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DMO e marketing territoriale

Destination Management Organization e Marketing Territoriale

4.1 DMO e marketing territoriale

Negli ultimi anni, il contesto competitivo in cui si trovano ad operare le organizzazioni turistiche si è modificato in modo diffuso, caratterizzandosi per un dinamismo senza precedenti. La situazione con cui gli addetti ai lavori devono, oggi, confrontarsi è estremamente complessa e non si fonda più su quella regolarità di flussi che nei decenni scorsi ha decretato il successo, mantenutosi nel tempo con una certa stabilità, di molte località turistiche.

La competitività di un territorio trae origine dalla dotazione di risorse di cui dispone. Tuttavia è comune trovare territori che, seppur dotati di rilevanti fattori di attrazione, non sono in grado di reggere la competizione. Ciò dipende in larga parte dalla scarsa capacità di integrarli con un adeguato mix di servizi turistici e di dar vita a comportamenti più collaborativi e manageriali. A creare il prodotto turistico contribuiscono, principalmente, (Casarin F., 2007):

− gli elementi di attrazione nella destinazione o nelle aree di transito,

siano essi a carattere naturale (spiagge, montagne, ambienti naturali peculiari), artificiale (città, opere d’arte, eventi), sociale (modi di vita locale, occasioni di socializzazione);

i servizi e le facilities presso la destinazione o nelle aree di

transito, quali strutture ricettive, ristorative, ricreative, trasporti presso la destinazione, punti vendita al dettaglio;

− gli elementi di accesso alla destinazione, tra cui infrastrutture

− l’immagine della destinazione nel complesso, che tende ad estendersi alle singole organizzazioni operanti in loco.

Se una sola delle componenti viene percepita come negativa, o non all’altezza delle aspettative, è l’intera esperienza a risentirne e l’impressione di insoddisfazione tende ad oscurare anche gli eventuali aspetti positivi legati al resto dell’offerta turistica. In definitiva è possibile affermare che la capacità di attrarre flussi turistici non deriva semplicemente dall'azione di singole componenti territoriali ma è la risultante di un'attività sistemica che sintetizza tutte le componenti territoriali in un coeso e coerente piano di sviluppo turistico capace di esprimere ed integrare i diversi interessi.

A tal proposito un ruolo fondamentale è occupato dalle Destination Management Organization (DMO). Tradizionalmente, si parla di destination marketing organization ma, in effetti negli ultimi anni, pur riconoscendo l'importanza del marketing, un'analisi più approfondita evidenzia l'esistenza di un insieme di attività più generale che include funzioni tipiche del marketing ed aggiunge altre attinenti lo sviluppo turistico della destinazione. Per un’impresa è necessario definire il contesto in cui opera, l’aria di business nella quale vuole impegnarsi, i prodotti che vuole portare nel mercato, i concorrenti con i quali si confronta, l’organizzazione e le risorse in genere sulle quali può contare. Allo stesso modo, per una destinazione diventa fondamentale definire alcuni aspetti per poi comprendere come muoversi nel tentativo di costruire quella progettualità che è assieme mezzo e fine dell’essere destinazione.

Le destination management organization “sono principalmente istituzioni pubbliche che si occupano di marketing, branding, pianificazione, training e formazione in una destinazione” (Werthner H., Klein S., 1999).

Vari autori 12 hanno osservato che una DMO si può organizzare e

sviluppare in:

− dipartimento istituzionale o una sua divisione;

− agenzia pubblico-privata;

− organizzazione No-profit;

− organizzazione privata.

Principalmente le DMO si rivolgono ai tour operator e ad agenzie di viaggio (canale indiretto) ma anche ai turisti, quando essi stessi confezionano dei pacchetti turistici (canale diretto). I primi due da questa interazione ricavano informazioni sulla domanda turistica, una maggiore qualità dell’offerta e una riduzione dei costi. Il vantaggio per i turisti che usufruiscono del loro servizio invece è relativo al reperimento di informazione a basso costo e facilmente acquisibile, assistenza dovunque e in qualsiasi momento e una personalizzazione dei servizi offerti. Ma i vantaggi riguardano anche gli operatori privati del territorio in cui esercitano le DMO, infatti garantiscono sviluppo e rafforzamento dell’immagine della destinazione, una destagionalizzazione del flusso turistico, monitoraggio della customer satisfaction, consulenza e informazione.

12

M. Franch and U. Martini, Destination management, Giappichelli Torino, 2002; e Ritchie, J. R. Brent and Geoffrey I. Crouch, The Competitive Destination: A Sustainable Tourism Perspective,

CABI Publishers, Wallingford, Oxon, UK, 2003 in R. Filieri, Destination Management

Facendo un’attenta analisi delle funzionalità delle DMO si possono rilevare tre temi condizionanti: quelli relativi alla governance, ai

prodotti offerti e all’estensione territoriale. Per il primo si tratta di

definire che cosa debba effettivamente presidiare un percorso di destination management, fin dove debba spingersi, di quali aspetti debba occuparsi e in quale modo vincolare le scelte dei singoli. Su questo punto i pareri degli studiosi sono discordanti: si privilegia talvolta un paradigma strettamente normativo, particolarmente vincolante, talaltra, una visione più elastica di semplice indirizzo, lasciando poi al singolo contesto la scelta sulle specifiche modalità applicative di quello che è, appunto, una filosofia, un approccio, più che un sistema di regole (Howie F., 2003).

Una definizione che chiarisce i confini e gli obiettivi dell’approccio senza renderlo eccessivamente vincolante nell’applicazione, per altro mutevole a seconda dello specifico contesto, è la seguente: <<[…] il

destination management si delinea come un approccio di gestione strategica e operativa che non può essere ridotto ad una “collezione” di strumenti ed esperienze, per quanto innovativi, da applicare, ma deve essere inteso come un percorso, un processo che può condurre a rivedere e ripensare nel suo insieme il sistema di risorse ed attori che, dinamicamente, si costituisce e dà vita all’economia turistica di un area>> (Tamma M., 2007). Attraverso questa interpretazione si tiene

conto della peculiarità di riferirsi ad un territorio, che difficilmente può essere costretto entro un sistema rigido di norme e regole, senza però svilire l’obiettivo e l’azione di governante, che deve essere garantita al territorio perché diventi destinazione.

Altro tema delicato è quello che lega prodotti e destinazione. Nel momento in cui si riferisce alla destinazione come ad un territorio organizzato in grado di offrire un’esperienza completa a chiunque la sceglie per il proprio soggiorno, è lecito interrogarsi sulla coincidenza della prima con un ampio concetto di prodotto, considerato magari nell’accezione del prodotto turistico evoluto, ovvero in quella di

<<prodotti che hanno alle spalle una offerta sistemica alla quale partecipano più attori, privati e pubblici, e nella quale siano presenti modalità collaborative interaziendali che configurano un sistema complesso di tipo adattivo>> (Rispoli M., 2001). La quantità e la

varietà di prodotti offerti dovranno trovare sintesi nel tema dominante delle politiche di marketing e, quindi, nella definizione del posizionamento e nella declinazione dell’uso delle leve: dalla comunicazione al prezzo, alla distribuzione.

Terzo tema di rilievo è quello dell’estensione territoriale da applicare al concetto di destinazione. In tal caso si tratta di individuare in quale area rilevare la presenza di fattori e risorse capaci, anche, di assegnare un “carattere” all’area stessa, l’eventuale presenza di un’azione corale da parte degli operatori pubblici e privati e la costruzione di prodotti da offrire al mercato. In questo caso è possibile optare per un approccio di tipo amministrativo, di offerta o di domanda.

Con il primo si attribuisce solitamente un rilievo condizionante ai confini amministrativi di un territorio: in tal caso la destinazione finisce con l’essere una città, una provincia, una regione, magari in ragione del fatto che il percorso-processo di destination management vede una specifica autorità di governo locale farsene artefice.

Con il secondo approccio l’attenzione si sposta sull’esistenza di concentrazioni di imprese a diverso titolo impegnate nella macroindustria turistica. La logica è quella dello sfruttare condizioni

di produzione particolarmente vantaggiose per ottimizzare

performance e risultati.

Il terzo, quello di domanda, è un criterio che aggancia l’essere destinazione alla percezione della domanda: è il turista che individua un territorio come capace di offrire uno o più prodotti, eleggendolo quindi a destinazione.

Il nuovo modo di fare il turismo coinvolge tutti: alberghi, tour operator, vettori aerei, trasporti e, non ultimi, gli uffici del turismo, che più che essere uffici del turismo, preposti alla semplice diffusione del materiale informativo, devono invece preoccuparsi della destination management organization, secondo una metodologia di approccio assolutamente diversa da quella adottata fino ad ora.