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Comparazione e diritto privato nella tradizione giuridica occidentale

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Sommario: 1. Il diritto privato cuore degli ordinamenti della tradizione giuridica occidentale – 2. La comparazione nello studio del diritto privato – 3. Il diritto privato diritto dei privati – 4. La comparazione nelle vicende storiche del diritto privato – 5. L’attuale evoluzione del diritto privato – 6. Conclusioni.

1. Il diritto privato cuore degli ordinamenti della tradizione giuridica occidentale Il diritto privato, il complesso delle norme che regolano i rapporti tra individui e tradizionalmente comprendono la persona e i suoi diritti, la famiglia e le successioni, i diritti sui beni, le obbligazioni e la responsabilità civile, è il cuore degli ordinamenti della tradizione giuridica occidentale (la Western Legal Tradition), caratterizzati dalla presenza del diritto come sistema di regole della vita sociale distinte dalle regole della religione, della morale, della politica, del costume e degli altri corpi sociali. La nozione di diritto privato è, invero, connaturata alla nozione di diritto, di ius, inventata nell’antica Roma, ne costituisce la parte più significativa. Il diritto privato ha così continuato nei secoli, nel continente europeo con lo sviluppo di uno ius commune sulla base della raccolta che ne offre il Corpus iuris civilis giustinianeo e in Inghilterra con lo sviluppo giurisprudenziale della common law del Regno, e ancor oggi continua a connotare le forme in cui vengono declinati i valori e i principi della vita sociale del nostro e degli altri paesi d’Europa e di larga parte del mondo civilizzato (o colonizzato) dagli europei.

Per l’interpretazione e applicazione degli istituti e delle regole del diritto privato, così come è inteso nella tradizione giuridica occidentale, è essenziale, dunque, la comprensione del significato che ha avuto ed attualmente ha la loro definizione a partire dall’invenzione dello ius civile. Lo studio porta allora non solo a dover percorrere la sua storia, ma anche a comparare i suoi divergenti o convergenti esiti odierni negli ordinamenti che da esso sono stati plasmati.

* Questo studio è dedicato al caro amico Luigi Moccia, che potrà in esso ritrovare qualche

2. La comparazione nello studio del diritto privato

Storia e comparazione del diritto sono, invero, due momenti inscindibili di questo studio. Ricordando il detto dello storico del diritto Frederic Henry Maitland, History involves Comparison, Gino Gorla ha aggiunto che Comparison involves History. La storia è comparazione diacronica e la comparazione, che è invece sincronica, non può fare a meno della prospettiva offerta dalla storia.

Come la storia, anche la comparazione tra regole, istituti e ordinamenti muove da un punto di vista per così dire esterno ad essi. Diversamente dalla storia, o comunque più della storia, la comparazione del diritto ha di mira le soluzioni concrete, operative, che nei diversi ordinamenti risultano dalle loro regole e dai loro istituti. Detto in breve e solo come anticipazione di quanto risulterà dalla sua applicazione anche nelle lezioni che seguono, il suo metodo non è soltanto l’esposizione di norme e istituti di diversi ordi- namenti, ma soprattutto l’analisi e il confronto della loro effettiva portata.

Se è vero che il diritto non è una scienza, ma un’arte (ars boni et aequi, Dig.I.1) che fissa le regole per fare “cose”, cioè per risolvere questioni poste dai rapporti che si intrecciano nella società, sì che per comprendere l’essenza di una questione giuridica è necessario determinare l’impatto operativo della regola che si intende applicare, e se è altresì vero che, come ci insegna anche un eminente giurista americano, Oliver Wendell Holmes, the life of the law has not been logic but experience, la comparazione tra i modi in cui le diverse regole sono definite e applicate in diversi ordinamenti costituisce un momen- to fondamentale per la loro comprensione, per la più giusta loro interpretazio- ne e più coerente ed efficace loro applicazione in ognuno di tali ordinamenti. Comparando le regole dei diversi ordinamenti si può mettere in luce in che modo regole diverse vengano impiegate per giungere ad analoghe soluzioni ovvero, à rebours, come regole analoghe arrivino invece a soluzioni diverse. Per questo obiettivo la comparazione è un metodo indispensabile. Attraverso il confronto delle soluzioni nei diversi ordinamenti si può mettere in luce come le regole che in questi ordinamenti sono impiegate per tali soluzioni possano essere diverse o diversamente operare e comunque quale sia il loro diverso fondamento.

Se ad esempio vogliamo comprendere il trust negli ordinamenti (ovvero jurisdictions) della common law anglo americana, occorre non solo risalire alla origine storica di questo istituto, ma anche alla sua collocazione e alle sue funzioni nel contesto della nozione di proprietà, contratto e persona giuridica di quegli ordinamenti in confronto a quelle del nostro e degli altri

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ordinamenti della civil law continentale.

In Italia questo metodo di studio comparatistico ha avuto importanti sviluppi per le caratteristiche del nostro ordinamento giuridico, che da centro dell’elaborazione dello ius commune nel Medioevo e nel Rinascimento è stato, dall’unificazione del Paese in poi, largamente influenzato prima dal codice civile francese e successivamente dalla dottrina tedesca ed ha ora un contatto più intenso con la common law degli Stati Uniti e, quindi, si è sempre confrontato con diversi ordinamenti.

In questo contesto studiosi italiani hanno elaborato la nozione di comparazione giuridica come metodo “fattuale” o problematico, che pone a confronto non (solo) le regole formali ma soprattutto la loro effettiva portata operativa nella soluzione delle questioni.

È il metodo che Gino Gorla sperimentò nei Cornell Seminars sulla for- mazione dei contratti diretti da Rudolph B. Schlesinger nel 1963 e utilizzò nella fondamentale sua opera sul Contratto, mentre anche nelle successive sue ricerche sulle radici dello ius commune condotte con un metodo storico comparativo non mancò di rilevare che la comparazione permette di avere un quadro anche delle fonti non formali del diritto, di quegli elementi defi- niti paragiuridici che affiancano il diritto e ne spiegano il senso.

Rodolfo Sacco, poi, ha affermato essere la comparazione giuridica una vera e propria scienza che ha ad oggetto l’accertamento delle differenze e concordanze dei modelli giuridici presenti in diversi ordinamenti senza fermarsi alle loro fonti formali, ma prendendo in considerazione tutti i loro “formanti”, anche quelli non esplicitati ma presupposti (i c.d. crittotipi). In particolare la seconda delle c.d. Tesi di Trento (dal nome dell’Università dove, sempre per ispirazione di Rodolfo Sacco, le Tesi sono state enunciate quale guida per il corretto uso della comparazione giuridica), proclama che «la comparazione rivolge la sua attenzione ai vari fenomeni giuridici con- cretamente realizzati nel passato o nel presente, secondo il criterio per cui si considera reale ciò che è concretamente accaduto». Si introduce però una distinzione tra metodo e scienza della comparazione giuridica, quest’ultima avente quale scopo la oggettiva e neutrale misurazione delle differenze esi- stenti tra diversi modelli giuridici, per contribuire alla loro conoscenza.

La distinzione tra metodo e scienza della comparazione giuridica e la individuazione dello scopo di questa come scientificamente neutrale, tuttavia, lascia fuori la ulteriore vera finalità della comparazione, che è quella non solo di misurare differenze, ma altresì e soprattutto, di giungere attraverso questa misurazione alla comprensione delle modalità con cui istituti e regole di diversi ordinamenti esprimono valori e principi propri ad

ognuno di essi. Nell’ansia di attribuire scientificità alla propria indagine si finisce così, paradossalmente, per lasciarne nell’ombra proprio l’aspetto più interessante: i non dits, quel contesto che colma la distance qui separe la règle de la solution (così Charles Mouly).

La comparazione è, invero, lo strumento per l’attuazione del pensiero problematico o topico, cioè per vedere tutto il diritto, anche nei suoi valori e principi, sotto la specie di questioni da risolvere. Con la comparazione viene alla luce quel che Josef Esser ci ha insegnato, cioè che non soltanto la regola, ma anche il concetto giuridico è pre-qualificato attraverso giudizi di interessi, sicché l’assunzione apparentemente logica è un reintegrarsi di un giudizio di interessi che era incluso in nuce nel concetto giuridico e che, quindi, anche concetti di mera tecnica giuridica, ricevono il loro significato dalla questione della giustizia.

Con la comparazione viene alla luce, altresì, il senso delle metafore che continuamente usiamo per descrivere il fenomeno del diritto. La propensione umana alla metafora, ovvero all’analogia, produce quei concetti che sono razionalità immaginativa essenziale per creare il vocabolario delle istituzioni ovvero le sue categorie o paradigmi. Nel diritto, che non ha o per lo meno non dovrebbe avere la pretesa di essere scienza e neppure il fine di proclamare verità assolute, la verità è, invero, un esercito di metafore (Friedrich Nietzsche). Si pensi, ad esempio alla nozione di persona giuridica come metafora di qualcosa cui attribuire la capacità di essere centro di imputazione di situazioni soggettive e all’uso e abuso che di essa si è fatto (ad esempio per consentire la singolare costruzione di società socie di altre società e quindi del c.d. gruppo di società). Per comprendere la natura e i limiti della persona giuridica, perché non si trasformi in una sorta di “omone” o di Frankenstein’s monster (come obiettò il giudice Louis Brandeis in una celebre dissenting opinion), è senza dubbio necessaria la comparazione della sua definizione e del suo uso nei diversi ordinamenti.

In definitiva, la comparazione è in effetti un indispensabile metodo di studio e analisi della realtà del diritto della vita sociale di diversi paesi. Il suo significato resta quello che, oltre a Gino Gorla, ci ha indicato un altro grande studioso, Tullio Ascarelli. Secondo quest’ultimo, la comparazione integra in modo essenziale l’interpretazione delle norme che nel suo costante rinnovarsi è la fonte concreta del diritto. Nelle parole del primo, la comparazione è uno strumento, non di conoscenza pura, ma di comunicazione che consente di intendere le connessioni dei principi, le regole del diritto e i problemi da risolvere. La comparazione è strumento del legal process, la ininterrotta e funzionale attività con cui il diritto cerca di risolvere i problemi della vita sociale, chiarendone i valori e i principi su cui è fondato.

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3. Il diritto privato diritto dei privati

Uno studio comparato del diritto privato nell’esperienza degli ordinamenti contemporanei della tradizione giuridica occidentale muove, dunque, necessariamente dal richiamo della sua storia fondante, l’invenzione dello ius e in particolare dello ius civile, e dei caratteri che, nel corso di questa storia, ha assunto.

Si è già ricordato come il diritto privato (lo ius quod ad singulorum utilitatem spectat) sia il cuore della nozione di diritto, dello ius che è il lascito dell’esperienza dell’antica Roma. Alla civiltà romana dobbiamo, invero, la nascita del diritto come forma specifica di regolazione dei rapporti sociali, dotata di una propria razionalità e capacità di sviluppo come un organismo non solo nei rapporti tra i cittadini e il potere, ma anche dei rapporti tra i cittadini nella loro vita quotidiana. L’aver concepito e sviluppato regole per risolvere le questioni che sorgono nei rapporti tra i cives, distinte e autonome rispetto alle regole della morale, della religione, della politica, della famiglia, delle consuetudini sociali è l’aspetto più originale dello ius. Regole che in senso molto ampio possiamo definire giuridiche si trovano in tutte le grandi formazioni politiche della storia come regole per l’appunto dei poteri ed istituzioni pubbliche. Solo nell’antica Roma si costruì invece un edificio di regole autonome per i rapporti dei privati. Si definì la ripartizione dell’ordinamento dei privati in “personae, res, actiones” e si formarono quelli che Rodolfo Sacco definisce i mattoni del diritto: proprietà, contratto, famiglia, successioni, delitto, autorità del potere, procedure, il giudice. Nozioni fin dalle Institutiones di Gaio divenute paradigmatiche e connaturali ad ogni ordinamento della tradizione giuridica occidentale.

Così inteso il diritto privato è stato ed è tuttora elaborato ed applicato per il tramite di una classe di persone, i giuristi, professionalmente preparati nello studio del diritto ed esclusivi attori della sua interpretazione e applicazione. Lo stesso studio del diritto è studio di un corpo complessivo di istituti e regole in continua evoluzione ed in rapporto dialettico con la sua applicazione.

Questi caratteri dello ius hanno costituito il fondamento della Western Legal Tradition (così magistralmente ricostruita nelle opere di Harold J. Berman) e hanno trovato nel successivo sviluppo del diritto privato nelle diverse espressioni di ius commune nel continente e common law in Inghilterra, diritto canonico e diritto commerciale (lex mercatoria) la loro più nitida espressione.

come da essi svolta e, quindi, formalizzata dai giuristi che professionalmente operano per assisterli nei loro rapporti. Il diritto privato nella storia del mondo occidentale “non è stato mai mancipio dello Stato” (così si espresse, un grande giurista italiano, Filippo Vassalli, che pure fu uno dei compilatori del Codice Civile del 1942).

Si intende con ciò sottolineare che, come appresso si ricorderà, anche quando nella nostra epoca del diritto legislativo e delle grandi codificazioni, dell’intervento sempre più penetrante di leggi anche in materie privatistiche e del sovrapporsi ed intersecarsi di discipline di diversa natura (diritto civile, commerciale, amministrativo, penale), il diritto privato risulta regolato da autorità esterne ai privati, la sua autonomia rispetto al potere pubblico è comunque riconosciuta e salvaguardata, mirando la eventuale regolamentazione eteronoma solo a fissarne i limiti di compatibilità con i principi fondamentali dell’ordinamento. Il diritto privato, in sostanza, è sempre stato diritto dei privati.

L’esempio più significativo è storicamente quello delle codificazioni del diritto civile e del diritto commerciale, che per realizzare la finalità politica dell’unità ed esclusività dell’ordinamento pretesero e pretendono di racco- gliere in testi legislativi anche le forme e i contenuti dell’esperienza del diritto dei privati, ma comunque continuarono e continuano a riconoscere il ruolo dell’autonomia privata nella formazione di nuove regole (cfr. art. 1322 c.c.).

4. La comparazione nelle vicende storiche del diritto privato

Sulla base di questa necessaria premessa veniamo ora al tema centrale di questo studio: qual è stato nella storia e qual è oggi il ruolo della comparazione nella formazione, interpretazione e applicazione del diritto privato della tradizione giuridica occidentale.

Anticipo la conclusione: proprio l’autonomia riconosciuta ai privati, la circostanza che il diritto privato sia in realtà diritto dei privati, ha condotto e conduce nella sua evoluzione ad un intenso e diffuso scambio e integrazione di esperienze tra i diversi ordinamenti e, quindi, ad un intenso e diffuso uso della comparazione tra di esse e ad un confronto con i principi generali cui sono ispirate.

Nelle diverse epoche storiche ciò è avvenuto in modi diversi.

Quando a partire dal sec. XI è nata una civiltà europea, che si sviluppa- va nei Regni e potentati feudali, ma anche nei Comuni e nelle altre entità territoriali e corporative autonome nell’ambito dell’autorità ideale e poli-

Comparazione e diritto privato nella tradizione giuridica occidentale

tica del Papato di Roma e dell’Imperium, ovvero il Sacro Impero Romano Germanico, è nata anche, con la riscoperta del diritto romano nel Corpus Iuris Civilis, una tradizione giuridica, basata su uno ius commune formato attraverso la lettura e l’interpretazione del Corpus Iuris, sul diritto canonico e sul diritto dei mercanti (la lex mercatoria), che esprimeva il senso di una unità fondamentale di diversi ordinamenti, non chiusi in confini di Stati, ma arti- colati in molteplici status personali con riferimento ai diversi territori ed enti. In questa epoca l’Imperium e il Papato cementano il comune sentire che l’esperienza giuridica è unitaria e che alla sua base è lo ius commune, il diritto romano riletto e rielaborato dai dottori delle Università. Anche laddove, al di là della Manica, si elabora la common law del Regno, viene mantenuta una affinità culturale con l’esperienza continentale pur nella autonoma impostazione ed elaborazione giurisprudenziale delle proprie regole Non va dimenticato che in questo periodo nasce lo stesso termine “diritto” (dal latino medievale directum) e si elabora la distinzione tra diritto in senso soggettivo e diritto in senso oggettivo, quest’ultima peraltro estranea al linguaggio della common law (che invece lega al termine lex la nozione di diritto). Si può arrivare a concepire che, diversamente dal diritto romano, il ruolo del diritto soggettivo nella costruzione e interpretazione dei rapporti giuridici sia prevalente rispetto a quello dell’azione (actio). Anche in questo caso, tuttavia, la common law rimase estranea a questa evoluzione e la nozione di diritto soggettivo (right) rimase subordinata a quella delle azioni o, più ampiamente, remedies.

La comparazione tra il diritto privato come diritto comune nei diversi ordinamenti assume allora un carattere particolare in quanto comparazione nel contesto di fonti normative assai diverse che concorrono all’interno di ognuno di essi. William Blackstone nei Commentaries on the Laws of England (1765) indica che nell’Inghilterra del suo tempo erano in vigore le seguenti normative: natural law, divine law, the law of nations, the English common law, local customary law, Roman law, ecclesiastical law, the law merchant, statutory law and equity.

La comparazione contribuisce così a mantenere l’autonomia del diritto privato e l’unitarietà della sua interpretazione nel contesto di ordinamenti in cui sono presenti queste fonti assai diverse.

Esemplari in merito le ricerche sullo ius commune che Gino Gorla col- tivò nell’ultimo periodo dei suoi studi, ci mostrano come ancora nel ’700 e fino all’avvento delle codificazioni e del diritto legislativo, nel Granducato di Toscana le sentenze della Rota fiorentina si fondavano anche sul richiamo di decisioni di altre corti di giustizia europee ovvero di opinioni di giuristi di altri paesi europei, ovviamente sempre con riferimento alla comune tradizione.

A partire dal XVI secolo, tuttavia, con le grandi scoperte e l’espansione mondiale dei traffici, l’invenzione della stampa, lo sviluppo delle armi da fuoco, lo studio scientifico della natura, si sviluppò in Europa una nuova società. La Riforma protestante spezzò l’unità religiosa e, successivamente, la pace di Westfalia (1648) ratificò l’affermazione definitiva degli Stati nazionali dopo la guerra dei Trent’anni. Nella cultura la rilevanza del pensiero scientifico impose il razionalismo cartesiano che affermava il legame del diritto con la natura dell’essere umano in quanto animale dotato di ragione. Il diritto romano non era allora più il diritto tout court, ma solo una ancorché indispensabile eredità storica.

Il magistrato giansenista Jean Domat nella sua opera Les loix civiles dans leur ordre naturel rilevava che «noi abbiamo in Francia quattro specie di leggi: le ordinanze e le consuetudini che sono le nostre leggi proprie, e ciò che osserviamo del diritto canonico e del diritto romano».

Con la successiva Età dei Lumi, il diritto civile trovò il suo rilievo nell’essere espressione della libertà e della dignità delle persone. La dichiarazione di indipendenza delle colonie americane e la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino della rivoluzione francese suggellarono questa nuova concezione, che si traduce in una diversa visione del diritto dei privati nell’ambito dell’ordinamento.

Nella presentazione del Progetto di Codice Civile del 1795 Cambacérès dichiarava: «Tre cose sono necessarie e bastanti all’uomo in seno alla società: essere padrone della propria persona; possedere beni per soddisfare propri bisogni; poter disporre, ai fini del suo massimo interesse, della propria persona e dei propri beni. Tutti i diritti civili si riducono pertanto ai diritti di libertà, di proprietà e di stipulare contratti». I fondamentali istituti del diritto privato sono considerati nella loro valenza costituzionale nel nuovo regime rivoluzionario.

Nell’Europa continentale con l’avvento del regime napoleonico (Napoleone, figlio della rivoluzione, ne impose i principi in modo autoritario nell’illusione che ciò ne garantisse l’intangibilità), il diritto civile venne collocato in un contesto diverso, anch’esso dettato dalle idee illuministiche, che fanno delle leggi dello Stato l’unica fonte del diritto e dello Stato l’unico suo garante (Staatsrecht).

Il code civil des Français del 1804, diffuso in Europa da Napoleone