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L’interesse della parte civile

Nel documento L'impugnazione per gli interessi civili (pagine 118-124)

È certamente con riferimento alla parte civile che i risultati raggiunti esplicano un notevole rilievo in quanto la loro corretta applicazione potrebbe agire come barriera contro la prolifera- zione di iniziative in sede di impugnazione.

A prima vista, si potrebbe essere portati a ritenere che per la parte civile la misura dell’interesse, in perfetta corrisponden- za a quanto avviene nel processo civile, potrebbe essere segnata dal principio della soccombenza il quale, a sua volta, potrebbe assumere rilievo in senso formale quale confronto tra domanda e decisione. Così delimitato il concetto, un interesse della parte civile sarebbe ravvisabile ogni qualvolta le sue richieste non siano state accolte; tuttavia tale conclusione non sembra piena- mente condivisibile perché, in effetti, la misura dell’interesse del danneggiato va verificata, anche in questo caso, alla stregua dei possibili risultati giuridicamente perseguibili con l’impugnazione.

Da un certo punto di vista è certo che, a differenza di quan- to avviene per l’imputato, se la parte civile ottiene tutto quanto abbia richiesto «la domanda intesa al quid pluris risulta infon- data» (57). Poiché, infatti, in questo caso, oggetto della impu-

gnazione sono «le disposizioni con le quali il giudice a quo ha provveduto, disattendendole, sulle istanze civili» e ciò si verifi- ca, oltre nell’ipotesi in cui sia stata espressamente negato il di- ritto alle restituzioni o al risarcimento del danno, anche quando esso sia stato «esplicitamente riconosciuto in misura inferiore al domandato» ovvero quando, «rimettendo al giudice civile la li- quidazione del danno, il giudice penale abbia, per es., affermato l’esistenza di un concorso di colpa della vittima», è agevole in tutti questi casi rinvenire un interesse all’impugnazione (58).

Da un altro punto di vista, però, è ovvio che, mentre rispet- to all’imputato, l’interesse può essere qualificato come la ten- sione all’eliminazione di tutti i pregiudizi, anche di ordine mo- rale, derivanti dalla sentenza impugnata, la dimensione del re- quisito di cui si tratta, allorquando venga riferito alla parte civi- le, deve essere valutato solo in ragione dei risultati di natura pa-

(57) F. CORDERO, Procedura penale, (ed. 2001), cit., p. 1082.

(58) D. S

IRACUSANO, Azione civile e giudizi di impugnazione, in AA.VV.,

trimoniale che, attraverso l’impugnazione, potrebbero essere perseguiti.

In forza dei vincoli derivanti dall’operatività del principio di accessorietà dell’azione civile al processo penale, infatti, gran parte delle decisioni che prosciolgono l’imputato non possono essere impugnate dalla parte civile, ostandovi il nesso di subor- dinazione che l’azione risarcitoria e restitutoria subisce nel momento in cui è inserita nel processo penale.

Sebbene, infatti, la legittimazione all’impugnazione delle sentenze di proscioglimento sembri consentita indiscriminata- mente dall’art. 576 c.p.p., che ammette l’impugnazione della parte civile contro la «sentenza di proscioglimento pronunciata

in giudizio», in effetti, si deve osservare come in tale ipotesi es-

sa abbia un interesse giuridicamente tutelabile solo ove l’esito la pregiudichi concretamente, vale a dire allorquando l’assoluzione sia con la formula «perché il fatto non sussiste» o «l’imputato non lo ha commesso».

È innegabile che, in tali evenienze, infatti, in considerazio- ne degli effetti extrapenali prodotti dalle citate formule, non so- lo può ravvisarsi una decisione “implicita” sulla domanda civile ma, soprattutto, un interesse della parte civile a provocarne la loro rimozione. Si deve subito aggiungere, però, che, in forza del principio di accessorietà che governa i rapporti tra domanda civile e decisione del giudice penale, la parte civile, pur conser- vando, in astratto, un interesse ad impugnare tutte le altre sen- tenze che prosciolgano l’imputato, non potendo mai ottenere, con il giudizio di impugnazione, la condanna di quest’ultimo, anche solo a fini civilistici, non possiede alcuna legittimazione a coltivare l’impugnazione.

Al di fuori dei casi in cui l’imputato sia assolto con formula piena, pertanto, devono ritenersi inoppugnabili per carenza di interesse il proscioglimento con formule quali «il fatto non è previsto dalla legge come reato» o «il fatto non costituisce rea- to» (perché mancano dolo o colpa o qualsivoglia elemento della fattispecie diverso dalla condotta), in quanto la parte civile, in forza di quanto statuisce l’art. 538 c.p.p., non potrebbe ottenere l’accoglimento delle sue pretese risarcitorie o restitutorie e, in omaggio a quanto dispone l’art. 652, comma 1 c.p.p., non corre-

rà neppure alcun pregiudizio per la successiva iniziativa che dovrà assumere nella sede propria (59).

È ovvio che, per la stessa ragione, si deve ritenere che la parte civile non abbia interesse a contrastare le sentenze di pro- scioglimento pronunciate ai sensi dell’art. 469 c.p.p., anche qualora esse contengano accertamenti in fatto, in quanto, sem- pre ai sensi dell’art. 652 c.p.p., l’efficacia extrapenale è legata alle sole sentenze pronunciate in giudizio (60) ed uguale solu- zione si impone qualora il giudizio di primo grado si sia conclu- so con una decisione processuale (come ad esempio nel caso di pronuncia dell’ordinanza ex art. 521 c.p.p.).

Analogamente, si deve escludere che la parte civile abbia interesse ad impugnare le sentenze che dichiarino l’estinzione del reato in quanto, non potendosi considerare tale decisione emessa in esito ad una plena cognitio, ad essa non potrà nem- meno essere riconosciuto alcun effetto extrapenale (61).

(59) F. CORDERO, Procedura penale, (ed. 2001), cit., p. 1082. In giuri-

sprudenza, C. app. Catanzaro, 28 gennaio 2000, Donati, in Cass. pen, 2001, p. 669 e, nella stessa direzione, Cass., sez. III, 8 giugno 1994, Armellini, in Cass.

pen., 1995, p. 2283, e, meno recentemente, Cass., sez. VI, 26 aprile 1978, Lo

Russo, in Cass. pen., 1978, p. 1213, con nota G. LATTANZI, Un contrasto in-

giustificato sul ricorso per cassazione della parte civile. Contra, Cass.sez. VI,

7 aprile 2011, V.R., ined., Cass., sez. III, 5 aprile 1999, Lamanuzzi, in Cass.

pen., 2000, p. 2018 e, nel vigore del codice 1930, Cass., sez. un., 25 maggio

1985, Marangoni, in Cass. pen., 1986, p. 16; Cass., sez. un., 15 dicembre 1973, Crespi, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1974, p. 743. Secondo, Cass., sez. un, 29 maggio 2008, Parovel, in Giur .it., 2009, p. 2525, inoltre, la parte civile non ha interesse a proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di pro- scioglimento dell’imputato “perché il fatto non sussiste” (nella specie, all’esito dell’accertamento che il fatto è stato compiuto nell’esercizio di una facoltà legittima ex art. 51 c.p.), al solo scopo di ottenere la diversa formula “perché il fatto non costituisce reato”. Non è pertanto da condividere la solu- zione a cui perviene Cass., sez. V, 20 marzo 1997 n. 3520, in Arch. n. proc.

pen., 1997, p. 349 secondo la quale la parte civile è legittimata, sotto il profilo

dell’interesse, ad impugnare la sentenza del giudice penale con la quale l’imputato sia stato assolto dal reato a lui ascritto per mancanza di dolo.

(60) A. C

HILIBERTI, Azione civile e nuovo processo penale, cit., p. 867. Cass., sez. I, 22 gennaio 2003, Laganà , in C.E.D. Cass., n. 224562; Cass., sez. V, 26 gennaio 2001, Chieffi, in C.E.D. Cass., n. 218427.

(61) Sul punto, secondo Cass., sez. un. civ., 26 gennaio 2011, Mallozzi e

altri c. Luti Carpinelli, in Proc. pen. e giust., 2011, n. 3, p. 104, con nota di R. PUGLISI, Giudicato penale e azione civile in caso di proscioglimento per estin-

zione del reato «alle sentenze di non doversi procedere perché il reato è estin-

to per prescrizione o per amnistia non va riconosciuta alcuna efficacia extra- penale, benché per giungere a tale conclusione, il giudice abbia accertato e va- lutato il fatto». Per un caso nel quale l’estinzione del reato era stata dichiarata

Del resto, in una ipotesi del genere, la parte civile, sempre in forza del principio di accessorietà, qualora ritenga che la de- cisione del giudice di primo grado abbia erroneamente dichiara- to che il reato è estinto o l’azione penale non poteva essere ini- ziata o proseguita, non si potrà nemmeno avvalere del disposto dell’art. 604, comma 6 c.p.p. in forza del quale il giudice po- trebbe decidere nel merito, ordinando, occorrendone, la rinno- vazione del dibattimento.

È ovvio, invece, che un interesse ad impugnare possa esse- re ravvisato in quelle ipotesi nelle quali, nonostante il proscio- glimento dell’imputato, non operi il principio di accessorietà dell’azione civile nel processo penale come, ad esempio, allor- quando trovi applicazione l’art. 578 c.p.p. in forza del quale il giudice dell’impugnazione, attraverso un accertamento inciden- tale ed una condanna «oggi per allora», pur definendo il proces- so per i capi penali con una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione o amnistia, possa decidere sugli interessi civili.

In simili evenienze, poiché il giudice penale conserva una cognizione sull’azione civile – in deroga al principio di cui all’art. 538 c.p.p. – anche nel caso in cui la decisione non possa più modificare la decisione adottata a fini penali, ricorrendone le condizioni, la parte civile potrà dolersi – come per il caso in cui il giudice di appello dinanzi al quale la causa estintiva si sia verificata ometta una decisione esplicita sulla domanda civile – perfino con il ricorso per cassazione.

Altri casi nei quali non opera il principio di accessorietà sono quelli rappresentati dall’assoluzione dell’imputato per aver agito in stato di necessità, situazione questa che consente alla parte civile di poter beneficiare di una indennità ex art. 2059 c.c., e dalla richiesta di condanna dell’imputato prosciolto dai

in seguito ad ammissione dell’imputato ad oblazione, Cass., sez. I, 27 ottobre 1998, Viezzoli, in Cass. pen., 2000, p. 622. Contra, però, Cass., sez. I, 22 no- vembre 1995, Fiore, in C.E.D. Cass., n. 203650. Sussiste un contrasto giuri- sprudenziale, la cui soluzione è stata rimessa alle Sezioni unite (cfr., Cass., sez. II, ord. 22 dicembre 2010, Milano Assicurazioni, ined.) che, tuttavia non hanno esaminato la questione stante la intervenuta rinuncia al ricorso (Cass., sez. un., ord. 28 aprile 2011, Milano Assicurazioni, ined.), in merito all’interesse della parte civile ad impugnare la sentenza con la quale sia stata dichiarata l’improcedibilità per mancanza di querela. Nel senso della inam- missibilità per carenza di interesse, Cass., sez. II, 15 aprile 2003, Batacchi, in

C.E.D. Cass., n. 225101; contra, Cass., sez. II, 25 febbraio 2009, Ferracini, in C.E.D. Cass., n. 244335.

reati diffamazione all’indennità nel caso di applicazione della scriminante di cui all’art. 598 c.p. ove si stabilisce che il giudi- ce, quando riconosce che i fatti non siano punibili in quanto le espressione ingiuriose o diffamatorie siano contenute in atti giudiziari, può comunque assegnare alla persona offesa «una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale» (62).

Si discute, in quest’ultima ipotesi, se la competenza a pro- nunciare sulla indennità spetti al giudice della causa nella quale le espressioni offensive sono state effettuate (63), ovvero anche al giudice penale che abbia applicato la scriminante.

Tale secondo orientamento, che sembra preferibile al primo in quanto, essendo coerente che l’indennità de qua, siccome su- bordinata all’accertamento della penale rilevanza del fatto e del- la sua scriminabilità, appartenga al giudice che deve decidere sul merito della contestazione, apre evidentemente percorsi in sede di impugnazione.

Un caso particolare in cui, nonostante l’assoluzione, po- trebbe essere riconosciuto l’interesse ad impugnare della parte civile, ricorre nel caso di impugnazione proposta avverso una sentenza di assoluzione pronunciata contro un soggetto imputa- to del reato di falso giuramento.

In tale ipotesi, infatti, poiché il passaggio in giudicato della pronuncia di assoluzione in dipendenza della mancata impugna- zione del pubblico ministero esplica, ai sensi dell’art. 2738, comma 2 c.c., un effetto pregiudizievole per la successiva azio- ne civile risarcitoria da proporsi in sede civile, deve ammettersi un interesse della parte civile alla rimozione dell’effetto preclu- sivo al successivo giudizio nella sede propria.

Tuttavia, poiché l’art. 2738 c.c. è stato dichiarato incostitu- zionale nella parte in cui non prevede che il giudice civile possa conoscere del reato di falso giuramento, al solo fine del risarci- mento, anche in caso in cui la sentenza irrevocabile di assolu- zione pronunciata dal giudice penale non abbia efficacia di giu- dicato nei confronti del danneggiato (64), nella situazione de

qua, poiché la parte civile, al di fuori delle formule assolutorie

piene dell’imputato, non incontra alcun limite all’esercizio delle

(62) Circa la natura ed il fondamento di tale statuizione, cfr. V. M

ANZINI,

Trattato di diritto penale italiano, V ed., vol. VIII, Torino, 1987, pp. 491-492.

(63) V., infra, Cap. VII, Sez. I, § 3.

sue pretese risarcitorie nella sede propria, non ha alcun interesse a coltivare un’impugnazione dinanzi al giudice penale (65).

Maggiore linearità assume il criterio diagnostico per l’accertamento della sussistenza dell’interesse della parte civile ad impugnare le sentenze quando queste siano di condanna, po- tendo in questo caso riprendere pienamente forza il principio della soccombenza.

Poiché, infatti, in tale ipotesi, nessuna limitazione può deri- vare per la parte civile dal principio di accessorietà, è evidente che il suo interesse può essere effettivamente commisurato in base al confronto tra ciò che la stessa ha chiesto e quanto ha ot- tenuto con la sentenza. In simile evenienza, potranno essere im- pugnati, oltre che i capi civili della sentenza che, ad esempio, abbiano escluso il risarcimento o lo abbiano riconosciuto in mi- sura inferiore a quanto richiesto, anche singoli punti della sen- tenza che costituiscono momenti del ragionamento che concer- nono la responsabilità penale dell’imputato come, ad esempio, il riconoscimento dell’attenuante della provocazione (66) ovvero,

in caso di reato colposo, il ritenuto concorso di colpa della vit- tima (67).

Per contro, nessun interesse, essendo la questione del tutto indifferente rispetto al risarcimento del danno, può essere rico- nosciuto alla parte civile che tendesse alla rimozione della sta- tuizione che abbia escluso l’aggravante della premeditazione

(65) Così (ma prima della declaratoria di incostituzionalità) Cass., sez. II,

26 settembre 1995, Marchetti, in Cass. pen., 1997, p. 118. Secondo Cass., sez. VI, 30 giugno 1994, Gaudenzi, in Cass. Pen., 1996, p. 3027, però, «in tema di falso giuramento, poiché l’iniziale impianto del codice di rito del 1930 in or- dine ai rapporti tra azione civile ed azione penale ha subito, nel tempo, note- voli revisioni – in conseguenza sia dei reiterati interventi della Corte costitu- zionale sia dei nuovi precetti del codice di procedura penale del 1988 (artt. 573, 578) e delle relative norme transitorie (art. 245, comma 2 lett. n) – così da realizzare un sostanziale ampliamento della legittimazione, dell’interesse e dei poteri della parte civile, l’art. 2738 c.c. va oggi interpretato nel senso che “la condanna penale per falso giuramento”, che costituisce presupposto per il risarcimento dei danni è non soltanto quella che il giudice penale pronuncia sull’azione penale, ma anche quella che lo stesso giudice penale, in sede di impugnazione dopo l’assoluzione penale, pronuncia sull’azione civile. Il tutto, purché, ovviamente, il giudice penale si pronunci sulla responsabilità aquilia- na e non su un diverso tipo di responsabilità civile».

(66) Cass., sez. I, 3 marzo 2000, Giorgione, in Cass. pen., 2001, p. 558.

(67) Nel vigore del codice abrogato, Cass., sez. un., 16 novembre 1963,

(68) ovvero ad ottenere una diversa qualificazione giuridica (69)

o a mettere in discussione la concessione del beneficio della so- spensione condizionale della pena perché non subordinata al ri- sarcimento del danno o alla eliminazione delle conseguenze dannose (70).

6. L’INTERESSE DEL RESPONSABILE CIVILE E DEL CIVILMENTE

Nel documento L'impugnazione per gli interessi civili (pagine 118-124)

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