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Crónica del desamor di Rosa Montero: riflesso di una società in transizione

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA,

LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN LINGUE E LETTERATURE

STRANIERE MODERNE

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Crónica del desamor di Rosa Montero: riflesso di una società

in transizione

CANDIDATA

RELATRICE

Monica Barletti Prof.ssa Federica Cappelli

CONTRORELATRICE

Prof.ssa Daniela Pierucci

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Questo lavoro è dedicato alle donne e alle “bimbe” che mi hanno spronato e

sostenuto nel terminare questo ciclo di studi. Ringrazio coloro che mi hanno

aiutato e hanno creduto in me, anche nei momenti di desencanto.

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INDICE

INTRODUZIONE ... 4

CAPITOLO I CENNI STORICI ……….8

1.1 1931-1935: DALLA SECONDA REPUBBLICA ALLA GUERRA CIVILE ... 8

1.2 1936-1939: LA GUERRA CIVILE ... 9

1.3 1939-1975 LA DITTATURA DI FRANCO ... 10

1.3.1 Economia e politica estera ... 11

1.3.2 Contestazioni e repressioni ... 13

1.3.3 Le donne ... 15

1.4 1976-1982 POST FRANCHISMO: VERSO LA DEMOCRAZIA ... 17

1.4.1 Problemi della Transizione ... 20

1.4.2 Caratteri della società della Transizione ... 21

CAPITOLO II TRATTI DELLA NARRATIVA SPAGNOLA DAGLI ANNI QUARANTA AGLI ANNI OTTANTA ………...24

2.1 GLI ANNI QUARANTA ... 24

2.2 GLI ANNI CINQUANTA ... 27

2.4 GLI ANNI SESSANTA ... 30

2.4 GLI ANNI SETTANTA ... 31

2.5 GLI ANNI OTTTANTA ... 34

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3.1 LA VITA ... 35

3.2 LE OPERE ... 39

CAPITOLO IV CRÓNICA DEL DESAMOR ………..45

4.1 ORIGINE E PUBBLICAZIONE ... 45

4.2 MOTIVI DEL SUCCESSO DI CRÓNICA ... 47

4.2.2 Ambiente letterario della transizione ... 48

4.2.3 I temi ... 49

CAPITOLO V LA DONNA IN CRÓNICA ……….. 56

5.1 INTRODUZIONE ... 56

5.2 TIPOLOGIA DELLE DONNE DESCRITTE ... 58

5.2.1 Le donne affermate ... 59

5.2.2 Le donne “imbrigliate” nella tradizione ... 62

5.2.3 Donne alla ricerca di sé ... 65

5.3 LA DONNA E IL LAVORO ... 67

5.4 L’EMANCIPAZIONE FEMMINILE ... 71

5.4.1 Educazione alla sessualità ... 71

5.4.2 I metodi contraccettivi ... 76

5.5 LA DONNA NELLA COPPIA DURANTE LA TRANSIZIONE ... 80

5.5.1 Introduzione ... 80

5.5.2 La scelta delle donne nella coppia ... 82

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6.1 INTRODUZIONE ... 90

6.2 IL DESENCANTO AL FEMMINILE ... 93

6.3 IL TEMPO CHE PASSA ... 105

6.3.1 I vecchi di Madrid ... 111

6.3.2 Atmosfera e ambiente della solitudine ... 113

6.3.3 Rosa Montero e il tempo che passa ... 114

6.4 DESENCANTO E POLITICA ... 116

6.5 LUOGHI DEL DESENCANTO ... 120

6.6 REAZIONI AL DESENCANTO ... 125

CONCLUSIONI ... 135

BIBLIOGRAFIA ... 140

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INTRODUZIONE

Uscito per la prima volta nel 1979, Crónica del desamor, così come gli altri romanzi di Rosa Montero, ebbe un grande successo di pubblico, tuttavia, come espone Susanna Regazzoni1, la critica ha dato poco spazio alla letteratura scritta dalle donne; questo non vuol dire che i romanzi di Rosa Montero non siano stati studiati a sufficienza, ma piuttosto che, talvolta, ne sia stata limitata l’indagine alla sfera del femminismo, mentre la sua opera offre una gamma più ampia di prospettive da approfondire2. In questo elaborato studiamo il suo primo romanzo e, non solo ne affrontiamo gli aspetti legati alla ricerca d’identità della donna nella società della Transizione, ma vogliamo evidenziare anche quanto, nel testo, sia centrale il sentimento d’insoddisfazione verso la realtà in cui sono immersi i personaggi, ovvero il desencanto. Con questo lavoro abbiamo voluto concentrarci sull’idea di fondo che il disincanto non è solo uno dei temi trattati in Crónica, ma è una visione della società che guida tutta l’opera, una disillusione che non è unicamente negativa, al contrario, la persona-personaggio può uscire dal “pozzo”3 del

mal-estar cogliendovi una ricchezza e una forza che le permettano di rinascere dalla crisi,

come dimostra Ana, la protagonista. Dalle pagine del romanzo studiato emerge anche come sia importante conoscere il proprio passato per arrivare al cambiamento e superare il disincanto, riflessione questa che riguarda non solo la donna, ma appartiene all’intera collettività.

Nel primo capitolo di questo studio offriamo le coordinate storiche in cui si dipana la trama di Crónica del desamor, il contesto storico e sociale in cui agiscono i personaggi che determina il loro comportamento e i loro conflitti, ovvero il periodo della Transizione e, allo scopo di far chiarezza su ciò che genera il presente dei personaggi, si accenna agli anni della guerra civile e del franchismo. È proprio durante i Quaranta anni della dittatura

1 S. REGAZZONI, Cuatro novelistas españolas de hoy. Estudio y entrevistas, Cisalpino-Goliardica,

Milano,1984, pp. 5-28.

2 A. AMELL, Una crónica de la marginación: la narrativa de Rosa Montero, in Letras Femeninas, Vol.

XVIII, n. 1-2, 1992, pp. 74-75.

3 «[…] io credo che questi pozzi siano la nostra forza. Poiché ogni volta che cadiamo nel pozzo noi

scendiamo alle più profonde radici del nostro essere umano, e nel riaffiorare portiamo in noi esperienze tali che ci permettono di comprendere tutto quello che gli uomini -i quali non cadono nel pozzo- non comprenderanno mai» (A. DE CÉSPEDES, Lettera a Natalia Ginzburg, in Tuttestorie, n. 6/7 dicembre 1992 [https://www.societadelleletterate.it; ultima consultazione il 17/05/2019]).

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di Franco che si consolida la struttura patriarcale della società spagnola, in cui gli attori del testo studiato crescono e che, successivamente, la Transizione mette in discussione.

Al secondo capitolo è affidata una breve sintesi dell’ambiente letterario in cui si inserisce il primo romanzo della Montero, allo scopo di dare un’idea della dimensione narrativa in cui si inserisce il romanzo, ancora a sottolineare la connessione della letteratura con i grandi cambiamenti storici e sociali.

Nel terzo capitolo tracciamo il profilo dell’autrice, ovvero la vita e le sue opere: una vita che rivela, fin dall’infanzia uno spiccato interesse per la narrazione, per le letture, che spaziano nei vari generi, e la scrittura di racconti. Studente universitaria attiva negli ambienti della contestazione e delle novità culturali, giornalista prolifica (è sua da decenni una rubrica su El País), fine intervistatrice di personaggi importanti, attenta osservatrice della realtà che la circonda e abile, quanto ironica, scrittrice di romanzi, la Montero emerge come figura poliedrica dotata di grande creatività.

Il quarto capitolo si focalizza sull’opera che questo elaborato si è proposto di studiare, soffermandosi sulla sua genesi: da un iniziale volume di interviste al femminile a un romanzo che racconta la vita reale delle donne durante la Transizione; si accennerà anche al suo successo inaspettato, prima di tutti per l’autrice, che, anzi, lo considera un testo ancora acerbo.

Dedicheremo il quinto capitolo ai personaggi femminili in Crónica del desamor, individuando i diversi tipi di donne descritte dall’autrice: da quelle che hanno abbracciato i nuovi ideali della Transizione in opposizione a quelli patriarcali, a quelle che sono ancora legate ai ruoli tradizionali per i quali sono state educate. In questa breve rassegna vedremo quanto, nei diversi ambiti del vivere quotidiano (nel lavoro, nelle relazioni affettive e nella vita sessuale) per la donna, sia stato difficile ricercare la propria identità e ricavare il proprio spazio. Infatti, per ogni piccolo passo fatto in avanti, verso un equilibrio, la donna sembra rimanere, più o meno coscientemente, appesa al passato senza raggiungere il suo obiettivo. Con la storia di Ana e delle sue amiche si intende dimostrare quanto siano ancora radicati i modelli tradizionali e, di conseguenza, come la Transizione, sperata e promessa, sia ancora in divenire: una transición inconclusa. Ciononostante, le protagoniste femminili continuano a lottare, affrontando, ognuna a suo modo, i momenti di sfiducia nella coppia, per l’acquisizione di una coscienza propria e pari opportunità fra

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uomo e donna, cosa che non esclude le differenze fra i due sessi che, anzi, nella relazione potrebbero progredire insieme senza prevaricazioni.

Nel sesto capitolo ci concentreremo sul profondo desencanto che si respira lungo tutto il romanzo, attraverso diverse forme: nel desamor all’interno della coppia, nella delusione politica, nel mal-estar che genera malinconia e solitudine, nella sfiducia del raggiungimento delle pari opportunità sul lavoro, nel vivere con angoscia il passare del tempo e nelle descrizioni di luoghi e atmosfere della Madrid della Transizione. Questo studio evidenzia come il desencanto sia il prodotto della presa di coscienza, da parte della donna, della speranza, disillusa, di poter uscire dallo stato di subordinazione in cui la società patriarcale l’aveva relegata, per approdare a una dimensione propria: la fine della dittatura e gli anni di lotta l’avevano fatta sperare in forti e veloci cambiamenti che, purtroppo tardano a realizzarsi.

Riassunto di Crónica del desamor

Il primo romanzo di Rosa Montero restituisce al lettore un’immagine precisa della Spagna in un’epoca storica di cambiamento, la Transizione. Si tratta, però, di un’immagine filtrata attraverso gli occhi e le percezioni della protagonista Ana, che si muove in uno spazio urbano preciso, ovvero la Madrid di fine anni Settanta. Ana è una giovane, ma già valida, giornalista, madre single che cerca di affermarsi nel mondo del lavoro e di trovare un equilibrio in quello sentimentale. Uno dei pregi di Crónica risiede proprio nel restituire al lettore una visione per nulla edulcorata del mito fondatore dell’attuale democrazia spagnola, ovvero la Transición. Tra i meriti dell’autrice c’è di averlo fatto in presa diretta, come una vera e propria cronaca, appunto, come recita il titolo: il racconto della sua vita e di quella delle amiche è l’occasione per trattare il tema della realizzazione personale della donna durante la Transizione, sia sul profilo delle relazioni personali che su quello professionale. Il percorso di ricerca identitaria della donna che vive ancora condizionata dalla cultura tradizionale e dall’educazione familiare, ma che, al tempo stesso, cerca la propria identità fuori da questi modelli, risulta difficile e spesso deludente.

All’interno del contesto sociale evocato nel romanzo, la movida spagnola e i bar di Madrid sono un microcosmo esemplare del fermento della fine degli anni Settanta in

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Spagna, dove l’occhio disincantato e ironico di Ana osserva il cambiamento che non arriva come, invece, si aspettava. Il desencanto s’innesca, così, nella continuità tra la Spagna franchista e quella democratica, nella mancata realizzazione dell’illusione giovanile del trionfo delle nuove idee su quelle passate. Rosa Montero riesce a far trovare ad Ana una soluzione, una via d’uscita dalla palude della desesperanza per rinascere e tornare a credere in sé stessa e nella sua passione: la scrittura. Questo passaggio risulta fondamentale per continuare il percorso di crescita e autonomia individuale della donna. La cronaca del desencanto, per la sua immediatezza e capacità di lettura profonda dell’animo umano diventa da subito un best seller.

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CAPITOLO I

CENNI STORICI

1.1 1931-1935: DALLA SECONDA REPUBBLICA ALLA GUERRA CIVILE

La Spagna proclama la sua Seconda Repubblica nel 1931 con l’approvazione della Costituzione che porta avanti grandi temi politici e sociali4. La Costituzione sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini dando alle donne il diritto di voto e la possibilità di accedere a lavori pubblici; riconosce inoltre l’importanza del lavoro e dell’educazione, intraprendendo una riforma educativa e quindi nuove scuole elementari ed infantili pubbliche, che contribuiscono ad abbassare il tasso di analfabetismo.

Il Parlamento repubblicano nel 1932 approva la legge sul divorzio, la requisizione dei beni ecclesiastici ed espelle i gesuiti, sancendo così la sua volontà di separare lo Stato dalla Chiesa5. Il governo repubblicano mette in atto anche una Riforma Agraria per contrastare il latifondismo che sfrutta i contadini, oramai alla fame, e dà inizio ad un processo di modernizzazione e accrescimento dell’economia spagnola.

I diritti proclamati e le trasformazioni messe in opera dalla Repubblica risultano inaccettabili agli occhi di militari e conservatori, che sentono l’urgenza di ripristinare il sistema politico reazionario. Nel 1934 la destra vince le elezioni, dando inizio a un bienio

negro in cui governa cancellando le riforme avviate dai socialisti: iniziano gli scioperi e

le rivolte represse nel sangue dai militari. Due anni più tardi, però, nel 1936, il Fronte Popolare (partito Repubblicano e sinistra) vince le elezioni battendo il Fronte Nazionale (conservatori, monarchici e fascisti), che cerca di creare il caos per giustificare le

4Per la redazione del Capitolo I “Cenni Storici” si è fatto riferimento ai seguenti saggi e manuali:

G. RANZATO, L’eclissi della democrazia, Bollati Boringhieri, Torino, 2004, pp. 121-150, 228-301, 384-406, 539-546; G. RANZATO, La guerra di Spagna, Giunti Editori, Firenze, 1995, pp. 15-17, 33-49, 67-83; G. HERMET, Storia della Spagna nel Novecento, Il Mulino, Bologna, 1999, pp. 233-251; C. ADAGIO, A. BOTTI, Storia della Spagna democratica, da Franco a Zapatero, Bruno Mondadori, Milano, 2006, pp. 10-14, 19-22.

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repressioni armate contro il popolo. Il forte contrasto tra democratici e conservatori porta allo scoppio della Guerra Civile: il generale Francisco Franco, con l’appoggio dei nazifascisti, conduce la ribellione di parte dell’esercito, muovendo dalle colonie in Marocco per poi risalire la Spagna da sud.

1.2 1936-1939: LA GUERRA CIVILE

La Guerra Civile spagnola inizia il 18 luglio 1936 con l’ordine di alzamiento del generale Franco al suo esercito e termina il 28 marzo 1939, dopo contrasti crudeli e devastanti per la popolazione. Per la destra la Guerra Civile rappresenta la crociata contro il Comunismo e la restaurazione della politica conservatrice; per la sinistra è la lotta del popolo contro il fascismo e la politica illiberale ed oscurantista.

La Spagna è divisa in due zone: nei territori repubblicani si forma un governo antifascista ed in quelli conquistati dai nazionalisti, Franco viene nominato Capo e

Generalísimo delle forze armate. Dall’esterno, Francia e Gran Bretagna favoriscono la

formazione di un comitato di non intervento a cui ufficialmente aderiscono anche Italia e Germania, ma che nei fatti non rispettano, aiutando i nazionalisti con uomini, armi e bombardamenti sulla popolazione. I repubblicani ricevono aiuti limitati dall’URSS e alcuni volontari arrivano da Europa e Stati Uniti. Il fronte antifascista è diviso al suo interno in moderati (comunisti, repubblicani e socialisti), che mettono al primo posto la vittoria della guerra e poi la scelta della forma di Stato, e gli intransigenti (anarchici e trotzkisti), che considerano la rivoluzione imprescindibile dall’obiettivo sociale di sovvertimento dello Stato.

Sul campo, i nazionalisti ambiscono alla conquista di Madrid, le milizie popolari e le Brigate Internazionali respingono l’attacco ed il governo repubblicano si sposta a Valencia. L’anno dopo, nel 1937, i nazionalisti subiscono un’altra sconfitta a Guadalajara, ma i repubblicani non riescono a sconfiggere in modo definitivo i nazionalisti che, nel 1938, occupano tutto il nord della penisola ed arrivano al Mediterraneo. La resistenza repubblicana è allo stremo delle forze e nel gennaio del 1939 perde Barcellona e il primo aprile Madrid. Franco vince: è la fine di una sanguinosa guerra civile con un milione di morti e un imprecisato numero di detenuti politici.

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1.3 1939-1975 LA DITTATURA DI FRANCO

Dal 1939 inizia la dittatura di Franco, che è capo dello Stato, del Governo e dell’esercito. Esiste un solo partito: la Falange española tradicionalista, da lui guidata. Il potere legislativo è velato da uno pseudoparlamento: le Cortes, gruppo di sostenitori del Caudillo che emanano leggi da lui volute.

Inizia un periodo oscuro: i dissidenti subiscono una violenta repressione, la Costituzione del 1931 è abolita; come detto, si riconosce un solo partito, la Falange, e si ammette un solo sindacato, Central nacional sindacalista, mentre le autonomie locali della Catalogna e dei Paesi Baschi sono revocate e le lingue diverse dal castigliano sono vietate. La repressione causa prigionieri politici ed esecuzioni capitali, i simpatizzanti repubblicani vengono eliminati dalla pubblica amministrazione, dalla scuola e anche dalle imprese private. Nel 1945 viene addirittura promulgata una legge che solo apparentemente garantisce diritti ai cittadini, ma in realtà ne limita la libertà politica e sociale in tutti i campi. Il potere è in mano ai falangisti, ai militari e ai cattolici. Fin dall’inizio, la Chiesa ha appoggiato i franchisti nella lotta contro il comunismo e l’ateismo, entrando così nella spartizione delle cariche politiche e dei posti di potere. Riguardo allo stretto rapporto tra Franco e la Chiesa, è proprio lo storico Ranzato a ricordare, in un articolo sul Generalísimo6, come questo riesca a trasformare il golpe in una crociata, approfittando della persecuzione cui è sottoposta la Chiesa nella zona repubblicana e di quanto sia “numerosa e fervente” la massa costituita dai cattolici ai quali appare come un angelo che li salverà dal comunismo. Ancora Ranzato evidenzia quanto sia stato importante il sostegno della Chiesa alla Spagna franchista sul piano internazionale, con l’appoggio del Vaticano e del clero di tutto il mondo. Franco, una volta assunto il comando dello Stato, riconosce il cattolicesimo come religione di Stato e restituisce alla Chiesa tutti i suoi privilegi e i suoi beni confiscati nel periodo repubblicano; reintroduce l’insegnamento religioso in tutte le scuole statali, consentendo alla Chiesa di riaprire le proprie; prescrive inoltre che l’insegnamento universitario sia conforme ai dogmi, alla morale cattolica e alle norme del diritto canonico. La stampa

6 G. RANZATO, Quello che apprese dagli altri tiranni, in Diario de La Repubblica, n. 53 del 18 novembre

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cattolica non verrà mai sottoposta alla censura preventiva che vigeva per tutti gli altri tipi di pubblicazioni. Abolisce, infine, l’intera legislazione antireligiosa del periodo repubblicano, torna a concedere al clero le rendite di cui godeva nel 1851.

Ufficialmente la Spagna si dichiara paese non belligerante e non partecipa alla II Guerra Mondiale, stremata com’era dalla guerra civile: il franchismo, per certi versi, si sentiva estraneo al fascismo e al nazismo, espressioni di un capitalismo avanzato, che il regime spagnolo invece tendeva a ridimensionare per non minacciare i privilegi dell’aristocrazia e del clero; ciononostante, è indubbio l’appoggio dato e ricevuto, tant’è che, fino al 1944, in segno di riconoscimento per tale supporto ricevuto, il governo invia regolarmente alla Germania materie prime e rifornimenti per l’esercito tedesco. Inoltre, dopo la fine della guerra la Spagna diventa terra d’asilo o di passaggio verso i paesi del sud America per i fascisti e i nazisti in fuga dall’Europa.

1.3.1 Economia e politica estera

Negli anni che vanno dal ’35 al ’50 l’economia spagnola conosce una parentesi negativa che non ha paragoni col resto d’Europa, dove la ricostruzione postbellica è molto più rapida. Lo Stato concede sussidi solo all’industria, prima bellica e poi pesante, tenendo sotto controllo i prezzi dei prodotti agricoli, pertanto i contadini, non avendo alcuna proprietà, vivono in grande miseria. Le leggi vietano l’organizzazione sindacale e gli scioperi, per cui i salari possono esser mantenuti molto bassi. I licenziamenti, però, erano molto facili per motivi politici ed era difficile dopo trovare un nuovo lavoro. Quanto agli aspetti sociali, non erano previsti fondi pubblici per gli invalidi, i licenziati, gli anziani e, per quanto riguarda i servizi sanitari, gli operai avrebbero dovuto farsi un’assicurazione privata, perché la Sicurezza Sociale era del tutto inefficiente. La maggior parte della manodopera, con idee repubblicane, emigrata all’estero era costituita da tecnici, operai e contadini: di questa fuga, l’industria tecnologica e il settore primario dell’economia spagnola, risentiranno per decenni gli effetti. Da questo tipo di fuga dal

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regime, corre l’obbligo di distinguere l’esilio di una larga schiera di intellettuali dopo la vittoria di Franco, a causa delle loro scelte politiche diametralmente opposte7.

All’inizio del 1947 l’economia nazionale vive una crisi profonda: mancano grano, petrolio, liquidità e finanziamenti esteri. La chiusura degli altri paesi europei verso la Spagna, per aver appoggiato i paesi dell’Asse in guerra e poi mantenuto la dittatura, non fa che aumentare le pretese autarchiche della politica economica di Franco con il conseguente razionamento dei prodotti alimentari e lo sviluppo del mercato nero. Il tasso di crescita è ampiamente inferiore al resto d’Europa, tanto che si può parlare di depressione per descrivere la situazione della Spagna in quegli anni. Il franchismo allontana la Spagna dalla crescita dell’Europa democratica e la isola con una politica conservatrice e regressiva: la recessione economica va di pari passo all’arretramento politico e sociale.

La Spagna viene isolata anche in politica estera: nel 1945 nasce l’ONU e la richiesta di adesione della Spagna viene respinta, mentre nell’anno successivo la stessa ONU condanna il regime franchista e gli stati membri ritirano i loro ambasciatori da Madrid, tranne Portogallo e Argentina, con cui il regime firma accordi commerciali. Le sanzioni diplomatiche, però, durano poco: con lo scoppio della Guerra Fredda contro i paesi socialisti, la Spagna riacquista una certa importanza, poiché Franco offre agli Stati Uniti la possibilità di installare nel suo paese alcune basi militari. A tal proposito, Ranzato sottolinea l’abilità politica del Caudillo nell’autoproclamarsi “sentinella dell’Occidente”, diventando, così, uno dei migliori alleati degli americani in Europa, senza dover allentare la durissima presa della sua dittatura8: in questo modo la Spagna non era più vista come regime totalitario erede del nazifascismo, ma come alleata degli Stati Uniti. Nel 1950 gli ambasciatori ritornano a Madrid e la Spagna riceve generosi aiuti economici. Solo nel

7 L’esodo di intellettuali, letterati e professionisti spezza, a livello culturale, il processo politico-sociale così

prolifico negli anni che precedono la Guerra Civile, risulta, infatti, difficile per gli uomini di cultura rimasti in Spagna, continuare a produrre in una società resa statica dalla repressione del regime. Al contrario, gli intellettuali esiliati continuano a pubblicare opere (la “letteratura dell’esilio”) dai paesi che li ospitano: Messico, Stati Uniti, Argentina, Italia e Francia. Va comunque sottolineato che le loro opere non circolano liberamente in Spagna, a causa della censura e dell’isolamento politico voluto dalla dittatura. Oltre agli esuli costretti a fuggire dal terrore della Guerra Civile, è necessario ricordare coloro che, per motivi di salute, sono rimasti in Spagna, è il caso di Vicente Aleixandre che anima la resistenza politica nella Madrid degli anni Settanta, o coloro che vivono l’oppressione e la violenza politica del regime nelle carceri spagnole e coloro che sono morti per le loro idee: si ricordano Lorca, Machado e Hernández. L’impegno civile e politico degli intellettuali spagnoli, in particolare della “generazione del ʼ27”, inizia prima della Guerra Civile e continua dopo, con l’esilio angoscioso e drammatico seguito alla caduta della II Repubblica.

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1956, tuttavia, riesce ad essere annessa all’ONU. La produzione industriale aumenta, ma il tenore di vita della popolazione continua ad essere uno dei più bassi d’Europa. Dagli anni Sessanta, infatti, capitali stranieri investono in Spagna per il basso costo della manodopera, la bassa pressione fiscale, la stabilità politica economica e finanziaria. Dal 1960 al 1973 il reddito nazionale aumenta, il reddito pro-capite triplica, il PIL cresce e moltiplica l’import/export. Ma il prezzo da pagare è l’abbandono progressivo delle campagne, un’urbanizzazione selvaggia e l’emigrazione all’estero.

Questi successi economici sono in aperto contrasto con l’involucro politico che li conteneva: il franchismo, che aveva usato l’ideologia neofeudale del cattolicesimo-nazionale nell’illusione di poter tener lontane le influenze sia del capitalismo che del socialismo, deve constatare la necessità di dover attingere al capitale, soprattutto straniero9.

1.3.2 Contestazioni e repressioni

L’opposizione al regime si fa sentire con scioperi e manifestazioni e Franco, in risposta, allarga la definizione di “ribellione militare” sino a comprendere il sabotaggio, lo sciopero, la cospirazione, il possesso illegale di armi, la diffusione di notizie false e tendenziose e qualsiasi parola o azione il cui proposito sia turbare l’ordine interno o ridurre il prestigio dello Stato, dell’esercito e delle autorità in generale. Il dittatore quindi finisce col reprimere il popolo in quanto tale e non soltanto gli oppositori politici. Anche dopo aver espiato la pena ed esser tornati alle loro case, il calvario dei repubblicani e degli oppositori non finisce, poiché sono soggetti a una lunga serie di sanzioni e vessazioni: obbligo di presentarsi ogni giorno alla Guardia Civil per sottoscrivere il registro delle presenze, confisca di denaro, immobili o attività, pesanti multe, perdita dell’impiego e nessun diritto civile riconosciuto. Il regime scheda tutti i suoi prigionieri, allestendo una maniacale banca dati sul loro profilo professionale.

Successivamente, nel 1945, il governo è indotto a promulgare la “Carta degli Spagnoli”, che concede più libertà e diritti alla popolazione, ma prevede una lunga serie

9 J. L. GARCÍA DELGADO, La economía española durante el franquismo, in Temas para el debate,

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di deroghe che, di fatto, annulla tutte le libertà civili concesse. La stessa parola “cittadino” non compare mai, essendo gli spagnoli, per la dittatura monarchico-militare, semplicemente dei sudditi. Non si fa cenno infatti, nella Carta, alle libertà politiche, sindacali, di stampa, di arte né di scienza.

Gli scioperi, benché ancora considerati un reato, cominciano a proliferare negli anni tra il 1957 e il 1959, tanto da portare il regime franchista ad introdurre il sistema dei contratti collettivi: in quegli anni compaiono nei Paesi Baschi le CCOO, Commissioni Operaie, ovvero organizzazioni illegali che anticipano la nascita dei sindacati liberi, e l’ETA, organizzazione terroristica che lotta per l’autonomia dei Paesi Baschi, che chiede la revisione dei confini di Spagna e Francia per poter costituire uno Stato basco.

Alla fine degli anni Cinquanta il governo, rendendosi conto del declino della Falange, inizia a sostituire ministri dell’economia e del lavoro con altri provenienti dall’Opus Dei, un’organizzazione di destra del laicato cattolico, semisegreta, dalle concezioni politiche autoritarie ma aperte a soluzioni vicine al capitalismo, che possono essere condivise dagli intellettuali, dai tecnici e dagli alti gradi della burocrazia. L’importante è, per il regime, far credere all’opinione pubblica mondiale che al proprio interno domina la pace sociale e che, per passare a una società evoluta, non c’è bisogno della mediazione a una democrazia parlamentare.

In realtà, gli scioperi continuano per tutti gli anni ’60 finché, nel 1970, coinvolgono i più importanti centri industriali del paese, diventando contestazioni non solo di tipo economico, ma anche politico. D’altra parte, nel paese, dove gli scioperi sono ancora fortemente vietati, una qualunque protesta sindacale rischia di trasformarsi in un evento politico. Il movimento operaio tende a collegarsi sia a quello studentesco che a quello autonomistico regionale della Catalogna, dei Paesi Baschi e della Galizia: la lotta antifranchista diventa trasversale a varie realtà politiche, sindacali e sociali. Tutti i partiti illegali aumentano la loro attività antiregime e negli ambienti estremistici si comincia a fare largo uso di bombe ed attentati. Franco risponde nel 1963 creando il TOP, Tribunal

de Orden Público, con la funzione di reprimere ogni tipo di opposizione politica: in questo

modo la gestione giuridica della repressione passa dalle mani dei militari a quelli della giustizia civile. Il numero dei processi e quello delle condanne aumentano quasi esponenzialmente; le fucilazioni di massa dei primi anni Quaranta sono cessate da tempo, ma il regime continua a uccidere fino alla fine (si ricordano le cinque condanne a morte

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di Burgos poche settimane prima della morte di Franco), parallelamente al lavoro incessante del TOP.

La dinamica repressiva è legata al ripresentarsi delle lotte operaie dirette dalle Commissioni Operaie e da una nuova generazione di studenti che protesta apertamente contro la dittatura. Negli anni Sessanta e Settanta, morto il movimento anarchico e quasi scomparsi i socialisti, la Repressione colpisce le uniche forze che in questo periodo giocano un ruolo attivo nella lotta contro la dittatura: i dirigenti delle CCOO, i quadri clandestini del Partito Comunista, i militanti dell’ETA, a cui si aggiungono quelli del FRAP, Frente Revolucionario Antifascista Patriótico, di estrema sinistra. Franco, quindi, risponde irrigidendo la repressione e aumentando le condanne a morte. Tutti i tentativi di liberalizzazione durano poco, tanto che nel 1968 rientra in vigore la “Legge sul banditismo e sul terrorismo” per cui qualunque azione diretta contro qualunque organo statale viene considerata come insurrezione militare.

1.3.3 Le donne

Le donne vivono pesanti discriminazioni durante il regime. Una legge proibisce a quelle sposate di lavorare e, se una donna si sposa mentre lavora, viene licenziata. A parità di condizioni, vengono pagate sempre meno degli uomini, inoltre le donne non hanno diritto di vendere, comprare o risparmiare qualcosa, non possono andare a scuola oltre un certo grado né chiedere il passaporto10. Solo a partire dai venticinque anni hanno diritto a sposarsi o farsi monache, ma restano in tutto e per tutto sotto la tutela dei padri e dei mariti e, nelle faccende domestiche, sono praticamente delle serve; chi va via di casa o si ribella è giudicata al pari di una prostituta e nelle famiglie non esiste alcuna forma di educazione sessuale. L’ultima modifica del Codice Civile, a proposito delle donne, risale addirittura al 1887. Basti pensare che in Spagna, dal 1937 al 1977, viene distribuita “La guida della buona sposa” dalla Sezione Femminile Franchista alle ragazze in età da marito

10 Si ricorda l’esemplificativa situazione della famosa scrittrice Ana Maria Matute, che non poté uscire dal

paese per ricevere un premio letterario internazionale perché il marito non le concesse il permesso, nonostante l’autrice fosse, da tempo, separata (K. MOSZCZYŃSKA-DÜRST, De las intimidades

congeladas a los marcos de guerra: Amor, identidad y transición en las novelistas españolas, Padilla Libros

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per diventare “la moglie che il marito ha sempre sognato”. Il decalogo della buona sposa prevede di preoccuparsi di tenere la casa in ordine, di pensare ai figli, preparare la cena per il marito, fare in modo che si rilassi dopo una dura giornata di lavoro, farlo sentire in Paradiso. L’uomo ha una giornata difficile fuori casa, ma la moglie deve distrarlo e renderlo felice, ricordarsi sempre che ogni suo problema ha la priorità. Gli argomenti trattati dal marito nelle conversazioni sono ovviamente più interessanti di quelli della moglie, che certo non si può lamentare dei suoi ritardi o delle notti passate fuori casa11. Occorre specificare la funzione dalla Sección Femenina de la Falange Española12: fondato nel 1934 e attivo fino al 1977, è un organismo incaricato di preparare le donne a una vita totalmente domestica, alla sua funzione di soggetto subordinato all’uomo, nel rispetto delle autorità religiose e pronta a compiere la sua missione fondamentale di sposa e di madre. Più che uno strumento educativo, la Sección Femenina de la Falange è un vero mezzo di controllo e repressione sociale: le donne devono, infatti, prestare servizio negli ospedali e nelle istituzioni militari cucinando, lavando e cucendo. Alle donne sposate è proibito lavorare e quindi è negata qualsiasi possibilità di pensare a una carriera personale: «A partir de 1942 todas las reglamentaciones de trabajo comenzaron a disponer que las mujeres, al casarse, debían abandonar su puesto de trabajo»13. L’educazione delle ragazze era finalizzata alla cura del focolare, motivo per cui nel 1939 vengono soppresse le scuole miste, ogni materiale educativo è sottoposto alla censura e sono ammesse solo materie come Igiene, Floricoltura, Cucina ed Economia domestica14.

Nel luglio del 1969 Juan Carlos di Borbone viene proclamato Principe di Spagna e Capo dello Stato dalle Cortes con l’obbligo di accettare le leggi fondamentali del regno e i principi fondamentali del Movimento Nacional del dittatore. Franco muore nel novembre del 1975 e Juan Carlos assume il titolo di re.

11 Il decalogo della buona sposa distribuito in Spagna dal 1937 al 1977 [https://www.infoitaliaspagna.com;

ultima consultazione il 22/03/2018].

12 Raggruppamento politico fondato da José Antonio Primo de Rivera nel 1933, fuso nel 1934 con J.O.N.S.

(Juntas de Ofensivas Nacionalista) e unificato nel 1937 nel Tradicionalismo per formare la Falange

Española Tradicionaliata y de las J.O.N.S. Si tratta di una speciale organizzazione femminile, intesa come

sezione militare inserita presso le formazioni della Falange: un corpo ausiliario con molti e differenti compiti di assistenza sociale ed educazione della popolazione femminile ai principi dittatoriali emersi dopo la Guerra Civile.

13 E. BOSCH, Historia de la misoginia, Editorial Anthropos, Barcelona, 1999, pp. 164-182. 14 Ivi, pp. 187-191.

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Il franchismo è stato, al di là dei cambiamenti di facciata, un “regime totalitario” che non si limitava all’eliminazione delle libertà democratiche, ma che ha tentato, fino alla fine, di imporre una propria concezione “assoluta” dello Stato. In questo è stato aiutato da diversi fattori, in particolare dall’identificazione della Chiesa con lo Stato autoritario e dallo sviluppo economico degli anni Sessanta e Settanta, certamente distorto e traumatico, ma che ha permesso, in ogni caso, un aumento del benessere sociale e, soprattutto, la formazione di vasti ceti medi urbani che fino alla fine rappresentano un sostegno, passivo ma comunque decisivo, per il regime. Gli stessi ceti medi che, morto Franco, aderiscono convinti alla transizione democratica e permettono che avvenga il suo consolidamento.

1.4 1976-1982 POST FRANCHISMO: VERSO LA DEMOCRAZIA

Il 20 novembre 1975 muore Franco e gli succede il re Juan Carlos, che cerca di condurre il paese alla democrazia con una transizione non radicale: presenta un progetto di riforme lievi che comprendono il diritto di riunione, di manifestazione e di associazione politica. Il programma di riforme caute, tuttavia, non viene accolto positivamente da chi voleva la ruptura e ritiene le misure prese ancora troppo restrittive tanto da indire una serie di scioperi e far generare proteste violente che provocano la morte di cinque operai. Il primo ministro Navarro si dimette.

Il re manovra con abile moderazione lo smantellamento del regime totalitario nominando, nel luglio del 1976, come primo ministro Adolfo Suárez, ex funzionario franchista, ex segretario della Falange e leader dell’UDC, partito di Unione del Centro Democratico: personaggio necessario per apportare le riforme di cui ha bisogno il paese e per garantire una transizione verso la democrazia, Suárez propone un progetto di riforma politica che prevede il suffragio universale e la formazione di due Camere. Tale progetto viene approvato da un referendum popolare nel dicembre dello stesso anno. Forti di un primo incoraggiante risultato conseguito nel referendum, il re e Suárez conducono il paese alle elezioni del giugno 1977, le prime libere dopo quarantuno anni e, nelle quali, la coalizione centrista dello stesso Suárez ottiene la maggioranza relativa superando

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Questo risultato consente una serie di riforme in senso democratico: l’amnistia per i reati politici, la soppressione del TOP, del sindacato unico governativo e della segreteria generale del Movimento Nazionale, la legalizzazione di tutti i partiti, il riconoscimento dei sindacati dei lavoratori non governativi, l’affermazione della libertà di stampa e di associazione, l’autonomia regionale ai Paesi Baschi, alla Galizia, all’Andalusia e alla Catalogna. Lo studio condotto dal sociologo Hernández Sánchez15 conferma che l’alba della Transizione ha inizio già dieci anni prima della morte del generale Franco, quando la società spagnola avvia un consistente sviluppo economico, sociale e culturale che porta alla trasformazione di valori e di comportamenti dei cittadini, i quali iniziano a pensare a sé stessi «como sujetos de derechos y protagonistas de la esféra pública»16, convinzione, questa, che risulta fondamentale per il successo del processo di cambiamento politico del paese verso la democrazia. Sánchez conclude, riassumendo, che la trasformazione avviene in un contesto socio-culturale che non ha niente a che fare con quello in cui è nato il franchismo: gli spagnoli degli anni Sessanta iniziano ad assumere i valori di una società capitalista europea, proprio durante la fase finale dell’epoca di Franco, con l’opposizione al franchismo.

Il consenso verso la Transizione è ampio, ma non coinvolge la totalità dei movimenti politici, né alcune correnti legate ancora ai vecchi valori del conservatorismo nazionalista (Alianza Popular). Mantenendo ferme le rispettive aspirazioni ed i malumori, la sinistra radicale, i fascisti, i repubblicani e gli indipendentisti non riescono a costituire dei gruppi omogenei, anzi, rendono più ampia la frammentazione politica. Ciò non impedisce al processo riformatore in atto di andare avanti.

La Costituzione spagnola del 1978 è la prima redatta da una commissione nella quale sono presenti diversi schieramenti ideologici. La Spagna è una monarchia parlamentare senza una religione ufficiale, dove è abolita la pena di morte ed in cui vengono limitati i poteri delle Forze Armate. Suárez scioglie le Cortes Costituentes e indice nuove elezioni nel 1979, in cui ottiene ancora la maggioranza.

La nuova Spagna è inoltre un paese federale in cui le regioni hanno maggior autonomia dal governo di Madrid, che si riserva potere decisionale su legislazione

15 HERNÁNDEZ SÁNCHEZ A., La opinión pública española en la transición del franquismo a la

democracia, in RIPS, Vol. IX, n. 1, 2010, pp. 39-69 [http://www.redalyc.org; ultima consultazione il

10/04/2019].

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commerciale o amministrazione della giustizia ovvero su temi non locali. I Paesi Baschi e la Catalogna hanno un proprio governo.

La Transizione ha una sua struttura ed è ampiamente avviata, tuttavia resistono pratiche autoritarie nei diversi settori della vita pubblica, dell’amministrazione e dell’insegnamento, che il governo moderato non è in grado di estirpare. Il primo ministro Suárez si dimette nel 1981 e lo succede Leopoldo Calvo Sotelo. L’UDC si frantuma in una serie di correnti e le elezioni del 198217 vengono vinte dal PSOE di Felipe González, che porta avanti un “socialismo morbido” che chiede sacrifici agli operai e alla classe media urbana per trasformare il paese in una nazione commerciale e industriale al pari delle nazioni europee. Finalmente, riesce ad ottenere un sistema previdenziale unificato e un’organizzazione scolastica sottratta ai privati e alla Chiesa.

Il partito di González è più leaderistico che di massa, egli è infatti sia segretario socialista, capogruppo parlamentare che capo del governo; promette alla sinistra quello che vuole sentire e quello che la destra pretende. Nonostante la riduzione di consensi, conseguenza di impopolari scelte economiche e la frattura con il sindacato socialista, rimane al potere e assicura così stabilità di governo al paese anche nella seconda metà del decennio.

La posizione della Chiesa, in Spagna, a partire dalla Transizione democratica, vede la religione sempre più distante dalla società, l’affievolimento dello spirito missionario, un clero invecchiato, un allontanamento delle nuove generazioni dalla Chiesa, una certa stanchezza ecclesiale nell’evangelizzazione, associata a una crisi degli ordini religiosi e delle congregazioni da un lato e, dall’altro, l’effervescenza di movimenti laici ed un grande impulso all’attività caritativa. Proprio lo studio di Ysás18, nell’esaminare i momenti decisivi per il processo di Transizione, pone l’accento non sull’abilità dell’élite politica, ma su altri elementi come il rinnovamento della Chiesa: il

17 La storiografia è solita indicare proprio il 1982 come anno in cui si consolida la Transición politica,

ovvero con la vittoria assoluta del PSOE alle elezioni del 28 ottobre e il conseguente arrivo al potere dei giovani dirigenti socialisti. È opportuno, però, ricordare anche la datazione proposta, in termini socioculturali, da Teresa Vilarós nel suo studio El mono del desencanto: Una crítica cultural de la

transición española (1973-1993), in cui colloca i confini della Transición tra il 1973, anno dell’assassinio

del presidente del governo Luis Carrero Blanco, e il 1993, anno in cui viene firmato il trattato di Maastricht (K. MOSZCZYŃSKA-DÜRST, cit., p.20).

18 P. YSÁS, La transición española. Luces y sombras, in Ayer, Vol. 79/10, n. 3, pp. 31-57

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ricambio all’interno dell’episcopato, così come l’insinuarsi, in alcune parti dei settori cattolici, di atteggiamenti critici verso la dittatura. Ysás porta ad esempio la dichiarazione finale della Conferencia Episcopal del 1975, in cui si afferma: «el reconocimiento efectivo de todos los derechos de las personas y de los grupos sociales [...] y formas jurídicas adecuadas por la minoría»19.

Gli accordi della Spagna con la Santa Sede del 1979 si ispirano a principi di liberà, autonomia e indipendenza, da una parte, e collaborazione leale e generosa con lo Stato, dall’altra. I rapporti con il primo governo socialista, a partire dal 1982, non sono facili sia per il progetto politico che intende realizzare, sia per la difficoltà d’intesa su alcune questioni cruciali come la depenalizzazione parziale dell’aborto e la riforma educativa: è ancora massiccia la presenza dei cattolici in tutti i partiti.

1.4.1 Problemi della Transizione

Crisi economica: il Franchismo ha lasciato alla Spagna una duplice eredità: un prolungato periodo di autarchia, unito a un interventismo economico che ha depresso l’economia spagnola, e due decenni di crescita economica comparabili a quelli del sud Europa. Il ritardo con cui si è realizzato lo sviluppo è stato pagato dagli spagnoli con maggiori costi sociali e la mancanza di un bene fondamentale: la Libertà. Il processo di accumulo e di accrescimento dell’economia fino agli inizi degli anni Settanta è costante e stabile simile allo schema dominante nei paesi dell’Europa. La Spagna consumistica sente la seconda crisi petrolifera del 1979 che mina la relativa tranquillità economica e porta preoccupazione nel paese: si accentua una recessione industriale con aumento della disoccupazione, i prezzi salgono e l’inflazione arriva al 25%. La chiusura di fabbriche, i conseguenti licenziamenti dei lavoratori, insieme ad altre iniziative del governo per ridurre la spesa pubblica accrescono il malcontento sociale anche contro il governo socialista e questo porta a diversi scioperi, fino a quello generale del 1988.

La Spagna aderisce all’Unione Europea nel 1986 e per molti anni è considerata un paese ʻpoveroʼ al pari di Portogallo, Grecia e Irlanda. Il paese riceve ingenti sovvenzioni

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da Maastricht che cominciano a dare i loro frutti in investimenti che stimolano l’attività economica e accrescono i consumi e l’occupazione.

Violenza politica: agli scioperi generali convocati nel 1976, all’inizio della Transizione si aggiungono gli attacchi terroristici. Il terrorismo dell’ETA, per esempio, compie addirittura sessantacinque omicidi nel 1978 e mira a determinare reazioni golpiste nell’esercito per sconfessare la democraticità del nuovo assetto politico allo scopo di ottenere l’indipendenza dei Paesi Baschi. I sanguinosi attentati si compiono contro le forze di polizia, l’esercito, uomini politici e magistrati, causando centinaia di vittime negli anni Ottanta.

Il gruppo maoista dei GRAPO, da parte sua, compie attentati rivolti contro le forze armate ed il potere costituito che rappresenta lo stato capitalista borghese oppressore del popolo lavoratore.

Nel 1981 il tenente colonnello della Guardia Civil Tejero irrompe nelle Cortes riunite per eleggere il successore di Suárez e conta sulla sollevazione dell’esercito per proclamare la legge marziale e riportare il paese a destra. La mediazione pacifica del re con i militari fa rientrare il golpe e l’ordine viene ristabilito.

1.4.2 Caratteri della società della Transizione

Per la Spagna il 1975 è una data-simbolo, carica di valori emotivi e psicologici, in quanto segna la fine di un regime autoritario e, dunque, il ripristino delle libertà e della democrazia. Significativi cambiamenti nel costume interessano la società spagnola, almeno nelle grandi città: allontanamento dalla morale tradizionale in materia religiosa, sessuale e comportamentale in genere. Nel dicembre del 1979 la legge sancisce l’indipendenza dello Stato da ogni confessione e dall’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche.

In ambito culturale si conclude una lunga e drammatica esperienza dell’esilio, con il ritorno di alcuni intellettuali e scrittori osteggiati dal regime. L’elenco è lungo, ma tra i più rappresentativi ricordiamo: R. Chacel, M. Adújar, F. Ayala, R. J. Sender, R. Alberti,

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J. Guillén; ne consegue la fine della distinzione del quarantennio franchista tra letteratura dell’interno e letteratura dell’esilio.

Scompare la censura ufficiale, che aveva condizionato gli scrittori e sottratto al pubblico la conoscenza di un’ampia produzione letteraria. Vengono così proposti testi mutilati in precedenza o pubblicati all’estero. Dalla fine degli anni Settanta si è animati dal proposito di contrastare il clima di pessimismo e desencanto diffuso tra gli intellettuali, migliorare il tessuto culturale del paese e la sua immagine internazionale, così vengono costruiti nuovi centri culturali, auditorium e musei pubblici collegati ai grandi circuiti espositivi internazionali. Lo Stato e i governi autonomi iniziano quindi grandi opere nel settore pubblico e privato, molte sono le risorse investite in opere architettoniche. Un fondamentale intervento dello Stato nel cambiamento culturale si ha con la nascita del Ministerio de Cultura y Bienestar nel 1977, in un panorama dominato dall’inerzia culturale, dalla scarsa tutela del patrimonio artistico e dalla necessità di una legislazione o troppo antiquata o del tutto inesistente: le prime leggi di protezione dei beni artistici risalgono al periodo repubblicano; al contrario, gli interventi in materia culturale in epoca franchista sono ridotti e di importanza secondaria. Il ministero punta a una “democratizzazione culturale” attraverso programmi di animazione socioculturale, stimolazione della circolazione culturale a livello locale, valorizzazione degli artisti esuli rimpatriati, esposizioni, omaggi, inaugurazioni di mostre. I finanziamenti per il mondo della cultura si moltiplicano, nonostante per l’economia spagnola si tratti di una tappa caratterizzata da forte disoccupazione ed alto livello di inflazione. Per Solana, ministro socialista, la cultura doveva diventare il vero strumento in grado di veicolare i nuovi valori e partecipare al cambiamento di mentalità all’indomani della dittatura. Seguendo questa direzione, diversi sono gli investimenti per biblioteche e archivi, viene promossa l’iniziativa dell’ingresso gratuito ai musei e l’importante trasferimento delle competenze culturali alle Comunidades autónomas. A livello municipale la democratizzazione della cultura si associa a individualismo, disimpegno e, talvolta, a trasgressioni urbane della

Movida.

La ritrovata voglia di vivere trova la massima espressione nella movida madrileña che, attraverso tutte le arti, i gruppi rock e punk, i locali, i programmi tv e radio, le foto, la pittura, le riviste, crea un movimento sociale ed artistico, partito proprio da Madrid e poi diffuso alle altri grandi città spagnole, anche grazie alla spinta dei politici socialisti, con lo scopo di dare un’immagine moderna e libera della Spagna: notti madrilene molto

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movimentate in cui i giovani possono finalmente uscire, divertirsi, interessarsi alla cultura alternativa, underground e talvolta anche agli eccessi della droga. In questo clima nascono etichette discografiche indipendenti che permettono di fare musica diversa da quella promossa dalle multinazionali del disco. Anche la cinematografia si risveglia e diviene presto portavoce della frenesia che segue la fine della dittatura. L’esponente più conosciuto della ritrovata vitalità artistica è Pedro Almodóvar con i suoi film ironici, sensuali ed estremi, che rappresentano il nuovo corso del cinema spagnolo.

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CAPITOLO II

TRATTI DELLA NARRATIVA SPAGNOLA DAGLI ANNI

QUARANTA AGLI ANNI OTTANTA

2.1 GLI ANNI QUARANTA

Le elezioni politiche del febbraio del 1936, in Spagna, vedono lo scontro fra due blocchi, il Fronte Popolare di centro sinistra e il Fronte nazionale di destra, da cui uscirà vincitore il fronte progressista. Tuttavia, come si è visto, tra il 17 e il 18 luglio scoppia la sollevazione militare dei nazionalisti spagnoli con a capo l’uomo che determinerà il futuro della Spagna, il generale Francisco Franco, appoggiato dai militari a lui fedeli. Avrà così inizio, come si è visto nel capitolo precedente, una guerra civile che terminerà solo tre anni dopo, nel 1939. Per tutta la durata della guerra i massacri e le procedure sommarie nelle esecuzioni dei prigionieri avvengono con una ferocia inaudita, portando all’interno della società civile un’aspra e acuta tensione sociale che si mantiene per molti anni20. È necessario ricordare che nel marzo del 1939 i nazionalisti del Caudillo vincono su una Spagna stremata: ciò ha come conseguenza che, non solo i franchisti determinano la politica economica e sociale del paese, ma si arrogano anche il diritto di arbitri indiscussi di tutte le politiche e chiaramente anche delle scelte autoritarie tanto sull’arte quanto sulla letteratura in generale.

Accennando alla letteratura nel periodo della guerra civile, non si può non ricordare che si cerca di attualizzare tanto la poesia come la narrativa alla particolare situazione venutasi a creare. Poeti come Rafael Alberti del Poeta en la calle e altri del valore di Antonio Machado, Miguel Hernández e Luis Cernuda, solo per citarne alcuni, difenderanno, e non solo a parole, la Repubblica. Sono noti i casi della morte di Hernández nelle prigioni franchiste e, ancor più famoso, quello della fucilazione del poeta Federico García Lorca avvenuta nei pressi di Granada per mano dei nazionalisti. Anche in ambito narrativo ci sono voci vicine alle idee repubblicane di un certo valore, come Ramón J. Sender, per citarne almeno una. Molti degli intellettuali di questo particolare

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periodo storico scelgono, però, di schierarsi con il regime; tra questi un letterato dello spessore di Miguel de Unamuno, che fa sue le idee nazionaliste, rimanendone poi così deluso da morire di crepacuore una volta comprese le reali finalità che muovono le forze del dittatore21.

Alla fine della Guerra Civile, con la caduta della Repubblica, molti degli intellettuali suoi sostenitori si vedono costretti a fuggire da una Spagna repressa, resa statica e violenta dall’autoritarismo franchista. Il regime si inserisce, di fatto, nella vita culturale con l’entrata in vigore della censura, ossia un controllo poliziesco dell’attività letteraria, ma anche grazie alla presenza di autori vicini al potere, di discutibile valore. Tutto ciò determina, nel decennio tra il 1940 e il 1950, una forte intolleranza intellettuale: per un folto gruppo di scrittori e pensatori si apre una stagione dell’esilio, forzata o scelta, per non essere privati della libertà, se non addirittura della stessa vita. Tra gli autori più famosi si ricordano Francisco Ayala, Ramón J. Sender, Max Aub, Rosa Chacel, che sono costretti a vivere e dunque anche a pubblicare i loro lavori fuori dai confini spagnoli (in Francia e poi in America Latina o negli Stati Uniti). In questo periodo uno dei temi più ricorrenti è quello della Guerra Civile, analizzata politicamente e soggettivamente dagli scrittori22. Si cerca, in questo tipo di letteratura, la spiegazione, la causa, i motivi di una guerra interna e fratricida. Una particolarità che ricopre questo evento specificatamente ispanico è che anche scrittori stranieri di altissimo livello, come Ernest Hemingway con

Per chi suona la campana, André Malraux con La speranza, scrivono di storia spagnola

dalla loro prospettiva: è importante notare che la particolarità di questi romanzi è che saranno di tipo prettamente diaristico, come per esempio Omaggio alla Catalogna di George Orwell, che darà vita al film di Kean Loach Tierra y libertad del 1995.

A proposito di romanzi, Martínez Cachero afferma che «Los años cuarenta no eran propicios para el experimentalismo narrativo y los novelistas de entonces, jóvenes y menos jóvenes, conocidos y menos conocidos, solían acogerse al realismo»23. La rinascita del romanzo spagnolo di questi anni inizia con opere come La familia de Pascual Duarte (1942), in cui si narrano le confessioni di un condannato a morte volte a motivare i suoi crimini, dei quali incolpa la società disumanizzante; come segnala Rodríguez Alonso,

21 H. THOMAS, cit., pp. 375-377.

22 A. BASANTA, La novela española de nuestra época, Anaya, Madrid, 1990, pp. 6-31.

23 J. M. MARTÍNEZ CACHERO, Los años cuarenta, in Historia y crítica de la literatura española. Época

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Camilo José Cela «pasa por ser uno de los grandes renovadores de la novela española de posguerra con su tremendista La familia de Pascual Duarte (1942), o gran referente de la novela social objetiva y de personajes colectivos de los años cincuenta y sesenta de La

colmena (1951)»24. Questa rivalutazione del romanzo avviene anche attraverso altri scrittori come Carmen Laforet con Nada, per cui vince il Premio Nadal nel 1945: già dal titolo si insinua un riferimento al periodo del dopoguerra (a Barcellona), ovvero a una situazione di desolazione e miseria tanto morale quanto materiale, di sofferenza di una società reale che, per ora, non può far altro che guardarsi dentro e cercare di capire le proprie angosciose condizioni.

Senza arrivare a stilare una lista degli scrittori più rappresentativi di questo decennio in Spagna, non si può prescindere dal citare alcuni nomi quali Juan Antonio Zunzunegui con La úlcera (1949), romanzo che vinse il Premio Nacional nel 1948 e che rientra nella classica linea dell’umorismo spagnolo, oppure opere che cercano nel realismo altri percorsi narrativi come fa Gonzalo Torrente Ballester, che trova nell’ironia e nella parodia l’aiuto per parlare di ciò che era avvenuto pochi anni prima. Riguardo al primo romanzo censurato dello scrittore gallego, Javier Mariño (1943), Manera ci ricorda che «l’opera, dall’andamento lineare e palesemente a tesi, in questioni religiose, politiche e sentimentali, viene giudicata libertina»25.

Quello che succede in questi anni in Spagna è il tentativo, forse illusorio, di riaprirsi alla letteratura europea e americana finora censurate, soprattutto perché possono creare un certo fastidio a una dittatura che ama più un’arte di corte che una letteratura veramente libera. Vi è comunque in Spagna, in questi anni, un gruppo di saggisti e di filosofi, tra cui José Ortega y Gasset, che darà un impulso intellettuale di notevole importanza: forse è stato un piccolo seme per contrastare la dittatura e ha gettato le basi che daranno il loro primi risultati negli anni Cinquanta.

24 M. RODRÍGUEZ, Historia de la literatura gallega, Acento, Madrid, 2002, p. 129.

25 D. MANERA, Narrativa spagnola contemporanea, in G. MORELLI, D. MANERA, Letteratura

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2.2 GLI ANNI CINQUANTA

Gli anni Cinquanta rappresentano, per la Spagna, un decennio decisamente importante per ciò che riguarda la narrativa, ma non solo: si può dire che la totale chiusura culturale in questo periodo viene meno, gli influssi provenienti da fuori i confini iniziano a farsi sentire in maniera più concreta. Gli scrittori spagnoli ricevono nuove energie soprattutto per quanto riguarda l’uso delle tecniche narrative, come nel caso del Neorealismo italiano26, con Alberto Moravia o Cesare Pavese, l’esistenzialismo francese, con Sartre, e gli scrittori americani come William Faulkner, Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald. Queste influenze determinano la presenza in Spagna di un neorealismo che deriva direttamente da un realismo social27 in cui si cerca più fortemente la denuncia sociale che l’effettivo apporto artistico dell’opera, arrivando a testi di aspra contestazione contro le prepotenze di una società di classe profondamente ingiusta: chiaro è il motivo per cui poche opere di allora sono oggi ricordate, essendo decisamente limitate nel loro valore letterario. Con il Neorealismo degli anni Cinquanta si comincia invece a coniugare di più la dimensione sociale a quella artistica; in tale dimensione vanno opere come El

Jarama (Premio Nadal 1995) di Rafael Sánchez Ferlosio, in cui si rappresenta la vita di

un gruppo di ragazzi che passa una giornata in una trattoria presso la riva del fiume Jarama assieme alla gente del posto. La narrazione, di sedici ore, di una domenica estiva avviene, magistralmente, attraverso i dialoghi e i gesti dei personaggi registrati con impareggiabile accuratezza e incorniciati dalla descrizione oggettiva del paesaggio, come in un film. Altri autori, anche se non raggiungono il livello di Ferlosio, sono capaci di tradurre la realtà giornaliera in opere degne di essere ricordate; è il caso di Los bravos (1954) di Jesús Fernández Santos o Entre visillios (1958) di Carmen Martín Gaite. Notiamo anche che,

26 Il termine sta ad indicare gli orientamenti predominanti della cultura letteraria e artistica italiana nel del

decennio 1945-55. Il neorealismo investe tutte le arti, in particolare il cinema (Rossellini, De Sica), riaffermando l’esigenza dell’impegno, della concretezza e dell’obiettività «Contrappose polemicamente nuovi contenuti (partigiani, operai, scioperi, bombardamenti, fucilazioni, baraccati) […]; cercò un mutamento radicale delle forme espressive […] un linguaggio nuovo, non letterario, che corrispondesse all’urgenza dei nuovi valori umani e sociali» (cfr. C. SALINARI, Preludio e fine del realismo in Italia, Marano, Napoli, 1967, p. 39).

27 Il realismo social è un movimento che nasce in Spagna negli anni Cinquanta, il romanzo che ne segna

l’inizio è La colmena di Camilo José Cela. Le opere del movimento fanno una denuncia sociale e hanno protagonisti collettivi, in modo tale che l’autore possa esprimere un sentimento di solidarietà verso le classi sociali più povere, criticando la poca moralità della borghesia. Altri autori del valore di Cela sono Miguel Delibes, Rafael Sánchez Ferlosio, Gonzalo Torrente Ballester, Carmen Martín Gaite, Luis Goytisolo e altri che presero il nome di Generación de Medio Siglo.

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in questa generazione degli anni Cinquanta, gli autori si impegnano in un lavoro di studio tra ciò che è la vera e propria scrittura e la visione della società che li circonda; essi divengono testimoni degli accadimenti sociali e si sentono, in certo qual modo, come l’unica speranza per denunciare situazioni che un giornalismo che vive sotto la censura non può permettersi di fare.

Va ricordato che in questo particolare decennio anche in Spagna si hanno opere di notevole valore narrativo, anch’esse portate sugli schermi cinematografici, come La

colmena di Cela, opera pubblicata a Buenos Aires nel 1951, in cui si racconta l’esistenza

dura e amara di una famiglia di Madrid del 1943; tuttavia, ciò che più importa è che la struttura narrativa del testo diventa il modello di romanzi neorealisti, dove le sequenze interdipendenti all’interno dei capitoli stessi sono il luogo per un’adeguata sistemazione dei problemi esistenziali e dei vissuti dei protagonisti: l’opera diventa quindi fondamentale per il rinnovamento del romanzo in Spagna di questo periodo.

Altri scrittori di una certa importanza, per quanto riguarda il lavoro di rinnovamento della letteratura, sono Miguel Delibes e Álvaro Cunqueiro. Delibes si può definire (pubblicando quasi un romanzo all’anno) un cronista della civiltà contadina castigliana e delle semplici vicende di provincia, con un’attenzione particolare alla lingua parlata. Il suo racconto realista si differenzia per la grande capacità descrittiva miscelata a un’umanità che non scade mai nel sentimentalismo pur narrando delle peggiori ingiustizie sociali. Non mancano esperienze d’altro tipo, come la vena fantastica di Álvaro Cunqueiro: poeta e drammaturgo galego, elabora una narrativa che celebra la fantasia e la vitalità al posto del quotidiano, opponendosi al dominante realismo sociale, come ci ricorda Justo Gil:

La intención de esta narrativa es, simplemente, el puro juego estético, la evasión, el sorprender y maravillar al lector que se ve sumergido en un mundo fantástico y atraído por la capacidad de fabulación del autor. Cunqueiro no ppretende crear una ilusión de realidad o verismo, no hay duda de que estamos en un cosmos fantástico y esto es

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evidente para el lector que, encomplicidad con el autor, en ningún momento se identificaa con el mundo narrado. Se mantiene siempre en una posición distanciada, a lo que contribuyen los anacronismos, geográficos e históricos, como ricurso estilístico, la introducción de referencias culturales, la fusión de lo real y lo imaginario vista con una óptica humorística, paródica y deformadora, pero cargada de profundo lirismo que se desprende de la fascinación que siente Cunqueiro por este mundo mítico y legendario28.

In questo decennio, da un punto di vista storico, in Spagna succedono un paio di episodi determinanti per una prima, anche se tenue, apertura al mondo esterno. Nel 1955 la Spagna viene accettata nell’ONU e nel 1959 il presidente statunitense Eisenhower va in visita da Franco: è la prima visita ufficiale di un presidente democratico al dittatore spagnolo, è l’inizio di un nuovo rapporto, anche se sempre sotto la dittatura ferrea, con il mondo. Quest’evoluzione delle relazioni internazionali porterà a una situazione di un più ampio respiro per ciò che riguarda l’arte in genere, pensiamo anche a certi pittori come Juan Miró o lo stesso Picasso, il quale, nonostante viva in Francia, non si distanzia né mentalmente né emotivamente mai dalla sua terra d’origine.

Nuovi orizzonti si stanno aprendo in tutta Europa e non solo, questo fa in modo che la Spagna, anche se pur sempre imbrigliata dalla dittatura, riesca ad ampliare certe visioni verso ciò che è straniero: ovviamente i primi che recepiscono questa importante situazione storica sono gli artisti in generale e, come sarà evidente più avanti, alcuni scrittori avranno un momento e un’occasione rilevante per la costruzione di una letteratura di alto significato artistico e sociale.

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2.4 GLI ANNI SESSANTA

Negli anni Sessanta il processo di apertura continua sempre a singhiozzo: questo è dovuto alla presenza di una dittatura che insiste con il suo processo autarchico di politica del paese. In senso culturale si nota, infatti, un certo contatto con l’esterno; da segnalare a tal proposito è la circolazione di romanzi ispanoamericani di autori come Gabriel García Márquez con Cien años de soledad, Mario Vargas Llosa, Julio Cortázar, che entrano in simbiosi con la letteratura spagnola. L’opera che ne determina un cambiamento notevole è, però, senza dubbio Tiempo de silencio (1962) di Luis Martín-Santos, che precorre una nuova tecnica di scrittura. Santos pubblica un romanzo di tipo sociale, ma l’importante è che tra le sue pagine si può ritrovare un rinnovamento linguistico e una nuova tecnica narrativa. Lo stile è artificioso, l’uso delle figure retoriche è massiccio, cosparso di neologismi, arcaismi, voci dotte vicino ad altre gergali; il narratore interviene con commenti, riflessioni e divagazioni; in controtendenza, i dialoghi sono pochi rispetto ai soliloqui o al discorso indiretto. L’autore va oltre la semplice denuncia, che a volte poteva far ricordare un uso quasi giornalistico della letteratura. Santos, per il suo lavoro, ha la possibilità di leggere opere famose come l’Ulisse di James Joyce e da queste recupera l’uso del monologo interiore29, assai presente tra le sue pagine30.

Il realismo social sta ultimando il suo periodo, i lettori si erano stancati e per gli stessi scrittori, soprattutto quelli nuovi, inizia ad essere una zavorra troppo pesante. In questo periodo si ha uno sviluppo del romanzo più intimo, personale, si può affermare che nasca dall’esigenza di contrapporsi al realismo che, fino a quel momento, non ha lasciato spazio allo sviluppo di tipologie di scrittura diverse. Il realismo di denuncia ha portato a una concezione impegnata della letteratura, ma, in questo decennio, si va oltre le varie forme di realismo. Gli scrittori, anche se schierati politicamente, si svincolano dal dovere di testimonianza politica nelle loro opere; si diffondono il soggettivismo e il monologo interiore, si moltiplicano i punti di vista: c’è un’apertura a nuove tecniche compositive.

29 «Il monologo interiore è una forma di autoanalisi che [...] non implica il discorso del personaggio e la

presenza di un ascoltatore: il lettore è direttamente introdotto nella vita interiore del personaggio, senza alcuna chiosa o spiegazione o intervento estrinseco» (A. MARCHESE, L’officina del racconto, Mondadori, Milano, 1990, p. 177).

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In Spagna nasce un percorso letterario che seguono molti scrittori come Juan Marsé, Juan Benet o Ana María Matute. Questi autori mettono da parte la realtà per un uso nuovo, creativo della lingua, rifiutando i vecchi modelli estetici. Questo tipo di romanzo, che possiamo definire di carattere sperimentale, affronta il percorso letterario spagnolo, determinando un discorso contrario ma uguale a quello che ha portato avanti il realismo. È da sottolineate che il livello di produzione del romanzo sperimentale è stato come quello del romanzo realista, in certi casi assai eccessivo.

Ciò che succede alla fine degli anni Sessanta in molti paesi occidentali è assai noto: il Sessantotto, che inizia nel maggio dello stesso anno in Francia così come in Italia o in Germania, travolge alcune nazioni in maniera più netta (si pensi alla stessa Italia), mentre altrove si vive questa rivoluzione culturale in modo meno diretto e sconvolgente: è il caso della Spagna. Sempre sotto una dittatura rigida e fredda, in alcune università, come la madrilena Complutense, alcuni gruppi si costituiscono per andare contro il potere di Franco rivendicando una libertà negata da troppo tempo. Vi furono vari scontri tra studenti e polizia in quei mesi, ovviamente repressi: questo periodo tuttavia segnerà il lento inizio della fine della dittatura di Franco, l’inizio di un’agonia dittatoriale che si concentra tra il 1968 e il 1975, data della morte del dittatore.

2.4 GLI ANNI SETTANTA

Il 1975 è una data particolare per la Spagna, poiché la morte di Franco avviene in un anno in cui esce il libro che determina un cambio di un certo livello nella letteratura spagnola: La verdad sobre el caso Savolta (1975) dello scrittore catalano Eduardo Mendoza. È un romanzo in cui si mischiano molteplici stili: si passa da tecniche più vicine al romanzo d’appendice ad altre più simili al romanzo poliziesco. Come sostiene Valeria Scorpioni Coggiola31, La verdad sobre el caso Savolta non segna la fine di un genere letterario per proporne uno nuovo, bensì indica «la prima vera reazione al vuoto argomentale del romanzo […] esempio degno di nota sia dell’estetica postmoderna, sia della funzione testimoniale indiretta nei riguardi dei problemi sociali». Impossibile

31 V. SCORPIONI COGGIOLA, Tempo di silenzio e tempo di parola, Il Segnalibro, Torino, 1995, pp.

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