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La devoluzione e la cognizione del giudice di appello.

Nel documento L'impugnazione per gli interessi civili (pagine 189-192)

Il problema della mancata impugnazione della parte civile. - 2. L’impugnazione del pubblico ministero e la cognizione del giudice d’appello. - 3. (Segue): Critica della tesi della formazione del c.d. giudicato progressivo. - 4. (Segue): L’impugnazione delle sentenze di proscioglimento ed il divieto di reformatio in pejus. - 5. (Segue): L’inerzia della parte civile soccombente e l’acquiescenza. - 6. (Segue): L’impugnazione delle sentenze di condanna ed il divieto di reformatio in pejus.

1.LA DEVOLUZIONE E LA COGNIZIONE DEL GIUDICE DI APPEL- LO. IL PROBLEMA DELLA MANCATA IMPUGNAZIONE DELLA PARTE CIVILE

Importanti conseguenze sulle dinamiche delle impugnazio- ni, allorquando vengano introdotti interessi civilistici, sorgono dall’operatività dell’effetto devolutivo.

È noto che di tale espressione si fa uso in due accezioni di- stinte: come fenomeno del trasferimento della cognizione del procedimento ad un organo diverso avente competenza funzio- nale specifica a giudicare sul gravame (1); come dimensione del

(1) Si discute, in dottrina, se la devoluzione vada intesa come passaggio

della regiudicanda ad un giudice superiore della scala gerarchica giudiziaria, ovvero ad un giudice funzionalmente competente. Per tale più larga nozione, C.U.DEL POZZO, L’appello, cit., p. 176. Secondo G. PETRELLA, Le impugna-

dovere decisorio del giudice in correlazione con l’iniziativa dell’impugnante (2).

Benché nel nostro ordinamento siano presenti rimedi inte- ramente devolutivi (il riesame delle misure cautelari), di regola la cognizione del giudice del gravame dipende dal potere di ini- ziativa della parte e costituisce «un effetto dell’esercizio di un diritto potestativo spettante alle parti in funzione di un loro inte- resse» (3).

Anche sul punto, il passaggio dal codice 1930 a quello at- tuale ha evidenziato non poche innovazioni ispirate all’esigenza di aumentare, piuttosto che contenere, le iniziative per la tutela delle istanze civilistiche. L’art. 202, comma 4° c.p.p. 1930, li- mitava la cognizione del giudice penale esclusivamente alla re- sponsabilità civile, stabilendo che, nella ipotesi di prosciogli- mento dell’imputato, l’impugnazione per i soli interessi civili fosse consentita alla parte danneggiata costituitasi nel solo caso in cui essa fosse stata condannata ai danni ed alle spese (4).

L’art. 573 c.p.p., pur prevedendo, con disposizione che ap- parentemente conferisce un ampio potere di impugnazione per gli interessi civili a tutte le parti, che l’impugnazione, sebbene non sospenda l’esecuzione delle disposizioni penali del provve- dimento impugnato, è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale, risulta inserito in un sistema che confina il concreto esercizio del potere di cui si tratta entro pre- cisi ambiti a seconda della parte che lo esercita.

Così, avuto riguardo alla parte civile, mentre non si rinven- gono particolari difficoltà a delineare gli effetti conseguibili con una impugnazione contro le sentenze di condanna che, pur avendo riconosciuto la responsabilità ai fini penali dell’imputato, non abbia accolto, sia nell’an che nel quantum, la domanda risarcitoria o restitutoria, non altrettanto agevole è ipotizzare quale sia il risultato conseguibile quando l’oggetto del gravame sia costituito dalle sentenze di proscioglimento. Al

dell’impugnazione, oltre che dal punto di vista funzionale, deve essere diverso come organo.

(2) M. PISANI, Il divieto di «reformatio in pejus» nel processo penale ita-

liano, Milano, 1967, p. 28; F. CORDERO, Contributo allo studio dell’amnistia

nel processo, Milano, 1957, p. 68 nt. 126.

(3) G. P

ETRELLA, Le impugnazioni nel processo penale, cit., vol. I, p. 625.

(4) Il limite, come già evidenziato, fu poi eliminato da Corte cost., 22

di fuori delle ipotesi previste per il processo dinanzi al giudice di pace dall’art. 38 d.lg.vo n. 274 del 2000 e dell’impugnazione della sentenza emessa all’esito dell’udienza preliminare, infatti, l’impugnazione non può mai tendere a far dichiarare la colpevo- lezza a fini penali dell’imputato o far ottenere la modificazione della formula di assoluzione, essendo l’iniziativa della parte ci- vile condizionata dal principio di accessorietà.

Come detto, il rimedio attraverso il quale, in sede di impu- gnazione, possa essere contrastata ad ogni effetto, anche penale, la sentenza emessa in primo grado è quello della sollecitazione, ai sensi dell’art. 572 c.p.p., della parte civile, della persona offe- sa anche se non costituita parte civile, e degli enti e delle asso- ciazione intervenuti norma degli artt. 93 e 94, al pubblico mini- stero affinché questi proponga impugnazione. Solo in presenza dell’iniziativa del pubblico ministero, infatti, il potere decisorio del giudice di impugnazione comprenderebbe anche le domande civilistiche (5).

É evidente, infatti, che il principio di accessorietà è destina- to a vincolare il potere cognitivo del giudice dell’impugnazione che, nel caso in cui riguardi una sentenza di assoluzione pro- nunciata in dibattimento con le formule assolutorie piene o per il riconoscimento della scriminante, in mancanza di altre inizia- tive che esplichino effetti penali, altro non potrà fare che ri- muovere gli effetti extrapenali esplicati dalla sentenza nel suc- cessivo giudizio civile proposto nella sede propria.

Al di fuori di tale ipotesi, l’impugnazione della parte civile avverso le sentenze di proscioglimento, come si è osservato in precedenza (6), deve ritenersi inammissibile.

Differente invece la posizione dell’imputato il quale ha da- vanti a sé lo spettro di tutte le soluzioni possibili, vale a dire quella dell’impugnazione agli effetti penali, quella agli effetti civili o ad entrambi.

A tal proposito, deve essere richiamata la disposizione di cui all’art. 574, comma 4 c.p.p. in forza della quale l’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna

(5) É evidente, poi, che ove si ritenesse, contrariamente a quanto affer-

mato dalla giurisprudenza, che per effetto della l. n. 46 del 2006, la parte civi- le fosse rimasta priva del potere di proporre appello, l’impugnazione del pub- blico ministero avrebbe anche l’effetto di determinare la conversione del ri- corso eventualmente proposto dalla parte civile.

penale o di assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alla restituzione, al risarcimento del danno ed alla re- fusione delle spese processuali, se questa pronuncia dipende dal capo o dal punto impugnato.

2.L’IMPUGNAZIONE DEL PUBBLICO MINISTERO E LA COGNIZIO-

Nel documento L'impugnazione per gli interessi civili (pagine 189-192)

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