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L’innalzamento delle soglie di punibilità: un limite alle preroga-

5. La Direttiva PIF (Dir (UE) 2017/1371): una “direttiva politica”?

5.3. L’innalzamento delle soglie di punibilità: un limite alle preroga-

Come anticipato, un’ulteriore criticità da rilevare quanto alla neo-introdotta Direttiva riguarda, senza dubbio, l’ambito di applicazione della stessa.

Ebbene, l’art. 2, par. 2, limita esplicitamente l’applicabilità della direttiva in esame «unicamente ai casi di reati gravi contro il sistema comune dell’IVA»151.

La “gravità” della fattispecie risulterà, dunque, oltreché dall’elemento soggettivo della intenzionalità e quello oggettivo

150 Cfr. V. Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio

relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale, COM(2012) 363 definitivo, cit., alla p. 8.

151 Lo si ricordi, ancora una volta, la Convezione PIF non conteneva

detta limitazione, prevedendo specificamente l’obbligo di sanzioni penali per le condotte de qua e di sanzioni penali detentive (che possono comportare l’estradizione) per i casi di frode grave, intendendo con frode grave qualsiasi frode riguardante un importo minimo non inferiore a 50.000 ECU (art. 2 Con- venzione PIF).

della condotta posta in essere, da due ulteriori elementi: il carat- tere transnazionale della condotta fraudolenta e l’importo del danno causato152.

Secondo la definizione accolta dalla norma, i reati in mate- ria di IVA sono considerati “gravi” quando le condotte illecite, come descritte dalla Direttiva, siano connesse al territorio di due o più Stati membri e comportino un danno complessivo pari a dieci milioni di Euro153.

E, del resto, questa previsione trova il suo corrispondente nel Considerando (4) della Direttiva: «La tutela degli interessi fi- nanziari dell’Unione richiede una definizione comune di frode che rientri nell’ambito di applicazione della presente direttiva, che dovrebbe ricomprendere la condotta fraudolenta dal lato delle entrate, delle spese e dei beni ai danni del bilancio generale dell’Unione europea […]. La nozione di reati gravi contro il si- stema comune dell’imposta sul valore aggiunto («IVA») istituito dalla direttiva 2006/112/CE del Consiglio (1) («sistema comune dell’IVA») fa riferimento alle forme più gravi di frode dell’IVA, in particolare la frode carosello, la frode dell’IVA dell’operatore inadempiente e la frode dell’IVA commessa nell’ambito di un’or- ganizzazione criminale, che creano serie minacce per il sistema comune dell’IVA e, di conseguenza, per il bilancio dell’Unione». Sul punto, va ricordato come è discussa in dottrina l’idea di poter ancorare la responsabilità penale a parametri monetari fissi, che si configurerebbero verosimilmente quali elementi negativi

152 Cfr. anche infra Capitolo 3.

153 La nozione di danno complessivo si riferisce al danno stimato che

derivi dall’intero sistema fraudolento, sia per gli interessi finanziari degli Stati membri interessati sia per l’Unione, escludendo interessi e sanzioni.

del fatto154, di problematico accertamento processuale, oltre al fatto che le condotte delineate dalla Direttiva risultano dotate di un intrinseco disvalore tendenzialmente insuscettibile di variare in funzione delle relative conseguenze di tipo economico155.

Ma vi è di più, infatti, come è noto, il Regolamento 2017/1939 relativo all’istituzione della Procura europea, ha pre- visto, all’art. 22, che, fra le altre materie, l’EPPO sarà competente per «i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di cui alla Direttiva 2017/1371, quale attuata dal diritto nazionale, in- dipendentemente dall’eventualità che la stessa condotta crimi- nosa possa essere qualificata come un altro tipo di reato ai sensi del diritto nazionale. Per quanto riguarda i reati di cui all’arti- colo 3, par. 2, lettera d), della Direttiva 2017/1371, quale attuata dalla legislazione nazionale, l’EPPO è competente soltanto qua- lora le azioni od omissioni di carattere intenzionale definite in detta disposizione siano connesse al territorio di due o più Stati membri e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10 milioni di Euro»156.

Balza all’occhio, pertanto, come i problemi relativi alla menzionata soglia di “gravità” prevista dalla Direttiva PIF si ma- nifestino innanzitutto sul piano investigativo.

Dal punto di vista investigativo, infatti, “a valle” dell’inda- gine compiuta dal Procuratore europeo, sarà difficile perseguire efficacemente le condotte fraudolente nei confronti dell’IVA, po- tendo l’EPPO perseguire solo condotte che, necessariamente, ab- biano ad oggetto frodi del valore di almeno 10 milioni di Euro.

154 Elementi negativi della antigiuridicità.

155 Cfr. E.BASILE, Brevi note sulla nuova Direttiva PIF, cit. 156 Cfr. anche infra.

Quel che accade di sovente è che, invece, soltanto dopo mesi, a volte anni, si scopra la reale estensione della frode e, dunque, per lo meno nella sua fase iniziale, la frode scoperta “a valle” sfuggirà alla competenza del Procuratore europeo.

E, forse, l’obiettivo ultimo della Direttiva era proprio quello di arginare le future prerogative del Procuratore europeo157.

Inoltre, lo stesso legislatore europeo sembra conscio della criticabilità cui si espone l’introduzione delle soglie in questione: l’art. 18, par. 4, dispone, infatti, che allo scadere di tre anni dal termine di recepimento della Direttiva, sulla base dei dati tramessi dagli Stati, la Commissione presenterà una relazione al Parla- mento europeo ed al Consiglio al fine di valutare, fra l’altro, se la soglia prevista per le frodi IVA risulti adeguata.

157 È da sottolineare come tale scelta, a parere di chi scrive, risulti deci-

samente in controtendenza rispetto agli scopi, almeno formalmente, perseguiti dalla Direttiva di cui trattasi. Di fatti, l’entrata in vigore della Direttiva PIF ha di fatto eliminato gli obblighi di criminalizzazione presenti nella Convenzione PIF e relativi, nello specifico, alle frodi “sottosoglia”. Come è noto, infatti, l’art. 16 della Direttiva PIF, rubricato Sostituzione della Convenzione relativa

alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, prevede che: «La Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità eu- ropee, del 26 luglio 1995, e relativi Protocolli del 27 settembre 1996, del 29 novembre 1996 e del 19 giugno 1997, è sostituita dalla presente direttiva per gli Stati membri vincolati da essa, con effetto dal 6 luglio 2019».

La Convenzione PIF, all’art. 2, prevedeva che: «Ogni Stato membro prende le

misure necessarie affinché le condotte [frodi IVA] […] siano passibili di san- zioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno nei casi di frode grave, pene privative della libertà che possono comportare l’estradizione, rimanendo inteso che dev’essere considerata frode grave qual- siasi frode riguardante un importo minimo da determinare in ciascuno Stato membro. Tale importo minimo non può essere superiore a 50.000 Euro». Si

aggiunga, fra l’altro, che dopo l’introduzione della Direttiva qui esaminata, le condotte frodatorie che non siano riconducibili nell’alveo della competenza disegnata stessa, rimarranno sprovviste di una tutela a livello europeo e do- vranno, perciò, essere perseguite dai singoli Stati membri.

In tal modo il legislatore ha lasciato aperta la possibilità di correggere le insufficienze che la normativa in questione potrebbe rivelare in concreto.

Le scelte inerenti a queste disposizioni, come si è avuto modo di ricordare, riflettono essenzialmente le posizioni del Con- siglio e, pertanto, degli Stati membri. Il che suscita perplessità perché, in definitiva, le frodi commesse nel settore dell’IVA, ma anche nell’ambito degli appalti, ledono gli interessi finanziari na- zionali, ancora prima di quelli dell’Unione.

Fermo quanto appena ricordato, occorre svolgere qualche ulteriore considerazione sul requisito della “gravità” della frode da una diversa prospettiva.

Come è stato, infatti, osservato, da parte della dottrina158 e ciò, nello specifico, in relazione al dictum della Corte sovranna- zionale nella “saga Taricco”159 – il requisito della “gravità” dell’illecito fiscale (seppure senza che fosse ancoràto a definiti parametri, come invece fatto dalla Direttiva PIF) è stato utilizzato altresì dal giudice sovrannazionale per circoscrivere la soglia ai fini della non operatività delle riduzioni prescrizionali e, quindi, come parametro a cui il giudice nazionale deve rifarsi (insieme con quello del “numero considerevole di casi verificatesi”) per valutare se disapplicare o meno la normativa sulla interruzione della prescrizione (arrt. 160 e 161 c.p.) e, dunque, giungere o meno ad una sentenza di estinzione del reato per intervenuta

158 Cfr. per tutti F.AMATUCCI, I princìpi riconosciuti dalla sentenza Ta-

ricco II e l’effettività del sistema sanzionatorio tributario complessivo, in Riv.,

dir., trib., int., 2019, fasc. 1, pp. 39-56.

prescrizione, in tal caso lasciando le condotte de quibus prive di sanzione penale.

Ferme le censure sulla indeterminatezza del concetto di “gravità” enucleato dal giudice sovrannazionale, che hanno por- tato, come si vedrà più diffusamente nel prosieguo della tratta- zione, alla non utilizzabilità di tale parametro in quanto non coe- rente con il principio della legalità-determinatezza richiesto per i precetti penali, si rende necessaria qualche considerazione sul punto.

Non può fare a meno di notarsi, infatti, come il requisito della “gravità” della frode risulta ben definito nella Direttiva PIF (a cui rinvia il Regolamento EPPO).

Come visto, infatti, il legislatore europeo delinea come “grave” quella frode IVA che lede gli interessi finanziari dell’UE e, in particolare, per quanto riguarda il sistema dell’IVA, quella frode che presenti i requisiti esposti nell’art. 2, par. 2, Dir. PIF.

Tale norma, infatti, delimita puntualmente il concetto di frode “grave”, circoscrivendola ai casi in cui esse «siano con- nesse al territorio di due o più Stati membri dell’Unione e com- portino un danno complessivo pari ad almeno 10.000.000 Euro».

Ebbene, se anche non si vogliono rinnegare le osservazioni critiche svolte in precedenza, pare opportuno osservare, altresì, come la previsione di una soglia così alta, nonché la necessità che la condotta illecita sia transnazionale, potrebbe risultare comun- que coerente dal punto di vista della normativa dell’ordinamento giuridico nazionale.

Infatti, il sistema sanzionatorio avverso le frodi IVA deli- neabile all’interno del nostro ordinamento giuridico, si basa, an- che a seguito delle riforme al sistema sanzionatorio approntate nel

2015160, su di una particolare afflittività ed onerosità delle san- zioni amministrative previste spesso congiuntamente e di imme- diata applicazione che consente, con ogni probabilità, di “com- pensare” la ridotta punibilità ai fini penali derivante dalla prescri- zione ovvero di rendere compatibile il sistema con il principio del ne bis in idem.

Perciò, in assoluto, la scelta del legislatore europeo di pre- vedere norme comuni per il perseguimento solo delle fattispecie più gravi di frodi IVA pare coerente con lo status quo, ad esem- pio, dell’ordinamento giuridico nazionale.

Tale coerenza, non è riscontrabile, invece, nel ragiona- mento fatto nelle sentenze rese nel caso Taricco dal giudice so- vrannazionale: quest’ultimo, di converso, àncora il giudizio che il giudice interno deve compiere per valutare la disapplicazione della normativa interna (artt. 160 e 161 c.p.) alla sola valutazione della “gravità” della frode fiscale (e della ricorrenza “in un