L’imposta municipale unica, o propria, riconosce, ai titolari di un’abitazione
principale, prevalentemente due agevolazioni, la prima a tutela della famiglia, la
seconda del nucleo familiare.
Il comma 10 dell’articolo 13, nella sua prima parte, si esprime come segue:
“Dall’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200 rapportati al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Per gli anni 2012 e 2013 la detrazione prevista dal primo periodo è maggiorata di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale. L’importo complessivo della maggiorazione, al netto della detrazione di base, non può superare l’importo massimo di euro 400. I Comuni possono disporre l’elevazione dell’importo della detrazione, fino a concorrenza dell’imposta dovuta, nel rispetto dell’equilibrio di bilancio. In tal caso il Comune che ha adottato detta deliberazione non può stabilire un’aliquota superiore a quella ordinaria per le unità immobiliari tenute a disposizione.”
Una prima detrazione, che ricomprende la totalità dei contribuenti proprietari di un immobile adibito ad abitazione principale, viene corrisposta in misura fissa di euro 200. Questa detrazione, in quanto tale, va ad abbattere l’imposta lorda calcolata come visto al capitolo precedente.
È facoltà dei Comuni aumentare tale agevolazione, anche limitatamente ad alcune categorie considerate meritevoli di tutela, nel rispetto dei criteri generali di ragionevolezza e non discriminazione. Oltre a ciò, i Comuni devono fare i conti con l’equilibrio di bilancio.
Nel caso di due coniugi cointestatari dell’immobile, ognuno di questi avrà diritto pro quota a tale detrazione, quindi euro 100 a testa, rapportati su base annua in base al periodo di possesso dei requisiti, il tutto indipendentemente dalla quota “reale” di proprietà di ciascun coniuge.
Pagina | 55 Successivamente, nei casi in cui il nucleo familiare sia composto anche da uno o più figli di età inferiore ad anni 2678, vi è un ulteriore riconoscimento detrattivo dell’importo di euro 50 a figlio, fino ad un massimo di 8 figli, ovvero euro 400. Quest’ultima possibile detrazione è limitata, come si legge dalla norma, solo ed esclusivamente per l’anno in corso e il prossimo, oltre al requisito di età, dimora abituale e residenza anagrafica del nucleo familiare. Non è altresì necessario che il figlio risulti fiscalmente a carico del genitore o dei genitori ai quali spetta l’agevolazione. Per le agevolazioni ai figli, non è concessa la facoltà ai Comuni di effettuare modifiche. Nel caso in cui un contribuente ricada, per sua fortuna, perfettamente nel confine normativo, l’agevolazione “messa sul piatto” dal Governo risulta essere, al massimo, di euro 600.
È evidente come, nel caso l’importo di tali agevolazioni sia superiore all’imposta da pagare, non si manifesta il diritto di credito nei confronti del Comune o dell’Erario, ma vi sarà al massimo l’esenzione dal pagamento, così come accade per gli importi inferiori ad euro 1279, salvo che i regolamenti comunali non dispongano diversamente. Questo importo riguarda l’imposta dovuta nella sua integrità, non è l’importo che può presentarsi a singola rata.
È importante ribadire, in questa sede, che l’imposta è dovuta per anni solari e limitatamente al periodo di possesso dei requisiti. Quindi tutti i calcoli effettuati vanno necessariamente rapportati alla porzione di anno nella quale sussistono i requisiti richiesti dalla normativa.
Di conseguenza, l’agevolazione di euro 200, più euro 50 per ogni figlio, è rapportata ai mesi dell’anno nei quali sussistono i requisiti individuati dalla norma e pro quota. Per chiarezza si forniscono, in questa sede, un paio di esempi.
Nel caso in cui due coniugi, comproprietari, acquistino casa il 15 giugno, i mesi di riferimento per la detrazione, di euro 200, vanno da giugno, compreso, a dicembre. Il riconoscimento avviene pro quota, euro 100 a testa, rapportati al periodo.
78 L’agevolazione spetta fino al compimento del 26esimo anno di età; dal giorno successivo a quello in cui si verifica l’evento, si decade dal beneficio. 79 L’art. 25, comma 4, Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Legge Finanziaria 2003), intitolato “Pagamento e riscossione di somme di modesto ammontare” impone quanto segue: “Gli importi sono, in ogni caso, arrotondati all'unità euro. In sede di prima applicazione dei decreti di cui al comma 1, l'importo minimo non può essere inferiore a 12 euro.”
Pagina | 56 È utile dire in questa sede che non è possibile, al momento, presentare un modello F24 unico, come invece avveniva per l’ICI; ogni coniuge deve predisporre il proprio
modello F24 per la propria quota.
La data acquista rilevanza, in quanto se l’acquisto è stato effettuato prima del giorno 15 (o il giorno 15 stesso), il mese si computa per intero nel calcolo della detrazione; nel caso sia avvenuto dopo il giorno 15, il mese non si considera e il calcolo parte dal mese successivo a quello di acquisto. Il reciproco discorso vale nel caso di decadenza dei requisiti dettati dalla vendita, dal giorno 1 al giorno 15, compreso, il mese non si computa nel calcolo, oltre il giorno 15 il mese rientra nel calcolo.
Nel caso delle agevolazioni per il figlio, se vi si presenta una nascita il giorno 15 maggio, il diritto alla detrazione di euro 50 va rapportata in base ai mesi da maggio a dicembre, mesi nei quali si è verificato l’avvenimento che attribuisce il diritto.
Nel caso di compimento del 26esimo anni il giorno 15 del mese di aprile, gli euro 50 di detrazione vedranno riconoscimento proporzionalmente ai mesi in cui il nucleo familiare era in possesso dei requisiti, ovvero da gennaio ad aprile compreso.
Com’è ovvio, a differenza dei casi di una nuova nascita, il compimento del 26esimo anno di età il giorno 14 di aprile, elimina il mese in questione dal calcolo dell’agevolazione, anziché ricomprenderlo.
Le stesse modalità riguardano il caso in cui il figlio, non ancora oltre i 26 anni, decida di andare a vivere per conto proprio, uscendo così dal nucleo famigliare; sarà necessario il calcolo pro quota rapportato al periodo di godimento o meno dell’agevolazione.
Per tutti i casi visti vale la medesima regola, che si ritiene importante ribadire. Il discrimen, ai fini della riconoscibilità delle agevolazioni, è sempre attribuito alla
sussistenza del requisito per almeno 15 giorni.
Si ricorda che non è rilevante, ai fini della riconoscibilità dell’agevolazione per i figli, che quest’ultimo sia fiscalmente a carico. La normativa IMU non fa, sul caso, un’espressa disposizione normativa.
È altresì necessario evidenziare che, nel caso il figlio, a cui spetta l’agevolazione, sia solo di uno dei due coniugi, soltanto in capo a questo genitore spetta la detrazione e solo se il coniuge in questione è anche proprietario, purché in via residuale, dell’abitazione principale, nel quale risiede anagraficamente e dimora abitualmente con il figlio. In caso contrario il coniuge non avrà capienza per poter detrarre la quota del figlio, che non
Pagina | 57 potrà essere preso in carico, ai fini dell’imposta municipale propria, dal “nuovo” compagno della madre, ad esempio.
La necessità per il figlio di dover risiedere anagraficamente e dimorare abitualmente nell’abitazione principale, crea, in alcune circostanze, delle discrepanze.
In “Le risposte del dipartimento ai quesiti del Sole 24 Ore”, viene affrontato il problema del figlio, di età inferiore a 26 anni, che frequenta l’Università in una città diversa da quella di residenza anagrafica, in cui alloggia in un appartamento con regolare contratto di affitto. Si può sostenere che comunque ha la dimora con i genitori e quindi usufruire della detrazione di euro 50?
La risposta del Dipartimento delle Finanze non è, a parere di chi scrive, troppo soddisfacente: “Il quesito non può avere una risposta univoca, poiché dipende da caso a caso. E’ fondamentale, infatti, individuare la dimora abituale; con tale espressione si intende far riferimento alla residenza effettiva che può desumersi sulla base di qualsivoglia elemento di convincimento idoneo a dimostrare la dimora abituale del soggetto in luogo diverso. Occorre verificare, quindi, l’intenzione del soggetto di rimanere stabilmente nel luogo prescelto.”
La risposta non mi sembra consona.
A prescindere dall’intenzione del “giovane” di rimanere stabilmente nel luogo prescelto, che si presta senza ombra di dubbio a portare tale intenzione all’interno del nucleo familiare, in modo da godere a pieno dell’agevolazione concessa, e quindi creare lo spettro di un’elusione fiscale, si può dedurre che la scelta universitaria sia dettata da varie motivazioni, anche qualitative o di merito dei rispettivi atenei universitari. Tale scelta a volte può non essere conforme con le disponibilità reddituali della famiglia che effettua, in favore del proprio figlio, un sacrificio economico. In tale ottica, non è condivisibile l’impronta ministeriale che esclude da tale agevolazione, penalizzando, tra l’altro, il costo da sostenersi per l’affitto dell’appartamento ai fini scolastici. Oltre al fatto che, salvo casi in cui lo studente è effettivamente impossibilitato a tornare a casa con una certa frequenza, ritengo impossibile un eventuale controllo sulla dimora abituale effettiva, rischieremmo di chiedere, con scarsi risultati e poca rilevanza, di scegliere una dimora abituale a piacere, eludendo la normativa.
Troverei personalmente più ragionevole considerare l’agevolazione, vincolandola ad altri parametri, come, ad esempio, la risultanza del figlio fiscalmente a carico, con tutte
Pagina | 58 le ulteriori problematiche che si possono presentare. Ma almeno l’impronta e la soluzione sarebbero univoche.
La seconda parte del comma 10, già incontrata al capitolo 2 in tema di assimilazione all’abitazione principale (al quale si rimanda), prosegue disponendo:
“La suddetta detrazione si applica alle unità immobiliari di cui all’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504; per tali fattispecie non si applicano la riserva della quota di imposta prevista dal comma 11 a favore dello Stato e il comma 17. I Comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale l’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata, nonché l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata. L’aliquota ridotta per l’abitazione principale e per le relative pertinenze e la detrazione si applicano anche alle fattispecie di cui all’articolo 6, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e i Comuni possono prevedere che queste si applichino anche ai soggetti di cui all’articolo 3, comma 56, della legge 23dicembre 1996, n. 662.”
Si ricorda l’assimilazione all’abitazione principale, prevista a livello centrale, per gli immobili con funzione sociale di “casa popolare”, IACP, ATER o comunque denominati, nonché le abitazioni assegnate ai soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa, utilizzate a tale scopo.
L’agevolazione in questo caso è particolarmente incisiva, poiché lo Stato rinuncia esplicitamente alla propria quota di imposta, lasciano al Comune l’integrale introito.
Discrezionale per i Comuni è invece l’assimilazione delle abitazioni lasciate sfitte da
anziani o disabili che abbiano trasferito la residenza in un istituto di ricovero, a seguito di ricovero permanente, nonché gli immobili posseduti da cittadini italiani residenti all’estero, purché non risultino locati.
Anche in tale caso l’agevolazione concessa dal Comune risulta totalmente assimilata all’abitazione principale, in quanto lo Stato rinuncia alla propria quota di gettito80.
80
A conferma di quanto detto, Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento delle Finanze, Circolare n. 3/DF del 18 maggio 2012, pag. 35.
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