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CAPITOLO VI EL DESENCANTO

6.4 DESENCANTO E POLITICA

Il disincanto spesso si presenta come una sorta di passaggio da una visione del mondo nella quale si credeva a una realtà fredda e sgradevole in cui si vive, dominati dai propri bisogni, senza più illusioni né sogni. In politica molte persone hanno creduto in un’idea o in un sogno partitico per cambiare in meglio il mondo e poi si sono scontrati con una realtà ben diversa e deludente, che li ha portati ad affermare di non riuscire a credere più in nulla. Un momento di cambiamento, come la fine della dittatura in Spagna, ha innescato un’illusione politica e sociale poi tradita, infatti la Transizione democratica del paese iberico ha fatto sperare in una trasformazione importante quando nel 1975, la morte di Francisco Franco, avrebbe dovuto determinare un prima e un dopo chiaramente distinguibili, tuttavia il cambiamento non è avvenuto del tutto e la continuità tra vecchio e nuovo regime si è fatta, negli anni, sempre più evidente. Questo punto viene sottolineato dagli studi di Gallego266 il quale parla del supuesto gran éxito della Transizione pacifica dalla dittatura alla democrazia e la conseguente convinzione che il processo di cambiamento sia stato portato avanti nel miglior modo possibile, anzi, nell’unico realizzabile. Questo pensiero, però, nasconde una realtà importante, ovvero che l’opposizione politica non è riuscita a convertire la crisi del franchismo in una rottura reale e definitiva con il sistema dittatoriale: è per questo che Gallego, riferendosi alla Transizione, parla di continuità nella politica, ancora legata alla dittatura.

Rosa Montero si addentra negli angoli più oscuri del tessuto sociale degli anni della Transizione, costringendo così il lettore a vedere la realtà circostante con uno sguardo disincantato. Dal punto di vista politico, le forze di sinistra su cui si faceva affidamento per il processo di cambiamento, vengono accusate di non farsi interpreti del rinnovamento, anzi, in loro viene colta l’incapacità di fornire un’alternativa nuova e

265 J. C. GALINDO, Una detective replicante llamada Rosa Montero,in El País, 31 ottobre 2018

[https://elpaís.com/cultural; ultima consultazione il 01/05/2019].

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credibile al regime franchista267. Il processo politico innescato dalla morte di Franco non è l’inizio della nuova era, mentre alcuni personaggi del romanzo, che hanno combattuto contro la dittatura, hanno sperato, ma ben presto si rendono conto di essere difronte a uno sviluppo storico in continuità con quello che l’ha preceduto: un’evoluzione. La realizzazione di questa realtà porta molti alla delusione politica, a non credere più in un ideale, ovvero al desencanto. Infatti il paese vive l’euforia della libertà ritrovata, ma Ana e i suoi amici sentono una profonda insicurezza per i primi esiti di questa libertà a cui gli spagnoli di fine anni Settanta non sono abituati.

In Crónica del desamor sono vari i personaggi che si sono allontanati dall’attivismo politico, ormai disincantati dalla strada che la lotta militante ha preso, come nel caso di Elena, amica di Ana, iscritta al PCE (Partido Comunista de España) pienamente consapevole dei valori del partito, sempre presente alle manifestazioni e negli scontri con la polizia. Tuttavia, rimane ben poco di questa urgenza di azione e di lotta in lei, sono i cinque anni di disciplina di partito che la spingono a uscire di casa con la pioggia per partecipare a una manifestazione a cui in pochi hanno aderito, con sua amara constatazione. Ma la rabbia e la tristezza di Elena sono dovute anche al fatto che i partiti e i sindacati, che avrebbero dovuto lottare per recuperare una serie di diritti per tutta la società, hanno iniziato a muoversi per benefici di parte, invece che in nome di tutti i cittadini:

Y también algunos tipos de las centrales sindicales: forzaron las filas hasta conseguir poner en cabeza sus pancartas […] y bajo los eslóganes comunes se leían sus siglas en gruesos caracteres, […], era el viejo intento de capitalización de una manifestación que había sido gestada apartidista. […] mañana los periódicos publicarán la noticia de la manifestación y en las fotografías se leerán sus malditas siglas, como siempre268.

267 Per la parte storica si rimanda al capitolo I Cenni storici. 268 R. MONTERO, op. cit., pp. 53-54.

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Elena ricorda gli anni in cui studiava a Madrid e ogni giorno c’era un’assemblea, una manifestazione, una carica della polizia e autobus incendiati, ed è stato proprio allora che ha preso la decisione d’iscriversi al PCE, per capire il motivo della lotta e contrastare la paura che viveva ogni giorno. Anche all’amica Ana un volantino per una manifestazione richiama alla mente momenti di panico, ma anche di grande impegno politico, quando il franchismo proibiva le dimostrazioni e lei obbligava sé stessa a partecipare, tanto era il coinvolgimento per i motivi della lotta. Dopo, con la morte del dittatore, arriva la «supuesta democracia, la desgana»269. Secondo Ana, il desencanto che si matura durante la Transizione non è che una tattica del governo per tenere sotto controllo l’individuo, perché è più facile esercitare il potere su di un popolo di disincantati in cerca di sopravvivenza, che non guidare dei cittadini attivi e critici verso le azioni del governo. Nonostante Ana stessa cerchi di lottare contro questa «inercia paralizadora»270, sente l’incertezza del momento e l’apatia, tanto che non partecipa alla manifestazione convocata per la sera e cerca addirittura di sfuggire da quei pensieri tanto impegnativi e amari.

Di fronte a questa realtà deludente, alcuni personaggi cercano una via d’uscita e provano ad attuare un cambio drastico che dia loro la soddisfazione che non trovano in questo sistema, come Antonio, che ha militato nel partito comunista per molti anni, credendo in tutto quello che il marxismo recitava; però con l’arrivo del nuovo governo ciò in cui ha creduto ciecamente è crollato. Antonio sente che la sua vita è stata sottomessa a una serie di idee, seppure di tipo liberale, che hanno finito per creare un individuo controllato da quegli stessi ideali. Decide, così, di divorziare dalla moglie e questa scelta simboleggia, a sua volta, la separazione dal partito e da tutto ciò per cui aveva lottato, nell’intento di recuperare una propria identità: «Ahora Antonio vaga por el mundo un poco loco, decididamente estupefacto, ansioso de vivir y de ser joven.»271. Il proposito di cambiar vita non passa quindi da un’analisi di ciò che lo ha limitato e gli ha imposto un determinato ruolo nella società, ma piuttosto fugge senza una direzione precisa, insieme ad altri della sua generazione, come sottolinea anche Elena definendoli degli orfani: «pero esos pobres hombres que han pasado quince, veinte años creyendose todas y cada una de las mayúscolas del marxismo están hoy descolgados, perplejos, rotos»272.

269 Ivi, p. 50. 270 Ibidem. 271 Ivi, p. 102. 272 Ibidem.

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Un altro esempio di lotta politica, portata però a agli estremi, è rappresentata dagli attacchi terroristici, che purtroppo continuano anche dopo la fine della dittatura, e persino Ana vive in prima persona la paura degli attentati dell’ETA273, infatti per tre volte la sede del suo giornale, Noticias, viene evacuata a seguito di un allarme bomba; in quel frangente tutti ricordano l’attentato sanguinario all’Actual di pochi mesi prima: «[…] pero en el recuerdo de todos flota aún la nota trágica y sangrienta de los dos compañeros que murieron hace poco, cuando estalló una bomba en una revista de la competencia […]».274 Rosa Montero riserva nei suoi articoli sempre parole di disprezzo verso gli attentati terroristici e si riferisce ai terroristi come personaggi che soffrono di una grave malattia morale: «el agujero negro que de cuando en cuando anula el cerebro. Porque es este el magma irracional lo que alimenta a ETA»275. La scrittrice si schiera contro la violenza, a favore di manifestazioni pacifiche, infatti ricorda sé stessa, agli inizi degli anni Settanta, come una “pseudo-hippy”, con il viso dipinto e i piedi scalzi, per richiamare l’attenzione e scandalizzare, credendo, in questo modo, di attentare alle fondamenta del sistema da vera ribelle. Crónica racconta di un paese reale che si allontana da quello ufficiale a velocità supersonica, narra di una società in fermento con manifestazioni e scioperi illegali, associati all’odore della marihuana.276

In Crónica viene rappresentato il disincanto anche dei combattenti baschi tramite il personaggio, seppur minore, di Ainhoa, attivista basca che esce dal carcere grazie a un’amnistia; tuttavia la sua vita è ormai spezzata, non ha più il fuoco della passione politica che l’ha portata alla militanza, che le ha fatto sopportare le torture degli interrogatori e la durezza del carcere. Gli anni di prigionia l’hanno talmente segnata che «el sol de la libertad no volvió a brillar nunca lo suficientemente fuerte como para quitarle el frío de los huesos»277: la Ainhoa forte di ieri, oggi è «desengañada, aterradita y sola»278.

273 ETA, sigla di Euskadi Ta Askatasuna (Nazione basca e libertà), formazione politico-militare nata nel

1959 da una scissione del Partito nazionalista basco, con l’obiettivo di conquistare la piena indipendenza delle Province Basche. La corrente maggioritaria, accentua l’attività terroristica compiendo attentati anche dopo l’entrata in vigore, nel dicembre del 1979, di uno statuto di autonomia per i Paesi Baschi.

274 R. MONTERO, op. cit., pp. 87-88.

275 M. GÓMEZ Y MON, Mujer y realidad en Rosa Montero, Análisis y tratamiento de la realidad en los

personajes femeninos, 1989, p. 66 [https://www.rosamontero.es; ultima consultazione il 04/03/2019].

276 Ivi, p. 67.

277 R. MONTERO, op. cit., p. 186. 278 Ivi, p. 187.

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