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LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO NELL’ISLAM (CAIRO 1990)

1.2   GLI STRUMENTI GIURIDICI A CARATTERE REGIONALE:

1.2.4   LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO NELL’ISLAM (CAIRO 1990)

La Dichiarazione Islamica dei Diritti dell’Uomo è un atto che costituisce sostanzialmente una rielaborazione della Dichiarazione Universale del 1948 in chiave della tradizione musulmana, elaborata in sede UNESCO a Parigi, il 19 settembre 1981. La Dichiarazione Islamica si basa sul Corano e sulla sunna, termine con il quale si intende sostanzialmente l’abitudine dei comportamenti consuetudinari del Profeta Maometto, la quale ha il valore di norma da seguire ed emulare da parte di tutti i credenti musulmani. Il documento in questione fu preparato dai rappresentanti di Egitto, Pakistan, Arabia Saudita ed altri Paesi membri del Consiglio Islamico, un’organizzazione privata con sede a Londra affiliata all’organizzazione non governativa della Lega del Mondo Musulmano (Muslim World League), con quartier generale in Arabia Saudita, la quale mira a rappresentare gli interessi e le ideologie dei musulmani conservativi. 126

Il Documento, composto da 25 articoli, dimostra di essere caratterizzato da consistenti limitazioni in quanto fu elaborato dai Paesi a tradizione islamica più radicali, appartenenti all’Organizzazione della Conferenza Islamica.

La Dichiarazione del Cairo fu riconosciuta ufficialmente anche dalle Nazioni Unite in ambito della Conferenza Mondiale sui Diritti umani il 9 giugno 1993. L’articolo 1 della Dichiarazione afferma l’appartenenza degli esseri umani ad un’unica famiglia unita e creata da Dio, nella quale tutti gli uomini sono caratterizzati da uguaglianza senza alcun tipo di discriminazione, aggiungendo che la vera Fede è l’unico mezzo da perseguire per il raggiungimento della dignità umana e della perfezione. A differenza del documento analizzato nel precedente paragrafo, la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo nell’Islam contiene specifiche disposizioni per quanto riguarda la libertà di espressione. In effetti, l’articolo n. 22 sancisce che:

“a. Everyone shall have the right to express his opinion freely in such manner as would not be contrary to the principles of Shari’ah.

b. Everyone shall have the right to advocate what is right, and propagate what is good, and warn against what is wrong and evil according to the norm of Islamic Shari’ah.

c. Information is a vital necessity to society. It may not be exploited or misused in such a way as may violate sanctities and the dignity of Prophets, undermine moral and ethical values or disintegrate, corrupt or harm society or weaken its faith.

d. It is not permitted to arouse nationalistic or doctrinal hatred or to do anything that may be an incitement to any form of racial discrimination.”127

Esaminando tale articolo, risulta immediatamente chiaro che la concezione di tale diritto è divergente rispetto a quella contemplata nei maggiori strumenti giuridici internazionali. Tale affermazione deriva innanzitutto dal fatto che tale disposizione prevede che le opinioni e le idee espresse siano conformi ai criteri stabiliti dalla legge islamica. In effetti, tale concetto viene ribadito anche nel secondo paragrafo dell’articolo, nel quale la persona (araba) gode del diritto di sostenere, difendere e propagandare ciò che è “buono e giusto”, invece è tenuto a diffidare da ciò che secondo i criteri sciaraitici è considerato diabolico, non corretto.

Si può osservare che anche secondo le disposizioni di tale Dichiarazione, il concetto di libertà di espressione si estende alla libertà di informazione, come confermato dal terzo paragrafo dell’articolo 22. Tuttavia, anche in questo caso si può notare che il comma incorpora le specifiche restrizioni alla libertà di informazione, sempre in relazione alla norma religiosa.

Il legame quasi viscerale con i rigidi principi della tradizione dell’Islam risulta molto chiaro nella Dichiarazione. Effettivamente, gli articoli 24 e 25 dichiarano palesemente la solenne rilevanza della legge islamica:

“24. All the rights and the freedoms stipulated in this Declaration are subject to the Islamic Shari’ah. 25. The Islamic Shari’ah is the only source of reference for the explanation or clarification to any of the articles of this Declaration.”128

Come si può evincere, la legge islamica riveste un ruolo fondamentale, ovvero quello di fonte diretta di ispirazione per le disposizioni contenute nel testo. Inoltre, la Shari’a è indicata come unico criterio interpretativo applicabile per esplicare o chiarire gli articoli di tale documento.

Si afferma inoltre che il legame fra libertà di espressione e di religione nel caso della Dichiarazione islamica risulta diverso da quello che caratterizza invece gli strumenti internazionali. In effetti, l’articolo 10 della Dichiarazione non dichiara il diritto di un individuo di poter cambiare credo

127Cfrt. Artt. 22 della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo nell’Islam del Cairo, 1990. 128Ibidem, art. 24, 25.

religioso e convertirsi ad un’altra fede o all’ateismo, proclamando l’Islam come unica e suprema religione.

Un ulteriore limitazione al concetto di libertà di espressione si potrebbe riscontrare nell’articolo n. 4, il quale dichiara che:

“4. Every human being is entitled to inviolability and protection of his good name and honour during his life and after his death. (…)”129

Secondo le disposizioni di tale articolo, si ritiene che il diritto di ogni individuo di proteggere l’inviolabilità del proprio nome ed onore potrebbe automaticamente tradursi in una restrizione della libertà di espressione soprattutto nei confronti di terzi, i quali potrebbero ad esempio essere accusati di diffamazione o calunnie.

Ciononostante, il profondo collegamento con la legge islamica che denota il contenuto della Dichiarazione non costituisce il suo unico limite. In effetti, a differenza ad esempio della Carta ONU o della Dichiarazione Universale, quella del Cairo non è ritenuta un trattato internazionale, né tantomeno prevede degli appositi meccanismi di tutela e di controllo sull’applicazione dei diritti e delle libertà in essa riconosciuti.

Si ritiene opportuno precisare, tuttavia, che la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam costituisce un elemento di novità di estrema importanza nel panorama culturale e religioso che caratterizza il mondo islamico, il quale ha sempre radicato le sue fondamenta sui diritti direttamente proclamati da Dio.130

In seguito all’adozione di tale documento, gli Stati di tradizione arabo-islamica furono pesantemente criticati per il modo in cui approcciarono la materia dei diritti umani e tali critiche e pressioni portarono all’adozione di altri documenti i quali verranno analizzati nel successivo paragrafo.