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Declinazioni dell'Utilitarismo. La formazione del pensiero politico di Jeremy Bentham

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(1)

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di Laurea in Studi Internazionali

Tesi di Laurea Magistrale

Declinazioni dell’Utilitarismo.

La formazione del pensiero politico di Jeremy

Bentham

Candidata:

Relatore:

Chiara Rodi

Chiar.mo Prof. C. Palazzolo

(2)

A mia madre,

Perché oltre alla vita mi ha

donato qualcosa di

inestimabile: la conoscenza.

A mio padre,

Perché nei momenti più bui la

sua luce non ha fatto altro che

splendere nella mia vita.

(3)

INDICE

INTRODUZIONE p. I

CAPITOLO I: “La vita, l’educazione e

gli eventi che hanno influenzato il pensiero di Jeremy Bentham”

p.1

1.1 Da bambino prodigio a grande riformatore

p.2

1.2 Le opere p.8

CAPITOLO II: “L’Utilitarismo:

introduzione e principi”

p.10

2.1 Il principio di utilità p.13

2.2 La costruzione dell’algebra morale p.15

CAPITOLO III: “Il principio della

massima felicità in una prospettiva politico-giuridica”

p.24

3.1 Esegesi del diritto inglese: “Censor” ed “Expositor”

p.25

3.1.1 La critica al common law p.27

3.1.2 La critica al giusnaturalismo p.35

3.1.2.1 Leggi municipali e naturali p.39

3.1.2.2. Il concetto di società politica vs. società naturale

p.41

CAPITOLO IV: “Il buon governo e la

democrazia”

p.47

4.1 La struttura della democrazia benthamiana

p.54

4.1.1 L’obbedienza e il rapporto fra le “Authorities”

(4)

4.1.2 Il corpo elettorale p.58

4.1.3 Il Tribunale dell’opinione pubblica p.59

4.1.4 Le “securities” p.61

4.2 I fini subordinati del governo p.62

CAPITOLO V: “La dimensione penale e

il progetto del “Panopticon”: tra innovazione e utopia

p.72

5.1 Il dibattito sulla pena di morte e il confronto con Cesare Beccaria

p.77

5.2 Il “Panopticon” p.81

5.2.1. Brevi cenni storici sullo sviluppo della “pena” e sul diritto penitenziario

p.82

5.3 Le edizioni dell’opera e la costruzione del progetto

p.85

CONCLUSIONI p.94

BIBLIOGRAFIA p.99

(5)

ABBREVIAZIONI:

Nel testo e nelle note, le opere citate frequentemente saranno indicate con le seguenti sigle.

Singole opere:

IPML: Jeremy Bentham, “Un’introduzione ai principi della morale e della legislazione”, a cura di E. Lecaldano, Utet, Torino 1998.

FG: Jeremy Bentham, “Un frammento sul governo”, a cura di S. Marcucci, Giuffrè Editore, Milano, 1990.

OLG: Jeremy Bentham, “Of Laws in General”, a cura di H. Lionel, A. Hart, Athlone Press, Londra, 1970.

CC: Jeremy Bentham, “Constitutional Code”, a cura di F. Rosen, J. H. Burns, Clarendon Press, Oxford, 1983.

RoP: Jeremy Bentham, “Rationale of Punishment”, a cura di R. Heward, the Strand, London, 1830. In www.laits.utexas.edu/poltheory/bentham/rp/index.html.

CLE: W. Blackstone, “Commentaries on the Laws of England”, a cura di J. Adams, Clarendon Press, Oxford. In https://archive.org/details/BlackstoneVolumeI, 13/04/2018.

(6)

i

INTRODUZIONE

Il presente elaborato è il frutto di un’indagine sulla vita, le opere principali e il pensiero di Jeremy Bentham, portavoce dell’Utilitarismo inglese, giurista e filosofo, che scrisse a cavallo fra il Settecento e l’Ottocento. Bentham ebbe grandissima fama già in vita, non solo nei paesi anglosassoni ma in tutta Europa. Con la sua morte è iniziata la preparazione di un’edizione critica di tutti i suoi scritti, a cura di John Bowring, suo discepolo e confidente. Dall’altra parte, Bentham ha occupato una posizione di rilievo non solo nel terreno della riflessione giuridica ma anche su quello della filosofia morale e politica. Egli ha coniato il termine “utilità” e per questa ragione, all’interno del dibattito sull’Utilitarismo, riveste un ruolo fondamentale. In questa prospettiva, una particolare attenzione merita l’evoluzione del suo pensiero a riguardo della democrazia rappresentativa, oltre che il suo impegno a confrontarsi con i temi della legislazione penale, che da sempre hanno occupato un posto importante nelle sue opere.

1. Il primo capitolo del presente lavoro riguarda il vissuto dell’autore. Egli nasce a

Londra nel 1748. A sette anni fu inviato in un collegio austero e altolocato e all’età di dodici anni, diventa studente di diritto al Queen’s College di Oxford. Durante il suo percorso di studi, Bentham si appassiona alle opere di Montesquieu, Hume, Hartley, Beccaria e Helvétius. Nel 1766, dopo aver conseguito il Master of art al Queen’s College, s’iscrive al Lincoln’Inn. Nel 1772, si dedica all’avvocatura e nell’attività di scrittura di manoscritti che videro la luce solo nei primi decenni del secolo successivo. Dal 1774 al 1776, Bentham progetta un lavoro sulla scienza della legislazione, che sarà, poi, la sua prima opera: A Fragment on Government. Nel 1789, pubblica An

Introduction to the Principles of Morals and Legislation. Nel 1791, invece, fu

pubblicato in due volumi il Panopticon, or the inspection house che, coinvolgendo Bentham in un progetto sperimentale fino al 1813, gli porterà fama e successo. Nell’aprile del 1822 comincia a scrivere il Constitutional Code, un manuale d’istruzioni

(7)

ii

per la creazione di uno stato democratico. Nel 1832, Jeremy Bentham muore a Londra, lasciando i suoi manoscritti a John Bowring che tra il 1838 e il 1843, porterà a termine il lavoro del filosofo attraverso la pubblicazione degli XI volumi di The Works of

Jeremy Bentham.

2. La ricerca che l’autore ha svolto, durante la sua vita, si colloca all’interno di un

modello di studi scientifici sulla condotta umana, sviluppatasi in Inghilterra dal XVIII secolo. Lo scopo di Bentham è, appunto, convertire la moralità in una scienza esatta. Nel dominio morale, i soli fatti che contano sono piacere e dolore: raggiungere il piacere ed evitare il dolore sono gli unici motivi dell’azione. La morale deve quindi mirare concretamente alla ricerca della felicità, massimizzando il piacere e minimizzando il dolore. Bentham assume come principio fondamentale la massima secondo cui il fine di ogni attività morale e di ogni agire sociale consiste nella

“maggiore felicità possibile del maggior numero possibile di persone”. La costruzione

della sua filosofia morale, trasformata in un calcolo dei piaceri e dei dolori o algebra morale, è l’oggetto d’indagine del secondo capitolo del presente elaborato. L’analisi del tema è stata affrontata attraverso lo studio dell’opera Introduzione ai Principi della

Morale e della Legislazione,che Bentham scrive dal 1770, appartenente al periodo in cui era in stretto contatto con alcuni studiosi francesi, dei quali condivideva l’obiettivo di realizzare una riforma del sistema delle leggi. Egli vuole fornire alla politica e alla giurisprudenza una scienza morale che consenta un’adeguata opera di codificazione. In

De l’esprit di Helvétius, trova enunciato non solo il metodo da utilizzare ma anche il

principio fondamentale sul quale fondare la sua ricerca, il principio è quello del “calcolo felicifico”.

È stato necessario, inoltre, rilevare che nel dibattito sull’Utilitarismo classico si sono assunte due posizioni: una denominata “Act Utilitarianism”, secondo la quale l’azione deve essere eseguita solo quando le conseguenze prodotte sono giudicate positive; l’altra corrente è definita “Rule Utilitarianism”, che prescrive l’esecuzione delle azioni

(8)

iii

secondo una regola universale. Si è, così, potuto constatare che l’Utilitarismo di matrice benthamiana appartiene alla prima corrente.

3. In Bentham è chiaramente individuabile una stretta connessione tra filosofia politica e

filosofia del diritto, poiché in entrambe è presente il progetto di riformare le istituzioni vigenti. In realtà, grazie all’opera di Étienne Dumont, uno dei primi editori dei suoi manoscritti, il Bentham giurista, il Bentham studioso dei codici penali e civili, è stato conosciuto prima del Bentham studioso della morale e della politica. Il suo interesse per la filosofia giuridica ha una forte rilevanza teorica che si articola in fasi: dall’esegesi del diritto inglese a un’analisi della filosofia giusnaturalista, fino allo studio delle strutture istituzionali vigenti con l’obiettivo di adeguarle alle esigenze della società. La ricerca di una nuova forma di governo, di cui andavano definiti i principali e i fini subordinati, rispecchiava l’intento di creare un modello di stato coerente con l’obiettivo della massimizzazione della felicità. Per questa ragione, cerco di dar conto, nel terzo capitolo, illustrando la critica benthamiana al common law, al giusnaturalismo e al concetto di legge, società e sovranità, tramite di A Fragment on Government, pamphlet estratto dalla più ampia critica ai Commentaries on the Laws of England di Sir William Blackstone.

4. Già abbozzato nel Fragment, la concezione politica di Bentham presupponeva la

necessità di una riforma utilitaristica come compito delle élites illuministe. E ciò si lega al progressivo spostamento della riflessione politica benthamiana verso temi quali “la maggiore partecipazione politica” e “i fini subordinati del governo democratico”. La formulazione di un modello democratico rappresentativo, in quanto sistema che solo consente di conseguire la “massima felicità per il maggior numero di persone”, serviva a eliminare il problema del malfunzionamento dei governi e viene introdotta nell’opera

Constitutional Code. La democrazia rappresentativa, infatti, è corrispondente

all’esigenza di tutela degli uomini, che erano visti sia come cittadini sia come governanti. La struttura di controlli, in altre parole i “checks”, tipici dell’esperienza

(9)

iv

democratica, sono stati analizzati nel quarto capitolo tramite la lettura incrociata di alcuni passi sia del Constitutional Code, che del Principles of the Civil Code.

5. Nella forma di governo descritta da Bentham, il problema di fondo è conciliare la

tendenza egoistica degli individui con il principio della massimizzazione della felicità per il maggior numero di persone. Per Bentham l’unica via di conciliazione è l’intervento del legislatore. Il quale, attraverso la somministrazione delle pene, poteva e doveva creare un'armonia artificiale tra interessi individuali e collettivi. Nelle sue opere, la dimensione penale ritorna costantemente. Dall’Introduzione ai Principi della Morale

e della Legislazione, fino al Constitutional Code, Bentham mette in evidenza le

proprietà generali delle pene, le tipologie, la durata e l’intensità, prescrivendo al Legislatore un codice a cui far riferimento. E altrettanto importante era la questione dell’espiazione delle pene. Nell’opera il Panopticon, Bentham concepisce un modello di carcere razionale, funzionale ed economico, che aveva la funzione non soltanto di riformatorio ma di un edificio ideale per tutte le istituzioni educative, d’assistenza e di lavoro. Nell’ultimo capitolo del mio elaborato, questo tema della detenzione e della pena è stato trattato attraverso un confronto tra Jeremy Bentham e Cesare Beccaria, suo contemporaneo, soprattutto, con riferimento alla questione della “pena di morte”. Di certo, rappresenta una reazione a ciò che avverrà nell’Inghilterra di fine Settecento, quando si assistette a un incremento della severità delle pene, la stessa critica di Bentham alle pratiche penitenziarie, attraverso la creazione di quel modello razionale di “struttura carceraria”, applicabile a diversi ambiti, che è chiamata Panopticon.

(10)

1

CAPITOLO I:

LA VITA, L’EDUCAZIONE E GLI EVENTI CHE HANNO

INFLUENZATO IL PENSIERO DI JEREMY BENTHAM

Figura importante nella riflessione politica della fine del ‘700, inizio ‘800, Jeremy Bentham si colloca in quella cultura di liberalismo conservatore, tipica del pensiero inglese ottocentesco. Bentham era un convinto sostenitore di profonde riforme da applicare attraverso la codificazione delle leggi, tramite codici di procedura penale e civile ed è stato il primo a formulare una teoria sulle garanzie costituzionali. Durante la sua vita, egli si occupa di numerose questioni: dai diritti delle donne al tema della pederastia e dei diritti degli animali ma soprattutto si dedica allo stato. Della filosofia è il miglior teorico dell’Utilitarismo. Celebre è la sua frase:

“La maggiore felicità per il maggior numero di uomini è il fondamento della morale e della legge.”1

2

Vedeva nella ricerca della felicità la massima per garantire la realizzazione del principio informatore del diritto e della vita.

1

IPML, p. 55.

2

L. Seaward, Jeremy Bentham, 1793. (In www.ucl.ac.uk/bentham-project/who/bentham-ucl, 06/12/2017).

(11)

2

Jeremy Bentham è un autore che si pone come cerniera fra due secoli: raccoglie lo spirito riformatore del Settecento affiancando questo all’Utilitarismo filosofico e al positivismo giuridico dell’Ottocento.3

1.1 Da bambino prodigio a grande riformatore

Jeremy Bentham nasce a Londra nel 1748 nella strada del Leone Rosso, Church Lane Houndsditch. Il piccolo Jeremy è stato battezzato nella Chiesa di St-Botolph Aldgate.4 Il padre Jeremiah Bentham era uno di quegli attorneys5 ricchi ma socialmente poco stimati. Uomo abile e duro negli affari, padre premuroso e tirannico allo stesso tempo; impegnato a dare ai propri figli una posizione sociale, più che un prestigio intellettuale. Jeremiah li poneva in competizione, senza dar loro tregua: Samuel alleato di Jeremy contro Charles Abbot, figlio di una vedova sposata in seconde nozze, diventerà suo rivale, realizzando le aspirazioni del padre all’esercizio dell’avvocatura.6 Jeremiah, che era un giacobita conservatore, si sposa relativamente tardi con Madame Alicia Grove. Dal primo matrimonio nascono, infatti: Samuel e Jeremy. L’atteggiamento dispotico e le sue imposizioni saranno il tormento della giovinezza di Bentham. Il padre cercherà di preparare il figlio Jeremy alla vita di un avvocato di elevata condizione sociale; i suoi progetti prevedevano che diventasse lord cancelliere.7 Perciò fin da bambino, Jeremy studierà francese, musica, disegno, ballo e sarà lo stesso Jeremiah a insegnare al figlio, il latino e il greco.8 Durante l’infanzia è stato affidato alle sue due nonne. Donne devote

3

A. Loche, Jeremy Bentham e la ricerca del buon governo, Franco Angeli, Milano, 1991, p. 107.

4

IPML, p. 54.

5

Attorneys: avvocato, difensore, legale.

6

J. Bentham, Panopticon- ovvero la casa d’ispezione, a cura di M. Foucault e M. Perrot, Saggi Marsilio, Venezia, 1998, p. 106.

7

W. Graham, Jeremy Bentham, in “Political Science Quarterly”, vol. 38, The Academy of Political Science, New York, 1923, pp. 45-46.

8

(12)

3

e superstiziose, tormentarono il giovane Bentham con storie di spettri, fantasmi e diavoli.9

A sette anni è stato inviato in collegio, alla Westminster School, una scuola austera e altolocata. Gracile e mingherlino, subisce atti di bullismo che lo portano a definire la permanenza nel collegio come l’inferno.10

L’esperienza vissuta a Westminster ai suoi occhi rappresentava l’esempio della cattiva scuola, basata sul “faggin system”11 o il “surmenage”, il suo progetto di scuola crestomatica12

ne sarà l’esatta antitesi, senza convitto e internato, con un programma basato solo sulle conoscenze utili.13

Nel 1760, all’età di dodici anni, Bentham diventa studente di diritto al Queen’s College di Oxford. Due settimane dopo la sua immatricolazione moriva Giorgio II; in quest'occasione egli sarà l’artefice di alcuni versi in latino in memoria del defunto re. Versi che il critico letterario del tempo, Dr. Johnson definisce come:

“A very pretty performance of a young man”.14

Il Queen’s College di Oxford era il regno di Sir William Blackstone, giurista e professore presso l’istituto. Bentham era solito ascoltare i lunghi discorsi dell’insigne professore, con crescente scetticismo.15 Durante il percorso di studi al Queen’s College, egli si appassiona alle opere di Montesquieu, Hume, Hartley, Beccaria e Helvétius, sarà lui in particolare, la causa del suo avvicinamento alla scienza e alla chimica, con le

9

J. Bentham, Panopticon cit., p. 107.

10

W. Graham, op. cit., pp. 45-46.

11

Faggin(g) system: pratica tradizionale nella scuole private britanniche, in cui gli alunni più giovani erano tenuti ad obbedire a quelli più anziani, bullismo, pederastia. (P. Nash, Training an Elite: The prefect-fagging system in the English Public School, in “History of Education Quarterly”, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh, 1961).

12

Crestomatica: dal gr. khrēstomátheia, comp. di khrēstós ‘utile’ e di un der. di manthánō ‘apprendo’; letteralmente “raccolta di brani scelti di autori, antologia, selezione”. (In www.treccani.it 20/12/2017).

13

J. Bentham, Panopticon cit., p. 108.

14

W. Graham, op. cit., cit., p. 46.

15

(13)

4

sperimentazioni sul metodo scientifico in un laboratorio di chimica, da lui stesso finanziato.16

All’interno dei racconti dei biografi su Bentham sono stati selezionati una serie di eventi emblematici che diventarono dei veri e propri stereotipi, utilizzati per descrivere l’autore. Tra gli episodi selezionati spiccava maggiormente la precocità con la quale l’autore ha iniziato i suoi studi e l’episodio del giuramento sui trentanove articoli di fede, imposto agli studenti del Queen’s College di Oxford. Risulta, infatti, che egli aveva trovato assurdo e insensato giurare su principi astrusi e di stampo religioso.17 Dopo aver conseguito nel 1766 il Master of art al Queen’s College, ritorna a Londra e s'iscrive al Lincoln’Inn: un collegio di studi giuridici molto selettivo. Influenzato dalla lettura di De l’esprit di Helvétius dedica la sua vita allo studio della legislazione.18 Un primo tentativo manoscritto di critiche filosofiche alla legge non incontra il consenso del padre che deluso invita il figlio a impegnarsi sul lavoro. Nel 1772, dopo una breve e deludente esperienza nell’avvocatura, confessa che non poteva accontentarsi di professare le leggi esistenti poiché era spinto a ricercare il loro fondamento e superarne le incoerenze rintracciabili. Sempre in quegli anni, egli si dedica all’educazione del fratello Samuel e si cimenta nell'attività di scrittura di manoscritti che vedranno la luce solo nei primi decenni del secolo successivo.19 Nel corso della primavera del 1774, Jeremy progetta di sposare la diciottenne Mary Dunckly20, ma contrastato dal padre nei

16

W. Graham, op. cit., pp. 47-48.

17

M. L. Guidi, Il sovrano e l’imprenditore. Utilitarismo ed economia politica in Jeremy Bentham, Roma-Bari Laterza, 1991, pp. 23-24.

18

Era così ossessionato dalla personalità di Helvétius che chiese al fratello Samuel, che si trovava a Parigi, di cercare la tomba di Helvétius (nel caso fosse stato sepolto a Parigi) e di baciarla. (J. Bentham, Correspondence of Jeremy Bentham, a cura di T. L. S. Sprigge, vol. 1, UCL Press, Londra, 2017, p. 261).

19

IPML, pp. 55-56.

20

Mary Dunckly che egli chiamava “Polly”, era l’orfana di Sir. Thomas Dunckly, chirurgo dell’Essex. Quest’ultimo morto nel 1767 lasciò cinque figli avuti da un matrimonio finito precedentemente. La figlia Polly, rimasta sola e senza un’eredità non poteva dunque contrarre un matrimonio senza portare una dote. (Mary Sokol, Bentham, law and marriage. An Utilitarian code of law in historical context, Continuum international publishing group, New York ,2011, p. 1).

(14)

5

suoi progetti matrimoniali, decide con il supporto della madre di andare a vivere dal suo amico John Lind, con il quale progetta di trasferirsi in Florida e di procurarsi il necessario per vivere pubblicando un libro l’anno. Proprio nella dimora di Lind egli studia gli statuti esistenti e scrive il suo manoscritto critico a William Blackstone:

Comment on the Commentaries. Alla fine del 1774, rompe la sua relazione con Mary

Dunckly.21

Nel 1776, Bentham progetta un lavoro sulla scienza della legislazione e addentrandosi in una digressione suggerita dal suo lavoro su Sir William Blackstone, conclude e pubblica, in maniera anonima, il A Fragment on Government. Di questi stessi anni è l’amicizia con Lord Shelburne, uomo di stato e aristocratico illuminato; attraverso la frequentazione del quale, Bentham conosce Étienne Dumont che diventerà suo sostenitore e ben presto anche editore delle sue opere, molte delle quali pubblicate in francese. Dal 1785 al 1788, Bentham compie una serie di viaggi in Italia, si reca a Costantinopoli e poi in Russia per incontrare il fratello Samuel, ingegnere navale presso l’esercito zarista. Durante quest’ultimo soggiorno che egli comincia a scrivere il

Panopticon.22

Nel 1787, ritornato in Inghilterra stampa A Defence of Usury, in cui rivendicava la totale libertà del commercio di denaro. Nel 1788, Jeremy Bentham comincia a scrivere articoli per il Courrier, un giornale francese e nel 1789, pubblica An Introduction to the

Principles of Morals and Legislation, in cui definisce l’utilità come la sottomissione

scientifica e calcolata ai due grandi principi che governano tutta la condotta degli individui e delle società: il piacere e il dolore. Nel 1791, invece, pubblica in due volumi il Panopticon, or the inspection house che, lo coinvolge in un progetto sperimentale fino al 1813, portandogli fama e successo. Sempre nel 1791, egli scrive un commento alla

21

Ivi, pp. 1-2.

22

(15)

6

rivoluzione francese sulla testata Courrier e il 23 agosto, dello stesso anno, l’Assemblea legislativa della Repubblica francese gli conferisce la cittadinanza onoraria. Nel 1792, muore il padre da cui Bentham eredita la casa di Westminster in Queen’s Square Place e una rendita di 700 sterline l’anno che gli garantisce l’indipendenza e la possibilità di condurre una vita solitaria ma soprattutto di utilizzare il denaro dell’eredità per la realizzazione del progetto del Panottico. Compra un terreno e inizia la costruzione di questo ipotetico carcere razionale, contando sulla promessa del governo inglese di finanziare l’impesa. Il “Penitentiary act” del 1779, formalizzava la costruzione di nuovi carceri, raccomandando l’imprigionamento in alternativa alla pena capitale o alla deportazione nelle lontane isole coloniali. Bentham, come risposta a un’iniziativa legislativa sui poveri del ministero, cerca di estendere il progetto del suo “carcere razionale” alle case di lavoro come risulta dal Preliminary Sketches Relative to the Poor stampati nel 1797 e dal Pauper Management improved stampato nel 1798. Egli era convinto che si potesse realizzare un contratto tra lo stato e i carcerati, per avviare questi ultimi al lavoro, all’interno della prigione. Bisognava però riformare le procedure legali e parlamentari: ciò diviene impossibile quando il progetto di Bentham, si fa così minuzioso da risultare difficile nella messa in pratica. Il ministero decide di abbandonare l’impresa nel 1802 e solo nel 1823: egli riceve un compenso di ventitremila sterline per le spese sostenute per la costruzione.23

Dal 1809 al 1810, una serie di eventi favorirono in Bentham, la conversione al radicalismo: dall’interesse per la Spagna all’America Latina, all’ammirazione per il sistema democratico degli Stati Uniti e alla sfiducia per la classe dirigente inglese dopo il fallimento del progetto del Panottico. Nel 1811, viene pubblicato il secondo tomo della raccolta delle opere a cura di Étienne Dumont con il titolo di Théorie des Peines et

23

(16)

7

des Récompenses.24 Da quell’anno, Bentham trascorrerà lunghi periodi insieme con James Mill e la sua famiglia in una residenza chiamata Ford Abbey, nel Devonshire. Nel 1815, egli manda in stampa A Table of the Springs of Actions. Nel 1817, nella

Chrestomathia, pubblicata in due volumi, formula il suo pensiero sull’istruzione libera e

accessibile a tutti. Sempre nel 1817, entra a far parte dei “Masters of the Bench” del Lincoln’s Inn: sorta di senato di avvocati di Londra. Nello stesso anno, egli manda in stampa le opere: Church of Englandism, Plan for the Parliamentary Reform e Papers

Relative to Codification and Public Instruction. Nel 1819, comincia a lavorare alla Deontology or the Science of Morality25 che sarà poi pubblicata postuma nel 1834 da Bowring; dello stesso anno il Radicalism not Dangerous e sempre nel 1819, John Stuart Mill, figlio di James Mill, diventa assistente di Bentham. Nel 1821, viene pubblicato On

the Liberty of the Press and Public Instruction. Nell’aprile del successivo anno, su

invito della Corona Portoghese, comincia a scrivere il Constitutional Code e pubblica le

Analysis of the Influence of Natural Religion on the Temporal Happines of Mankind e Codification Proposal. Durante gli anni venti dell'Ottocento, egli intrattiene molteplici

rapporti con alcuni esponenti del movimento liberale in Grecia, cui invia manoscritti con parti del suo Constitutional Code. Nel 1825, Bentham si reca in Francia, dove è accolto con fervore dai giudici del foro di Parigi riuniti in seduta solenne. Nel 1827, contribuisce alla fondazione dell’University College di Londra, dove come primo professore di giurisprudenza insegnerà a John Austin. Due anni dopo a cura di Dumont viene pubblicato De l’Organization Judiciaire et de la Codification. Nel 1831, invece, viene stampato On Death Punishment. Il 6 giugno del 1832, Jeremy Bentham muore a Londra e tre giorni dopo sul suo corpo, donato a questo scopo all’University College di Londra, si tiene una lezione di anatomia. Lasciava i settantamila fogli con i suoi

24

IPML, p. 57.

25

Bentham lavora per sedici anni al manoscritto della Deontology, dal 1814 al 1830. Esso è stato pubblicato da J. Bowring solo nel 1834, in due volumi, per poi essere ripubblicato da A. Goldworth nel 1983. (IPML, nota 2, p. 32).

(17)

8

manoscritti a John Bowring che tra il 1838 e il 1843, porterà a termine il lavoro di Bentham attraverso la pubblicazione degli XI volumi di The Works of Jeremy

Bentham.26

1.2 Le opere

Tra i manoscritti lasciati da Jeremy Bentham, va fatta una distinzione tra quelli pubblicati dallo stesso Bentham e quelli che sono entrati a far parte delle edizioni curate da Étienne Dumont e John Bowring. Com’è stato osservato, sia Dumont sia Bowring possono essere considerati editori costruttivi giacché intervengono in maniera massiccia nella revisione dei testi che hanno pubblicato.27

Di certo la prima opera è: A Fragment on Government, being on Examination of what is

delivered on the subject of government in general in the Introduction to Sir William Blackstone Commentaries, pubblicata dalla London Payne nel 1776 e una seconda

edizione nel 1823. Successiva è invece: A View of the Hard-Labour-Bill del 1778 e A

Defence of Usury del 1787. Poi è la volta di An Introduction to the Principles of Morals and Legislation pubblicata nel 1789 e in seconda edizione nel 1823.Al 1791, risale la pubblicazione del Panopticon, or the Inspection House e l’Essay on Political Tactics. Tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento, videro la luce una serie di saggi riguardanti la legislazione scozzese e del Galles: Supply without Burden del 1795,

Letters to Lord Pelham, giving a Comparative View of the System of Penal Colonization in the New South Wales, e anche the Home Penitentiary System prescribed by two Acts of Parliament of the Years 1794 and 1799 del 1802, A Plea for the Constitution del

1803, Scotch Reform del 1808 e Pauper Management Improved, particularly by means

of an Application of the Panopticon Principle of Construction. Alla seconda metà degli

26

Ivi, pp. 58-60.

27

B. W. Taylor, A Bentham Bibliography , in “The Irish Journal of Education”, vol. 11, Educational Research Centre, Dublino, 1997, pp. 1-2.

(18)

9

anni dieci dell’Ottocento, appartengono i saggi: Swear not at all, A Table of the Springs

of Action del 1815 e ancora Chrestomathia del 1817, Jeremy Bentham, an Englishman to the Citizens of the Several American Unites States, del 1817, Papers Relative to Codification and Public Instruction del 1817, Plan of Parliamentary Reform in the Form of a Catechism del 1817 e Church of Englandism and its Catechism Examined del

1818. Dal 1820 fino al 1832, anno della sua morte, egli pubblica circa quindici saggi tra cui: On the Liberty of the Press and Pubblic Discussion, Three Tracts relative to

Spanish and Portuguese Affairs, editi nel 1821 e si occupa della legislazione esistente in

vari stati europei e non, facendo una comparazione con quella inglese ma il punto centrale della sua ricerca è la creazione di nuovi codici di leggi; come in Codification

Proposal adressed by Jeremy Bentham to all Nations professing liberal opinions e in Constitutional Code, for the Use of all Nations and all Government professing liberal opinions, rispettivamente del 1822 e del 1830.28

Con la sua morte i suoi manoscritti, le opere incompiute o non pubblicate sono state riprese dai suoi confidenti e dal suo assistente: John Bowring. Étienne Dumont pubblica una raccolta delle opere di Bentham già dal 1802, con il libro Ouvres de Jeremy

Bentham in tre volumi e Traités de Legislation Civile et Pénale: tactique des assemblées législatives, che comprende numerosi saggi del nostro autore. Al 1829 risale

la pubblicazione di Traité des Preuves Judiciaries; mentre dal 1838, furono pubblicati gli undici volumi di The Works of Jeremy Bentham a cura di John Bowring.29

28

Ivi, pp. 4-5.

29

J. R. Dinwiddy, Early-Nineteenth- Century Reaction to Benthamism, in “Transactions of the Royal Historical Society”, vol. 34, Cambridge University Press, Cambridge, 1984, p. 2.

(19)

10

CAPITOLO II:

L’UTILITARISMO: INTRODUZIONE E PRINCIPI

A Jeremy Bentham si riconosce il merito di aver elaborato una “dottrina essenzialmente inglese”, conosciuta con il nome di “Utilitarismo”. A lui si deve l’invenzione del termine “utilitarista”.30

Durante la sua vita, la ricerca che l’autore svolse si colloca all’interno di un paradigma complesso di studi scientifici sulla condotta umana, sviluppatasi in Inghilterra e nella Scozia del XVIII secolo. Autori come Mandeville e Hume elaborarono teorie complesse sulla natura umana, le quali portano alla dimostrazione del carattere convenzionale delle regole della giustizia e dei principi della politica. Con Adam Smith prese vita una ricerca teorica sui principi che guidano le azioni degli uomini. Egli elabora una scienza della condotta umana sulla base dei sentimenti morali e dell’economia. Per questo motivo, Bentham spinge il suo lavoro verso il campo della legislazione giuridica. La giurisprudenza non era particolarmente dibattuta in quegli anni e una ricerca scientifica in questo senso sarebbe stata originale. Bentham si muove nella stessa direzione di Smith, riconoscendo come obiettivo della sua riflessione, la distinzione tra “ciò che è stato fatto e ciò che deve essere fatto”31. Le similitudini con Smith sono molteplici, dall’uso del metodo sperimentale come strumento più utile alla comprensione delle azioni umane.32 La peculiarità dell’Utilitarismo benthamiano rispetto alla principale tradizione utilitarista precedente, quella di Epicuro33, sta nel tentativo di fondare la filosofia morale in conformità a un

30

G. Pellegrino, La fabbrica della felicità, liberalismo, etica e psicologia in Jeremy Bentham, Liguori Editore, Napoli, 2010, p. 1.

31

FG, p. 42.

32

Milgate, Murray, S. C. Stimson, A Century of Transformation in Politics and Political Economy, Princeton University Press, Princeton, 2009, pp. 49-50.

33

Epicuro, nato a Samo, è il fondatore di una fra le più importanti scuole filosofiche dell’età ellenistico-romana, l’Epicureismo.

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unico principio e di un unico metodo di calcolo. Tale impostazione è l’impianto razionalistico tipico della maggior parte delle filosofie moderne, che hanno l’intento di imitare metodologicamente le scienze fisico-matematiche. Già Locke nel suo Saggio

sull’intelletto umano considerava l’etica come scienza vera, capace di dimostrazioni

rigorose, a patto di partire da definizioni esatte. Ebbene, Bentham ritiene di possedere tali definizioni e quindi di poter finalmente costruire una filosofia morale come scienza rigorosa: egli intendeva essere il Newton del mondo morale.34 Il Frammento sul

Governo e l’Introduzione ai Principi Morali e della Legislazione, che Bentham scrive

fra il 1770 e il 1780, appartengono al periodo in cui era in stretto contatto con alcuni studiosi francesi con i quali condivideva un obiettivo fondamentale: realizzare una riforma delle leggi.35 Egli vuole fornire alla politica e alla giurisprudenza una scienza morale che consenta un’esatta codificazione delle leggi. In De l’esprit di Helvétius, il nostro autore trova enunciato non solo il principio fondamentale sul quale fondare la sua ricerca ma anche il metodo da utilizzare. Il principio è quello del “calcolo felicifico”, insieme all’idea di considerare la felicità risolvibile in un certo numero di piaceri individuali. Il metodo elaborato da Bentham è quello probabilistico, per riuscire a determinare le sanzioni e le azioni degli uomini. Egli si occupa in un primo momento delle teorie dei grandi giusnaturalisti del XVII secolo (Grozio e Pufendorf) e del common law.36 Per quanto riguarda la riflessione teorica sul diritto consuetudinario, egli si avvale della struttura costruita già da William Blackstone nei Commentaries on the

Laws of England. Porta avanti una battaglia a favore della codificazione delle leggi,

riuscendo a farla accettare nel continente europeo ma non nel Regno Unito. Bentham era convinto che solo la codifica delle leggi avrebbe messo fine alla prassi che consentiva ai cattivi giuristi di decidere in modo arbitrario sulle controversie legali.

34

S. Maletta, L’Utilitarismo, in “Dal senso comune alla Filosofia”, vol. 2, Sansoni, Firenze, 2001, pp. 307-309.

35

IPML, pp. 9-12.

36

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12

Infatti, uno dei difetti principali del diritto consuetudinario è l’arbitrarietà con la quale si conferisce al legislatore e alla classe giuridica il vantaggio di far trionfare i propri interessi contro gli interessi generali. Bentham rileva che il diritto consuetudinario era difettoso perché non poteva essere conosciuto con certezza dai cittadini ed era affidato ai giuristi, così che solo la codificazione, dando a tutti certezza del diritto e delle pene, avrebbe diminuito il numero di reati.37

Bentham, già nel A Fragment of Government, prese le distanze anche dai giusnaturalisti, rifiutando la teoria del contratto originario di Hobbes e di Locke. La natura della promessa su cui si basa il contratto poteva essere spiegata in termini di utilità. In poche parole, è in termini utilitaristici che i sudditi potranno decidere fin dove spingere l’obbedienza e quando invece dare vita ad una resistenza.38

Con le sue riflessioni sul diritto consuetudinario e sulla teoria del diritto naturale, Bentham delinea il nucleo della concezione della legislazione, che la riforma utilitaristica avrebbe dovuto soppiantare, ma di questo ampio tema ce ne occuperemo successivamente.

Una rapida considerazione deve essere posta sulla formulazione della sua riforma utilitaristica, questa passa attraverso la messa a punto di una precisa teoria del linguaggio giuridico. Egli rifiuta le “finzioni legali”, le “entità fittizie”39 a favore di un linguaggio più chiaro ed efficace.

“La peculiarità del discorso di Bentham risulta più chiara se consideriamo come egli insista sulla necessità di divenire consapevoli che all’origine del

37 IPML, pp. 16-18. 38 FG, pp. 6-7. 39 IPML, p. 19.

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linguaggio legislativo sta una serie di comandi, proibizioni e permessi che vanno visti come manifestazioni della volontà del legislatore.” (E. Lecaldano).40

Queste manifestazioni della volontà vengono distinte in “mandati imperativi” e “mandati non imperativi”, in altre parole permessi e comandi. Sono questi gli strumenti nelle mani del legislatore per indirizzare i cittadini verso la legge. 41

Una delle tappe preliminari della riforma utilitaristica del diritto era rendere esplicito ciò che risultava nascosto nei codici del passato, cioè il carattere imperativo delle leggi: tale carattere poi non solo andava riconosciuto ma trattato con una logica ad esso adeguato. Lo scienziato morale non doveva attardarsi nell’esporre quell’insieme di superstizioni e finzioni che erano le leggi del passato ma sostituire a esse un sistema costruito su basi salde. Tenendo conto di questo, la giurisprudenza non poteva derivare da sentimenti morali ma doveva essere il frutto dell’applicazione coerente di un criterio esterno come il principio di utilità.42

2.1 Il principio di utilità

Come preludio al capitolo I dell’Introduzione ai Principi Morali e della Legislazione, l’autore esordisce così:

“La natura ha posto il genere umano sotto il dominio di due supremi padroni: il dolore e il piacere. Spetta a essi indicare quel che dovremmo fare, come anche determinare quel che faremo (…). Dolore e piacere ci dominano in tutto quello che facciamo: qualsiasi sforzo possiamo fare per liberarci da tale soggezione non servirà ad altro che a dimostrarla e confermarla. A parole si può proclamare di rinnegare il loro dominio, ma in realtà se ne resta del tutto

40 Ivi, pp. 23-24. 41 Ivi, p. 23. 42 FG, pp. 3-5.

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soggiogati”.43

Il principio di utilità è l’unico assioma che riconosce tale

soggezione e assume il compito di portare la maggiore felicità per un gran numero d’individui.”44

Alla base di tale principio sta una premessa di carattere antropologico che a parere di Bentham e degli utilitaristi, risalta con evidenza incontestabile da un’osservazione rigorosa dell’esperienza comune degli uomini: dolore e piacere guidano gli uomini nelle scelte di vita. Da un lato, l’utilità corrisponde al criterio per indicare ciò che è giusto o ingiusto, dall’altra parte troviamo le cause e gli effetti a essa legati. Tuttavia, il principio di utilità è esclusivamente edonistico. Un’azione si conforma al principio di utilità, quando tendenzialmente aumenta la felicità di una comunità.45 Da questo passo si ricava il primo carattere distintivo dell’Utilitarismo di Bentham: gli uomini sono spinti a ricercare la propria felicità e il proprio piacere evitando il dolore.46 Il secondo elemento connotativo della riflessione di Bentham è una concezione rigorosamente individualistica della società. Riducendo la società a somma d’individui, l’utilità sociale prende la forma di somma di utilità individuali.47

Nella sostanza, due sono i punti fermi della riflessione benthamiana: l’esclusività e l’onnicomprensività del principio di utilità.48

Essi servono a spiegare tutti i comportamenti degli uomini e quindi escludono l’opportunità di ricorrere ad altri criteri interpretativi del comportamento umano.

43 IPML, p. 88. 44 Ivi, cit., p. 89. 45 Ivi, p. 90. 46 Ibid. 47 Ivi, p. 91. 48

R. M. Adams, Motive Utilitarianism, in “The Journal of Philosophy”, The Sheridan Press, Hanover, 1976, pp. 467-468.

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“Se il principio di utilità è un principio giusto da cui farsi dirigere, (…) segue che qualsiasi principio differisca da esso in ogni caso debba necessariamente essere ingiusto.”49

Giusto o ingiusto, veritiero o meno, le parole dell’autore confermano che la ragione risiede dalla parte del principio di utilità e il torto dalla parte dei principi opposti. La connessione fra psicologia filosofica e teoria politica non è certo una novità: tutta la filosofia politica moderna, da Hobbes in poi, trae le sue premesse da un certo modo di vedere la mente umana e la psicologia.50

2.2 La costruzione “dell’algebra morale”

Secondo il parere di Bentham al principio di utilità si contrappongono e quindi sono per definizione falsi, il “principio dell’ascetismo”51 e il “principio di simpatia-antipatia”52. Il primo è sempre comunque l’esatto contrario del principio di utilità e quindi in termini logici è falso. Per principio dell’ascetismo egli intende:

“Quel principio che approva le azioni nella misura in cui tendono a diminuire la felicità e le disapprova nella misura in cui tendono ad aumentarla.”53

49

IPML, cit., p. 97.

50

G. Pellegrino, La fabbrica della felicità cit., p. 7.

51

Ascetismo: “ascetico” è un termine che fa riferimento ai monaci. Deriva da una parola greca che significa esercizio. Inizialmente legato alla concezione cristiana ma successivamente usato nella storia delle religioni per indicare un fenomeno presente in diverse aree e culture: quel modo di vita e quel complesso di pratiche rituali che tendono a rendere possibile all’uomo una condizione diversa da quella ordinaria, realizzando uno stato considerato superiore dal punto di vista dei valori religiosi. È il rifiuto di una condizione di vita ordinaria per realizzare un’esistenza superiore, mediante un atteggiamento negativo rispetto all’esistenza, considerata come non-valore rispetto al valore che si vuole realizzare. (In www.treccani.it 15/02/2018).

52

IPML, cit., pp. 21-31. Il principio dell’antipatia e simpatia è stato successivamente ribattezzato da Bentham “ipsedixitism” (ovvero: principio d’autorità). Si tratta di un non-principio, alternativo a quello d’utilità, che in realtà nasconde un insuperabile soggettivismo. (J. Bentham, Deontology, a cura di Amnon Goldworth, Oxford Clarendon, Oxford, 1984, cit., pp. 304-307).

53

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Nelle sue accezioni più radicali, come l’ascetismo religioso, non si limita a sanzionare l’accrescimento del piacere ma addirittura predica il dovere del dolore. Bentham aggiunge:

“Per quanto caldamente abbracciato dai suoi seguaci religiosi e non, sembra

non sia stato sostenuto in misura considerevole quando è stato applicato alle questioni di governo.”54

Il ragionamento dell’autore vuole portare il lettore a comprendere come anche i monaci atti a queste pratiche hanno inflitto dolore agli altri, ma come questo è stato fatto inconsapevolmente, senza una regola apposita. Detto ciò, un principio di tal portata può essere applicato dai propri seguaci al solo caso di eretici e infedeli ma non può essere applicato dal governo all’intera società.55

In definitiva l’ascetismo può teoricamente essere una regola di comportamento, ma manca di quell’elemento che è testimonianza della fondatezza di un principio, ciò che definisce “la capacità di essere coerentemente perseguito” da parte di tutti, producendo buoni effetti, non soltanto nel giudizio di chi lo segue ma nella prospettiva generale della società.56 Questo principio può, insomma, sì valere come regola di comportamento individuale ma non come regola universale.57 Così com’è esclusa la validità del principio dell’ascetismo, allo stesso modo lo è la validità del principio della simpatia-antipatia, giacché parzialmente opposto a quello di utilità. Per questa ragione, Bentham ne da una definizione specifica:

“Per principio della simpatia-antipatia, intendo quel principio che approva o disapprova certe azioni, non sulla base della loro tendenza ad aumentare o della

54 Ivi, p. 100. 55 Ivi, pp. 100-101. 56 Ivi, p. 102. 57

R. Rein'l, The Limits of Utility, in “The Journal of Philosophy”, The Sheridan Press, Hanover, 1956, pp. 549-550.

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loro tendenza a diminuire la felicità della parte il cui interesse è in questione, ma solo perché un uomo si trova disponibile ad approvarle o disapprovarle.”58

Il principio di simpatia-antipatia è in realtà la “parodia” di un principio, poiché non si può fare affidamento su di esso per giustificare e guidare i propri comportamenti. Esso fa discendere l’approvazione o la disapprovazione di certe azioni da una disponibilità preliminare, da un sentimento ad approvarle oppure a disapprovarle.59 Se il criterio fondamentale è la disponibilità sentimentale, di quali sentimenti si tratta? Da un lato l’amore, dall’altro l’odio. Il postulato della simpatia-antipatia visto come criterio interpretativo e valutativo del comportamento umano, si muove sulla base di questa disposizione sentimentale “amore-odio”. Chi è pieno di odio infliggerà punizioni più severe, chi ha poco odio punirà un individuo in maniera più blanda. Se noi applicassimo il criterio della simpatia-antipatia, nei termini indicati dall’autore, al campo della legislazione penale, nelle sanzioni prevarrebbe il senso dell’odio, con il rischio di improntare la legislazione su una severità eccessiva, infliggendo pene ingiuste.60 In seguito, Bentham apre il campo ad altri criteri, confrontandoli con il principio dell’utilità. Da qui, cita come alternativi o integrativi dell’utilità: “Il principio del common-sense, la regola di giustizia, la legge di natura, la legge di ragione e della ragione razionale”. Questi servono all’uomo per negare la loro adesione o la loro opposizione al principio di utilità.61

Se la ricerca del piacere e la fuga dal dolore rappresentano il fine verso cui necessariamente s’indirizzano gli uomini, sullo stesso principio deve far leva il governo per garantire l’utilità al maggiore numero di persone e deve farlo utilizzando quel principio come mezzo, spingendo essi a comportamenti che sono a loro utili e

58 IPML, cit., pp. 105-106. 59 Ivi, p. 107. 60 Ibid. 61 Ivi, pp. 108-110.

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compatibili anche con l’utilità altrui. Il rischio di ledere gli altri nella propria ricerca del piacere è scongiurato attraverso la riforma della legislazione che mira a distinguere fra piacere, utilità come fine e piacere, utilità come mezzo.62 Quali sono i mezzi che ha a disposizione il legislatore per spingere gli uomini verso l’utilità? Le sanzioni. Quest’ultime derivano da quattro fonti: “la fonte fisica, politica, morale e religiosa”.63

“Se il piacere o il dolore ha luogo o viene atteso in questa vita, e dal normale corso della natura, (…) allora si può dire che quel piacere o quel dolore proviene dalla o appartiene alla sanzione fisica.”64

Per l’autore la sanzione fisica è a fondamento di tutte le altre: è autonoma, opera in maniera indipendente su essa mentre la sanzione politica, morale e religiosa possono applicarsi solo per mezzo di quella fisica.

“Se è nelle mani di una particolare persona o di un gruppo di persone nella comunità, (…) si può dire che esso proviene dalla sanzione politica. Se è nelle mani di persone a caso nella comunità, (…) si può dire che proviene dalla sanzione morale o popolare.”65

I primi tre tipi di sanzioni sono sperimentate di solito nella vita presente, la sanzione religiosa nel corso della vita e nell’aldilà. La differenza sta nelle circostanze della loro produzione.66

Per evitare di cadere nell’anarchia totale è necessaria l’esistenza dello Stato, del governo e della legislazione. Lo Stato ha il compito di far convivere le ricerca della propria felicità con quella altrui, attraverso una distribuzione coatta di pene e

62

R. M. Adams, op. cit., pp. 467-470

63 IPML, p. 117. 64 Ivi, cit., p. 118. 65 Ibid. 66 Ivi, pp. 120-121.

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ricompense. Tipico è l’esempio del furto che accresce sì il piacere del ladro ma al prezzo di provocare altrettanto dolore alla persona derubata.67 La legislazione vietando il furto e considerandolo come illegale, punisce il ladro con una sanzione così che il dolore subito tende ad annullare il piacere che questo si è procurato per effetto del furto, scoraggiando in futuro la commissione dello stesso reato.68

Il passaggio successivo consiste per Bentham nella ricerca del valore dei piaceri e dei dolori attraverso la definizione delle loro qualità. Bentham afferma che:

“Per una persona considerata per se stessa, il valore di un piacere o di un dolore considerato per se stesso, sarà maggiore o minore, secondo le quattro seguenti caratteristiche: l’intensità, la durata, la certezza o l’incertezza, la vicinanza o lontananza.”69

Ai criteri mostrati Bentham ne aggiunge altri tre nuovi riguardanti:

“La fecondità, la purezza e l’estensione. La prima rappresenta la probabilità che ha un piacere o un dolore di essere seguito da sensazioni dello stesso tipo. La purezza guarda alla probabilità che un piacere o un dolore ha di non essere seguito da sensazioni del tipo opposto. L’estensione va a considerare il numero delle persone a cui è esteso l’evento o l’atto in questione e quali tra queste sono colpite.”70

Così, definiti i criteri attraverso i quali misurare il valore utilitaristico delle leggi, faceva seguito una serie di operazioni aritmetiche cui il legislatore è vincolato durante il processo legislativo. Si tratta di un procedimento complesso di calcolo per un totale di

67

Hart H. L. A., Between Utility and Rights, Columbia Law Review, New York, 1979, pp. 828-829.

68 IPML, p. 256. 69 Ivi, cit., p. 122 70 Ivi, p. 123.

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sei operazioni che andranno a costituire “l’algebra morale benthamiana”. Essa sta al centro della riforma utilitaristica delle leggi e costituisce uno dei punti nevralgici del pensiero dell’autore.71

La prima operazione prevede la misurazione del valore del piacere con riferimento ai quattro criteri su A (l’individuo coinvolto dagli effetti dell’atto legislativo analizzato). La seconda prevede la misurazione del valore del dolore su A. La terza e la quarta operazione prevedono la valutazione del valore del piacere e del dolore, applicando il quinto e il sesto criterio, in altre parole il principio della purezza e della fecondità. La quinta prevede la sommatoria della prima e della terza operazione, così da ottenere una valutazione completa sul piacere prodotto da un atto legislativo. Tutto ciò è ripetuto con la seconda e la quarta operazione. Se il valore complessivo del piacere supera quello del dolore, si ha la prova della buona tendenza dell'atto in questione, quindi questo merita, da un punto di vista utilitaristico, di essere adottato. Se, viceversa, il risultato dell'operazione complessiva sul piacere è inferiore a quello del dolore, ciò è prova della cattiva tendenza dell'atto in questione. Da un punto di vista utilitaristico, l’atto legislativo deve essere scartato. La sesta operazione prevede l’adozione del criterio di estensione. È necessario contare il numero di persone coinvolte, i quali interessi sono in gioco, ripetendo i passaggi precedenti. Dalla sommatoria tra il numero di persone per le quali l’atto in questione presenta una prevalenza di piacere e dalla sommatoria tra il numero di persone cui causa una sofferenza, si evincerà la tendenza positiva o negativa universale dell’atto legislativo.72 Il compito del legislatore è chiaro, nel sommare i piaceri da un lato e le pene dall’altro, deve far si che la somma dei piaceri superi quella dei dolori, così da garantire una crescita nella felicità sia del singolo sia della società.73 Vi è, però, una condizione

preliminare da soddisfare affinché questo procedimento aritmetico non sia ritenuto falso

71 Ivi, p. 123. 72 Ivi, p. 124. 73

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a priori. Tale condizione è che gli oggetti di somma e sottrazione devono essere identici o appartenere alla medesima specie.74 L’autore formula un catalogo di piaceri procurati da oggetti materiali, da terze persone e piaceri riferiti a se stessi. In questa prospettiva, un uomo può essere più sensibile ai piaceri dell’udito che a quelli del tatto e viceversa. Come per i piaceri, esistono diverse tipologie di dolori. Diverse circostanze possono influenzare la sensibilità umana, tra queste:

“La salute, la resistenza fisica, l’imperfezione fisica, la qualità e quantità della conoscenze, l’insania, le occupazione abituali, la situazione pecuniaria, le relazioni di simpatia ed antipatia, la conformazione mentale, il sesso, l’età, il rango, l’educazione, il clima, il governo, il lignaggio e la religione professata.”75

Queste circostanze modificanti la sensibilità si esprimono poi attraverso le preferenze o i “motives”, ovvero i moventi.76

Secondo il parere dell’autore ogni individuo è dominato da due tipi di moventi: i primi sono quelli personali che regolano il comportamento umano nella vita di tutti i giorni. Il secondo tipo di “motives” sono quelli morali espressi attraverso dei giudizi di valore morale. I moventi personali si manifestano tramite delle funzioni di utilità per il singolo individuo, i moventi morali attraverso delle funzioni di utilità intese per tutta la società.77 Il fine ultimo dell’utilità sociale è di avere carattere universale e porre sullo stesso piano gli interessi individuali e quelli altrui. 74 Ivi, p. 125. 75 Ivi, cit., pp. 138-139. 76

E. Lecaldano, L’illuminismo Inglese cit., p. 200.

77

I moventi per Bentham sono buoni o cattivi solo in relazione alla tendenza che hanno a produrre rispettivamente piacere o dolore, pertanto ogni movente può produrre, a seconda dei casi, azioni buone, azioni cattive o azioni. (IPML, p. 140).

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Una volta fatte queste considerazioni, possiamo affermare con certezza che la morale del piacere di Bentham, poggia su due elementi: il razionalismo e l’individualismo. È una scienza razionale del piacere e del dolore, basata su un calcolo ben preciso. La sua concezione della società rivendica un certo grado d’individualismo, ripreso poi da John Stuart Mill e Henry Sidgwick.78 Secondo alcuni critici è impossibile che gli individui trattino allo stesso modo i propri e gli altrui interessi e che diano a questi lo stesso peso dei propri. Inoltre, l’Utilitarismo classico è stato tacciato di essere una teoria ambiziosa; Amartya Sen e Bernard Williams ritengono che:

“L’Utilitarismo rappresenti un tentativo di fare troppo, di fornire una risposta eccessivamente comprensiva ed estesa ai problemi di scelta personale e pubblica, e che non è semplicemente l’Utilitarismo a essere in errore, ma qualsiasi teoria che sviluppi un tale livello di ambizione.”79

L’Utilitarismo è, quindi, una teoria ottimistica giacché ritiene possibile un accordo tra interesse individuale e sociale. Quest’accordo si manifesta tramite due strumenti: l’educazione (ovvero l’arte di governare se stessi) e la legislazione (l’arte di governare la comunità). L’educazione forma gli individui in possesso delle virtù dell’onestà e della benevolenza, che procurano loro piaceri elevati. L’esercizio di tali virtù è utile non solo per gli altri e la comunità in generale ma anche per chi le esercita; si realizza così un’armonizzazione tra interesse individuale e sociale. L’arte di governare la comunità prende spunto da quest’armonizzazione e attraverso la legislazione rende l’obbedienza alle leggi più utile della disobbedienza.80

La filosofia di Bentham è oggi definita come “Utilitarismo dell’atto” opposto “all’Utilitarismo della regola”. Bentham, John S. Mill, H. Sidgwick e G. E. Moore sono

78

M. L. Guidi, op. cit., pp. 3-4.

79

A. Sen e B. Wiliams, Utilitarismo e oltre, Il Saggiatore NET, Milano, 2002, cit., p. 344.

80

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stati definiti come i teorici “dell’Act Utilitarianism”. Harrod, B. Williams e J.J.C. Smart, invece, sono definiti come i “teorici della regola”.81 In merito all’Utilitarismo dell’atto all’interno troviamo altre varianti tra cui: l’Utilitarismo edonistico e ideale, della felicità, delle preferenze e dell’utilità prevedibile. Come teoria dell’azione, l’Utilitarismo asserisce che gli uomini agiscono individualmente, cercando di massimizzare il loro utile. Quest’affermazione segna la trasformazione dell’Utilitarismo dell’atto in teoria etica. A seconda che l’utile sia massimizzato dalle singole azioni o mediante una regola universale, si passa “dall’Act Utilitarianism al Rule Utilitarianism”.82 Il pensiero benthamiano trova fondamento nell’idea che i comportamenti umani sono motivati dall’utilità o felicità individuale, intesa come fuga dal dolore e ricerca del piacere e ha trovato applicazione nelle teorie politiche ed economiche dell’Ottocento e del Novecento. Inoltre, si è posto come principio attraverso il quale prevedere i comportamenti individuali tramite tabelle di costi-benefici, fino ad arrivare a elaborare delle vere teorie della decisione razionale.

81

S. Biolo, S. Cavaciuti, S. Cotta, A. De Maria, U. Galeazzi, W. Kerber…et/al, La questione dell’Utilitarismo, Marietti, Genova, 1991, p. 12.

82

Ivi, pp. 61-60. Sull’Utilitarismo in generale e sugli effetti della filosofia benthamiana si vedano: E. Lecaldano, S. Veca, Utilitarismo oggi, Laterza, Roma-Bari, 1986; A. Sen, B. Williams, Utilitarismo e oltre, a cura di S. Veca, Il Saggiatore, Milano, 1984 e J.J.C. Smart, B. Williams, Utilitarismo : un confronto, Bibliopolis, Napoli, 1985.

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24

CAPITOLO III:

IL PRINCIPIO DELLA MASSIMA FELICITÁ IN UNA

PROSPETTIVA POLITICO-GIURIDICA

Se il frutto di una vita di studi ha portato Bentham a realizzare un’intera scienza della legislazione nel suo Critical Elements of Jurisprudence (all’interno del quale vi sono l’Introduzione ai Principi della Morale e della Legislazione e l’opera Of Laws in

General), è con il A Fragment on Government, pamphlet estratto dalla più ampia critica

ai Commentaries on the Laws of England di Sir William Blackstone, pubblicato nel 1776 che tutto ebbe inizio. Il A Fragment rappresenta il germe della concezione benthamiana sulla politica (in particolare i concetti di sovrano e di sovranità) e sul diritto, tematiche in Bentham strettamente connesse.83 All’origine del FG vi sono soprattutto eventi che hanno sconvolto l’impero britannico e che nel 1776 raggiungevano il culmine con la Dichiarazione d’indipendenza delle colonie nordamericane.84 Tuttavia nella sua prima stesura, Bentham non richiama espressamente questi eventi ma è la genesi dell’opera che offre una prova significativa dell’attenzione dell’autore verso queste tematiche.85

Il testo nasce dalla collaborazione fra Bentham e il suo discepolo John Lind, autore di opere concernenti il dibattito coloniale alla cui redazione anche Bentham contribuirà.86 Ricostruire il contesto storico all’interno del quale Bentham scrive il Frammento è di grande importanza, in quanto la

83

Ivi, p. 43.

84

P. Rudan, Securing the Future: Jeremy Bentham, in “History of Political Thought”, Imprinting Academic, Bologna, 2013, pp. 480-481.

85

Nella prefazione dell’opera, l’autore fa un riferimento alle scoperte geografiche e al progresso scientifico vissuto in quell’epoca. Bentham si riferiva implicitamente ai primi viaggi di circumnavigazione del capitano J. Cook (1728-1779), in Antartide e nell’Artide. Inoltre, in merito al progresso scientifico, il riferimento posto da Bentham riguardava gli esperimento del celebre fisico e filosofo J. Priestly. (FG, note 1-2, p. 35).

86

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critica che egli rivolge a W. Blackstone va letta alla luce degli eventi che hanno fatto sì che la Costituzione inglese non fosse più considerata “senza macchia” ma come una Costituzione da adeguare agli eventi politici del tempo.87 Tuttavia è chiaro come l’interesse per la legge ha soprattutto una rilevanza teorica. Nelle opere benthamiane, matura una filosofia del diritto che evolverà attraverso le seguenti fasi:

- Esegesi del diritto inglese allora vigente, descritto da William Blackstone, svolta tramite un’analisi minuziosa sul common law inglese e sul diritto naturale. - Concettualizzazione di una riforma della legislazione, basata sull’assunto della

massima felicità per il maggior numero di persone, da proporre a tutti gli stati europei e d’oltreoceano.88

3.1 Esegesi del diritto inglese: “Censor” ed “Expositor”

Nella prefazione del FG, l’autore descrive il progresso avvenuto nel campo delle scoperte geografiche e scientifiche, mostrando come in un mondo in continuo cambiamento mancasse un “Newton”, cioè un riformatore della morale. Era questa la sua massima aspirazione? Si direbbe di si, dalle lettere inviate ai suoi amici e confidenti dal 1827 al 1829. John Bowring, suo fedele discepolo ha estrapolato un passo, dove Bentham ricorda che:

“What Newton did, was to throw light on one branch of science. But I have planted the tree of Utility, I have planted it deep, and spread it wide.”89

87

FG, pp. 45-48. Cfr. T. Bonazzi, Introduzione alla Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America, Marsilio, Venezia, 1999, p. 36.

88

A. Loche, op. cit., p. 14.

89

J. Bowring, The works of Jeremy Bentham, Vol X, Edimburgo, William Tait, 1838-1843. In http://oll.libertyfund.org/titles/bentham-the-works-of-jeremy-bentham-vol-1, 13/04/2018

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L’obiettivo della riforma giustifica la critica verso le leggi, le istituzioni vigenti e il ruolo dei giuristi, in nome del principio di utilità. Nell’opera A Fragment on

Government, l’antagonista era William Blackstone che, nel 1758, occupa la prima

cattedra di diritto inglese presso “l’All Souls College” di Oxford, entrava nel parlamento inglese nel 1761 e tre anni dopo diviene procuratore generale presso il “Queen Charlotte” nonché fino al 1780, anno della sua dipartita, giudice presso la Corte dei reati comuni. Dal 1765 al 1769, pubblica i Commentaries, un’opera in quattro volumi, di grande successo, apprezzati negli Stati Uniti e in Francia, dove divengono ben presto un “classico” sulla scienza giuridica.90

È in A Comment on the Commentaries, e in A Fragment on Government, che Bentham introduce la sua critica al common law e alla giurisprudenza inglese concepita come una “fictitious entity”91

, rispetto alla quale lo studioso poteva assumere due ruoli: il ruolo di “Censor” e il ruolo di “Expositor”:

“Ci sono due posizioni, di cui l’una o l’altra si può dire che vengano assunte da ogni persona, la quale trova qualcosa da dire sul tema della legge: quella del commentatore (Expositor) e quella del critico (Censor).”92

L’Expositor si occupa della Legge come mero fatto, utilizzando l’intelligenza, la memoria e il giudizio, ossia le facoltà passive dell’intelletto che lo qualificano come un conservatore. Al contrario, il Censor non si occupa delle leggi come meri fatti ma tratta le ragioni che stanno alla base di queste; analizzandone le motivazioni e gli scopi. Il critico ha il compito di suggerire al legislatore e al giudice, cosa avrebbe dovuto fare in futuro.93 Bentham asserisce che la giurisprudenza “espositoria” ha portato al

90

M. L. Guidi, op. cit., p. 44

91 FG, p. 42. 92 Ibid. 93 FG, p. 43.

(36)

27

deterioramento della situazione giuridica e politica della Gran Bretagna, creando un diritto incerto e arbitrario.94 In particolare la critica che l’autore muove a Blackstone è di assumere, nei Commentaries, sia la posizione dell’Expositor che di Censor, descrivendo il diritto com’è e lasciando intendere che esso è come dovrebbe essere, anche alla presenza d’incongruenze particolarmente gravi legate al carattere assoluto e generico del diritto consuetudinario.95 A detta di Bentham, Blackstone ha commesso degli errori nell’elaborazione della sua filosofia del diritto poiché, per accostarsi alla legge, bisogna calarsi nel ruolo di Censor. Solo un censore avrebbe potuto analizzare le leggi vigenti e formulare ipotesi di riforme. I Commentaries di Blackstone non avrebbero mai potuto costituire una riforma del diritto inglese, perchè inneggiavano a disposizioni consuetudinarie, così com’erano e non come dovevano essere. Bentham, invece, non poteva che rifarsi alla giurisprudenza di tipo censorio.96

“Un sistema che non deve mai essere criticato, non sarà mai migliorato, riformato e costituirà un effettivo ostacolo a ogni aumento di felicità.”97

3.2 La critica al “common law”

Nella dissertazione sul common law, la distinzione fra la giurisprudenza censoria ed espositoria fa da premessa. L’espressione common law è impiegata come contrapposizione all’espressione “civil law”. Il modello di common law è radicato nell’ordinamento inglese e costituisce un sistema aperto, omogeneo, dove i giudici con

94

D. G. Long, Bentham on Liberty, University of Toronto Press, Toronto, 1977, pp. 12-13-28.

95

G. J. Postema, The Expositor, the Censor and the Common Law, Canadian Journal of Philosophy, Alberta, 1979, p. 66.

96

Ivi, p. 43.

97

Ivi, cit., p. 44. Con riferimento al tema trattato, E. Lecaldano afferma che per Bentham sono le scelte pubbliche a dover “essere ispirate al criterio utilitaristico”, l’attenzione per la morale in senso stretto è poco rilevante, anche se è chiaro che Bentham utilizza lo stesso criterio sia in riferimento alle scelte pubbliche. Bentham considerava la morale utile quando questa era in grado di modulare la ricerca della propria felicità con quella della felicità generale. (E. Lecaldano, L’Utilitarismo contemporaneo e la morale, in “Utilitarismo oggi”, op. cit., pp. 7-10).

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