• Non ci sono risultati.

Le zone di transizione corrispondono alla porzione di terreno posta immediatamente dietro alla spalla, in cui avviene il passaggio tra la percorrenza di un tratto stradale in rilevato e la percorrenza del ponte.

Questa posizione risulta particolarmente delicata per la pavimentazione, sia nelle strutture tradizionali che integrali.

• Per i ponti tradizionali il passaggio stradale tra rilevato e impalcato è affidato ai giunti di espansione. In particolare si ha la formazione di un fenomeno noto in letteratura come “growth/pressure phenomenon (G/P)”. A seguito delle variazioni termiche e al ritiro, i tratti di pavimentazione tra due giunti di espansione subiscono delle variazioni di lunghezza assorbite dalle contrazioni o elongazioni dei giunti stessi. Nel momento in cui i giunti sono aperti (cioè quando sono soggetti a un accorciamento della pavimentazione) è possibile l’infiltrazione di detriti al loro interno che causano una parziale chiusura del giunto. Lo stesso fenomeno può avvenire anche in corrispondenza di eventuali fessurazioni presenti nella pavimentazione.

33 (Gherardi, 2009/2010). 34 (Lock, 2002)

3. Aspetti statici dei ponti

Figura 3.7: Occlusione delle fessure stradali e dei giunti con detriti 35.

Se la resistenza a compressione dei detriti è sufficientemente elevata, nel momento in cui i giunti (o le fessure) si contraggono in seguito a un aumento di temperatura sono impediti di assorbire gli allungamenti della pavimentazione. La nascita di un vincolo provoca sforzi di compressione nella pavimentazione.

Con il ripetersi dei cicli di allungamento/accorciamento, quindi con l’aumentare del deposito dei detriti, queste pressioni assumono valori sempre maggiori fino al raggiungimento del limite di resistenza.

Nella seguente figura si riporta la crescita delle massime pressioni annuali nel tempo:

Figura 3.8: Andamento qualitativo delle pressioni in una pavimentazione stradale 36.

Le pressioni in questione possono arrivare a 7 MPa che, per una pavimentazione di dimensioni comuni, equivale a considerare una forza di

35 (Burke, Integral and Semi-Integral Bridges, 2009) 36 (Burke, Integral and Semi-Integral Bridges, 2009)

3. Aspetti statici dei ponti

12000 kN; valori maggiori della resistenza prevista per la pavimentazione. I tratti verticali della Figura 3.8 corrispondono a uno scarico delle compressioni nella pavimentazione a seguito della rottura della stessa. Queste rotture possono generare discontinuità e addirittura sollevamento della superficie stradale (blowup).

Figura 3.9: Rottura e sollevamento della pavimentazione stradale sull'autostrada M11 ad Harlow - UK (da Burke 2009).

Sebbene sia un fenomeno spesso trascurato in fase di progettazione è discretamente diffuso ed è possibile trovare diversi esempi tra cui: l’Old Third Street Viaduct di Cincinnati (Ohio), il J. F. Kennedy Bridge di Louisville (Kentucky), il Pecos River Bridge di Carlsbad (New Mexico) e molti altri. Nei tre casi citati il problema appena esposto si è verificato rispettivamente dopo 11, 27 e 30 anni dalla messa in opera; tempi relativamente brevi 37.

In alcuni casi è possibile il verificarsi di danni strutturali come la fessurazione o lo spostamento permanente delle spalle e delle pile; con conseguente annullamento delle funzioni del giunto.

Nei ponti integrali la mancanza di giunti di espansione e la conseguente impossibilità di assorbire gli spostamenti della struttura fanno sì che gli stati di sforzo agenti siano ben maggiori del caso tradizionale. Tuttavia anche la resistenza alle compressioni longitudinali è decisamente superiore e pertanto queste strutture sono in grado di resistere senza macroscopiche conseguenze a queste forze. Il problema si sposta alle zone di transizione esterne alla struttura.

La soluzione ideale, valida anche per i ponti integrali, consiste nel collocare dei giunti trasversali di calcestruzzo tra soletta di transizione e pavimentazione rigida esterna al ponte. La larghezza di questi elementi, particolarmente resistenti a compressione, è generalmente compresa tra 0,3 e 1,2 m.

• Nelle strutture integrali gli studiosi si interrogano ancora sulla necessità di una soletta di transizione, ovvero di una lastra di calcestruzzo posta sopra al terreno e collegata alla spalla. Gli scopi di queste installazioni sono:

3. Aspetti statici dei ponti

• evitare la percezione dei cedimenti del terreno che si verificano sul retro delle spalle dei ponti integrali;

• limitare la compattazione del terreno in seguito al continuo transito dei veicoli;

• evitare la filtrazione di acqua nel terreno e i relativi problemi di erosione del terreno;

• evitare il contatto tra dispositivi di appoggio e agenti aggressivi nei ponti semi-integrali.

L’installazione di questi dispositivi richiede diverse scelte progettuali, tra cui:

• vincolo tra spalla e soletta; • lunghezza della soletta;

• progetto della piastra come interamente appoggiata al terreno per tutta la sua lunghezza o solo alle estremità;

Le soluzioni più utilizzate prevedono:

• la realizzazione di una mensola a sbalzo sul retro della spalla su cui appoggiare la soletta di transizione;

• aumentare la larghezza della spalla in corrispondenza del giunto con la sovrastruttura per ottenere lo spazio fisico su cui appoggiare la soletta;

In entrambi i casi sono previste armature di continuità per vincolare le traslazioni longitudinali ma non le rotazioni.

La lunghezza della soletta dipende dall’estensione dei cedimenti dietro le spalle, a sua volta funzione del terreno presente e dei movimenti longitudinali previsti. Approssimativamente una lunghezza tipica va da 3 a 5 m. Se la lunghezza della soletta è maggiore rispetto all’estensione dei cedimenti, è possibile appoggiare l’estremità non adiacente alla spalla su una trave trasversale, ottenendo uno schema di piastra appoggiata agli estremi. Se invece i cedimenti si estendono oltre la lunghezza della soletta, si dovrà impiegare uno schema di piastra appoggiata su suolo elastico soggetta a impronte di carico.

Da un report dei Dipartimenti dei Trasporti statunitensi del 1999, risulta che più del 70% dei ponti integrali utilizza solette di transizione. Tuttavia questi elementi costituiscono un elevato costo di manutenzione e pertanto sono necessari ulteriori studi per determinarne l’effettiva utilità.

4. Problematiche dei ponti

4 Problematiche dei ponti

Nel seguente capitolo si analizzeranno brevemente i problemi che caratterizzano i ponti, sia tradizionali che integrali. In particolare l’attenzione si concentrerà sugli studi e le analisi effettuate da numerosi ricercatori al fine di analizzare i parametri che incidono sulla risposta dei ponti integrali.

Nei ponti, come in tutte le strutture, una delle principali cause d’incertezza è l’interazione suolo-struttura (SSI = Soil – Structure Interaction). Con riguardo a queste opere, i problemi più comuni sono tre:

• cedimenti totali e differenziali delle spalle o degli appoggi intermedi sotto il proprio peso o dei carichi da traffico;

• spostamenti totali o relativi delle varie parti della costruzione sotto carichi sismici che inducono il raggiungimento degli stati limite ultimi;

• deformazioni imposte da carichi termici di natura giornaliera e stagionale. Anche le azioni del vento inducono spostamenti e forze sulla sovrastruttura di importanza significativa, ma hanno meno incidenza sulla sottostruttura e pertanto non modificano il mutuo rapporto tra il suolo e l’opera.

In risposta ai carichi termici una struttura può comportarsi in due modi opposti: • allungarsi e accorciarsi longitudinalmente fino alla massima/minima

estensione possibile (se svincolata da questi movimenti);

• sviluppare autotensioni interne di compressione o trazione (se vincolata). Una terza opzione è costituita dalla combinazione di queste condizioni: deformazione dell’impalcato e formazione di autotensioni.

D’altra parte, nonostante il terreno sia soggetto alle stesse condizioni climatiche del ponte, esso non ne risente e ciò significa che le fondazioni dell’opera sono spazialmente e temporalmente fisse nei confronti di qualsiasi variazione di temperatura del terreno.

Il diverso comportamento che si ha tra la sovrastruttura (sensibile alle variazioni del clima) e sottostruttura (immune ad esse) è alla base dei problemi di interazione suolo-ponte.

Nell’istante in cui l’impalcato si deforma per effetto della temperatura, il terreno rimane fisso e si crea una zona di contrasto all’interfaccia spalla-terrapieno. La vera sfida è quella di trovare un modo per consentire alla sovrastruttura di spostarsi liberamente e creare un’opportuna zona di trasferimento di questi movimenti al terreno.

4. Problematiche dei ponti

Documenti correlati