Destination Management Organization e Marketing Territoriale
4.4 Destination marketing, immagine e comunicazione
Il destination marketing, fondandosi sulla promozione di un’offerta turistica territoriale integrata e coesa, focalizzata sui punti di forza e unicità, che contraddistinguono una destinazione e la rendono attraente, è in grado di apportare numerosi benefici se gestito con un’adeguata pianificazione strategica. Esso ha la potenzialità di generare senso di appartenenza e identificazione presso la comunità dei residenti, degli operatori turistici e degli altri stakeholder che entrano in relazione con il progetto; può aumentare l’attrattività dell’intera destinazione e assicurare la sostenibilità delle offerte turistiche nel lungo periodo. Tuttavia, il beneficio maggiore dall’adozione di una politica di destination marketing, si ottiene a livello di immagine.
Infatti, mettendo a punto un’offerta distintiva e specifica, anziché generica e frammentata, si limita il rischio di fornire al mercato
informazioni e stimoli contrastanti, che indeboliscono il
posizionamento della destinazione; se ciò accadesse, l’immagine ne risulterebbe fortemente danneggiata, poiché basata su promesse contraddittorie e poco credibili. Il risultato sarebbe la confusione e l’incertezza presso i potenziali turisti, non in grado di riconoscere nell’offerta l’attitudine a fornire l’esperienza desiderata e cercata.
Come nel caso dei servizi in generale, che non possono essere provati e valutati prima dell’uso poiché produzione e consumo avvengono contestualmente, il processo decisionale d’acquisto dei prodotti turistici si fonda soprattutto su considerazioni soggettive, influenzate dal passaparola, e fondate sulla formazione di un’impressione relativa
alle alternative disponibili prima dell’acquisto. Nell’ambito turistico, tale impressione costituisce l’immagine che le persone detengono di una destinazione.
Una volta individuati i fattori dell’immagine, che sono decisivi nell’indurre il proprio target all’acquisto, si dovrà pervenire alla definizione dell’immagine che si intende far percepire al mercato. Essa dovrà in generale costituire una sintesi dei punti di forza e dei caratteri distintivi della destinazione, con un’enfasi particolare sugli aspetti individuati come più attrattivi per i segmenti cui ci si rivolge; in quest’ambito se ne dovrà definire chiaramente il posizionamento desiderato rispetto alle immagini delle destinazioni concorrenti.
Questo insieme di operazioni è importante e delicato perché l’immagine rappresenta un concetto soggettivo, non completamente forgiabile da chi ne cura il marketing, attraverso l’informazione (commerciale e non) sulla destinazione, e la definizione dell’offerta turistica. Inoltre, l’immagine delle località deriva anche da aspetti non controllabili dalle DMO e non solo di natura turistica, quali la geografia, la storia, la cultura, l’associazione a personaggi famosi, la politica, l’economia, ed altri ancora. Malgrado questi limiti e, anche a causa di essi, il processo di pianificazione strategica di destination
marketing deve costantemente preoccuparsi della gestione
dell’immagine, tenendo sotto controllo il suo evolversi presso i pubblici obiettivi ed accertandone l’adeguatezza.
L’ultima fase dello “Strategic Image Management” consiste nella comunicazione, rivolta al proprio target, dei benefici salienti dell’immagine.
Sebbene il compito sia complesso, le DMO detengono un margine d’azione attraverso cui intervenire sulla formazione dell’immagine delle destinazioni; questo margine d’azione è per lo più costituito proprio dalle attività di informazione e comunicazione che si possono realizzare a tal fine. È importante che ad essere sviluppati siano messaggi sintetici collegati alle immagini, che al contempo inglobino l’essenza di un luogo, differenzino la destinazione dalla miriade di concorrenti che offrono prodotti simili e siano percepiti come significativi da mercati eterogenei e dinamici (Pike S., 2004).
Non sempre è possibile garantire la corrispondenza fra messaggio e realtà ed esiste il rischio di promuovere un’immagine non adeguatamente compresa, sostenuta e rispecchiata da chi entra in contatto con il turista e ne determina l’esperienza reale del luogo. Per ridurre tale rischio, è importante che la DMO svolga una costante attività di consultazione di tutti i gruppi di attori che intervengono più o meno consapevolmente nel diffondere l’immagine della destinazione e che provveda ad accertarsi periodicamente che quest’ultima sia al contempo idonea ad attirare il target e condivisa fra tutti gli stakeholders (Beeton S., 2005); inoltre, quanto più l’immagine sarà semplice e realistica, tanto minori saranno i rischi di una sua mancata comprensione e condivisione a livello locale.
Le notizie fornite dalla stampa e dai servizi di informazione seguono orientamenti del tutto diversi dalla promozione commerciale dei territori e hanno ad oggetto aspetti che, pur influenzando l’immagine delle destinazioni turistiche, non necessariamente si riferiscono all’industria del turismo. Per quanto riguarda la popular culture, lo spazio di intervento è maggiore e alcune DMO hanno cominciato ad
impiegare metodologie di promozione turistica che sfruttano la forte suggestione che libri e film soprattutto sono in grado di esercitare su lettori e spettatori. È su questo potere che si fonda il film-induced
tourism, la cui portata non è tuttavia mai facile da prevedere e gestire.
Non sono molte le DMO che hanno integrato la propria strategia di comunicazione con il ricorso al grande schermo quale veicolo dell’immagine desiderata e, ancora meno, sono quelle che vi sono riuscite in modo efficace ed efficiente. Alla base di questa situazione ci sono soprattutto la complessità di un fenomeno, il film-induced tourism, ancora solo parzialmente conosciuto e lo scetticismo circa le potenzialità di questo strumento.
È auspicabile che le DMO prendano coscienza della reale opportunità che il film-induced tourism rappresenta, della significativa influenza sull’immagine che può esercitare a costi più contenuti di molti altri strumenti di comunicazione e del successo turistico che ha decretato in molte località; è però altrettanto importante che si conoscano le condizioni che lo possono favorire e facilitare, i limiti che esso presenta e le controindicazioni che a volte si accompagnano ad un suo ricorso non adeguatamente governato.
Per poter impiegare il mezzo audiovisivo nell’ambito del destination
marketing, destinarne una parte delle enormi potenzialità
comunicative a proprio favore, sia nella diffusione dell’immagine strategica, sia nello stimolo alla visita della propria destinazione e, al contempo, prevederne e contenerne o evitarne potenziali effetti collaterali che rischiano di comprometterne il successo e di generare nuovi ordini di problemi, la parola d’ordine è ancora una volta una sola: pianificazione (Craparotta E., 2008).
I primi casi di film-induced tourism si sono prodotti in seguito alla raffigurazione di una località in una produzione audiovisiva, in modo del tutto non programmato e per sole esigenze di copione; tuttavia, casi di turismo generatosi spontaneamente, anche in assenza di attività promozionali turistiche correlate a film o serie televisive, si registrano tuttora, nonostante il riconoscimento diffuso che il fenomeno ha ricevuto negli ultimi dieci anni. In sostanza, il film-induced tourism è spesso ancora un fatto accidentale (Beeton S., 2004).