• Non ci sono risultati.

Il problema della base giuridica: art 83, 86 o 325 TFUE?

5. La Direttiva PIF (Dir (UE) 2017/1371): una “direttiva politica”?

5.2. Il problema della base giuridica: art 83, 86 o 325 TFUE?

Il legislatore europeo, nell’adozione della direttiva richia- mata, si è espresso, in definitiva, a favore della base giuridica co- stituita dall’art. 83, par. 2, T.F.U.E..

Trattandosi di interessi finanziari UE, si sarebbe invero po- tuto adoperare l’art. 325 T.F.U.E. come base giuridica dell’inter- vento normativo in esame, o anche l’art. 86 T.F.U.E., che avrebbe in ipotesi legittimato l’emanazione di un regolamento recante di- sposizioni incriminatrici, anziché servirsi di una direttiva.

La scelta dell’art. 325 come base giuridica, sostenuta dalla Commissione nella originaria proposta di Direttiva PIF 142

142 V. Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio re-

lativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione me- diante il diritto penale, COM(2012) 363 definitivo, v. soprattutto pp. 6 e ss., ove si afferma che: «La proposta è fondata sull’articolo 325, paragrafo 4, del

trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Questo articolo sancisce la competenza dell’Unione europea ad adottare le misure necessarie nel campo

avrebbe, tra l’altro, impedito l’opt-out del Regno Unito, nonché precluso la non applicabilità della direttiva alla Danimarca, oltre a non consentire procedure di salvaguardia come il c.d. freno d’emergenza ed anche, infine, il ricorso alla cooperazione raffor- zata143. Senza dimenticare che la Commissione, tramite una pro- cedura di inadempimento144, avrebbe avuto un sindacato più

della prevenzione e lotta contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, che “siano dissuasive”. Il relativo para- grafo 4 stabilisce la procedura legislativa per l’adozione di tali misure neces- sarie al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente. Costituisce inoltre la base giuridica per legiferare in materia di frode e altre attività ille- gali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, nel campo della preven- zione e della lotta contro la frode. […]

Scopo dell’art. 325 è tutelare l’interesse specifico oggetto di questa priorità strategica, ossia il denaro dei contribuenti dell’Unione, sia esso rac- colto o speso». Contenuto disponibile sul sito: http://www.europarl.eu- ropa.eu/meetdocs/2014_2019/docu-

ments/com/com_com(2012)0363_/com_com(2012)0363_it.pdf. V. anche su-

pra Cap. 1, par. 4.

143 In breve, si ricordi che le clausole con freno di emergenza riguardano

tre settori: 1. le misure di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale dei lavoratori migranti (art. 48 del T.F.U.E.); la cooperazione giudiziaria in mate- ria penale (art. 82 del T.F.U.E.); la fissazione di norme comuni per alcuni reati (art. 83 del T.F.U.E.). Esse sono state ideate per consentire l’applicazione della procedura legislativa ordinaria in questi tre settori. La procedura legislativa ordinaria viene, quindi, mitigata con un meccanismo di freno: se uno Stato membro ritiene che i principi fondamentali del suo sistema di sicurezza sociale o del suo sistema di giustizia penale siano minacciati dal progetto legislativo in corso di adozione, può chiedere che il Consiglio europeo sia investito della questione. In tale caso, la procedura viene sospesa e il Consiglio europeo può: rinviare il progetto al Consiglio che porta avanti la procedura tenendo in con- siderazione le osservazioni formulate; oppure mettere fine definitivamente alla procedura e chiedere, all’occorrenza, una nuova proposta della Commissione europea.

144 Ai sensi degli artt. 258 e ss. T.F.U.E., e con la concreta conseguenza

che l’attuazione della direttiva andrebbe verificata alla stregua di rigorosi pa- rametri di “efficacia” ed “equivalenza” della tutela penale, da garantire nella prassi applicativa in tutto il territorio dell’UE.

esteso, ben potendo far leva sull’”obbligo di risultato” imposto proprio dall’art. 325 T.F.U.E.

A favore di una simile impostazione, si sarebbe potuto in- vocare non soltanto il tenore letterale145 dell’art. 325 T.F.U.E., ma anche la circostanza che la stessa Corte di giustizia146 si è ba- sata proprio su questa disposizione allo scopo di statuire la dove- rosità della disapplicazione da parte del Giudice nazionale di una disciplina domestica in tema di prescrizione degli illeciti penali, nella misura in cui risultasse in contrasto con la protezione degli interessi finanziari UE.

E, del resto, la mancata previsione della frode tra i reati elencati nel par. 1 dell’art. 83 avrebbe dovuto suggerire un inter- vento dell’Unione contro tale fenomeno proprio utilizzando l’art. 325 come base giuridica.

Meno agevole sarebbe stato, d’altro canto, il transito attra- verso l’art. 86 T.F.U.E., che ad avviso di taluni interpreti istitui- rebbe – in ben precise materie – una competenza penale euro-uni- taria piena e diretta esercitabile tramite regolamenti.

Al di là della scarsa plausibilità – in primo luogo testuale – di siffatta posizione radicale, merita nondimeno di essere segna- lata la stretta correlazione tra la Direttiva PIF e l’art. 86 T.F.U.E., in base al quale è stato emanato qualche mese dopo il regolamento sull’istituzione della Procura europea.

145 Il termine “misure” utilizzato dalla norma non pone limitazioni in

ordine alla scelta dell’atto normativo da adottare; le norme da adottarsi non devono necessariamente avere carattere “minimo”; l’applicazione della dispo- sizione riguarda tutti gli Stati membri, né questi possono ricorrere al freno d’emergenza.

La scelta del legislatore sovrannazionale si è, pertanto, in- dirizzata verso lo strumento normativo meno dirompente, benché non poco controverso, con lo scopo di dettare disposizioni “mi- nime” sulla definizione delle fattispecie incriminatrici e delle mi- sure punitive, in base a uno schema in via di progressiva afferma- zione.

Va ricordato, inoltre, come l’orientamento manifestato dalla Commissione, e negato da Parlamento europeo e Consiglio, è sempre stato quello in favore dell’adozione dell’atto in que- stione sulla base dell’art. 325 T.F.U.E., in ragione del carattere specifico del settore costituito dalla tutela degli interessi finan- ziari e dello scopo perseguito proprio dallo stesso art. 325, vale a dire la tutela del denaro dei contribuenti.

Essa ha rilevato, altresì, che una tutela dissuasiva, efficace ed equivalente come quella richiesta dalla norma comporta, per sua natura, una tutela penale e, richiamando la differenza tra il par. 4 dell’art. 280 Trattato C.E. e la disposizione oggi vigente, ha concluso che quest’ultima prevede specificamente il potere di adottare misure penali a tutela delle finanze dell’Unione.

La posizione della Commissione147 non è stata condivisa non solo dal Consiglio, ma anche da parte del Parlamento euro- peo, il quale ha tenuto conto in proposito del parere della sua Commissione giuridica148.

147 Condivisa, invece, dalla Corte dei Conti; cfr. parere n. 8/2012. 148 In tale parere, la Commissione parlamentare, muovendo dai lavori

preparatori del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, ha ritenuto che l’art. 83, par. 2, T.F.U.E. «costituisce una lex specialis per quanto attiene

all’attribuzione di competenze in ordine al diritto penale sostanziale»; conte-

L’adozione della Direttiva PIF, tuttavia, non ha messo fine alla questione concernente il fondamento giuridico delle misure penali dell’Unione in materia di interessi finanziari.

Pur non contestandone in merito la disciplina, la Commis- sione si è riservata il diritto di adire la Corte di giustizia in rela- zione proprio alla base giuridica prescelta, con ciò lasciando aperta la questione149.

E, data l’importanza che la questione riveste sotto i molte- plici aspetti evidenziati, è auspicabile un intervento chiarificatore della stessa Corte di giustizia sul punto.

Da ultimo, si è osservato come, sotto il profilo degli atti normativi volti a combattere la frode, se è pur vero che sulla base dell’art. 325 T.F.U.E. tra le misure adottabili rientri altresì il re- golamento, appare difficile che tale strumento possa essere privi- legiato rispetto allo strumento direttiva, in ragione della maggior salvaguardia della specificità offerta da quest’ultima nei confronti degli ordinamenti statali; oltre al fatto che la direttiva è lo stru- mento tipicamente utilizzato nel contesto della cooperazione

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+RE- PORT+A7-2014-0251+0+DOC+XML+V0//IT#title3.

V. anche posizione in prima lettura del Parlamento europeo del 16.04.2014, doc. EP-PE_TC1-COD(2012)0193; contenuto disponibile sul sito: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//NON- SGML+TC+P7-TC1-COD-2012-0193+0+DOC+PDF+V0//IT.

149 Cfr. Comunicazione del 16.05.2017, COM(2017) 246 definitivo, p.

3; ove si afferma: «La Commissione appoggia la posizione del Consiglio in

prima lettura per quanto riguarda le disposizioni sostanziali della direttiva. La Commissione tuttavia ritiene che la direttiva avrebbe dovuto basarsi sull’articolo 325 del T.F.U.E. e si riserva il diritto di avviare un procedimento giudiziario dinanzi alla Corte di giustizia in relazione alla base giuridica»;

contenuto disponibile sul sito: https://ec.europa.eu/transparency/reg- doc/rep/1/2017/IT/COM-2017-246-F1-IT-MAIN-PART-1.PDF.

penale, in ragione della maggior capacità di aderire alle diversità che connota i sistemi penali dei diversi Stati membri.

Invero, tale ultimo aspetto risulta confermato proprio nella proposta di Direttiva PIF nella quale altresì la stessa Commis- sione non aveva potuto non rilevare come: «Per stabilire norme armonizzate di diritto penale in materia di tutela degli interessi finanziari dell’Unione, lasciando agli Stati membri un certo grado di flessibilità per quanto riguarda l’eventuale adozione di disposizioni più severe, la direttiva è lo strumento più appro- priato»150.

5.3. L’innalzamento delle soglie di punibilità: un limite alle pre-