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Individuazione delle fattispecie di frodi IVA

È questo, dunque, il sistema entro cui si rendono material- mente possibili le frodi IVA206.

204 In generale, la disciplina delle operazioni relative a scambi con

l’estero è ispirata al principio di detassare i beni “in uscita” e i servizi a questi connessi, e di applicare l’IVA nel territorio nazionale a quelli “in entrata”; per escludere l’applicabilità dell’imposta sui beni destinati al consumo all’estero senza limitare la detrazione dell’imposta sugli acquisti, il legislatore ha indivi- duato determinate operazioni come non imponibili; cfr. G.FALSITTA, Manuale di diritto tributario. Parte speciale: il sistema delle imposte in Italia, cit., pp.

856 e ss.

205 Per l’elencazione delle operazioni esenti v. art. 10 D.P.R. 633/1972.

Le operazioni esenti, pur non comportando l’applicazione dell’IVA, fanno sor- gere, in linea di principio anche se con numerose eccezioni, obblighi formali (fatturazione, dichiarazione, etc.) e l’effettuazione di esse limita la detraibilità dell’imposta sugli acquisti e sulle importazioni, rendendo l’esenzione meno vantaggiosa della non imponibilità anche per i consumatori finali, in quanto l’IVA indetraibile costituisce un costo, che influisce sul prezzo del bene o del servizio; cfr. cfr. G.FALSITTA, Manuale di diritto tributario. Parte speciale: il

sistema delle imposte in Italia, cit., pp. 872 e ss.

206 Che, come risulta evidenziato dal già citato documento intitolato

Study and Reports on the VAT Gap in the EU-28 Member States: 2017 Final Report (Studio e relazioni sul divario dell’IVA nei 28 Stati membri dell’UE: relazione finale 2017), TAXUD/2015/CC/131, generano un ammanco di get- tito IVA pari (nell’anno 2015) a 152,5 miliardi di Euro con un leggero decre- mento percentuale rispetto all’anno 2014: si è passati da un valore percentuale di VAT Gap di 14,1% al 12,8%. In ogni caso, come viene specificato nello studio (v. p. 9) il VAT Gap non è indice diretto di frode IVA, bensì solo indice indiretto e rivelatore dell’efficacia generale del sistema impositivo e di riscos- sione di detta imposta: «However, the VAT Gap estimates presented in this

report should not be directly interpreted as VAT fraud estimates. Other factors such as bankruptcies, tax arrears, and reporting problems in national ac- counts can contribute positively to the VAT Gap. Therefore, the VAT Gap

Infatti, è la combinazione di molteplici fattori che contri- buisce a rendere tale imposta terreno privilegiato per gli ideatori delle frodi: i peculiari meccanismi di funzionamento dell’IVA, che prevedono la determinazione dell’imposta da versare previa detrazione dell’imposta assolta o dovuta dal contribuente o a lui addebitata a titolo di rivalsa; la normativa europea che, nello sta- tuire il principio della tassazione nel Paese di destinazione delle operazioni poste in essere tra operatori di Stati membri diversi, rende particolarmente pericolosa per l’Erario la posizione di quel soggetto passivo di imposta in capo al quale vengono ad accumu- larsi ingenti debiti IVA ed esigui crediti IVA da portare in almeno parziale detrazione207; nonché, come visto, l’assenza di una uni- ficazione vera e propria a livello penal-repressivo in grado di de- finire le fattispecie di tal genere in maniera uniforme tra Stato e Stato e, di conseguenza, la previsione di una efficace sanzione208.

should be more cautiously treated as an upper bound estimate of VAT non- compliance, as well as a general index of the VAT system efficiency and tax administrations capacity to collect VAT». Ancora qualche dato: le entrate da

risorse proprie basate sull’IVA destinate al bilancio dell’UE sono aumentate da 14.019 miliardi di Euro nel 2013 a 18.087 miliardi di Euro nel 2015. In particolare, in Italia, la differenza tra l’IVA raccolta e l’IVA stimata è ammon- tata a 35.093 miliardi di Euro (valore percentuale pari al 26%), in calo rispetto all’anno precedente, ma sempre in termini assoluti il livello più elevato tra i 28 Paesi dell’UE.

207 A.MEREU, La repressione penale delle frodi IVA, cit., pp. XIX e ss. 208 Va notato, tuttavia, che il contributo che la Direttiva PIF apporta

all’armonizzazione delle sanzioni è, come si è parzialmente già evidenziato, di grande rilevanza. Se nessuna novità risiede nel fatto che essa ribadisce il prin- cipio di origine giurisprudenziale sulla dissuasività, proporzionalità ed effetti- vità delle pene che gli Stati si determineranno ad introdurre nell’adeguamento del proprio ordinamento all’atto dell’Unione, il secondo principio espresso dalla Direttiva consiste, invece, nella scelta di non vincolare gli Stati membri al livello penalistico quando si tratta di sanzioni da applicare alla persona fi- sica, il cui regime è stabilito dall’art. 7 della stessa Direttiva. A determinare

E, del resto, l’istituzione della Procura europea, come si ve- drà diffusamente nel prosieguo, è finalizzata proprio a combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione; anche se occorrerà valutare fino a che punto tale strumento è efficace nel perseguimento delle condotte frodatorie nei confronti dell’IVA.

Si osserva come, le diverse tipologie di meccanismi fraudo- lenti, che verranno descritti amplius nel prosieguo, dalle c.d. “false lettere d’intenti” alle “frodi carosello”, infatti, pur artico- landosi secondo differenti schemi operativi e coinvolgendo set- tori merceologici diversi, presentano tutti un tratto comune, rin- venibile in quell’artificioso sdoppiamento di soggetti passivi di

questa scelta concorrono diverse previsioni contenute nel Preambolo, ove si specifica che non vi è obbligo di sanzionare con pene detentive la commissione di reati che non rivestano il carattere della gravità, ferma la condotta intenzio- nale; e che non si preclude il ricorso – se efficace e adeguato - a misure disci- plinari o sanzioni diverse da quelle di natura penale, le quali sono eventual- mente cumulabili a sanzioni di carattere penale. Ancora, un terzo principio che pare utile ricordare attiene al concetto di “gravità” e alla conseguente applica- zione di sanzioni penali: non è precluso agli Stati membri di considerare, ai fini della determinazione del livello di gravità della condotta, il vantaggio po- tenzialmente ottenibile o il danno arrecabile in astratto. Inoltre, resta ferma, per i reati contro il sistema dell’IVA, la soglia dei 10 milioni di Euro. Seguendo la prassi in materia, la direttiva individua la soglia della pena detentiva, deter- minando anche l’aggravante dell’appartenenza a organizzazione criminale. Allo Stato membro si lascia comunque la facoltà di definire altre circostanze gravi, definite aggravanti. Ancora, per le medesime fattispecie, quando il danno o vantaggio sia inferiore a 10 mila Euro, gli Stati membri possono pre- vedere sanzioni di natura diversa da quella penale. La maggior efficacia del regime stabilito dalla neo introdotta Direttiva si misura in riferimento, a titolo meramente esemplificativo ma non esaustivo, al fatto che la Convenzione PIF si limitava a stabilire l’obbligo per gli Stati membri di sanzionare le persone fisiche con pene effettive, proporzionate e dissuasive, comprendenti pene pri- vative della libertà almeno per i casi gravi di frode; la direttiva, in modo signi- ficativo quanto ad efficacia dissuasiva, introduce, inoltre, la previsione di mi- nimi edittali espliciti nei confronti degli autori dei reati connotati da “gravità”, di chi con loro concorre, istiga o favoreggia.

imposta, volto all’interposizione – all’interno della filiera delle transazioni commerciali – di soggetti unicamente votati all’ina- dempimento delle proprie obbligazioni tributarie nei confronti dello Stato209.

Si può dire come le frodi sfruttino, fra l’altro, il già più volte citato principio di neutralità, oltre alla cui realizzazione sono fun- zionali l’obbligatorietà della rivalsa e il diritto alla detrazione dell’IVA.

In questo contesto i soggetti, artificiosamente interposti, possono essere sia imprese fittizie (c.d. società cartiere o missing trader), sia società realmente operative210.

Il perno della frode211 consiste, infatti, molto spesso, nell’inserimento negli scambi tra operatori economici dei diversi Paesi, di società fantasma rette da soggetti prestanome, con vita normalmente breve, che, acquistando in esenzione IVA e non ver- sando sistematicamente i debiti IVA accumulati all’Erario, distol- gono gettito dalle casse dello Stato e distorcono la concorrenza all’interno del mercato212.

I. La frode IVA si realizza, infatti, nel suo assetto più es- senziale, soprannominato “frode all’acquisto”, mediante l’inter- posizione di un soggetto passivo IVA nazionale (c.d. missing tra- der o “cartiera” o “società fantasma”) tra il fornitore europeo (c.d.

209 Cfr. Cfr. A.GIOVANARDI, Le frodi IVA. Profili ricostruttivi, Torino,

2013, p. 61.

210 Cfr. AMEREU, La repressione penale delle frodi IVA, cit., pp. XIX-

XX.

211 Sulla base della ricostruzione giurisprudenziale sul punto e dei ten-

tativi della dottrina di razionalizzare la fattispecie. Cfr., per tutti, il contributo di A.GIOVANARDI, Le frodi IVA. Profili ricostruttivi, Torino, 2013.

212 Cfr. F.TESAURO, Appunti sulle frodi carosello, in Giurisprudenza

“broker”) non residente e l’operatore nazionale destinatario della merce, in modo tale che il primo – in ragione della natura intra- comunitaria dell’operazione213 – non si trovi obbligato ad appli- care l’IVA al proprio acquirente (missing trader), il quale, tutta- via, può contemporaneamente non versare l’imposta, che invece addebita all’acquirente nazionale e che, infine, la porterà in detra- zione214.

Come già detto, dunque, il punto focale di questa tipologia di frode va individuato nell’inserimento della catena commerciale di imprenditori individuali nullatenenti o, come accade più spesso, di società, rette normalmente da prestanome, che restano in vita per poco tempo, acquistano da operatori europei non resi- denti, in maniera tale da non essere costretti a corrispondere l’IVA al fornitore che eserciti la rivalsa e che vendono ad imprese nazionali senza versare l’IVA detratta dal cessionario215.

213 Art. 41 del D.L. 331/93.

214 Si faccia il caso pratico. Una società di diritto tedesco (A) vende

detersivi, non imponibili IVA in ragione della non imponibilità dell’opera- zione, ad una società di diritto italiano (B, cosiddetto missing trader). Tale società (B) rivende la merce acquistata senza IVA dalla società A ad una terza società italiana (C), la quale, infine, chiede o ottiene il rimborso dell’IVA sugli acquisti effettuati presso la società italiana (B). In tal modo, l’Erario subisce una perdita pari all’IVA pagata da C a B e mai riscossa da quest’ultima.

215 Per le caratteristiche di tale soggetto interposto, v., per tutti, M.DI

CAPUA, L’attività dell’Agenzia delle entrate per la prevenzione ed il contrasto

dell’elusione e delle frodi, intervento pubblicato in occasione del Convegno Le frodi IVA, tenutosi a Venezia in data 12.05.2006, reperibile in F.D’ALFONSO,

Reverse charge IVA, Bologna, 2017, pp. 19 e ss., ove si afferma che: «Tale

soggetto [missing trader]: 1. ha natura giuridica di società di capitali (società a responsabilità limitata) con capitale minimo; 2. è amministrato da persone nullatenenti; 3. non opera i versamenti IVA; 4. effettua operazioni in maniera esclusiva o prevalente con operatori europei; 5. non possiede locali idonei all’esposizione od al commercio dei beni né ha a disposizione collaboratori, necessari all’interno di una struttura commerciale; 6. le dichiarazioni dei

Il risultato comunemente perseguito mediante una siffatta operazione è che gli organizzatori della frode si spartiscono l’im- posta non versata; ma vi è di più, in quanto assieme a tale vantag- gio, vi è altresì quello, per il missing trader, di essere in grado di praticare un prezzo inferiore a quello di mercato, in tal modo ar- recando pregiudizio alla concorrenza216.

Ebbene, la descrizione che si è data sino ad ora della frode nella sua forma più essenziale non è tuttavia idonea a descrivere alcune condotte assai comuni in questo ambito217.

II. Il descritto schema, infatti, si complica ogniqualvolta si aggiungano altri operatori, i quali vengono inseriti nella catena, a

redditi riferite agli anni precedenti fanno supporre per esso una capacità fi- nanziaria non idonea ad effettuare investimenti consistenti; 7. opera acquisti intracomunitari di rilevante ammontare concentrati in un arco temporale ri- stretto (generalmente 18-24 mesi)».

216 Il mancato versamento dell’IVA da parte del missing trader con-

sente di praticare il c.d. “sottocosto”, e cioè a dire la vendita ad un prezzo in- feriore a quello d’acquisto rimanendo comunque in utile grazie all’IVA non versata. Ed anzi, quando viene praticato il “sottocosto” è possibile individuare l’interesse al meccanismo fraudolento ordito dal medesimo soggetto nel dop- pio vantaggio: di corrispondere un’IVA inferiore a quella che sarebbe stata dovuta se il prezzo evidenziato in fattura fosse stato quello praticato dal ven- ditore onesto e non quello sottocosto attuato attraverso la frode, di lucrare del credito IVA maturato dalla società interponente nella consapevolezza che il

missing trader non avrebbe versato l’IVA; cfr. G.D.TOMA, La frode carosello nell’IVA. Parte seconda. Risvolti tributari, in Dir. prat. Trib., 2010, fasc. 3,

parte II, pp. 716 e ss.

217 Parte della dottrina (cfr. per tutti P.FALCIAI, Le frodi fiscali nell’Eu-

ropa comunitaria, in Il fisco, 2002, fasc. 41, parte I, pp. 6472 e ss.) suddivide

le frodi IVA in tre categorie: 1. la dichiarazione di cessione intracomunitaria totalmente o parzialmente fittizia con conseguente vendita in nero dei beni sul mercato interno; 2. la mancata liquidazione dell’IVA dovuta sugli acquisti in- tracomunitari, con rivendita dei beni su circuiti commerciali occulti; e 3. l’abuso del diritto alla detrazione d’imposta con conseguenti richieste di rim- borsi IVA non dovuti.

valle del missing trader, anche a loro insaputa, allo scopo di ren- dere più difficile la decrittazione della “trama fraudolenta”218.

Costoro, operatori economici effettivi che adempiono rego- larmente ai propri obblighi IVA, vengono usualmente denominati “filtri”, “cuscinetti” ovvero “buffers”219.

218 Cfr. A.GIOVANARDI, Le frodi IVA. Profili ricostruttivi, cit., p. 23. 219 Sul punto v., per tutti, F.ANTONACCHIO,N.MONFREDA, Le società

“filtro” nelle frodi all’IVA, in Il fisco, 2005, fasc. 45, parte I, pp. 7062 e ss.,

ove si afferma testualmente: «La “società filtro” svolge un ruolo strategico

nel meccanismo evasivo tipico delle frodi all’IVA, operando come “stabilizza- tore” per effetto dell’interposizione tra la cartiera e l’intermediario. Si ram- menta che il circuito delle frodi IVA è caratterizzato da una catena di fattura- zioni finalizzata all’ottenimento di un credito IVA, da utilizzare in detrazione – in caso di cessioni imponibili – o di cui chiedere il rimborso – in seguito a cessioni intracomunitarie – cui corrispondono acquisti effettuati da fornitori nazionali per i quali è stata formalmente corrisposta a questi ultimi l’IVA, in modo da generare il relativo credito. In realtà, come più volte osservato, ad un credito IVA giustificato da regolare fatturazione passiva in capo al soggetto che effettua le cessioni intracomunitarie, non corrisponde il versamento dell’IVA relativo alla cessione nazionale della merce medesima, in uno stadio precedente della frode. Solitamente, il circuito fraudolento viene generato da una cessione non imponibile della merce, effettuata da un fornitore comunita- rio A ad una società cartiera missing trader B. Di solito, però, la merce tran- sita direttamente dai magazzini del fornitore comunitario A a quelli della so- cietà filtro C o, addirittura, del cessionario finale, una ulteriore società D. La società filtro C, pertanto, acquista le merci dalla cartiera B e le rivende, im- mediatamente, all’intermediario D, emettendo regolare fattura. La società fil- tro B provvede all’effettivo versamento del saldo d’imposta pari alla diffe- renza fra il credito IVA derivante dall’acquisto della merce – che corrisponde all’imposta formalmente versata dalla società cartiera – e l’IVA a debito de- rivante dalla cessione della merce all’intermediario. La società filtro (o buf-

fer, come viene comunemente denominata la società filtro in ambito comuni-

tario) viene interposta unicamente al fine di creare uno schermo idoneo ad occultare la connessione diretta tra la società cartiera e l’effettivo cessionario della merce, incrementando il numero di società coinvolte ed ostacolando gli investigatori nel reperimento degli elementi necessari per provare il coinvol- gimento degli effettivi beneficiari del meccanismo evasivo, che potrebbero es- sere gli stessi cessionari finali o il cedente reale della merce, il fornitore estero A. Appare evidente che, nel caso in cui le indagini siano scaturite da una

I soggetti passivi IVA assumono, quindi, seguendo il flusso della merce, il ruolo di:

1. operatore economico/fornitore comunitario (che, talvolta può essere anche il c.d. “broker”);

2. missing trader/cartiera, ossia colui che non versa l’IVA addebitata in rivalsa al proprio cliente;

3. buffer/filtro/cuscinetto;

4. broker/regista della frode, soggetto interponente (di car- tiere o filtri).

III. Se poi l’operatore economico che fa da ultimo anello della catena nel territorio nazionale non vende la merce al consu- matore finale, ma ad un operatore comunitario, il quale cede nuo- vamente detta merce ad altra cartiera nazionale, ecco che il mec- canismo assume le sembianze della “frode carosello”220.

verifica fiscale nei confronti dello stesso cessionario D, andando ad analizzare le fatture passive emergerebbero rapporti commerciali con una società in re- gola, il buffer C, anziché con la società cartiera B, relativamente alla quale, invece, emergerebbero chiari indici di irregolarità. Pertanto, laddove, in sede di controllo, vengano unicamente effettuati “controlli incrociati” con il “for- nitore nazionale” dell’intermediario verificato – la società filtro appunto – non si riuscirà a far emergere la perpetrazione della frode, in quanto si rile- veranno operazioni regolarmente effettuate e per le quali sono stati rispettati tutti gli obblighi derivanti dall’applicazione della disciplina fiscale».

220 Il fenomeno della frode carosello venne per la prima volta scoperto

in Olanda nel 1970 all’interno del regime del Benelux e, in conseguenza dell’eliminazione delle frontiere fra i Paesi della Comunità nel 1993, si è suc- cessivamente diffusa nel territorio dell’Unione europea; un’analisi storica del fenomeno è rinvenibile in E.BARANI, Le frodi fiscali in materia di IVA, in Collana di studi sulla riforma tributaria, Reggio Emilia, 1972.

Sulle frodi carosello v. il contributo sistematico di G.D.TOMA, La frode carosello nell’IVA. Parte prima. Risvolti penali, in Dir. prat. Trib., 2010, fasc.

3, pp. 716-766; anche se la giurisprudenza della Corte di giustizia qualifica come “frode carosello” tutte le frodi IVA diverse dalle c.d. “frodi all’acquisto” e non solo quelle che si caratterizzano per la loro circolarità, v. a titolo esem- plificativo, sent. Corte di giustizia, C-384/04, Commissioners of Customs &

In generale, si tratta sempre di un meccanismo evasivo con- sistente nell’interposizione fittizia di soggetti fantasma nelle tran- sazioni commerciali.

L’appellativo “carosello” è riconducibile alla naturale pro- pensione della struttura stessa dell’illecito, tesa ad originare an- damenti ciclici di operazioni fraudolente, di solito attraverso il commercio di beni ad alto costo unitario e facilmente trasporta- bili221 che, per questa ragione, risulta idonea a configurare una sequenza di evasioni fiscali.

Lo schema della frode de qua, che ripercorre, in buona so- stanza, quanto sintetizzato nella Comunicazione della Commis- sione del 16 aprile 2004222 è riconducibile ai seguenti punti:

Excise c. Federation of Technological Industries e altri, del 11.05.2006, al

punto 12 della motivazione ove si afferma: «La seconda categoria è nota con

il termine di «frode a carosello». Il nome di tale categoria deriverebbe dal modo in cui gli stessi beni circolerebbero nell’Unione da uno Stato membro all’altro senza mai raggiungere un utente finale. Nella sua forma più semplice, tale frode presuppone tre operatori muniti di partita IVA in due diversi Stati membri, ancorché, di solito, essi siano almeno sei o sette operanti in due o più Stati membri»; contenuto disponibile sul sito http://curia.europa.eu/ju-

ris/showPdf.jsf;jsessio-

nid=9ea7d0f130dace9e7a74d7314520803eabe23926c604.e34KaxiLc3eQc40 LaxqMbN4Pb3qTe0?text=&docid=56811&pageIndex=0&do-

clang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=14072. Sul tema, v. anche P.CENTORE, IVA europea – Percorsi commentati della giurisprudenza comu- nitaria, Milano, 2012, pp. 188 e ss.

221 In specie, i settori maggiormente interessati sono quelli dell’alta tec-

nologia, come computers, componenti per prodotti informatici, telefoni cellu- lari, del commercio delle carni fresche e degli animali vivi, oltre che quello delle autovetture; e ciò in quanto è più semplice realizzare questo tipo di frodi mediante beni fungibili ovvero beni di elevato valore unitario non tracciati.

222 Cfr. Comunicazione della Commissione COM(2004) 260 definitivo,

recante la Relazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo sull’utilizzo degli accordi di cooperazione amministrativa nella lotta antifrode in materia di IVA, del 16.04.2004, specialmente alle pp. 6-7; contenuto

1. costituzione in Italia di una società che, nel linguaggio comune è, per l’appunto, detta “cartiera”, ossia di un soggetto fit-