• Non ci sono risultati.

Il dibattito sulle frodi IVA Rinvio*

5. La Direttiva PIF (Dir (UE) 2017/1371): una “direttiva politica”?

5.1. Il dibattito sulle frodi IVA Rinvio*

Un ulteriore aspetto positivo dell’entrata in vigore della Di- rettiva PIF può essere ritrovato, senza dubbio, nella consacra- zione espressa e definitiva dell’IVA come imposta di rilevo co- munitario e della sua inclusione nell’ambito applicativo della stessa.

Tale questione era emersa, infatti, nel corso dei negoziati sulla proposta di Direttiva PIF.

Da tempo, era sorto, all’interno degli Stati membri, un in- tenso dibattito relativamente al fatto che l’IVA, nonostante l’in- clusione tra le risorse proprie, fosse o meno un’imposta di rile- vanza comunitaria.

Non vi è dubbio che, a differenza dei diritti doganali – che, sebbene riscossi dalle singole autorità nazionali confluiscono poi direttamente nel bilancio comunitario – l’IVA è versata, in prima battuta, nei bilanci nazionali dei singoli Stati, e che solo una mi- nima quota di essa, per di più progressivamente diminuita negli anni, è poi trasferita al bilancio dell’Unione.

E ciò ha spinto molti Stati nel corso degli anni a considerare sempre di più detta imposta come una imposta essenzialmente

132 Artt. 6 e 9.

nazionale, ritenendo che la sua rilevanza europea fosse solo indi- retta e mediata.

Tale interpretazione, secondo l’autorevole e maggioritaria dottrina133 non è risultata corretta per i più: non tiene conto, in- fatti, del dettato normativo che inserisce l’IVA tra le risorse pro- prie, nonché della realtà fattuale atteso che, comunque, una quota, per quanto ridotta, della stessa confluisce nel bilancio comunita- rio.

Non vi è dubbio, quindi, che la lotta alle frodi IVA abbia una rilevanza per il bilancio dell’Unione perché dalla quantità di imposta incassata dagli Stati dipende direttamente l’importo che essi fanno confluire nel bilancio europeo.

La tesi della rilevanza comunitaria dell’IVA, peraltro, era stata altresì affermata dalla Corte di giustizia; la stessa, in molte- plici successive pronunce, ha infatti costantemente affermato, ora come tema principale della causa, ora come obiter dictum, la ri- levanza comunitaria di tale tributo.

Dapprima nella decisione resa nella causa Commissione contro Repubblica federale di Germania134; in particolare, si

133 Cfr., per tutti, A.VENEGONI, La definizione del reato di frode nella

legislazione dell’Unione dalla Convenzione PIF alla proposta di Direttiva PIF, in Diritto penale contemporaneo, 10/2016. Cfr. anche infra Capitolo 2.

134 Causa C-539/09 del 15.11.2011; ai punti 69-72 della motivazione, si

afferma testualmente come: «è vero che il gettito dell’IVA rimane per la mag-

gior parte un’entrata fiscale nazionale iscritta nel bilancio degli Stati membri, di modo che solo un’esigua percentuale di tale entrata va a profitto del bilan- cio comunitario a titolo di risorse proprie […]. È altrettanto vero che, […] il calcolo dell’importo delle risorse IVA non consiste in una mera percentuale del gettito dell’IVA effettivamente riscosso, ma che nel contesto di tale calcolo intervengono una serie di correttivi […]. Tuttavia, queste constatazioni non intaccano la circostanza che il sistema di risorse proprie predisposto in ese- cuzione del Trattato è effettivamente finalizzato, quanto alle risorse IVA, ad

trattava di un’impugnazione, da parte dello Stato membro, di una decisione della Commissione in cui essa constatava la violazione da parte di tale Stato del rapporto di collaborazione con l’Unione, avendo la Germania impedito ad alcuni funzionari europei di compiere controlli sul suo territorio sulle modalità di accerta- mento e riscossione dell’IVA.

Il comportamento tedesco si fondava anche sul fatto che, un conto è il gettito IVA, puramente nazionale, ed un altro la risorsa IVA da destinare alla Comunità, dipendente dal primo, per cui l’imposta in questione era, in sostanza, un’imposta nazionale e non sussisteva, ad avviso dello Stato membro, alcuna competenza dell’Unione sul punto.

La Corte confermava, invece, la decisione della Commis- sione affermando espressamente la rilevanza comunitaria dell’imposta.

Il principio è stato affermato ripetutamente e costantemente dalla Corte anche in altri casi, anche quando la questione non era l’oggetto specifico della controversia.

istituire un obbligo a carico degli Stati membri di mettere a disposizione della Comunità, come risorse proprie, una parte delle somme che essi riscuotono a titolo di IVA […]. Le suddette constatazioni non incidono neppure sul fatto che gli Stati membri, per garantire un prelievo effettivo di detto gettito dell’IVA ed essere in grado di mettere a disposizione del bilancio comunitario, […] siano tenuti ad osservare le varie norme del diritto comunitario relative a tali pre- lievi, come quelle contenute nella sesta direttiva IVA e nella direttiva IVA, o ancora nel Regolamento n. 1798/2003. […] Pertanto, sussiste un nesso diretto tra, da un lato, la riscossione del gettito dell’IVA nell’osservanza del diritto comunitario applicabile e, dall’altro, la messa a disposizione del bilancio co- munitario delle corrispondenti risorse IVA, poiché qualsiasi lacuna nella ri- scossione del primo determina potenzialmente una riduzione delle seconde».

Contenuto disponibile sul sito: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUri- Serv.do?uri=CELEX:62009CJ0539:IT:HTML.

Basti qui ricordare, sul punto, i casi Åklagaren contro H. A. Fransson135 e, più recentemente, il già citato caso “Taricco”136.

135 Causa C-617/10 del 26.02.2013; ai punti 25-27 e 34 della motiva-

zione, si afferma testualmente come: «Orbene, in materia di IVA, risulta, da

un lato, dagli artt. 2, 250, par. 1, e 273 della Direttiva 2006/112/CE del Con- siglio, del 28.11.2006, relativa al sistema comune d’IVA (GU L 347, p. 1), […] che ogni Stato membro ha l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative al fine di garantire che l’IVA sia interamente riscossa nel suo territorio e a lottare contro la frode […]. Inoltre l’art. 325 T.F.U.E. obbliga gli Stati membri a lottare contro le attività illecite lesive degli interessi finan- ziari dell’Unione con misure dissuasive ed effettive e, in particolare, per com- battere la frode lesiva degli interessi finanziari dell’Unione, li obbliga ad adot- tare le stesse misure che adottano per combattere la frode lesiva dei loro inte- ressi […]. Orbene, poiché le risorse proprie dell’Unione comprendono in par- ticolare, […], le entrate provenienti dall’applicazione di un’aliquota uniforme agli imponibili IVA armonizzati determinati secondo regole dell’Unione, sus- siste quindi un nesso diretto tra la riscossione del gettito dell’IVA nell’osser- vanza del diritto dell’Unione applicabile e la messa a disposizione del bilancio dell’Unione delle corrispondenti risorse IVA, poiché qualsiasi lacuna nella riscossione del primo determina potenzialmente una riduzione delle seconde

[…]. Ne risulta che sovrattasse e procedimenti penali per frode fiscale, del

tipo di quelli di cui è o è stato oggetto l’imputato nel procedimento principale a causa dell’inesattezza delle informazioni fornite in materia di IVA, costitui- scono un’attuazione degli artt. 2, 250, par. 1, e 273 della Direttiva 2006/112 e dell’art. 325 T.F.U.E. e, pertanto, del diritto dell’Unione, ai sensi dell’art. 51, par. 1, della Carta». Contenuto disponibile sul sito: http://curia.eu-

ropa.eu/juris/document/document.jsf?docid=134202&doclang=IT.

136 Causa C-105/14 del 08.09.2015; ai punti 36, 38 e 49 della motiva-

zione, si afferma testualmente come: «si deve ricordare che, in base al combi-

nato disposto della Direttiva 2006/112 e dell’art. 4, par. 3, T.U.E., gli Stati membri hanno non solo l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e am- ministrative idonee a garantire che l’IVA dovuta nei loro rispettivi territori sia interamente riscossa, ma devono anche lottare contro la frode. […] poiché le risorse proprie dell’Unione comprendono in particolare, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2007/436, le entrate provenienti dall’applicazione di un’aliquota uniforme agli imponibili IVA armonizzati de- terminati secondo regole dell’Unione, sussiste quindi un nesso diretto tra la riscossione del gettito dell’IVA nell’osservanza del diritto dell’Unione appli- cabile e la messa a disposizione del bilancio dell’Unione delle corrispondenti risorse IVA, dal momento che qualsiasi lacuna nella riscossione del primo de- termina potenzialmente una riduzione delle seconde». Contenuto disponibile

Ebbene, l’inserimento nel testo del Consiglio del giugno 2013 di una frase specifica sulla esclusione delle frodi IVA dallo scopo della direttiva137 rappresentava, senza dubbio, un passo in- dietro rispetto alla proposta ed alla Convenzione PIF.

Si legge, infatti, nell’orientamento presentato dal Consiglio dell’Unione europea al Parlamento in data 6 giugno 2013138, che all’art. 2 della proposta di direttiva139 era stata aggiunta la frase: «Revenues arising from VAT are not included in the scope of this directive».

E la questione aveva, oltretutto, un impatto in termini di va- lutazione sulla dimensione del fenomeno delle frodi di assoluto rilievo, atteso che, secondo stime illo tempore elaborate140, le frodi IVA raggiungevano, al momento della redazione della pro- posta, un ammontare tutt’altro che sorvolabile.

sul sito http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&do- cid=167061&pageIndex=0&do-

clang=it&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=110949.

137 Siffatta attribuzione in materia di frodi IVA è stata oggetto, infatti,

di preoccupazione da parte di alcuni Stati membri quanto alla possibilità che la stessa potesse tradursi in un’armonizzazione indiretta nel settore tributario, interferendo con la competenza nazionale sulla struttura, l’organizzazione ed il funzionamento delle proprie politiche fiscali; sul punto cfr. S.MANACORDA, Il P.M. europeo e le questioni aperte di diritto penale sostanziale, in Dir. pen. e proc., 5/2017, pp. 660-669.

138 Cfr. doc. 10729/13, datato 06.06.2013 e pubblicato in data

10.06.2013, v. specificamente p. 12; contenuto disponibile sul sito: http://regi- ster.consilium.europa.eu/doc/srv?l=EN&f=ST%2010729%202013%20INIT.

139 L’art. 2 contenente la definizione di “interessi finanziari dell’Unione

europea”.

140 Secondo già citato il documento intitolato Study and Reports on the

VAT Gap in the EU-28 Member States: 2017 Final Report (Studio e relazioni

sul divario dell’IVA nei 28 Stati membri dell’UE: relazione finale 2017), TA- XUD/2015/CC/131, cit., si trattava di 159,5 miliardi di Euro in gettito deri- vante dall’IVA andati persi nell’UE nell’anno 2014. V. anche nota 13.

Il Parlamento Europeo, nella sua lettura dell’aprile 2014, ha successivamente reintrodotto le frodi IVA nello scopo della diret- tiva141.

L’inserimento o meno delle frodi IVA nella Direttiva PIF ha dispiegato i propri effetti altresì in materia di competenza della allora costituenda Procura europea; infatti, se le frodi IVA fossero o meno state previste come rientranti nell’ambito della direttiva, conseguentemente il Procuratore europeo avrebbe o meno avuto competenza ad investigare su di esse.

Tra l’altro, la loro inclusione nella direttiva è apparsa del tutto opportuna proprio sotto quest’ultimo profilo. Le frodi IVA, infatti, come si vedrà più diffusamente nel prosieguo, sono le ti- piche frodi transnazionali in cui una visione unitaria dell’indagine

141 Risoluzione del Parlamento europeo sulla Procura europea ed Euro-

just, datata 05.10.2016, 2016/2750(RSP) nella quale il P.E.: «invita il Consi-

glio a stabilire una serie chiara e univoca di competenze e procedure per la Procura europea, sulla base della proposta di direttiva relativa alla lotta con- tro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto pe- nale (Direttiva PIF); invita il Consiglio a intensificare i suoi sforzi per trovare un accordo sulla Direttiva PIF, in modo che l’IVA sia inclusa nel suo ambito di applicazione, e a riaprire i negoziati con il Parlamento in vista dell’istitu- zione della Procura europea; sottolinea che la Procura europea dovrebbe avere competenza prioritaria per i reati definiti nella Direttiva PIF; deplora profondamente che il Consiglio non permetta che la Procura europea sia com- petente per i casi, previsti dalla Direttiva PIF, nei quali il finanziamento dell’UE supera i 10.000 Euro ma non rappresenta almeno il 50% del cofinan- ziamento; invita pertanto il Consiglio ad abbandonare la norma che priva la Procura europea della possibilità di essere competente per tutti i reati definiti dalla Direttiva PIF qualora i danni arrecati al bilancio dell’Unione siano pari o inferiori ai danni causati a un’altra vittima; invita il Consiglio a garantire che la Procura europea sia immediatamente informata dalle autorità nazionali di tutti i casi correlati in qualche modo alla Direttiva PIF, sia prima che nel corso di un’indagine». Contenuto disponibile sul sito: http://www.europarl.eu-

ropa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2016- 0376+0+DOC+XML+V0//IT.

da parte di un organo investigativo sovrannazionale potrebbe rap- presentare davvero un valore aggiunto rispetto alla frammenta- zione investigativa esistente.

E, del resto, non è un caso, a parere di chi scrive, che l’in- serimento delle frodi all’IVA all’interno della direttiva sia stato il punto di scontro più acceso della fase dei negoziati per l’appro- vazione della direttiva. Il possibile impatto di una tale compe- tenza dell’Unione sulle scelte di penalizzazione dei singoli Stati in un settore cruciale come quello fiscale, infatti, può spiegare la strenua resistenza mostrata dagli stessi.

5.2 Il problema della base giuridica: art. 83, 86 o 325