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Il dibattito sulla pena di morte e il confronto con Cesare Beccaria

LA DIMENSIONE PENALE E IL PROGETTO DEL “PANOPTICON”: TRA INNOVAZIONE E UTOPIA.

5.1 Il dibattito sulla pena di morte e il confronto con Cesare Beccaria

In nome del principio della “massima deterrenza” in Inghilterra, dagli anni ’70 del ‘700, si assistette a un incremento della severità delle pene. Si stima che oltre centocinquanta reati erano punibili con la morte.250

246

Ibid. e cfr. G. Geis, Pioneers in Criminology. VII. Jeremy Bentham (1748-1832), in “The Journal of Criminal Law, Criminology, and Police Science”, vol. 46, North-western University School of Law, Chicago, 1955, pp. 162-162.

247

RoP, Book I, Cap. VII.

248

Ibid.

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Questa scelta è stata fortemente contestata dagli intellettuali del tempo che, all'uso indiscriminato della pena capitale, proposero di sostituire il duro lavoro in carcere, che avrebbe contribuito a trasformare il criminale in un onesto lavoratore. Jeremy Bentham era parte di quella contestazione e ne rappresentava una voce autorevole.251 In proposito, un confronto s’impone con l’iniziatore della battaglia contro la pena di morte, Cesare Beccaria. Il quale s’interroga riguardo all’utilità di questa sanzione e si domanda:

“Qual può essere il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili? Non certamente quello da cui risulta la sovranità e le leggi (…). Chi è mai colui che abbia voluto lasciare ad altri uomini l'arbitrio di ucciderlo? Come mai nel minimo sacrificio della libertà di ciascuno vi può essere quello del massimo tra tutti i beni, la vita? E se ciò fu fatto, come si accorda un tal principio coll'altro, che l'uomo non padrone di uccidersi? Ei doveva esserlo se ha potuto dare altrui questo diritto o alla società intera.”252

Beccaria aveva l’intento di dimostrare che la morte di un cittadino non è utile:

“Non è utile la pena di morte per l'esempio di atrocità che dà agli uomini. Se le passioni o la necessità della guerra hanno insegnato a spargere il sangue umano, le leggi moderatrici della condotta degli uomini non dovrebbero aumentare il fiero esempio, tanto più funesto quanto la morte legale è data con studio e formalità.”253

250

J. Semple, op. cit., pp. 350 ss.

251

J. Bentham, Panopticon cit., p. 136.

252

C. Beccaria, op. cit., cit. p. 62-63.

253

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Alla pena di morte l'Italiano propone di sostituire la schiavitù perpetua, essendo le lenti agonie di questa più terrificanti di quelle di una morte veloce. Si legge nel capitolo ventottesimo del “Dei delitti e delle pene”:

“Non è l'intensione della pena che fa il maggiore effetto sull'animo umano, ma l'estensione di essa; perché la nostra sensibilità è più facilmente e stabilmente mossa da minime ma replicate impressioni che da un forte ma passeggiero movimento (…) dunque l'intensione della pena di schiavitù perpetua sostituita alla pena di morte ha ciò che basta per rimuovere qualunque animo determinato (…). Colla pena di morte ogni esempio che si dà alla nazione suppone un delitto; nella pena di schiavitù perpetua un sol delitto dà moltissimi e durevoli esempi.”254

L’opera di Cesare Beccaria è di portata rivoluzionaria e contiene tutte le critiche già avanzate dall’ambiente illuministico contro il sistema penale vigente. La riflessione e la proposta del filosofo italiano si radicano, da una parte, nella concezione contrattualistica del diritto; dall'altra, nell'intuizione utilitaristica secondo cui “la massima felicità va divisa sul maggior numero”.255

Dalla teoria che Beccaria presenta nel suo testo, scaturiscono tre principi fondamentali del diritto penale, in altre parole:

- Il “principio della stretta legalità”, secondo cui solo le leggi possono decretare le pene sui reati, e l’autorità competente è il legislatore, che rappresenta tutta la società grazie al contratto sociale.256

- Il “principio dell’inderogabilità del processo” in base al quale nessuna pena può essere minacciata se non dopo un regolare giudizio.

254 Ivi, cit., pp. 63-64. 255 Ivi, p. 127. 256 Ivi, p. 33.

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- Il “principio dell’umanizzazione del diritto penale”, che è strettamente connesso al carattere preventivo della sanzione.257

Una volta fissati i principi, Beccaria si concentra sull’interpretazione delle leggi, della pena di morte e della tortura. Nel capitolo XIX del “Dei delitti e delle pene” si legge:

“Quanto la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso, ella sarà tanto più giusta e tanto più utile (…). Ho detto che la prontezza delle pene è più utile, perché quanto è minore la distanza del tempo che passa tra la pena e il misfatto, tanto è più forte e più durevole nell'animo umano l'associazione di queste due idee, delitto e pena, talché insensibilmente si considerano uno come cagione e l'altra come effetto necessario immancabile.”258

Inoltre, a proposito della certezza delle pene, Beccaria afferma che:

“Uno dei più gran freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma l'infallibilità di esse (…). La certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito colla speranza dell'impunità; perché i mali, anche minimi, quando son certi, spaventano sempre gli animi umani.”259

Bentham riprende e sviluppa molti dei presupposti presenti nell'opera dell'Italiano, a partire dalla funzione riconosciuta alla pena, eliminando i riferimenti alla teoria contrattualistica e agli aspetti più tipicamente sentimentali della concezione sulla giustizia di Beccaria.260 257 Ibid. 258 Ivi, p. 54. 259 Ivi, p. 61. 260

La teoria penale di Bentham e dei principali riformatori illuministi che si sono mossi sulle stesse posizioni è stata criticata da molti storici che, sulla scia di Foucault, li hanno accusati di aver sostituito un sistema di tirannia e terrore con uno peggiore. Al sistema penale medievale intriso di superstizione e

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È all’interno di questo contesto culturale, che s’inserisce la dura condanna alla pena di morte da parte di Bentham. L’analisi sulla pena di morte è presente anche e soprattutto all’interno del capitolo XI del secondo libro del RoP.

L’approccio utilizzato da Bentham è legato al principio cardine della sua filosofia utilitaristica. Egli imputa alla pena di morte la mancanza di requisiti, fondamentali per le sanzioni, a partire dall'analogia e dall'esemplarità”. La pena di morte non può, poi, essere convertita in profitto e dunque non rispondeva al requisito della “compensation”; non presentava il carattere della “frugality” giacché comporta anche una perdita per la società, sia dal punto di vista finanziario che in termini di forza-lavoro. Ma fra la proprietà della pena, il carattere in cui la pena di morte è più difettosa è la “variability” in quanto possiede un unico grado: la quantità di male non può essere né incrementata né diminuita. Oltretutto è irremissibile e non costituisce una fra le pene più esemplari. A tal riguardo nel RoP si osserva, infatti, che la pena di morte, se è esemplare per molti, di certo non lo è per i criminali più incalliti; i quali, sostiene il filosofo riprendendo Beccaria, sarebbe più efficace la minaccia di un’incarcerazione perpetua accompagnata dal duro lavoro.261 La riflessione di Bentham sull’esistenza della pena di morte si concentra anche sul concetto di “sinister interests” nelle persone dei giudici, i quali avrebbero potuto mettere a morte impunemente chiunque fosse stato testimone di qualche loro misfatto.262 Infine, Bentham non accetta la pena di morte neanche quando questa è connessa al caso di ribellione, in ciò distinguendosi dallo stesso Beccaria, secondo cui:

“La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà, egli abbia ancora tali relazioni e tal

brutalità ne avrebbero sostituito un altro che, mascherato di valori quali l'umanità e la razionalità, si fondava in realtà su principi terrificanti come l'isolamento e il duro lavoro. (J. Semple, op. cit., p. 296).

261

RoP, Book II, Cap. XII.

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potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di qualche cittadino diviene dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell'anarchia, quando i disordini stessi tengono luogo di leggi.”263

Beccaria, giustifica, insomma, sul piano politico la pena di morte per “eliminare un nemico pericoloso”, mentre Bentham ne contesta la legittimità anche in quel caso.

5.2 Il Panopticon

All’inizio del paragrafo, abbiamo anticipato come la concezione penale benthamiana si accordasse alla questione dei fini subordinati, soprattutto della sicurezza. Ciò valeva anche per la questione della “detenzione”, dibattuta dal XVIII secolo. E alla soluzione tecnica di tale questione Bentham si dedica specificamente attraverso l’dea del

Panopticon.

Nel 1791, il filosofo e riformatore politico Jeremy Bentham concepisce il modello di carcere che, secondo lui, era molto più economico e funzionale alla deportazione dei condannati in lontane isole coloniali. Per circa venti anni egli si è dedicato alla realizzazione di questo progetto. L’opera rappresenta non un semplice modello di carcere per la rieducazione dei detenuti ma costituisce l’edificio ideale per tutte le istituzioni educative, d’assistenza e di lavoro. È, in sostanza, la soluzione ai problemi della società, che, adottando questo prototipo di struttura a numerosi ambiti, si sarebbe trasformata in una società “razionale”. Bentham ha sacrificato tutta la sua vita e la sua fortuna per la messa in opera di questo edificio.264

263

C. Beccaria, op. cit., cit., p. 63.

264

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5.2.1 Brevi cenni storici sullo sviluppo della “pena” e sul diritto

penitenziario

Nella società feudale il carcere inteso come pena, nella forma della privazione della libertà, non esisteva. La pena medievale, punitiva e privatistica si fondava sulla legge del “taglione”, cui si associa il concetto di espiazione ovvero la forma di vendetta basata sul criterio di pareggiare i danni derivati dal “reato”.265

La detenzione era solo un passaggio temporaneo nell’attesa della pena reale, in altre parole la privazione di quei beni riconosciuti universalmente come valori sociali: la vita, l’integrità fisica, il denaro. Nell’epoca feudale, la giustizia era amministrata dal “signore”, e le pene erano determinate in maniera varia secondo la volontà espressa da costui. Potevano, appunto, avere carattere pecuniario o corporale, oltre a prevedere l’esilio e la galera. La detenzione e la tortura erano gli strumenti principali per infliggere sofferenza e ottenere una confessione dall’imputato.266 Intorno al secolo XVI, si assiste a un progressivo cambiamento del concetto di pena. In Inghilterra, a poco a poco, i ladri, le prostitute, i vagabondi e i poveri, anziché essere sottoposti alle sanzioni dell’epoca, erano raccolti nel palazzo di “Bridewell” e obbligati a “riformarsi” attraverso i lavori forzati. Nel 1557, nasce la prima “house of correction” o “workhouse”. La situazione rimane invariata fino allo scoppio della rivoluzione francese. In seguito, le nuove teorie politiche e sociali favorirono la nascita di una nuova struttura giuridico-normativa; in Francia tramite il codice rivoluzionario del 1791 e in Germania con il codice bavarese

265

R. Festa, Elementi di diritto penitenziario, l'ordinamento penitenziario e l'organizzazione degli istituti di prevenzione e pena, Simone, Napoli, 1984, p. 7.

266

G. Neppi Modona, Carcere e società civile, Einaudi, Torino, 1973, pp. 1909 - 1910 e cfr. R. Festa, op. cit., pp. 9-10.

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del 1813. In questo clima sono state accolte con favore le teorie di alcuni riformatori inglesi tra cui, appunto, Jeremy Bentham con il suo Panopticon.267

In realtà, già l’opera di Cesare Beccaria in Italia e di Giovanni Howard in Inghilterra, avevano ispirato nuovi orientamenti in materia penitenziaria, come il principio dell’umanizzazione della pena intesa come castigo inflitto nei limiti della giustizia in proporzione al crimine commesso e non secondo l’arbitrio del giudice, e come mezzo di prevenzione e sicurezza sociale.268 E, con l'affermarsi della detenzione come pena dalla seconda metà del Settecento, si fanno strada teorie che, sollecitate dalla nuova cultura illuministica, hanno tutte in comune l'intento di razionalizzare le condizioni delle carceri, cercando di abolirne gli aspetti più violenti come la tortura, tipica delle società di antico regime.269 In questo fermento d’idee, la dottrina giuridica ricusa il principio della pena come punizione e adotta quello della pena come rieducazione. Le pene corporali, i lavori forzati, l’assenza d’igiene e di luce, vennero meno per dare vita a luoghi e pratiche differenti. L’attenzione si posta sull’osservazione costante del detenuto. Lo stato aveva il diritto di recludere ma l’obbligo e il dovere morale di recuperare alla vita sociale i detenuti.270

Nel 1776, la rivolta delle colonie d’America, che fino allora servirono come canale di sfogo all’eccedenza della delinquenza inglese, aggrava la situazione penitenziaria in Inghilterra. La deportazione dei detenuti e dei criminali si arresta. Così nel 1779, il governo inglese emana il “Hard Labour Bill”, che prevedeva l’isolamento notturno e i lavori forzati di giorno: i detenuti erano divisi fra i due sessi e gestiti come un’impresa

267

M. Foucault, Sorvegliare e punire: nascita delle prigioni, a cura di A. Tarchetti, Einaudi Editore, Torino, 1993, pt. IV. (In www.ristretti.it/areestudio/cultura/libri/sorvegliare_e_punire.pdf, 22/04/2018).

268

F. Volpicella, Delle prigioni e del loro migliore ordinamento, Fibreno, Napoli 1838, p. 12.

269

M. Maestro, Cesare Beccaria e le origini della riforma penale e Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria, Feltrinelli editore, Milano, 1977, p. 206.

270

Ibid. E cfr. anche G. De Menasce, G. Leone, F. Valsecchi, Beccaria e i diritti dell'uomo, Ed. Studium, Roma, 1964, p. 29.

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da cui il governo potesse trarre profitto. Questa riforma era di applicazione difficile e debole, con il risultato che le deportazioni dei detenuti continuarono verso altre rotte, verso l’Australia o altri territori appartenenti all’impero britannico.271

Al tempo stesso, cioè nel ventennio compreso tra il 1775 e il 1795, le prigioni e gli istituti di correzione inglesi sono stati ricostruiti su vasta scala.272 La costruzione dei nuovi istituti penitenziari si basava soprattutto sull’organizzazione degli spazi necessari all’esercizio del “silenzio, della solitudine e dell’isolamento”. In aggiunta, sono state introdotte nuove regole rivolte al comportamento dei prigionieri e le torture fisiche tramontarono definitivamente. In Inghilterra è stato indetto un concorso per la costruzione di due penitenziari, uno femminile e uno maschile. Il primo concorso è stato vinto da Thomas Hardwick mentre il secondo da William Blackburn, con un progetto a pianta semicircolare, a raggiera.273

Il concetto di prigione stava rapidamente mutando grazie alle nuove teorie della “visione-sorveglianza”, sviluppatesi in Europa. Nei primi progetti, il controllo dei prigionieri era limitato ai cortili e agli spazi comuni. Il principio di sorveglianza o ispezione, propugnato da Jeremy Bentham, imponeva, invece, una sorveglianza continua anche dell’interno delle celle. Per questa ragione, le prigioni riformate prevedevano la separazione notturna, cella per cella, di tutti i prigionieri, oppure, l’isolamento notte e giorno.274

La logica dell’ispezione è il principio che più di ogni altro ha informato la costruzione delle prime forme carcerarie del XIX secolo. Bentham, nel suo modello circolare, esalta quest’unica funzione che rimane il criterio organizzativo predominante nell’architettura delle prigioni.

271

M. Foucault, op. cit., pt. IV.

272

J. Bentham, Panopticon cit., pp. 106 ss.

273

Ibid.

274

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5.3. Le edizioni dell’opera e la costruzione del progetto

Il Panopticon di Jeremy Bentham è una proposta di riforma carceraria elaborata in due momenti: la prima stesura risale al 1786 ed è in forma epistolare; la seconda parte è realizzata tra il 1790 e il 1791 come un lungo “postscript” della prima.275

Nel 1787, Bentham si trova a Cracovia e durante il suo viaggio scrive l’opera in questione. È stato il fratello Samuel, ingegnere navale trasferitosi in Russia e assunto dal principe Grigorij Aleksandrovič Potëmkin come costruttore navale, a dare a Bentham l’idea principale. Samuel Bentham dirigeva numerosi cantieri navali e dovette più volte far intervenire l’esercito per riportare i lavoratori all’ordine; per questa ragione realizzò l’abbozzo di uno stabilimento industriale di basso impatto economico: l’inspection house o Elaboratory. Una struttura circolare che avrebbe consentito il controllo dei lavoratori da un punto di osservazione centrale unico e risolto il problema dell’organizzazione razionale dello spazio. Bentham, affascinato da questa costruzione decide, appunto, di scrivere ventuno “letters”, indirizzate ad un anonimo destinatario, che costituiranno il primo abbozzo della proposta.276 Le ventuno lettere che rappresentano la prima parte del Panopticon sono state, in realtà, inviate come manoscritto al padre e all’amico George Wilson nel Dicembre del 1786, con la richiesta di pubblicarle. Nessuno dei due interlocutori diede seguito alle volontà di Bentham, con il risultato che passarono diversi anni, prima che, tra il 1790 e il 1791, inizialmente a Dublino e poi a Londra, per mano di John Payne, è stato pubblicato il manoscritto. Oltretutto l’edizione londinese comprendeva un “postscript” con ulteriori precisazioni tecniche e modifiche al progetto iniziale; essa era composta da tre volumi che non hanno, però, avuto molto successo, come successo non ha avuto la successiva edizione

275

J. Bentham, Panopticon cit., p. 117.

276

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francese.277 Nel 1791, all’Assemblea nazionale costituente, la questione penitenziaria agitava la discussione. I progetti di riforma si moltiplicarono e si concentrarono soprattutto sulla formula “aria-pulizia-luce”. Bisognava far circolare l’aria, aprire i luoghi chiusi per evitare lo scoppio di epidemie e migliorare l’igiene dei detenuti e dei luoghi di detenzione.278 Sono stati emanati una serie di decreti per riorganizzare l’amministrazione delle prigioni, che distinguevano fra le case di forza, di pena, di detenzione e di correzione per i detenuti. Dumont, segretario del Conte Mirabeau, tenta di riassumere il progetto panottiano in una lettera indirizzata al presidente del Tribunale di cassazione, Garran de Coulon. In esso, Bentham chiedeva di poter costruire un piccolo carcere ed esprimere il desiderio di esserne l’amministratore. Anche l’Assemblea nazionale costituente riceve la lettera e decide di approvarla senza un vero dibattito, così che, nel 1791, la versione francese del Panopticon è stata resa pubblica. Bentham ha sfruttato tutte le sue amicizie per diffondere il suo progetto, che, infine, è stato adottato dal dipartimento di Parigi, in maniera unanime. Ma durante la procedura di messa in opera, lo stesso dipartimento è stato travolto dal rovesciamento della costituzione e della monarchia e con esso il progetto francese del Panopticon, che venne abbandonato.279

Bentham torna alla carica in Inghilterra, impiegando tutte le sue energie e la fortuna ereditata alla morte del padre per lavorare sull’abbozzo del fratello Samuel.280

Nel 1792,

277 Ivi, p. 122.

278 Ivi, p. 123. 279

Ibid. E cfr. anche A. E. Brunon, Beyond Foucault: New Perspectives on Bentham’s Panopticon, Ashgate Publishing Limited, Farnham, 2012, pp. 124 ss. In Francia le teorie panottiche penetrarono lentamente. Dumont affermava che agli occhi dei riformatori francesi, il progetto panottiano era l’equivalente di una tirannia. Per gli architetti del tempo si trattava di rendere le prigioni sane e igieniche. Spesso questa tendenza ha portato alla costruzione d’istituti penitenziari, simili a livello architettonico agli ospedali del tempo. In Francia si attese fino al 1825 per vedere affermarsi il principio panottico. Con il piano di “Lebas”, che darà vita alla “Petite Roquette”, si realizzò per la prima volta una struttura simil-panottiana. (J. Bentham, Panopticon cit., pp. 124 ss.)

280

Il progetto primitivo di Bentham si basava sulla preminenza della torre centrale, la costante sorveglianza e l’isolamento dei detenuti e fu ritoccato più volte dal fratello Samuel e dallo stesso

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propose a William Pitt, primo ministro, di assumersi la responsabilità di mille condannati per inserirli all’interno di un progetto pilota. Solo nel 1794 è stata votata una legge che autorizzava l’amministrazione per contratto di una prigione costruita a Battersea Rive, ma i negoziati con il proprietario del terreno non andarono in porto. Così Bentham finisce per comprare un terreno sull’altra riva del fiume Tamigi, a Millbank.281 Per questa ragione le trattative con il Parlamento si trascinarono per le lunghe. La caduta del governo di Pitt non ha fatto che aumentare le distanze fra il Parlamento inglese e il progetto del Panopticon. Bentham risponde, appunto, scrivendo svariati opuscoli e insistendo sugli aspetti economici della questione. Solo fra il 1811 e il 1813 è riuscito a trovare un accordo con Sir. Samuel Romilly, che riprendendo l’offensiva a favore di una riforma penitenziaria, nel 1811 decide la costruzione a Millbank sul Tamigi del progetto benthamiano. Bentham ha ricevuto, solo dopo alcuni anni, un’indennità dallo stato di circa 23.000 sterline.282

La peculiarità della riforma presentata da Bentham risiede nell’attenzione per gli aspetti architettonici. La struttura prevede, appunto, una torre centrale, dalla quale il

Bentham. L’autore, infatti, si affidò a vari architetti, per migliorare le comunicazioni e l’amministrazione degli spazi. Paradossalmente, però, i panoptici più puri furono realizzati alla fine del XIX secolo e nel XX secolo a: Breda, Arnheim, Haarlem e Autun. (Ibid).

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