALORIZZAZIONE TERMICHIMICA

La canna palustre raccolta nei mesi invernali è da tempo utilizzata come fonte energetica rinnovabile in impianti a combustione (Allirand and Gosse, 1995). Si stima che, nell’ipotesi di rendimento della caldaia al 70%, dai canneti con produzione ottimale si possano generare circa 33 MWht/ha*y; allo stato attuale, il potenziale si riduce a 22 MWht/ha*y per le zone non portanti (tab.19). Per ciò che riguarda l’energia elettrica, considerando un rendimento elettrico del sistema cogenerativo pari al 20%, si registra una produzione di circa 9 MWhel/ha*y (canneti con produttività ottimale) e 6 MWhel/ha*y (canneti non portanti).

Prod. Area Vincoli (ha) Produzione unitaria Et (MWht/ha*y) Produzione Et (MWht/y) Produzione unitaria Eel (MWhel/ha*y) Produzione Eel (MWhel/y) Attuale p si (8,8) 33,01 291 9,43 83 no (35,3) 1.165 333 np si (88) 22,44 1.974 6,41 564 no (352) 7.897 2.256 Ottimale PDS si (96,8) 33,01 3.196 9,43 913 no (387,3) 12.783 3.652 AS si (296,3) 33,01 9.780 9,43 2.794 no (1185,3) 39.121 11.177

Tabella 19 – Trasformazione termochimica della canna palustre: potenziale energetico delle Valli del Mincio. p = zone portanti; np = zone non portanti; PDS = Phragmitetum di studio; AS = Area di studio; Et = Energia termica; Eel = Energia elettrica

Come si può notare, la presenza di vincoli gestionali che prevedono rotazioni quadriennali riduce del 75% la disponibilità annuale di biomassa e di conseguenza l’energia recuperabile dai canneti; inoltre, vi sono altri fattori che influenzano la filiera di incenerimento di P. australis, tra cui il contenuto di umidità, la densità, l’emissione di gas combusti e, infine, il contenuto e le proprietà delle ceneri. In fig.45 sono state riportate alcune informazioni inerenti la biomassa di studio e delle comparazioni con altri tipi di combustibile.

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Altre fonti bibliografiche confermano i dati mostrati, sebbene Barz et al. (2006) abbiano trovato differenze nel contenuto di sostanze volatili (66,8%) e ceneri (8,8%). Come si può notare in fig.45, la canna palustre secca (Reed) mostra un buon potere calorifico inferiore (LHV), assimilabile al legno (18,92 MJ/kg DW per P. australis, 19-19,2 MJ/kg DW per i comuni pellet di legno). A seconda del periodo di raccolta, l’umidità della canna palustre varia dal 15 al 60%; per la combustione, tuttavia, si richiedono valori del 18-20%

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(Kask, 2007). L’LHV del materiale tal quale idoneo alla valorizzazione termochimica (15-20% umidità), si riduce a 14-15 MJ/kg (3,9 - 4,2 MWh/t) (Kask, 2007; AGIRE, 2009); l’incremento di umidità riduce l’LHV, ostacolando il processo di combustione e aumentando la quantità di gas combusti.

Per valutare una biomassa da utilizzare ai fini energetici, è importante considerare anche proprietà tecniche diverse dal potere calorifico, ad esempio la sua densità (kg/m3): essa influisce sui sistemi di alimentazione degli impianti e sull’economicità della filiera, poiché un materiale più denso riduce i costi unitari delle varie operazioni. Oltre che dal materiale di partenza, la densità di una biomassa dipende dal suo eventuale processamento (rotoimballatura, pellettizzazione, briquettatura, trinciatura, ecc.), utile in ottica di filiera poiché permette di facilitare la commercializzazione del prodotto. La densità di un combustibile, inoltre, influenza la designazione degli impianti e delle condizioni di combustione; per esempio il trinciato di canna palustre, a causa della sua bassa densità, potrebbe richiedere la co-combustione con altri materiali (cippato, torba, ecc.) o sistemi appositi di alimentazione (Komulainen et al., 2008).

Altri aspetti importanti sono legati alla composizione chimica della biomassa, come il contenuto in ceneri (fig.46) e la presenza, nelle ceneri stesse, di agenti potenzialmente corrosivi.

Figura 46 – Ceneri prodotte dalla combustione di P. australis (Komulainen et al., 2008)

Visto il basso contenuto di zolfo (S) nei tessuti di P. australis (<0,1%), esso non dovrebbe essere rilasciato in quantità significative e, dunque, non dovrebbe indurre corrosione a carico dell’impianto. Al contrario, il cloro (Cl) potrebbe generare qualche problema, comunque prevenibili tramite aggiunta di calce idrata nella camera di combustione (Komulainen et al., 2008); tali inconvenienti si accentuano se il materiale è

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raccolto in estate, considerato il maggior contenuto di Cl nella biomassa (le foglie, che cadono nel tardo autunno, sono la prima fonte di Cl) (Kask, 2007). Dalla tabella si evince che la canna palustre presenta un elevato contenuto di ceneri (circa 4%), aspetto problematico per l’incenerimento in piccoli e grandi impianti; infatti, le ceneri abbassano il potere calorifico, rallentano il processo di combustione e, trasportate dai gas combusti, sporcano le superfici e la canna fumaria dell’inceneritore, causando intasamenti. Vi è, poi, il problema ambientale del loro smaltimento. Gli inconvenienti per gli impianti possono essere ovviati tramite sistemi di rimozione automatica e/o altri accorgimenti (elettrofiltri, ecc.), che chiaramente sono ammortizzati più facilmente per inceneritori di grande taglia. Il contenuto e la qualità delle ceneri varia a seconda dell’epoca di raccolta (2-4% in inverno, 4-6% in estate, Komulainen et al., 2008), essenzialmente per la presenza o meno delle foglie. Questo aspetto è importante perché influenza la temperatura di fusione delle ceneri, parametro collegato alla produzione di scorie problematiche; la formazione di scorie inizia sotto i 1000°C con ceneri prodotte da canne palustri estive, mentre per materiale invernale non si verifica sotto i 1350°C. La ragione è da ricercare nel maggiore contenuto in ossidi di potassio delle ceneri estive, al cui aumento corrisponde un decremento della temperatura di fusione (Kask, 2007). L’elevato punto di fusione delle ceneri previene la formazione di scorie solide che ostacolano l’incenerimento, ma sono comunque richiesti appositi sistemi di smaltimento dei depositi prodotti (AGIRE, 2009).

4.2.2. DIGESTIONE ANAEROBIA

La maggior parte degli impianti di DA attualmente presenti sul territorio nazionale è alimentata con ingenti quantità di colture energetiche (insilati di mais, sorgo, girasole, ecc.), che richiedono elevati costi di approvvigionamento e pongono questa tecnologia al centro di difficili questioni etiche. La ricerca di soluzioni a questo problema ha portato a differenziare gli incentivi alle bioenergie sulla base del tipo di alimentazione degli impianti (D.M. 6 luglio 2012, valido per gli impianti in funzione dopo il 31 dicembre 2012) e pertanto l’interesse verso sottoprodotti e rifiuti, maggiormente incentivati rispetto alle colture energetiche, è crescente. Tuttavia, i sottoprodotti industriali (paglie, residui delle industrie agro-alimentari, ecc.) presentano spesso caratteristiche chimico-fisiche tali da renderli poco fermentescibili e, per tale ragione, nel corso degli anni sono state condotte numerose ricerche sui pre-trattamenti di matrici problematiche (Castelli, 2011); di questo genere di substrati fa parte anche la canna palustre. Attualmente P. australis, che appartiene a questa categoria di substrati, non è sfruttata per la produzione industriale di biogas e sono pochi gli

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studi che hanno considerato questa possibilità (Helbig, 2009); tuttavia si può ipotizzare la sua valorizzazione come sottoprodotto o rifiuto derivante dalla gestione delle wetland.

Si stima che, attraverso la DA, nei canneti delle Valli del Mincio (PDS) si possano produrre 6,72 MWhel/ha*y, in condizioni ottimali e con raccolta della biomassa a settembre; allo stato attuale, il potenziale si riduce a 4,57 MWhel/ha*y per le zone non portanti (tab.20).

Prod. Area Vincoli (ha)

Produzione unitaria Eel (MWhel/ha*y) Produzione Eel (MWhel/y) Attuale p si (8,8) 6,72 59 no (35,3) 237 np si (88) 4,57 402 no (352) 1.607 Ottimale PDS si (96,8) 6,72 650 no (387,3) 2.602 AS si (296,3) 6,72 1.990 no (1185,3) 7.962

Tabella 20 – DA della canna palustre: potenziale energetico delle Valli del Mincio. p = zone portanti; np = zone non portanti; PDS = Phragmitetum di studio; AS = Area di studio; Eel = Energia elettrica

La produzione di energia termica che si realizza tramite DA (combustione del metano contenuto nel biogas) è pari a 1,70 MWht/t DW, valore inferiore a quello assunto per la trasformazione termochimica (5 MWht/t DW); di conseguenza la digestione riduce le potenzialità energetiche dell’area (in termini sia di Et sia di Eel), ma consente il recupero di sostanza organica sottoforma di digestato.