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Capitolo III. I SENTIMENTI DELLE DONNE NELLA SFERA PRIVATA E PUBBLICA

3.3 Le donne parlano dello stupro

3.3.1 I diari e le autobiografie

Se la stessa situazione politica, le convenzioni sociali e morali impedirono alle donne di parlare apertamente delle loro sofferenze, molte di loro trovarono il modo di raccogliere i propri pensieri nella scrittura dei diari. La scrittura delle donne iniziò prevalentemente con la partenza di padri, fratelli o mariti per il fronte e si intensificò con l’invasione sovietica. Generalmente le donne si presentarono come vittime del conflitto: molte di loro avevano perduto le loro abitazioni a causa

206 Anonima, Una donna a Berlino, op.cit.,p.144.

207 Si veda anche Antony Beevor, Berlin: The downfall 1945, op.cit.,cap.27, Vae Victis!. 208 Anonima, Una donna a Berlino, op.cit.,p.119.

dei bombardamenti e questo le costrinse spesso a condividere gli spazi con altre persone. Furono vittime della fame e della rabbia dei liberatori. Sono diari che non prestano molta attenzione alla forma, del resto non miravano alla pubblicazione. Si configurarono piuttosto come un momento di raccoglimento personale e di sfogo: le aiutò all’auto-comprensione, in altri casi fu un meccanismo per liberarsi dal peso psicologico degli avvenimenti. Per alcune il diari si presentò come un mezzo per spiegare a figli e congiunti i sentimenti di quei giorni.210 Come chiarisce Birgit Dahlke, i diari furono numerosi, tuttavia nella maggior parte dei casi lo stupro fu solamente accennato o inserito all’interno della lotta per la sopravvivenza. Le violenze sessuali erano trattate perlopiù come un “male tra tanti mali”, era solo una parte del dolore e delle sofferenze che le donne si trovarono ad affrontare nel dopoguerra. Un altro elemento da tenere in considerazione nella lettura dei diari è che il tabù imposto sia a livello politico che familiare ebbe importanti ripercussioni anche nella scrittura. Per riferirsi agli stupri molte donne utilizzarono perifrasi, sinonimi o metafore come Schändung (profanazione),

Übergriff (invasione), Überfall (assalto)211 o «i russi mi hanno costretta a dormire

con loro», «sono stata utilizzata da un soldato» e così via. A partire dagli anni sessanta i lettori iniziarono ad interessarsi alle memorie del 1945 ed alcune donne si lasciarono convincere da amici e parenti a pubblicare il proprio diario.212 Tra queste vi sono i diari di Käthe von Normann con Tagebuch aus Pommern 1945- 1946 (1955), Ursula von Kardorff con Berliner Aufzeichnungen (1962) , Ruth Andreas-Friedrich Schauplatz Berlin ( 1962) Ursula Pless-Damm con Weg ins Ungewisse (1964) e Anonima con Una donna a Berlino.213

Nessuna di queste biografie, eccetto l’ultima, focalizza l’attenzione sullo stupro, ma è possibile tentare di ricostruire come le donne narrarono lo stupro e quali interpretazione ne diedero. In molti dei diari non viene descritto l’atto dello stupro

210 Birgit Dahlke, Tagesbuch des Überlebens: Vergewaltigungen 1945 in ost- und westdeutschen Autobiographien, in Gisela Shaw, Mererid Puw Davies, Beth Linklater, Autobiographiy by women in German, Peter Lang, Berna, 2000, p. 201.

211 Atina Grossmann, Trauma, Memory, and Motherhood, op.cit.,p. 222.

212 Birgit Dahlke, Tagesbuch des Überlebens in Gisela Shaw, Mererid Puw Davies, Beth Linklater, Autobiographiy by women in German, op.cit.,p.200.

in sé ma, nei rari casi in cui si parla dello stupro, è possibile notare una focalizzazione sulle caratteristiche dello stupratore214: i sovietici sono spesso descritti con termini tipici della propaganda nazista, come i tratti mongolici o asiatici e gli aggettivi animaleschi. È ciò che avviene nel lavoro di Ursula von Kardoff: nonostante la donna tenti di presentare sè stessa come membro “apolitico” della società, la descrizione dei soldati dell’Armata Rossa è in linea con le immagini della propaganda nazista. I tratti “mongolici” sono presenti anche nel diario di Ursula Pless-Damm . Nonostante non ci sia un riferimento diretto alla sua esperienza di stupro, Ursula afferma di essere stata gettata con forza sul letto. Nel trattare gli stupri aggiunge un ulteriore elemento: il cibo. Dopo essere stuprate, le donne ricevevano delle ricompense, ma l’interpretazione che ne dà l’autrice è legata alla morale del tempo. Il baratto del corpo in cambio di cibo la fece sentire una “prostituta”, lontana dalla morale conservatrice da donna sposata quale era. «Dopo mi sento come una ragazza di strada perché la magra porzione di cibo, che mi

è piaciuta, l’ho dovuta pagare»215

Gli stessi valori conservatori emergono anche nel racconto di Käthe von Normann. In merito agli stupri, l’autrice ripete più volte nel suo diario di essere stata risparmiata dai sovietici e che questo le aveva consentito di aspettare fedelmente il marito di ritorno dal fronte. Tuttavia la stessa sorte non capitò a molte altre donne: «Ieri sera sono tornati i russi in città, […] hanno stuprato le donne e le hanno

picchiate a sangue, questa storia non ha fine»216

Käthe si limita a nominare lo stupro come uno degli effetti della liberazione sovietica. Nei suoi racconti non emerge un giudizio nemmeno nei confronti delle donne che, trovandosi ai limiti degli stenti. È una riflessione personale sullo stupro

214 Atina Grossmann, A Question of Silence in Nicole A. Dombrowski, Women and War in the Twentieth Century, op.cit.,p.167.

215 Ursula Pless-Damm, Weg ins Ungewisse. Tagebuchblätetr aus Pommern und Polen 1945,

Schünemann, Bremen, 1964, pp. 39-40.

216 Käthe von Normann, Tagebuch aus Pommern 1945-1946 , DTV Deutscher Taschenbuch,

in quanto non emergono giudizi nemmeno verso quelle donne che barattarono il loro corpo in cambio di cibo dai soldati.

Ruth Andreas-Friedrich, giornalista e fervente oppositrice del nazionalsocialismo, diede invece vita ad un’opera diaristica divisa in due parti, la prima intitolata Schauplatz Berlin, Ein Tagebuch aufgezeichnet 1938-1945 e la seconda Schauplatz Berlin, Tagebuchaufzeichnungen 1945 bis 1948. Il suo lavoro fu pubblicato nel 1946 a New York e Londra e fu tradotto in inglese, francese ed ebraico, ma solo nel 1972 le fu consentito nella Repubblica Democratica Tedesca di pubblicare la prima parte dell’opera. La seconda parte, basata sull’arrivo dei sovietici, non fu pubblicata fino al 1985: la mancata pubblicazione fu un tentativo di evitare l’emergere dei racconti di fame e degli stupri durante del dopoguerra. Questi due diari furono la sua unica produzione letteraria ma, come lei stessa afferma nell’introduzione alla prima opera, «Questo libro non vuole essere un’opera d’arte. Questo libro è verità». Ruth Andreas-Friedrich, nel descrivere gli stupri, tenta di gettare luce su quanto stava accadendo alle donne ma lo inserisce all’interno di un discorso politico. L’autrice non discute sugli stupri in senso stretto ma li interpreta come una conseguenza inevitabile per le sofferenze che i tedeschi avevano causato all’intera umanità. «Non è bello ma è comprensibile. In altre parole: la rabbia dei vincitori russi si

manifesta nella carne.[…] Nella carne delle nostre donne.»217

Inoltre tenta di prendere le distanze dal dolore, se l’atto di violenza era atteso, le donne potevano prepararsi psicologicamente in anticipo e l’atto di violenza diventava un po’ più “semplice” da accettare. 218 L’autrice inserisce i discorsi

dolore all’interno delle esperienze collettive. Spesso quello che è un trauma personale viene celato ed inserito all’interno di un discorso più ampio che vede protagoniste tutte le donne.

217 Ruth Andreas-Friedrich, Schauplatz Berlin, Tagebuchaufzeichnungen 1945 bis 1948, Suhrkamp,

2000, p.24.

218 Birgit Dahlke, Tagesbuch des Überlebens in Gisela Shaw, Mererid Puw Davies, Beth Linklater, Autobiographiy by women in German, op.cit.,pp. 207-208.

Birgit Dahlke mette in evidenza la difficoltà dell’affidarsi alle opere autobiografiche per la ricostruzione degli stupri. La scrittura dei diari riproduceva la morale del tempo e per tale motivo molte donne oscurarono o sorvolarono su ciò che era considerato “scomodo” sia a livello politico che sociale.