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CAPITOLO VI EL DESENCANTO

6.5 LUOGHI DEL DESENCANTO

La storia di Crónica del desamor si sviluppa nella Madrid di fine anni Settanta, come si è detto, in luoghi la cui funzione va oltre a quella di semplice scenario degli avvenimenti raccontati, infatti, dopo oltre tre decenni, la capitale spagnola ritrova la libertà da quando il franchismo l’ha costretta a un lungo silenzio. Rosa Montero ci offre l’opportunità di viaggiare in una città appena uscita dalla dittatura, in pieno fermento e cambiamento.

Crónica è anche la cronaca di una forte urbanizzazione, di una grande città come

Madrid che porta all’isolamento dell’individuo e di conseguenza all’isolamento sociale, come riflette Ana sentendo le vite dei suoi vicini attraverso i muri del suo appartamento:

Se perdió la relación grupal y permeable de los barrios, y ahora las ciudades se ven sujetas al exilios interior, a la perigrinación urbana: no se vive en la misma casa que naciste, te desperdigas por una ciudad antropófaga y enorme intentando conservar las viejas amistades, separadas de ti por muchas calles279.

Da qui il disincanto sociale e il senso di disorientamento che vivono gli spagnoli di fine anni Settanta, talvolta isolati nei propri appartamenti senza conoscere i vicini, cercando rifugio nelle amicizie di una vita. Ana riflette sulla solitudine della città e sulla perdita della «fraternidad vecinal»280, infatti lei non ha contatti con suoi vicini, sa che sono due donne e un uomo, sente le loro grida, i loro gemiti e i loro pianti e formula svariate ipotesi con l’amica Ana María sulla relazione fra i tre e quello che potrebbe succedere nell’appartamento vicino, si passa dal fare l’amore, al tentato omicidio. Quindi

279 Ivi, p. 224. 280 Ibidem

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quella descritta è una solitudine e un isolamento che si consuma dietro porte non aperte, conoscenze fatte attraverso lo spioncino del portone o le inferriate delle finestre del proprio appartamento di città: una «soledad ciudadana»281.

Un altro luogo che testimonia il desencanto, non ché la tristezza causata dalla solitudine è la casa di Ana, infatti nel suo appartamento tutto riporta alla sua condizione di madre single, senza una storia d’amore. Quando Ana torna a casa con il figlio le prime sensazioni che avverte sono il freddo e la solitudine: «La casa está fría y sobre todo sola, las paredes blancas y vacías de muebles»282, si prende cura del figlio, lo prepara per la notte, stanchissima piomba in camera sua, va a letto vestita e la sensazione che l’accompagna è ancora di una casa fredda in cui vive sola, a sottolineare la sua frustrazione. Mentre l’amica Pulga vive in una casa di recente costruzione alle porte di Madrid, circondata da un prato riportato ed un muro che nasconde il panorama, ma da un buco riesce a scorgere cosa viene nascosto alla vista degli inquilini del nuovo condominio: baracche, detriti e spazzatura. Solo dopo quattro anni Pulga si accorge di avere come vicina la miseria, la piaga che l’emergente Madrid vuole nascondere. La scoperta provoca in lei un malessere fisico, le manca il terreno sotto i piedi, uno sconforto che prova ogni volta che si scontra con la realtà che la circonda. La donna paragona il condominio di alto livello in cui abita alla sua vita fatta di pubbliche relazioni, di feste e di mondanità che, in realtà, nasconde dei buchi neri, come il muro cela la povertà e la sporcizia. Gli «agujeros negros»283 per Pulga sono dei grandi vuoti affettivi che cerca di riempire collezionando l’amore di ragazzi più giovani di lei, e quando cerca di uscire da questo circolo vizioso l’assale la paura di affrontare gli ostacoli e gli orrori della vita nascosti a ogni angolo, così come si cerca di nascondere la miseria dietro un muro.

Nel romanzo troviamo anche la descrizione sintetica, ma efficace, di una casa dei bassifondi: è quella di Doña Mercedes, l’ostetrica fattucchiera, che provoca l’aborto di Teresa e la manda in ospedale. La casa si trova in un quartiere degradato, con strade sterrate e fogne maleodoranti; l’interno della casa è umido, al muro un simbolo di Gesù e come soprammobile un barattolo riciclato con dei fiori.

281 Ibidem. 282 Ivi, p. 19. 283 Ivi, p. 109.

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La donna del romanzo di Rosa Montero fa incursione nel tema degli eccessi, in cui cerca di liberare ciò che le è stato negato e fino ad allora represso: il proprio corpo. Rende, infatti, pubblica la sua vita sessuale, le sue necessità di donna e prende forma un nuovo modo di vivere. La sua sessualità non è più parte segreta del suo privato, del suo spazio domestico, l’unico spazio a lei riservato fino allora. Oltre a nuovi temi, in Crónica sono introdotti anche nuovi luoghi per la donna: i bar e i locali notturni prima proibiti284. Ana, Pulga, Elena, Olga e Candela cercano in questi spazi lo scambio sociale che prima era gestito dal patriarca protettore (padre, marito o fratello), la socializzazione si sperimenta fuori dallo spazio chiuso e protetto della casa, prima paterna poi matrimoniale, per raggiungere luoghi aperti che rappresentavano un pericolo secondo l’educazione tradizionale. Prima di tutto però questa incursione all’esterno proibito riflette la ricerca del riconoscimento della propria esistenza di donna, della sua identità «De modo que se acerca al pub de Mercedes y Tomás, a Galáctica, que está como siempre lleno a rebosar, es un local pequeño con aire espeso y panzoñoso»285. Però anche nel pub Ana non si sente “vittoriosa”, non sente di aver acquisito una propria libertà: «[…] aquí estamos las dos encerradas con nuestra neuras, se dice, yo con mi obsesión y la Pulga, intentando entretenerme con su charla para que el momento de su vuelta a casa se retrase lo más posible»286. Questo luogo non è il punto di arrivo, ma è solo un primo passo per la conquista di un proprio posto nella società, perché Ana non sente migliorata la sua situazione o i suoi problemi, frequentando i bar, anzi, le sembra di cambiare solo la facciata della gabbia: si passa da una reclusione materiale a un isolamento di tipo psicologico o emozionale e questo fenomeno induce i personaggi del romanzo a riflettere su una situazione che speravano fosse cambiata, ma che in realtà non lo è. Tale riflessione, che ha come conseguenza, ancora una volta, el desengaño, unito all’amarezza della solitudine della città che, come la clausura domestica, assorbe la donna, la mutila fino a disumanizzarla.

Crónica del desamor rappresenta un’interessante metafora di questi luoghi di

rifugio urbano, dove gruppi di emarginati (prostitute, drogati, omosessuali, ecc.) si

284 Riguardo ai cambiamenti urbanistici che rivelano le trasformazioni nel modo di vivere e nei costumi

nella Spagna della Transizione, Charlon segnala: «En esta ciudad moderna, las mujeres circulan liberamente, salen, van a trabajar o a tomar copas» (A. CHARLON, cit., p.48).

285 R. MONTERO, op. cit., p. 113. 286 Ivi, p. 116.

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nascondono e si proteggono a vicenda. Non a caso Galáctica, il pub di Mercedes, si paragona all’utero materno, luogo protetto e femminile:

Las primeras horas son de reconocimiento, pues, y luego ha de empezar el largo viaje que en realidad es muy corto, no hay más que seguir el cordón umbilical [...]. Algunos se van y otros vuelven, en un rencuentro con el grupillo que es casi útero materno, con la gente que es tu gente, núcleo de protección para marginados y protegidos, grupúsculo revolucionario de miserias [...]287.

Il Galáctica, il Pana e il Toño sono tutti locali simili, che si susseguono uno dopo l’altro a formare il villaggio-rifugio dei gruppi emarginati; sono luoghi che rispecchiano i loro frequentatori: oscuri, angusti, pieni di fumo, intrisi di odori degli eccessi dell’alcool e della droga, macchiati di sangue delle risse e dei residui di incontri occasionali. Queste sono le seconde case di spacciatori, drogati, transessuali e omosessuali che si conoscono e si sostengono, che litigano e fanno pace il giorno dopo, che si difendono dagli estranei come uniti da un legame di sangue, come una famiglia “altra”. Si sentono sicuri in questi spazi, mentre altrove la gente “normale” non li vuole vedere, così diversi, truccati, colorati, talvolta sporchi, spesso ubriachi e attaccabrighe. Come sostiene Zorro, uno dei personaggi, la vera rivoluzione è uscire per strada, farsi vedere, si intuisce che il sogno di una Spagna post Franco libera, nuova e accogliente non si è realizzata per loro. La libertà degli emarginati dei pub notturni sta nella scelta di essere sporchi, ubriachi e miserabili, ormai disincantati288. Questi luoghi sono al margine della città, con persone che vivono al margine della società in una ricerca dolorosa della sopravvivenza, il che le avvicina alla femminilità sminuita e disprezzata. Non si realizza un cambiamento radicale per la donna della Transizione e per gli emarginati, o almeno è solo apparente, dal momento che continuano a vivere nella stessa sfera sociale di prima: l’inferiorità.

287 Ivi, p. 164. 288 Ibidem.

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Il mondo umano che popola i bar di Madrid raccontato dall’autrice è costituito da personaggi che prima erano anarchici, combattenti o detenuti politici e che ora sono prigionieri dell’alcool, della droga o della vecchiaia; altri ancora sono omosessuali o lesbiche che hanno difficoltà a essere accettati dalla società, anche se in rinnovamento, come persone normali. Figura rappresentativa di questo mondo al margine, che vive di notte è El Zorro, ex avvocato all’anagrafe Antonio Abril, che con la sua fisicità, il suo abbigliamento e il suo gesticolare, cerca di spaventare il cittadino esemplare ligio alle regole. Tutto ciò risulta chiaro dalla descrizione dell’entrata nel pub Galáctica di Zorro con tanto di applausi:

Acaba de entrar el Zorro cubriendo sus casi dos metros de estatura con fantásticos ropajes, lleva unos pantalones de raso negro que se abomban en los tobillos, los pies mugrientos y descalzos pese a frío de la calle, un chaleco con bordados, y por encima de sus grandes barbas negras brilla un ojo maquillado en forma de mariposa, con azules y verdes y morados289.

Zorro attraversa il locale salutando tutti, si ferma al centro, con gli occhi rossi di chi ha bevuto troppo o si è drogato, improvvisamente sfodera una pistola di plastica e la punta verso i presenti, per poi tirar fuori un coltello vero, tagliarsi e ridere sonoramente spargendo il sangue con ampi movimenti. Zorro appare come una caricatura: tutto in lui è esagerato, nei modi e nell’agire, forse quello che si aspettava l’avvocato Antonio Abril, dopo la morte di Franco, non era di vivere la notte nei locali e né di perdere la sua donna, Olga, in India annebbiata dagli acidi.

Alla fine degli anni Settanta Madrid rappresenta la salvezza, il luogo dove tutto cambia e tutto si può fare, ben lo incarna Cecilio quando lascia il paese per trasferirsi in città, vivere serenamente la sua omosessualità e continuare gli studi: «Se despidió del

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pueblo para ir a Madrid, a un Madrid que era el fin del mundo, tierra de promisión, ciudad de los mil vicios»290. Ma anche lui cade vittima del desencanto, passa le notti nei locali sopra descritti in cerca dell’amore di un uomo, si ubriaca tutte le sere per non sentire il dolore del sogno infranto, all’inizio della notte tutto pare possibile, l’oscurità sembra possa portare nuove avventure, ma le notti di Madrid non mantengono la promessa: «son engañosas, siempre prometen más de lo que dan»291. Madrid è una capitale in piena espansione demografica e urbana, meta di persone con tante illusioni e speranze che non sempre si realizzano, come testimonia un piccolo trafiletto che un rotocalco dedica ad un uomo che ha perso la memoria, non ricorda chi sia, da dove venga e il suo destino, un cinquantenne tristemente solo, impaurito e smarrito ma giudicato immorale perché non è concesso dimenticarsi della propria esistenza292, non è concesso perdersi, abbandonarsi all’oblio e non aver più voglia di vivere.

La Madrid di fine anni Settanta, è anche rappresentata da eventi tragici come gli attacchi dell’ETA di cui Ana legge sul giornale: «En el periódico de hoy que hojea antes de dormirse, sangan aún los dos supuesto etarras acribillados esta mañana en el País Vasco»293. Altro elemento reale che caratterizza il periodo della Transizione sono le manifestazioni proibite durante la dittatura di Franco e permesse dopo la sua morte: una sera, tornando a casa, Ana legge un volantino che ricorda la protesta di quartiere contro la speculazione edilizia: «Vecinos: todos a la manifestación del día 12 […]. Es la convocatoria de la coordinadora de barrios para la manifestación contra la especulación de la vivienda, hoy, a las ocho de la tarde».294

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