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2.1 LA LEGA ARABA E LA PROTEZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO FONDAMENTAL

In materia di diritti umani, l’atto istitutivo della Lega Araba prevede la creazione di alcuni organi molto importanti, ovvero la Commissione Araba Permanente sui Diritti Umani, il Comitato Arabo sui Diritti Umani ed infine la Corte Araba sui Diritti Umani, i quali meritano di essere brevemente analizzati qui di seguito.

In primo luogo, il Comitato Arabo Permanente sui Diritti Umani, altresì conosciuto come Commissione Araba sui Diritti Umani, fu istituito nel 1968 ed ha una composizione simile a quella del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. In effetti, si compone di rappresentanti per ciascuno dei 22 stati membri dell’Organizzazione, i quali partecipano non in veste di esperti in diritti umani, bensì in quanto rappresentanti politici del proprio Paese di appartenenza. Tra le sue funzioni principali rientrano ad esempio:

•   Stabilire delle regole di cooperazione fra Stati membri in materia di tutela dei diritti umani fondamentali;

•   Analizzare gli accordi sui diritti umani elaborati dall’organizzazione per verificarne la compatibilità con gli standard internazionali;

•   Promuovere l’educazione al rispetto e alla salvaguardia di tali diritti e libertà fondamentali.148

La Commissione Permanente si riunisce due volte all’anno, solitamente nei mesi di gennaio e giugno. Tuttavia, in seguito alla Rivoluzione Egiziana nel gennaio 2011, le riunioni si tengono nel mese di febbraio anziché in gennaio. Il Dipartimento per i Diritti Umani fornisce supporto tecnico alla Commissione, ad esempio organizzandone gli incontri e stabilendone l’agenda, preparando i rapporti e le raccomandazioni. Inoltre, il Dipartimento si occupa dell’organizzazione di meeting e conferenze relative a specifiche tematiche inerenti i diritti umani, selezionate il 16 marzo di ogni anno in occasione della ricorrenza della Giornata Araba dei diritti umani. Il dipartimento lavora a stretto contatto con l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i diritti umani (OHCHR) e con altri organi delle Nazioni Unite, ma anche dell’Unione Africana e dell’Unione Europea.

148 Risoluzione No. 6826, Internal Regulations of the Arab Permanent Committee on Human Rights, adottata

dal Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri della Lega Araba, Sessione Regolare No. 1285, Settembre 2007.

La Commissione non dispone di alcuno strumento atto al controllo della situazione riguardante i diritti umani nei Paesi membri, come invece accade con il meccanismo istituito attraverso la Universal Periodic Review del Consiglio sui Diritti Umani dell’ONU.

Proprio per queste motivazioni, non è possibile ritenere l’organo in esame un meccanismo efficace al rafforzamento della tutela dei diritti umani nella regione.149

Per quanto riguarda il Comitato della Carta Araba sui Diritti Umani si rimanda al paragrafo 1.2.4 nel quale ne è stata analizzata la struttura e le funzioni.

La proposta della creazione di una Corte Araba per i diritti umani fu avanzata nel 2012 dal regno del Bahrain. Tale proposta venne accolta l’anno seguente dal Consiglio dei Ministri degli Esteri della Lega in occasione del Summit di Doha del 2013. Il Consiglio approvò la creazione di un organo composto da giuristi esperti di alto livello, tuttavia non fu resa pubblica alcuna informazione dettagliata sulla composizione e sull’operato della Corte e con ciò si può confermare la mancanza di trasparenza che caratterizza l’operato della Lega Araba.150

Nonostante la Carta Araba del 2004 affermi l’universalità dei diritti e delle libertà in essa tutelati, si può osservare come siano state imposte dalla stessa Lega Araba delle vere e proprie Linee Guida nell’interpretazione delle disposizioni contenute nel trattato. Infatti, in primo luogo si ribadisce che i diritti umani non devono essere utilizzati come mezzo per interferire negli affari interni di un Paese. In secondo luogo, si riafferma il fatto che tali disposizioni devono rispettare i valori imposti nella Shari’a. La libertà di espressione costituisce uno dei soggetti principali di questa limitazione. Essa è strettamente collegata con il diritto di sostenere un’opinione e di fornire e ricevere informazioni, inoltre si può notare sottile ma stretto legame con la libertà di coscienza e di religione.

In effetti, nella Carta del 2004 queste libertà vengono analizzate in maniera congiunta dagli articoli 30 e 32.151 Ai sensi di quest’ultimo articolo, si afferma la possibilità di imporre dei limiti e delle

restrizioni a tali diritti e questa è una caratteristica che non appartiene agli altri strumenti giuridici internazionali in materia di diritti umani.

Effettuando un excursus temporale nel passato e analizzando la Dichiarazione Universale Islamica dei Diriti Umani del 1981 (in inglese Universal Islamic Declaration of Human Rights – UIDHR) adottata il 19 settembre 1981 dal Consiglio Islamico d’Europa, è possibile osservare che ogni individuo ha il diritto di esprimere i propri pensieri ed opinioni, rimanendo nei limiti previsti dalla

149Merwat Rishmawi, The League of Arab States, Human Rights Standards and Mechanisms – Towards

Furhter Civil Society Engagement: A manual for pratictioners, Il Cairo, Open Society Foundations e Cairo

Institute For Human Rights Studies, Novembre 2015, p. 53-56.

150Ibidem.

legge.152 Si prosegue asserendo che nessun individuo è autorizzato a diffondere notizie false o a

contribuire alla circolazione di rapporti o materiale che potrebbe oltraggiare la decenza pubblica, indulgere alla diffamazione, insinuare il falso o calunniare altri individui.153 Tali restrizioni sono

imposte dalle norme sciaraitiche, le quali prevedono che le falsità, l’incoraggiamento di atti osceni o l’abbandono della comunità islamica sono vietate. Pertanto, qualsiasi discorso (definito “speech” in inglese) che potrebbe minacciare o diminuire la fedeltà alle versioni dell’ortodossia islamica locale può essere censurato. Inoltre, la censura può essere autorizzata con lo scopo di proteggere la moralità sociale.154

Persino la Convenzione Araba sulla soppressione del terrorismo costituisce una minaccia alla libera manifestazione del pensiero. La disposizione normativa, adottata dal Consiglio dei Ministri dell’Interno Arabi congiuntamente al Consiglio dei Ministri di Giustizia Arabi155 nel 1998, definisce

come terrorismo:

“(…) any act or threat of violence, whatever its motives and purposes that occurs in the advancement of an individual or collective criminal agenda and seeking to sow panic among people, causing fear by harming them, or placing their lives, liberty or security in danger, or seeking to cause damage to the environment or to public or private installations or property or to occupying or seizing them, or seeking to jeopardise a national resources”.156

Tra questi atti e minacce di agire, viene fatta rientrare anche la libertà di espressione la quale potrebbe assumere la forma di atto terroristico. A tal proposito, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali ha espresso il suo disaccordo su una definizione di terrorismo così ampia, in quanto potrebbe portare all’inclusione di atti non sufficientemente violenti da essere giudicati come crimini terroristici. In particolare, lo Special Rapporteur fece riferimento alla legislazione egiziana, caratterizzata da disposizioni molto simili a quelle della Convenzione presa in esame.157 Infatti, anche il Governo egiziano ha proposto due

progetti di legge anti-terrorismo che metterebbero a repentaglio la tutela di alcuni diritti fondamentali

152Cfrt. Artt. 12 par. A della Dichiarazione Islamica Universale Dei Diritti Umani del 1981. 153Ann Elizabeth Mayer, op. cit., p. 76-78.

154Ibidem.

155Il Consiglio dei Ministri dell’Interno Arabi e il Consiglio dei Ministri di Giustizia Arabi sono due consigli

ministeriali specializzati istituiti nello Statuto della Lega Araba al fine di adottare politiche comuni relative ai vari ambiti di cooperazione.

156Cfrt. Artt. 1.2 della Arab Convention on the Suppression Of Terrorism del 1998.

157Report of the Special Rapporteur on the promotion and protection of human rights and fundamental

freedoms while countering terrorism, Martin Scheinin, Mission To Egypt, doc. A/HRC/13/37/Add.2 del 14 Ottobre 2009, par. 9 e ss.

tra cui la libertà di espressione. In effetti, la definizione egiziana di “terrorismo” è caratterizzata da un linguaggio piuttosto ambiguo come “disrupting public order” o ancora “prohibiting or obstructing public authorities from exercising theri activities” che permetterebbero di porre restrizioni alla libera manifestazione del pensiero se ritenuta un’attività causante tali disordini.158

Un ulteriore attacco alla libertà di espressione fu costituito dall’introduzione della normativa riguardante la trasmissione via satellite, via radio e televisiva delle informazioni nella regione araba nel febbraio del 2008. Il documento intitolato nella traduzione inglese “Arab Satellite Broadcasting Charter: Principles for regulating Radio and Tv Satellite Trasmission in the Arab Region” impone determinate restrizioni sul broadcast con il pretesto di rispettare i diritti umani e la privacy. Inoltre, proibisce la circolazione del materiale incitante all’odio, alla violenza e al terrorismo. Il problema principale risiede nel fatto che tali disposizioni sono soggette ad un’interpretazione soggettiva, per di più il documento rispecchia alcune normative previste dalla legislazione araba che vengono frequentemente utilizzate con lo scopo di mettere a tacere qualsiasi critica contro lo Stato.159

In conclusione, la libera manifestazione del pensiero nel mondo arabo pare essere sottoposta a consistenti limitazioni. Nei successivi paragrafi, lo studio sarà dedicato alle misure intraprese per controllare e contrastare tali violazioni, adottate dall’Organizzazione delle Nazioni Unite.

158Dina Yehia, Egypt’s Anti-Terrorism legislation, MadaMasr, 24 Novembre 2013.

159Cfrt. Artt. 1 e ssdellaArab Satellite Broadcasting Charter: Principles for Regulating Transmission in The