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Illustrati i componenti e gli strumenti di misura, è possibile analizzare il modo in cui essi interagiscono per raggiungere lo scopo di ottenere un determinato ciclo frigorifero stabile per un tempo suciente alla raccolta di dati validi.

Per analizzare il circuito primario partiamo ancora una volta dall'elemen- to 1.

Subito a valle del compressore si trova la regione di alta pressione ossia la pressione di mandata che governa, a meno delle perdite di carico, il trat- to ed i componenti no alla valvola Vpr, primo vero organo impiegato per

eettuare la netta separazione tra i due livelli di pressione entro cui lavora la macchina. Questa Vprpur avendo chiara inuenza sia sulle condizioni a

monte sia sulle condizione a valle è dedicata esclusivamente al controllo del- la pressione a monte rispetto alla quale retroagisce secondo i dettami di un controllore PI. Questa congurazione si sintetizza denendo la Vpr con l'e-

spressione back pressure valve; il concetto è riscontrato anche gracamente nella tavola P&ID (legame con il trasduttore PR01).

L'azione di Vpr garantirà dunque la pressione alla quale eettuare il raf-

freddamento del uido transcritico tra economizzatore e gas cooler ed è un primo evidente esempio della capacità di controllo del calorimetro sulle con- dizioni di lavoro compressore: la pressione di mandata è immediatamente imposta.

A seguito dell'espansione del gas si raggiungono le condizioni di satura- zione tra le fasi liquida e vapore che sono separate nel ricevitore di liquido. Da quest'ultimo dipartono due linee, ognuna dedicata al trasporto esclusivo di una delle due fasi che però ben presto si rimiscelano allo scopo di soddi- sfare le esigenze di buon controllo del ciclo; se consideriamo che una volta ottenuto il salto di pressione l'obiettivo successivo diventa quello di denire le condizioni di aspirazione che presenta due gradi di libertà, si intuisce come la predisposizione di due linee sia volta al controllo indipendente dei gradi di libertà rappresentati da P e T. L'associazione è così eettuata:

ˆ la valvola Vvap assume la stessa funzione di controllo della pressione che

aveva Vpr con la sostanziale dierenza che in questo caso viene letta e

corretta la condizione di pressione a valle, ossia quella di evaporazione (P09) che ssa immediatamente anche la temperatura di evaporazione per via del legame di saturazione.

ˆ la coppia di valvole Vliq è dedicata invece al controllo della portata di

liquido; lo scopo è quello di sfruttare il calore latente di vaporizzazione, dosandolo, al ne di raggiungere la temperatura (T09) di aspirazio- ne desiderata. Infatti non è dicile pensare che l'aumento di portata di liquido, anche se modesto, richiami molta potenza dall'economizza- tore per permettere la propria evaporazione facendolo a discapito del surriscaldamento sensibile con cui si manifesta il vapore saturo secco all'uscita dell'evaporatore.

Una volta raggiunte le condizioni di aspirazione d'interesse il uido è pronto per essere ricompresso.

Come già anticipato, l'ultima azione di controllo è svolta dalla valvola a tre vie del circuito di rareddamento sulla temperatura di uscita dal gas coo- ler. La valvola semplicemente devia più o meno portata d'acqua al gas cooler a seconda che la temperatura T04 sia più alta o più bassa rispetto al valore di set point. Il concetto sembra molto semplice, ma se si osserva con attenzione la tavola graca si nota una dipendenza del controllo della valvola dell'acqua rispetto a P05 oltre che a T04; questa estensione del feedback rispetto ad una seconda lettura di misura si è resa necessaria dopo aver notato che la massa d'acqua dell'anello compreso tra la valvola ed il gas cooler, con la sua iner- zia termica, introduceva inaccettabili eetti di pendolamento sulla lettura di T04 rendendo dicoltosa la messa a regime. La soluzione a questo proble- ma è stata ottenuta per mezzo dell'introduzione di una logica di controllo che consente alla valvola di muoversi solo quando la pressione intermedia P05 rientra in un range ben denito. In sostanza si concede alla valvola di intervenire dopo che il ciclo a CO2 abbia raggiunto una prima condizione

circa stabile anche se non corrispondente a quella nale e di agire ntanto che P05 rimanga soddisfatta; quando la condizione non è più soddisfatta alla valvola a tre vie viene imposto l'arresto nella posizione corrente resistuendo ai controlli agenti sul circuito primario il compito di raggiungere una nuo- va condizione circa stabile più vicina a quella obiettivo. Ripetendo questa procedura la T04 viene condotta al set point evitando sovraelongazioni.

Questa scelta potrebbe apparire complicata ma probabilmente il tentativo di studiare i parametri di gestione di un sistema dinamico non sarebbe stata più semplice. In ogni caso la provata ecacia del metodo adottato non ha richiesto ulteriori studi.

L'ultimo collegamento visibile sullo schema connette il misuratore di po- tenza elettrica agli strumenti che monitorano l'acqua di rareddamento; esso rappresenta un metodo per la verica del usso di potenza che attraver- sa l'impianto secondo l'idealizzazione di Figura 2.3; semplicemente si vuole appurare che venga rispettato il bilancio:

˙

W ∼= ˙macqua· cacqua· 4T = ˙macqua· cacqua· (T14− T13) (2.1)

L'eguaglianza non esatta è rappresentativa in primo luogo della presenza delle perdite/rientrate termiche e, secondariamente, dalla lettura sperimen- tale delle grandezze ˙W , ˙macqua, T13, T14 aetta da errori.

Il termine perdite/rientrate termiche denisce il usso netto di potenza termica presente tra impianto ed ambiente; esso può assumere teoricamente ciascuna delle due direzioni in quanto risulta essere l'eetto complessivo delle cessione di energia verso l'ambiente da parte delle superci calde (quelle della

zona di mandata) e del guadagno da parte delle superci fredde (zona di aspirazione). Pertanto il bilancio può essere riscritto nella forma:

˙

W ∼= ˙macqua· cacqua· 4T ± ˙Qambiente (2.2)

nella quale comunque resiste la non esatta eguaglianza per via dell'errore sperimentale.

Lo scopo di questo confronto è quello di assicurarsi che lo scarto tra le due letture non superi la soglia, del 5% secondo normativa EN 13771-1 (rif. Capitolo 4), ritenuta inciante la validità delle prova.

Estensione del circuito di prova al

funzionamento subcritico

Il fattore discriminante tra ciclo transcritico e subcritico, come descritto nella sottosezione 1.2.1, è rappresentato essenzialmente dalla temperatura critica della CO2 in relazione alla modalità di cessione del calore. Quando l'esigenza

della prova richiede di rareddare a temperature superiori a questo limite la disponibilità di acqua di rareddamento a 15 °C è perfettamente compatibile mentre quando l'esigenza è quella di condensare a temperature più basse, comprese tra +15 e -20 °C, l'impianto dell'acqua risulta inservibile e l'unica soluzione è quella di predisporre un impianto frigorifero dedicato.

3.1 Il ciclo in cascata

È proprio con il nome di ciclo in cascata che si fa riferimento all'accoppiamen- to di due cicli frigoriferi che vengono attraversati in successione dal medesimo carico frigorifero ripartendosi il salto termico tra le sorgenti fredda e calda ed introducendo di conseguenza una sorgente a temperatura intermedia. Questa soluzione prevede che i due circuiti siano idraulicamente indipendenti e che la loro connessione sica avvenga tramite uno scambiatore intermedio che funge contemporaneamente da condensatore per il ciclo bottom, di bassa temperatura, e da evaporatore per il ciclo superiore detto top.

La schematizzazione di questo impanto in cascata è presentata in Figura 3.1 dove, in particolare, il ciclo bottom è del tipo economizzato.

La rappresentazione è concettualmente semplice, si tenga presente che il compressore del circuito top è abbinato ad un condensatore rareddato per convezione forzata con aria esterna.

Essendo così denito, il ciclo in cascata si presta a lavorare con diverse coppie di uidi refrigerenti; nel caso in esame il uido del circuito bottom,

Figura 3.1: Ciclo in cascata con economizzazione nel circuito bottom che di fatto è il calorimetro, è necessariamente anidride carbonica mentre è liberamente selezionabile il uido di lavoro del ciclo top ausiliario. La scelta è ricaduta sull'R134a, perfettamente adatto ad una applicazione stan- dard come quella prevista per il ciclo ausiliario (condensazioni no a 50 °C, evaporazioni no a -30 °C).

Una volta nota la coppia di uidi può essere introdotto un ecace sup- porto graco che, per mezzo del piano termodinamico T-s, che illustra il ciclo cascade e ne evidenzia la ripartizione del salto di temperatura tra i due sottocicli.

Per prima cosa è utile sovrapporre le curve di saturazione dei due refrige- ranti avendo cura di far coincidere la scala delle ascisse, le entropie massiche. Il secondo passo è quello di disegnare i cicli veri e propri.

La Figura 3.2 raccoglie i due passaggi appena indicati.

Nella sottogura (a) si distinguono la curva di saturazione dell'R134a in colore viola e quella della CO2 in colore nero; la curva viola si presenta

molto più alta con il massimo alla temperatura critica di 101,06 °C mentre la campana nera si ferma ai ben noti 31,06 °C del proprio punto critico. Sono rappresentate due isobare per l'R134a per i valori di 10 e 3 bar mentre per la CO2 sono indicate le linee relative a 45 e 10 bar oltre a quelle di punto

(a) cascade, accoppiamento uidi

(b) cascade, accoppiamento cicli

Figura 3.2: Cascade, piano T-s

Proprio in riferimento a questi livelli di pressione sono stati costruiti i due cicli frigoriferi in cascata rappresentati qualitativamente nella sottogura (b): in questo caso il colore verde è associato all'R134a mentre il rosso identica il ciclo ad R744.

L'osservazione più importante riguarda la sovrapposizione dei due cicli che vedono avvenire l'evaporazione dell'R134a ad una temperatura inferiore rispetto a quella di condensazione della CO2 per permettere lo scambio ter-

mico tra i due cicli indirizzando il usso di potenza termica nella direzione CO2 R134a.

A seguito di questa breve analisi si capisce anche lo scopo con cui sia stata introdotta l'idea della congurazione in cascata: supponendo infatti di avere la necessità di smaltire carichi frigoriferi a temperature molto basse (- 40÷-50 °C) può risultare interessante pensare di impiegare la CO2 per la sua

alta capacità frigorifera per unità di volume anche alle basse evaporazioni; supponendo anche di essere vincolati a condensare in aria esterna sorgono problemi su più fronti, infatti:

ˆ l'impiego della CO2 costringerebbe ad attuare un ciclo transcritico con

conseguente netto scadimento di prestazioni (a causa della degradazio- ne termica nella fase di desurriscaldamento)

ˆ un refrigerante comune sarebbe chiamato a lavorare con rapporti di compressione molto elevati (dovendo lavorare a evaporazioni inferiori a quelle minime standard di circa -30 °C) che nuovamente incerebbe le prestazioni.

Una possibile soluzione potrebbe essere quella di coprire questo grande salto di pressione con un compressore bi-stadio e refrigerante standard oppure, per l'appunto, orientarsi all'architettura in cascata che di fatto è anch'esso un ciclo a due stadi di compressione con la dierenza che questi sono separati in due circuiti ciascuno dotato della sua macchina.

Con la soluzione in cascata non si rinuncia ai vantaggi ed ai notevoli rendimenti della CO2in ciclo subcritico e si permette al ciclo top di lavorare in

condizioni di progetto; lo svantaggio principale sono sicuramente la maggior complessità d'impianto ed il relativo maggior costo.

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