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Fin dal Medioevo la Sicilia ha rappresentato una delle mete maggiormente ambite dagli Ordini religiosi ai fini della radicazione del fenomeno monastico. La vastità e la rilevanza che tale contesto presentava giocarono senza ombra di dubbio un ruolo di primissimo piano nel processo di diffusione dei canoni e delle ideologie di cui i monaci si facevano promotori e che trovarono nell’Isola terreno fertile.

Per secoli il territorio siciliano fu meta di numerose invasioni che crearono una vera e propria “identità” culturale a partire dall’arrivo dei Greci, degli Arabi1 e poi dei Normanno-Svevi, degli

Aragonesi etc. Tali avvenimenti posero la Sicilia al centro del Mediterraneo e, soprattutto, contribuirono a diffondere usi, costumi e tradizioni differenti, in parte presenti ancora al giorno d’oggi. Differenze sostanziali si possono cogliere, ad esempio, tra la parte orientale dell’Isola e quella occidentale, ma anche tra i tre Valli in cui fu frazionata dagli Arabi, ossia il Val di Mazara, il Valdemone e il Val di Noto. Il contesto siciliano ha quindi numerose peculiarità che creano un panorama eterogeneo e particolareggiato a seconda dell’area che si prende in considerazione, fermo restando che molti sono anche i punti di contatto.

Per comprendere a fondo ciò che ha contribuito alla diffusione degli Ordini religiosi è necessario fare riferimento a diverse componenti: innanzitutto quella storica, che va associata a quella geografica; successivamente bisogna considerare il contesto sociale, politico e culturale. Si tratta infatti di elementi che consentono di capire non solo le modalità di affermazione degli Ordini in Sicilia, ma soprattutto i rapporti che si andarono via via instaurando al loro interno e con l’intero sistema politico ed ecclesiastico.

Partendo dall’assetto storico, l’attenzione va focalizzata su tutto il periodo medievale, con particolare attenzione ai secoli XI-XIII, che si rivelarono abbastanza prosperi per quanto concerne l’affermazione degli Ordini più importanti, alcuni dei quali stanziati in Sicilia. Ovviamente questo è solo uno dei numerosi aspetti che hanno caratterizzato il contesto storico e che hanno gettato le basi per l’emergere del fenomeno monastico non solo nell’Isola, ma in tutta la parte meridionale dell’Italia; nello stesso tempo, il susseguirsi di invasioni straniere comportò una sorta di “confronto” tra il monachesimo e le diverse culture presenti in Sicilia, al punto che i monaci si ritrovarono a dover svolgere compiti differenti e a dover affrontare molteplici problematiche.

E’ da sfatare infatti la concezione secondo cui essi si occupavano solo ed esclusivamente di religione, dal momento che, oltre al ruolo di guide spirituali, essi supportavano le masse popolari, con particolare riguardo verso i giovani e i migranti. Questo aspetto permette di comprendere la rilevanza del ruolo dei monaci per l’intero assetto sociale ed economico, con riferimento in quest’ultimo caso alla funzione dei conventi come delle vere e proprie aziende agricole in grado di incentivare l’economia del territorio in cui la struttura era localizzata.

1 La conquista araba della Sicilia ha avuto inizio intorno all’827 e si è conclusa nel 902 con l’occupazione di Taormina; nell’840 si è avuta la conquista di Taranto e nell’847 di Bari. Cfr. VIVARELLI R., Profilo di storia medievale, Milano, La Nuova Italia, 2000, p. 113.

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Tracciare un bilancio delle ripercussioni positive e negative della vita monastica in relazione al contesto storico in cui si è sviluppata è compito abbastanza arduo, poiché sono talmente numerose le componenti coinvolte che sarebbe riduttivo esaminare determinati aspetti e tralasciarne al tempo stesso degli altri; tuttavia è possibile fare delle osservazioni di massima che possano focalizzare al meglio l’attenzione sui vantaggi e le difficoltà che tale tendenza ha determinato nel corso dei secoli, mediante la formazione di Ordini monastici differenti.

Si tratta di quei punti che sintetizzano il percorso monastico e che consentono di riflettere sul rapporto che via via si andò instaurando tra il monachesimo e il periodo medievale in cui esso vide la propria fase di nascita e di forte ascesa.

L’analisi degli eventi di carattere storico non può però prescindere dal considerare le differenze ideologiche tra un Ordine e l’altro e le ripercussioni sociali che tali ideologie hanno avuto soprattutto nei confronti delle masse popolari, dal momento che l’attività dei monaci prevedeva da un lato l’adesione al canone liturgico e a ciò che il Vangelo predicava, dall’altro la concreta applicazione di tutto questo, cosa che però, in alcuni casi invece di unire i monaci nella loro attività religiosa, li divideva creando continui dissidi e malumori.

E’ chiaro quindi che la vita monastica non sempre era facile e lineare, visto spesso si creavano situazioni che portavano a contrasti sia all’interno degli stessi Ordini religiosi, sia tra un Ordine e l’altro; in altri casi invece le problematiche maggiori erano determinate dal fatto che non tutti gli uomini di Chiesa erano propensi ad entrare in contatto con le masse popolari, cercando di andare incontro alle esigenze ed alle problematiche emergenti dall’assetto sociale. A tal proposito vi erano infatti anche gli uomini di Chiesa che apparentemente si rifacevano al Vangelo, senza applicarne in realtà il dettato.

Le difficoltà maggiori che emergevano dall’assetto sociale riguardavano in particolare l’attività lavorativa, per la mancanza di un lavoro stabile che rendeva molto complesso il mantenimento di intere famiglie; la situazione era aggravata ancor di più dai fattori climatici non sempre favorevoli che, di conseguenza, non permettevano sempre di poter usufruire di ciò che la natura offriva.

La stessa osservazione vale per i monaci che, proprio per le necessità legata alla sussistenza, spesso erano costretti a doversi spostare o a reperire il cibo nelle principali aree urbane. Nel corso del periodo medievale non mancarono anche i contrasti che videro protagonisti i principali esponenti del potere temporale opposti a coloro che detenevano il potere spirituale.

Ovviamente tale situazione non fu tipica solo del Medioevo, ma in realtà sia in precedenza che nei secoli seguenti diversi furono i casi in cui le due “fazioni” vennero in contrasto principalmente per divergenze di interessi che potevano spaziare dagli aspetti di carattere ideologico a quelli relativi alla possibilità di accedere alle cariche sia ecclesiastiche che religiose.

In generale si può parlare di una sorta di evoluzione dei rapporti tra Stato e Chiesa dal momento che, sia nel periodo medievale che nell’epoca moderna, si è cercato sempre di trovare dei punti di convergenza in grado di soddisfare le esigenze di entrambe le parti e gettare le basi per condizioni di equilibrio e stabilità, soprattutto istituzionale.

Tornando al contesto prettamente monastico, si deve osservare che presentava numerose sfaccettature, basti pensare all’importanza attribuita da alcuni monaci alla vita “isolata”, che li induceva a dedicarsi principalmente alla preghiera.

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All’interno della struttura conventuale i monaci si dividevano tra di loro le mansioni da svolgere; la loro giornata era scandita da momenti di vita “comunitaria” in cui essi si riunivano e da momenti di preghiera, in cui era fondamentale “isolarsi” dal mondo e instaurare un dialogo diretto con Dio: dunque due aspetti di vita, ossia quello collettivo e quello individuale.

Ovviamente tali caratteri variavano a seconda dell’Ordine religioso e, soprattutto, a seconda del contesto in cui i monaci vivevano. In genere tre erano le linee guida che scandivano la vita monastica: lavoro, preghiera e cultura.

Ciascuna di queste tre componenti fa riferimento alle modalità con cui la vita monastica veniva svolta ed in particolare ai principali interessi che i monaci dimostravano; si tratta di tre elementi che, nonostante il carattere prettamente “individuale” di ogni Ordine religioso, erano tenuti in grande considerazione sia dagli esponenti più umili del clero, ma anche da coloro che occupavano i gradi più alti della gerarchia ecclesiastica. Era questo il motivo di fondo che determinava spesso delle divergenze di carattere ideologico e che portava in alcuni casi alla divisione tra un Ordine e l’altro, fermo restando che il principio di fondo era sempre lo stesso, ossia evitare la concorrenza tra gli Ordini religiosi al punto da distanziare le strutture monastiche l’una dall’altra.

Per un esempio concreto, è possibile fare riferimento al diverso stanziamento di alcuni degli Ordini più importanti, quali gli Agostiniani, i Benedettini, i Domenicani ed i Francescani: i primi tre si stanziavano in genere in prossimità dei centri urbani più grandi, mentre i Francescani privilegiavano le aree di margine, di periferia o in prossimità dei centri urbani di minore entità. Questo è solo uno degli aspetti che miravano a differenziare gli Ordini tra di loro, considerando anche il fatto che non tutti i monaci erano propensi allo svolgimento di un’attività volta al sostegno delle masse popolari. Focalizzando l’attenzione sull’assetto geografico, emerge che la differente localizzazione delle strutture monastiche creava esigenze e necessità diverse tra gli stessi monaci, dal momento che al problema della sussistenza si associava la necessità di dover raggiungere a volte le aree urbane principali per far si che l’attività di predicazione avvenisse nel modo più incisivo possibile.

Il clima e la conformazione del territorio giocavano un ruolo determinante: il primo, variando a seconda delle stagioni, creava delle difficoltà che portavano inevitabilmente alla necessità dell’approvvigionamento, mentre il secondo era fondamentale per la presenza o meno di attività dislocate sul territorio, attività legate principalmente al settore commerciale.

In un territorio pianeggiante, infatti, i centri urbani tendevano ad espandersi sempre più fin dal periodo medievale, allorchè all’interno dei centri principali cominciarono a crescere le opportunità economiche e si rafforzarono le attività primarie quali l’agricoltura e l’allevamento; contemporaneamente la crescita della città era testimoniata anche da un aumento demografico. Creare le condizioni affinché tutto questo si realizzasse non era affatto semplice, anche perché tale processo poteva essere ostacolato da diverse difficoltà quali malattie, carestie e pestilenze, molto diffuse nell’antichità.

Del tutto diversa era la situazione che si veniva a creare nelle zone montane, penalizzate dalla mancanza di una rete viaria adeguata o a volte del tutto assente, elemento essenziale per la mobilità e per l’intensificarsi dei flussi commerciali.

Il concetto di mobilità non si riferiva, ovviamente, solo ai laici, ma anche agli esponenti del clero e di quegli Ordini religiosi dediti alla predicazione del Vangelo in zone remote nelle quali era possibile dedicarsi ad una vita eremitica, basata sulla contemplazione, isolati dalla realtà sociale. Da qui l’importanza della preghiera e della cultura in senso lato.

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Oltre alle conoscenze in ambito religioso, i monaci, dedicandosi alla trascrizione dei testi di vario genere, approfondivano anche le loro conoscenze su aspetti e tematiche che non avevano nulla a che vedere con l’ambito spirituale, ma che destavano grande interesse soprattutto all’interno del mondo laico.

I mutamenti sociali, politici ed economici portarono ad un cambiamento all’interno del panorama culturale, con l’affermazione, in particolare, della cultura aulica, classica, che determinò una rivalutazione della lingua latina, ma anche una riscoperta di tematiche che in passato non venivano considerate abbastanza rilevanti.

Ovviamente “un rinnovamento etico - sociale della collettività, esigenza sentita in tutto il medioevo, non era possibile senza prima premettere il rinnovamento individuale. E questa fu la mira, la preoccupazione prima di tutti i fondatori degli Ordini religiosi2”. Nello stesso tempo, l’assetto sociale

presentava così numerose problematiche che spesso si venivano a creare pregiudizi; l’intento primario degli Ordini religiosi era quindi quello di contrastare le concezioni ideologiche eversive ma soprattutto “i vizi dominanti nella collettività, avarizia, simonia, bramosia di possessi terreni, sregolatezza morale, insubordinazione alle autorità costituite, ecc…3”.

Il clima di rinnovamento culturale ebbe ampia diffusione nel contesto monastico ed ecclesiastico in senso lato, ma investì inevitabilmente la vita politica, poiché numerosi furono i sovrani che diedero grande importanza alla cultura, come Federico II, sovrano del Regno di Sicilia, promotore di un clima di grande prosperità culturale dal quale trasse vantaggio l’intero Regno.

Diffondere una cultura “nuova” era elemento essenziale per contrastare e combattere in modo radicale il fenomeno dell’analfabetismo che imperversava nella società e che era presente soprattutto tra i ceti sociali inferiori; tuttavia è importante anche considerare un altro aspetto: le progressive scoperte in ambito culturale e territoriale consentirono l’individuazione via via di nuove rotte commerciali e favorirono automaticamente l’ascesa economica di alcuni territori, basti considerare la formazione delle cosiddette repubbliche marinare, ossia Genova, Pisa, Amalfi e Venezia. Si tratta di quattro poli commerciali che durante l’età medievale videro l’ incremento della loro attività alla quale si associarono due importanti innovazioni tecniche, ossia la scoperta del mulino a vento e del mulino ad acqua: “le potenziali capacità di questi due meccanismi erano già perfettamente note in epoca romana; se allora non si ritenne opportuno servirsene fu perché, in un periodo in cui si disponeva facilmente di manodopera a basso costo (schiavi), si era poco invogliati all’uso di macchine, la cui maggiore utilità era il risparmio della forza lavoro4”.

Nel periodo medievale si registrarono quindi dei cambiamenti nell’assetto lavorativo, che ebbero come protagonisti sia il settore primario, sia quello tessile, con un parallelo incremento demografico5. Il quadro appena descritto permette di comprendere la complessità del periodo medievale, durante il quale si instaurarono difficili rapporti di potere tra i vari sovrani e i ceti sociali emergenti. Non meno importante fu anche il ruolo che gli Ordini religiosi ricoprivano in relazione al contesto economico in cui la struttura conventuale si trovava, specie nei casi nei quali il convento diventava una azienda agricola a tutti gli effetti.

2 PUTIGNANI P., ADIUTO S. L., Gli ordini religiosi medioevali, Taranto, Libreria Editrice Ulderico Filippi, 1970, vol. I, p. 6.

3 PUTIGNANI P., ADIUTO S. L., Gli ordini religiosi medioevali, cit., p. 6. 4 VIVARELLI R., Profilo di storia medievale, cit., p. 137.

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Alla preghiera, individuale o collettiva, erano destinate determinate ore della giornata; molto dipendeva dalla ideologia alla quale l’Ordine stesso si rifaceva e che bisognava applicare sia mediante regole ferree da rispettare all’interno della struttura conventuale, ma dando anche un valido sostegno ai ceti subalterni. In realtà quest’ultimo aspetto è stato spesso oggetto di discussione e a volte di incomprensioni6, non solo tra gli stessi Ordini religiosi, ma soprattutto tra gli Ordini e le cariche ecclesiastiche più alte7, ossia coloro che all’interno della gerarchia ecclesiastica svolgevano un ruolo

di primo piano. Tutto nasceva da divergenze di carattere ideologico, dal momento che non tutti i monaci erano propensi a rapportarsi con il contesto sociale; in particolare le principali cariche ecclesiastiche erano spesso restie a risolvere i problemi sociali, preferendo svolgere la “vita di palazzo” mantenendosi all’interno dei canoni prettamente liturgici.

Considerando il messaggio cristiano che sostiene il valore della solidarietà tra gli uomini ed un aiuto reciproco soprattutto verso i più deboli, l’atteggiamento di alcuni esponenti del clero in età medievale potrebbe essere giudicato paradossale e non conforme alla dottrina cristiana; tuttavia bisogna anche far riferimento a quelle figure del mondo ecclesiastico che si sono prodigate per sostenere le masse popolari e risolvere i problemi che spesso dilaniavano diversi ceti sociali.

Spesso la preghiera stava alla base di una vita monastica dall’impronta prettamente spirituale e celebrativa. Il riferimento al proprio fondatore portava ciascuno degli Ordini religiosi ad approcciarsi alla preghiera in modo differente e, soprattutto, a fare riferimento a molteplici canoni come l’umiltà, il percorso esistenziale basato sulla povertà, il dialogo diretto con Dio, il riferimento alla Sacre Scritture, attraverso un’organizzazione monastica oculata dal carattere gerarchico.

Nonostante le possibili incomprensioni sul piano ideologico, il fine ultimo del monachesimo era sempre lo stesso, ossia diffondere un messaggio di speranza mirando alla salvezza eterna.

Qui entrava in gioco la capacità dei monaci di saper comunicare in modo semplice e chiaro, puntando al coinvolgimento delle masse, anche perché, date le difficoltà della vita quotidiana, era fondamentale sostenere tutti coloro che si trovavano in condizioni estremamente precarie.

Un ultimo aspetto importante da considerare riguarda la contrapposizione tra i principali Ordini religiosi e i movimenti ereticali che rappresentavano una seria minaccia per il mondo ecclesiastico, dal momento che erano promotori di ideologie fortemente eversive al punto che venne fondato il tribunale dell’Inquisizione8.

Il periodo medievale dunque fu caratterizzato da varie vicissitudini che coinvolsero sia i monaci, ma anche l’intera classe ecclesiastica ed il rapporto che quest’ultima aveva con le più importanti cariche istituzionali, con le quali vi furono fasi di alti e bassi, ossia periodi in cui Chiesa e Impero avevano una comunanza di intenti ideologici e sociali, e fasi in cui le divergenze tra potere spirituale e temporale portarono a dissidi e a riforme che caratterizzarono la storia della Chiesa9.

Nel tempo si ebbe la soppressione di numerose strutture conventuali, determinata da cause e problemi di natura diversa, come divergenze con il potere politico, tensioni tra gli Ordini e le più alte cariche ecclesiastiche, ma talvolta anche all’interno di uno stesso Ordine. Tutto ciò creava difficoltà per

6 “Nella storia del medioevo occidentale molte figure balzano fuori dal grigiore delle lotte intestine, dal groviglio degli intrighi politici e religiosi, dalla lenta evoluzione sociale dei popoli: sono figure di condottieri e di monarchi, di pontefici e di vescovi, di semplici gregari dei primi e dei secondi”, cfr. PUTIGNANI P., ADIUTO S. L., Gli ordini religiosi medioevali, cit., p. 3.

7 Sui contrasti tra gli l’Ordine dei Benedettini ed il clero secolare cfr. I Benedettini nelle valli del maceratese “Atti del II Convegno del Centro di studi storici maceratesi” (9 ottobre 1966), Ravenna, Edizioni A. Longo, 1967, p. 10.

8 VIVARELLI R., Profilo di storia medievale, cit., p. 205.

9 “In nessun’altra epoca della storia della Chiesa si era tanto parlato di riforma come nel XV secolo, ma si fece tanto poco per attuarla”, cfr. LEKAI LOUIS J., I Cistercensi – Ideali e Realtà, Certosa di Pavia, 1989, p. 137.

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l’intera comunità dei religiosi e costringeva il monaco a trovarsi un altro Ordine in cui poter continuare a svolgere il proprio percorso di fede: “con la soppressione di tanti conventi e con la nuova sistemazione del personale nelle varie comunità non poteva non sorgere una vasta problematica avente riflessi pratici nella vita stessa delle comunità religiose10”.

La soppressione dei conventi ebbe effetti negativi, legati non solo alla diminuzione del numero dei monaci, ma anche alle ripercussioni che tale situazione generò dal punto di vista economico e finanziario: “ così mentre da una parte la nuova situazione creatasi giovò per alcuni conventi dando un miglioramento economico, avendo diminuita la concorrenza tra religiosi in vari paesi o territori, dall’altra parte per diversi conventi fu proprio l’opposto a causa dei problemi soprattutto finanziari ed economici venutisi a creare con l’aumento improvviso arrecato dai religiosi provenienti dai piccoli conventi soppressi11”. L’esempio appena citato permette di comprendere come avvenimenti banali,

quali la soppressione di una struttura conventuale, potevano avere importanti ripercussioni su molteplici aspetti dell’Ordine stesso; allo stesso modo, appare degno di nota il fatto che ad esserne coinvolto era anche l’assetto economico, fondamentale per qualsiasi comunità religiosa e determinante soprattutto per quanto concerne il problema della sussistenza che i monaci dovevano affrontare in particolare nei casi di localizzazione marginale o periferica della struttura monastica. Quando si venivano a creare dissidi con gli esponenti più alti del clero, interveniva l’emanazione di bolle papali, con le quali si decretava la condanna e la diffamazione di quei monaci che dovevano essere espulsi e che, a detta del pontefice o di chi decretava la condanna, non erano più meritevoli di appartenere a quel determinato Ordine.

Le controversie che si susseguirono nel periodo medievale evidenziarono aspetti anche curiosi dal punto di vista lessicale, nel senso che si ha testimonianza, ad esempio, di calunnie abbastanza pesanti che emergevano dalle bolle o da altri documenti; uno dei riferimenti di maggiore entità riguarda la fase della soppressione innocenziana dei conventi, durante la quale furono usate frasi ed espressioni