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Differenziazione dei terzi e partecipazione al procedimento

Sempre con riferimento alla differenziazione, occorre chiedersi se la partecipazione dei terzi al procedimento amministrativo possa valere quale criterio di differenziazione.

Ci si riferisce qui alla partecipazione al procedimento amministrativo ai sensi dell’art. 9 della legge n. 241 del 1990 che, come noto, dà la possibilità di entrare a far parte del procedimento anche ai soggetti terzi titolari di interessi di mero fatto, nonché ai portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni e comitati. Ci si chiede, in particolare, se tali soggetti terzi, nel momento in cui partecipano al procedimento amministrativo, facendo valere l’interesse di cui hanno assunto la titolarità e di cui lamentano un pregiudizio, possano per ciò stesso ritenersi anche legittimati a ricorrere in sede giurisdizionale per la tutela del medesimo interesse eventualmente leso dal provvedimento finale.

La questione non è nuova, essendo stata dibattuta in dottrina e anche in giurisprudenza, ove ha dato luogo, soprattutto in passato, all’emergere di opposti orientamenti.

In particolare, una parte della dottrina negava la rilevanza della partecipazione procedimentale ai fini della legittimazione a ricorrere dinnanzi al giudice amministrativo396; al contrario, dalla parte opposta si

collocano coloro che ammettevano un’influenza della prima sulla seconda, nel senso che chi interviene nel procedimento acquisterebbe per ciò solo la legittimazione processuale, sicché le parti del procedimento diventano automaticamente “idonee parti” del processo397.

396 Fra i sostenitori della prima tesi si vedano, soprattutto, R. Villata, Riflessioni in tema di partecipazione al procedimento e legittimazione processuale, cit. 78 ss.; L. Maruotti, La tutela degli interessi diffusi e degli interessi collettivi in sede di giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo: questioni di giurisdizione e selezione dei soggetti legittimati all’impugnazione, in Dir. proc. Amm., 1992, 222 ss.; M.C. Romano, Intervento nel procedimento, cit., 370 ss.; Ramajoli, L’intervento nel procedimento, cit. 607 ss.

397 Occorre osservare come il tema del rapporto fra procedimento amministrativo e processo sia stato originariamente affrontato già da M. Nigro, Procedimento

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Anche nella dottrina più recente la tesi della continuità tra procedimento e processo è stata oggetto di un ampio dibattito: secondo l’opinione attualmente dominante non sussisterebbe una diretta corrispondenza tra legittimazione a partecipare al procedimento e legittimazione a ricorrere nel giudizio amministrativo398.

Con particolare riferimento ai terzi, è stato più volte chiarito nelle pagine precedenti che i terzi che intervengono ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, sono titolari di interessi qualificati e differenziati399, mentre

coloro che intervengono volontariamente, ai sensi dell’art. 9 della stessa legge, possono anche essere titolari di interessi di mero fatto, che potrebbero essere pregiudicati dal provvedimento400. Quest’ultimo articolo è

amministrativo e tutela giurisdizionale contro la pubblica amministrazione (il problema di una legge generale sul procedimento amministrativo), in Riv. Dir. proc. , 1980, 255 ss., il quale ricostruiva i rapporti tra procedimento e processo in termini di complementarietà e integrazione; P. Duret, Partecipazione procedimentale e legittimazione processuale, Torino, 1996, 210 ss., il quale, peraltro, ravvisa un certo legame fra legittimazione processuale e procedimentale, nella misura in cui quest’ultima sia attiva, pertinente con l’oggetto del procedimento ed effettiva, in quanto capace di influenzare gli esiti del provvedimento finale e di far emergere l’interesse giuridicamente rilevante tutelabile anche in sede giurisdizionale mediante l’impugnazione del provvedimento; S. Cognetti, Quantità e qualità della partecipazione. Tutela procedimentale e legittimazione processuale, Milano, 2000, 44 ss., il quale rileva come proprio dalla partecipazione al procedimento derivi proprio la natura di interesse sostanziale di cui è titolare il soggetto partecipante, che viene così legittimato a ricorrere contro il provvedimento finale eventualmente lesivo di tale interesse; C. Cudia, Gli interessi plurisoggettivi tra diritto e processo amministrativo, cit. 233 ss.

398 M.C. Romano, Intervento nel procedimento, cit. 370 ss.; S. Rodriquez, Accesso agli atti, partecipazione e giustizia: i tre volti della Convenzione di Aarhus nell’ordinamento italiano, cit., 97 ss.; F. Cortese, La partecipazione procedimentale e la legittimazione processuale in materia ambientale, cit., 496 ss.

In particolare, v. R. Villata, Riflessioni in tema di partecipazione al procedimento, cit., 180 ss., laddove spiega che chi interviene nel procedimento senza essere titolare di particolari relazioni con il bene, da quella partecipazione non vede mutata la sua relazione con quel bene e quindi non può ricavare una legittimazione processuale per contestare le scelte dell’amministrazione in ordine alla disciplina finale del bene stesso. In senso analogo, V. Cerulli Irelli, Lineamenti di diritto amministrativo, cit., 330 ss., per il quale non è garantita la corrispondenza tra l’interesse ammesso dalla partecipazione procedimentale e l’interesse che legittima all’impugnazione del provvedimento, una volta definito il procedimento”. 399 M. Occhiena, Situazioni giuridiche soggettive e procedimento amministrativo, Milano, 2002, 390 ss.

400 G.D. Falcon, Lezioni di diritto amministrativo, cit., 85 ss.; G. Pericu, I procedimenti di massa, in F. Trimarchi (a cura di), Il procedimento amministrativo tra riforme legislative e trasformazioni dell’amministrazione. Atti del convegno Messina-Taormina, 25-26 febbraio 1988, Milano, 1990, 100 ss.

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considerato come una norma residuale, che comprende interessi eterogenei, accomunati dal solo fatto di poter subire un pregiudizio dal provvedimento finale. Se si accede a questa prospettiva, nel senso che anche gli interessi semplici di soggetti terzi possono entrare nel procedimento, allora si pone il problema se la partecipazione procedimentale possa “giuridicizzare” gli interessi di fatto ai fini della legittimazione processuale. Al riguardo, parte della dottrina sottolinea come la scelta di giuridicizzare un interesse semplice non possa essere affidata al suo titolare. La partecipazione può contribuire ad accrescere la visibilità di un determinato interesse, ma non pare sufficiente a individualizzarlo e a renderlo, quindi, azionabile. Si può, infatti, essere legittimati a partecipare, ma non anche a impugnare il provvedimento finale, proprio perché titolari di interessi semplici pregiudicati dal provvedimento, ma non sufficienti ad attivare una tutela giurisdizionale. Si pensi, ad esempio, alla posizione dei terzi di fronte a un’autorizzazione edilizia: questi possono intervenire, facendo valere il loro interesse (di fatto) alla bella vista, magari pregiudicato dalla nuova costruzione, ma non potrebbero impugnare il provvedimento finale, né considerarsi controinteressati in un processo proposto da altri, appunto perché privi di una posizione giuridicamente rilevante. Semmai i terzi interventori potrebbero impugnare quel provvedimento per violazione delle regole sulla partecipazione (per aver, ad. es., l’amministrazione omesso di dare una motivazione specifica in ordine alle osservazioni dagli stessi presentate), ma non potrebbero impugnare quello stesso provvedimento per violazione del diritto alla bella vista, che, anche in presenza di partecipazione procedimentale, resterebbe comunque un interesse di fatto401.

Tutto ciò è corroborato dall’atteggiamento della stessa giurisprudenza amministrativa, la quale, anche se sporadicamente abbia riconosciuto l’attitudine della partecipazione al procedimento a generare anche

401 Per tutti, cfr. G. Mannucci, La tutela dei terzi nel diritto amministrativo, cit., 215. L’A. sottolinea, inoltre, come la giuridicizzazione, tramite partecipazione procedimentale, determinerebbe comunque una tensione col principio di ragionevolezza: sarebbe ragionevole trattare diversamente posizioni sostanziali identiche soltanto in virtù della partecipazione più o meno fortuita al procedimento?

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legittimazione processuale402, pare ormai aver accolto l’orientamento

restrittivo, secondo cui l’intervento nel procedimento non determinerebbe

ex se la legittimazione ad impugnare in via giurisdizionale gli atti conclusivi

del procedimento403.

Tuttavia, questa problematica, se da una parte potrebbe ritenersi ormai risolta, dall’altra dovrebbe invece essere riaperta, anche alla luce dei nuovi approcci da parte del legislatore europeo, con riferimento in particolare al diritto ad un giudizio equo, imparziale e ad un ricorso effettivo (vedi rispettivamente gli articoli 6 e 13 della CEDU), nonché al diritto ad un’azione effettiva davanti ad un giudice competente (vedi l’art. 47 della Carta sui diritti fondamentali) e allo stretto legame, specie nella materia ambientale, tra tutela procedimentale e tutela processuale, previsto in generale dalla Convenzione di Aarhus404.

In particolare, si osserva che l’interesse che i terzi esprimono con la partecipazione sono interessi di natura sostanziale (si pensi all’interesse all’ambiente o alla salute) che possono subire un pregiudizio dall’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento e che mantengono la propria identità giuridica anche all’esito del provvedimento finale, nei cui

402 Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5760; Tar Puglia Bari, sez. III, 25 febbraio 2008, n. 324 e, da ultimo, anche Tar Friuli-Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 11 marzo 2016, n. 77. 403 Di recente, in tal senso, Cons. Stato, sez. III, 22 gennaio 2018, n. 394, che, in conformità ai precedenti, afferma che: “La legittimazione a ricorrere non discende automaticamente dalla partecipazione procedimentale, poiché quest’ultima può trovare piena giustificazione in una finalità collaborativa, che non presuppone necessariamente la titolarità di una posizione giuridica qualificata e differenziata, che è invece requisito necessario per riconoscere a chi agisce la legittimazione processuale”; analogamente, Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3824; Cons. Stato, sez. VI, 25 giugno 2008, n. 3234.

404 La stessa Corte di Giustizia UE richiama la Convenzione di Aarhus e l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE al fine di riconoscere una diretta corrispondenza tra la qualità di parte di un procedimento amministrativo e la successiva possibilità di proporre ricorso giurisdizionale: cfr. Corte Giust. UE, Grande Sez., 8 novembre 2016, , causa C- 243/15, LesoochranàskezoskupenieVlk c. ObvodnyùradTrencin; per la dottrina v. G. Bevilacqua, Partecipazione ai processi decisionali e accesso alla giustizia delle associazioni ambientali a tutela degli habitat naturali di importanza europea, in Dir. umani e dir. int. , 2017, 498 ss.; M.C. Romano, L’azione amministrativa, op. cit., 271. L’A. precisa che, a partire dal Trattato di Lisbona, la partecipazione diviene gradualmente una regola procedurale di svolgimento dell’azione amministrativa, anche a livello dell’Unione, , con la conseguenza di qualificare in termini differenti il rapporto tra cittadino europeo e istituzioni comunitarie, fornendo effettiva tutela alle situazioni individuali pregiudicate dallo svolgimento della funzione amministrativa.

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confronti i medesimi interessi si “qualificano” e possono trovare tutela dinnanzi al giudice amministrativo405.

Inoltre, una partecipazione dei terzi al procedimento amministrativo, che sia attiva e influente, si riflette inevitabilmente sulla struttura e sulla legittimità del provvedimento, determinandone anche l’eventuale impugnabilità in sede giurisdizionale. Pertanto, sarà la qualità della partecipazione (attiva, influente, pertinente con l’oggetto del procedimento ed effettiva in quanto capace di influenzare gli esiti del provvedimento finale) ad attribuire ai terzi qualità di ricorrenti (in quanto legittimati a ricorrere)406.

Ben si potrebbe allora sostenere che dalla partecipazione “effettiva e pertinente” al procedimento può scaturire, in capo ai terzi che intervengono ai sensi dell’art. 9 della legge n. 241 del 1990, una posizione legittimante al ricorso davanti al giudice amministrativo e la cui funzione tutoria si esprime proprio nella protezione del medesimo interesse di natura sostanziale, portato all’interno del procedimento dai terzi intervenienti, e la cui esistenza, ai fini della legittimazione processuale, si radica nella sussistenza di un’eventuale e pretesa lesione da parte del provvedimento conclusivo del procedimento407.

405 P. Duret, Partecipazione procedimentale e legittimazione processuale, cit., 225, il quale pone l’accento sul pregiudizio come elemento che lega la partecipazione procedimentale e l’accesso alle vie giurisdizionali dei soggetti che intervengono nel procedimento, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 241/1990. Lo stesso A. sottolinea come la qualificazione giuridica dell’interesse sostanziale ai fini della sua azionabilità in giudizio debba effettuarsi non solo sulla base delle norme che espressamente attribuiscono il potere, ma […] anche in considerazione della tutela complessiva che l’ordinamento attribuisca a quell’interesse. 406 Cfr. P. Duret, Partecipazione procedimentale e legittimazione processuale, op. cit., 210 ss., il quale ritiene che la posizione dei soggetti che intervengono ai sensi dell’art. 9 della legge n. 241/1990 diviene qualificata non a seguito della mera partecipazione procedimentale, ma solo come conseguenza di una partecipazione effettiva, che sia il frutto dell’esercizio delle facoltà d’intervento al procedimento attraverso le modalità specificate dai successivi artt. 10 e 11.

407 Proprio la pretesa lesione che dal provvedimento finale può derivare all’interesse sostanziale, già emerso in sede procedimentale con l’intervento ex. art. 9 della legge n. 241 del 1990 costituisce quell’ulteriore elemento che connota nel concreto l’accesso degli stessi soggetti nel processo, differenziandone in parte i presupposti rispetto all’accesso procedimentale. Cfr. Sul punto F. Cortese, La partecipazione procedimentale e la legittimazione processuale in materia ambientale, 2010, 500 ss. Vedi anche S. Cognetti, Quantità e qualità della partecipazione. Tutela procedimentale e legittimazione

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L’affermazione della titolarità dell’interesse, da parte dei terzi ricorrenti, e della sussistenza di una pretesa lesione di detto interesse sono comunque elementi sempre valutabili dal giudice, il quale, nello scrutinio della sussistenza delle condizioni dell’azione, non può certamente essere vincolato alla previa valutazione operata dalla pubblica amministrazione ai fini della partecipazione in sede procedimentale408.

Sulla questione se la differenziazione di un interesse individuale possa farsi dipendere dalla partecipazione procedimentale, come appare evidente, continuano a registrarsi opinioni differenti.

Resta da verificare se la stessa questione sia meno controversa, almeno con riferimento ai procedimenti in materia ambientale, nei quali la posizione di base è già qualificata e i diritti procedimentali godono di una tutela particolarmente ampia409.

L’esigenza di apertura ai privati dei procedimenti ambientali trova conferma in disposizioni che consentono il loro intervento già nella fase di elaborazione di un provvedimento e obbligano l’amministrazione a tenere

processuale, cit. 60 ss., il quale spiega come “la pertinenza dell’interesse[…] non è solo attinenza, ma anche rilevanza dell’interesse stesso riferita al cd. oggetto del procedimento”. Cfr. anche P. Duret, Partecipazione procedimentale e legittimazione processuale, op. cit., 233 ss., il quale puntualizza la pertinenza della partecipazione in relazione alle previsioni di cui all’art. 10 della legge generale sul procedimento, che circoscrive l’obbligo per l’amministrazione di valutare memorie scritte e documenti presentati dai soggetti che partecipano al procedimento nell’ipotesi in cui gli stessi siano pertinenti all’oggetto del procedimento.

408 Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2001, n. 1683. Per la dottrina v. C. Cudia, Gli interessi plurisoggettivi tra diritto e processo amministrativo, cit. 230 ss.

409 La disciplina procedimentale in materia ambientale, infatti, si caratterizza per un elevato grado di coinvolgimento dei privati. Oggi il principale documento internazionale in materia di partecipazione dei privati ai procedimenti ambientali è la Convenzione di Aarhu, firmata il 25 giugno in Danimarca e ratificata dall’Italia con legge 16 marzo 2001, n. 108. Per un approfondimento cfr. E. Pelosi, A. Versolato, La partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale, in Riv. Giur. amb., 2007, 1000 ss.; S. Stes, S. Casey-Lefkowits, J. Jendroska, The Aahrus Convention: an implementation guide, New York-Geneve, United Nations, 2000; M. Cocconi, La partecipazione all’attività amministrativa generale, Padova, 2010, 92 ss.; M.C. Romano, L’intervento nel procedimento. La legittimazione procedimentale dei portatori di interessi diffusi, Torino, 2016; G. Sciullo, Pianificazione amministrazione e partecipazione, I, I procedimenti, Milano, 1984; S. Fantini, La partecipazione al procedimento e le pretese partecipative, in B. Cavallo (a cura di), Il procedimento amministrativo tra semplificazione partecipata e pubblica trasparenza, Torino, 2001, 85;

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in considerazione le osservazioni presentate e a motivare le ragioni per le quali abbia inteso discostarsene.

Si avrà occasione di analizzare le disposizioni del Codice dell’ambiente, che prevedono che l’amministrazione dia notizia delle proposte per l’elaborazione di piani e programmi tramite web e che i privati possano presentare le proprie osservazioni e pareri in forma scritta; l’amministrazione, non solo deve tenere adeguatamente conto di tali osservazioni, ma, al momento dell’adozione del piano, deve anche esporre le considerazioni che sono state poste a base della decisione410.

Parimenti rilevante è la previsione, in materia di valutazione di impatto ambientale, anch’essa oggetto di esame nelle pagine successive, che consente all’amministrazione di disporre un’inchiesta pubblica411.

In tutti i casi esaminati è stato messo in evidenza come i terzi che intervengono nel procedimento lamentino il pregiudizio che l’opera assentita dall’amministrazione possa arrecare al proprio diritto alla salute. Trattasi evidentemente di una posizione qualificata, ma non differenziata (in quanto il legislatore non individua ex ante color che potrebbero agire per la tutela di tale diritto costituzionalmente rilevante e ciò proprio allo scopo di consentire un’ampia partecipazione dei terzi coinvolti).

Anche in tali casi i terzi che partecipano diventano titolari di un diritto procedimentale, che consiste nel pretendere che l’amministrazione tenga nella dovuta considerazione le loro osservazioni; potranno, pertanto, lamentare un difetto di istruttoria, ove l’amministrazione non abbia risposto alle loro osservazioni, ma non anche impugnare il provvedimento finale per

410 Cfr. commi 1-ter, quinquies e sexies dell’art. 3-sexies del Codice dell’ambiente.

411 Cfr. l’art. 24 del Codice dell’ambiente, che, al comma 9, prevede il coinvolgimento del pubblico anche quando l’amministrazione non effettui l’inchiesta pubblica, stabilendo che il richiedente può essere chiamato ad un sintetico contraddittorio con i soggetti che hanno presentato pareri e osservazioni. Cfr., in particolare, L. Casini, L’inchiesta pubblica. Analisi comparata, in Riv. trim. dir. pubbl., 2007, 42 ss.; S. Casses, La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche, cit., 17 ss.

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presunta lesione del bene salute e ciò in quanto, pur qualificato, il relativo diritto resta indifferenziato412.

Parte della dottrina ritiene, comunque, che, nel caso della materia ambientale e, in particolare, nel caso di impianti potenzialmente pericolosi, vista la rilevanza del diritto alla salute, occorrerebbe poter differenziare tale interesse; qualora, infatti, il singolo sia in grado di dimostrare (per esempio, utilizzando meccanismi di rilevazione adeguati) la sua esposizione a quella fonte di pericolo, la sua posizione dovrebbe ritenersi differenziata appunto perché intaccata dall’illegittimo esercizio del potere. In tali casi, il contatto materiale, che coincide con l’inizio dell’illegittima interferenza, segnerebbe il limite massimo di anticipazione della tutela. Entro questi limiti, si può ipotizzare l’attivazione di una tutela di tipo inibitorio. Nell’esempio avanzato, l’azionabilità della posizione dei terzi coincide con il primo contatto con la res dannosa: trattandosi di un danno in fieri, i terzi possono domandare al giudice amministrativo l’inibizione dell’attività illegittima. È proprio nel settore della tutela della salute e dell’ambiente, del resto, che la giurisprudenza ha tentato con maggior frequenza di legittimare in via atipica una azione inibitoria, anche laddove fosse coinvolta una pubblica amministrazione413.

La possibilità di ipotizzare una simile tutela non è affatto estranea all’ordinamento. Si vedrà nelle pagine successive come proprio la particolare rilevanza del bene salute abbia fatto emergere, nella normativa di settore, anche internazionale, il principio di precauzione, che consentirebbe ai terzi interessati di ricorrere contro l’amministrazione che non abbia adottato le misure di prevenzione e messa in sicurezza previste dal codice dell’ambiente, al fine di gestire l’esistenza di rischi per la salute e per l’ambiente414.

412 La giurisprudenza ritiene, infatti, che neanche in materia ambientale la partecipazione procedimentale implichi ex se la legittimazione processuale: Corte Giust., sez. II, 15 ottobre 2009, C-263/08.

Vedi anche F. Cassese, La partecipazione procedimentale, in Giorn. dir. amm., 2010, 492 ss. 413 Per tutti v. G. Mannucci, La tutela dei terzi nel diritto amministrativo, op. cit., 327 ss. 414 Il principio di precauzione mira a conformare l’azione del legislatore e dei pubblici poteri, per evitare il prodursi di danni che potrebbero verificarsi a scapito di beni

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7. Accesso alla giustizia secondo la Convenzione di