I processi di riqualificazione e di rifunzionalizzazione di un territorio vengono realizzat i progressivamente nel corso del tempo e rispondono a priorità non solo di carattere territoriale, ma anche socio economico; in primo luogo devono mirare ad attuare processi di sviluppo, spesso tanto auspicato quanto complesso da realizzare.
Parlare di sviluppo comporta la valutazione dei diversi aspetti che potrebbero rivelarsi fondamentali in tal senso e che sono stati, soprattutto recentemente, oggetto di studio e di dibattito in ambito geografico ed anche in altri settori disciplinare: “porsi nella prospettiva delle politiche per lo sviluppo del territorio apre una serie di questioni metodologiche, filosofiche e morali tutt’altro che banali1”.
Nonostante gli studiosi abbiano più volte rimarcato il fatto che per sviluppo si intende fondamentalmente il fenomeno che porta al progresso di un territorio, con dei miglioramenti che vengono realizzati sul piano economico, sociale e territoriale, è necessario tuttavia tener conto di altri fattori che potrebbero non solo “indirizzare” tale processo, ma anche supportarlo o ostacolarlo; per tale ragione spesso, nell’analisi delle politiche, si tiene presente una vasta gamma di eventi, vicende e situazioni che spingono a considerare il fenomeno nella sua complessità, con particolare riferimento all’ambito storico e geografico. La storia e la geografia, in particolare, consentono di approfondire due aspetti: da un lato l’avvio dei processi di sviluppo e la loro progressiva evoluzione, dall’altro le loro ricadute sull’organizzazione del territorio.
Come affermano i geografi “i modi di intendere lo sviluppo di un territorio si situano tra due estremi. Da un lato possiamo riportare la metafora dello sviluppo al suo significato originario, cioè a quello che è in natura lo sviluppo degli organismi viventi, dall’altro lo possiamo pensare come un unico cammino obbligato per il genere umano2”.
E’ bene osservare che i processi di sviluppo sono fortemente influenzati dalle tendenze predominanti in una determinata epoca, sia quelle positive che negative. In passato, ad esempio, esso venne identificato con il processo di industrializzazione, dal momento che le due rivoluzioni industriali diedero l’avvio al miglioramento delle condizioni socio-economiche: “in tal senso, una politica di sviluppo assumeva i tratti di una politica di crescita industriale. Negli ultimi anni, il dibattito teorico sulla natura del concetto di sviluppo è stato particolarmente intenso, e si è aperto a molteplici interpretazioni critiche verso le tradizionali accezioni economiche e utilitaristiche. In altre parole, molti autori e organismi internazionali hanno posto in evidenza i limiti di un approccio esclusivamente economico3”. Dunque lo sviluppo non può e non deve essere considerato selettivamente in chiave economica, bensì nella sua complessità, in modo tale da valutarne gli effetti in maniera completa dalle diverse prospettive.
Certo questo tipo di analisi non è semplice, tuttavia è possibile quanto meno delineare i fattori che contribuirono allo sviluppo, in particolare in rapporto ai processi di trasformazione socio-economica che si susseguirono sul territorio siciliano, specie con la seconda rivoluzione industriale che avviò profondi cambiamenti nei sistemi produttivi attraverso i processi di industrializzazione che
1 DEMATTEIS G., LANZA C., NANO F., VANOLO A., Geografia dell’economia mondiale, Torino, UTET Università,
2010, p. 242.
2 GREINER A. L., DEMATTEIS G., LANZA C., Geografia umana – Un approccio visuale, Torino, UTET, 2016, p.
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cambiarono la facies economica della Sicilia. Si incrementò anche il turismo, prima appannaggio di una élite abbiente, con notevoli ricadute economiche.
Assai complessi dunque i processi di sviluppo, resi spesso difficili dalle politiche talvolta miopi o dalle pastoie burocratiche che ne ritardano il decollo.
Nella pianificazione dello sviluppo territoriale è necessario da parte degli organi istituzionali preposti tener conto delle potenzialità del territorio, dell’eventuale presenza di attività economiche già ben consolidate che potrebbero rappresentare un valido supporto alle politiche stesse, ma anche delle eventuali problematiche ereditate dal passato e delle prospettive future di sviluppo.
In tal senso il territorio siciliano ha delle ottime potenzialità che, tuttavia, non vengono sfruttate in modo coerente ed adeguato; ci sarebbero infatti i presupposti per incentivare i processi economici, ma le problematiche di carattere politico-istituzionale contribuiscono ad ostacolare tutti quei processi che potrebbero contribuire allo sviluppo del territorio.
In passato il perno dell’economia siciliana era costituito dall’attività agricola, praticata sia nelle aree pianeggianti, che in quelle collinari e montane. Poi, con il processo di industrializzazione si è registrato un declino del settore primario a vantaggio del secondario, che fu visto come il volàno dell’economia e, in tempi più recenti, del terziario che assorbe la maggior parte della manodopera. Di conseguenza, è cambiata “l’ottica” dello sviluppo e delle politiche ad esso connesse, dato che nella società odierna si cerca di andare incontro alle nuove tendenze che certamente sono diverse rispetto al passato.
Di conseguenza prima di mettere in atto nuove politiche di sviluppo è necessario da una parte guardare al passato considerandolo il “motore” della storia ed il “padre” della società attuale, dall’altra comprendere a fondo i cambiamenti e le tendenze di quest’ultima al fine di realizzare processi di valorizzare il territorio aderenti alle esigenze della società stessa.
Nella realtà siciliana il concetto di sviluppo è stato più volte identificato con la valorizzazione dei Beni ambientali e culturali, di cui la nostra Isola è ricchissima, che, se opportunamente realizzata, potrebbe dare lustro all’intero contesto territoriale ed incentivare tutte quelle attività che ne deriverebbero, con ricadute socio-economiche rilevanti.
È pur vero che il processo di recupero e di riqualificazione dei Beni culturali è reso a volte difficile dalle condizioni di profondo degrado in cui monumenti4 e strutture di pregio si trovano. Ciò comporta non solo tempi di realizzazione abbastanza lunghi, ma anche l’impiego di ingenti risorse economiche, che spesso i Comuni non sono in grado di affrontare, per cui preferiscono dare la priorità alla realizzazione di servizi di primaria utilità, spesso carenti in molti piccoli centri collinari dalle limitate risorse economiche.
Sulla scorta di queste considerazioni, se sul piano teorico sembrerebbe semplice innescare processi di sviluppo, nella realtà spesso le condizioni ambientali ed economiche ne compromettono o ne dilazionano la realizzazione.
In generale, nell’analisi delle politiche di sviluppo, bisogna tener conto delle ripercussioni che esse possono avere sul territorio, positive o negative che siano.
È ovvio che dallo sviluppo di un territorio discende una evoluzione socio-economica dell’intero contesto con il rilancio delle attività connesse, il miglioramento dei servizi erogati alle famiglie, alla collettività e alle imprese e in generale della qualità della vita.
Proprio quest’ultimo aspetto è stato recentemente al centro di numerosi dibattiti in ambito geografico;
4 Diverse furono le riflessioni fatte in merito al concetto di monumento: “l’interesse per il monumento come
testimonianza storica suggerisce il rispetto assoluto di ciò che si è conservato da inserire in un nuovo circuito figurativo, per garantire azioni di valorizzazione, orientate ad accrescere una nuova fruibilità dell’intera zona”; cfr. PETRUCCI E., Antichi edifici religiosi e nuovi usi – Un difficile processo di trasformazione nella città contemporanea, p. 248.
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in particolare gli studiosi si sono soffermati su una branca della Geografia ben precisa, ossia la Geografia della salute5, che analizza appunto la qualità della vita di una determinata comunità umana
in relazione all’evoluzione della Medicina, e alle caratteristiche insediative e produttive.
È opportuno osservare che le politiche di sviluppo vanno vagliate nell’ottica di una delle branche più rilevanti della Geografia, ossia la Geopolitica, la scienza che analizza l’organizzazione politica di un territorio valutando le modalità ed i processi mediante i quali le comunità umane instaurano delle relazioni con il contesto territoriale in cui si stanziano: “secondo alcuni la geografia politica è quella branca della geografia umana che studia le relazioni spaziali connesse all’esercizio del potere alle diverse scale. Poiché però il potere, secondo le teorie oggi più accreditate, è presente in ogni relazione tra soggetti, questa definizione rischia di essere troppo ampia e viene a coincidere con quella della geografia umana, di cui dovrebbe invece essere una parte soltanto6”.
Le motivazioni e le modalità con le quali le comunità umane tendono a stanziarsi in determinate aree prediligendole rispetto ad altre dipendono dal fatto che l’uomo punta al proprio benessere attraverso il miglioramento delle condizioni e del proprio tenore di vita, sicché tende ad occupare quelle aree che forniscono risorse e servizi sufficienti.
La Geopolitica non solo analizza questi processi, ma mette in evidenza una serie di fenomeni che si vengono a creare sul piano mondiale e internazionale che evidenziano come lo sviluppo sia determinante per il percorso evolutivo di ogni Nazione, nonostante le inevitabili difficoltà che possono sorgere.
Dalla prospettiva della geopolitica molteplici sono dunque le sfaccettature da analizzare in merito ai processi che nel corso del tempo possono aver determinato la realizzazione dello sviluppo, di qualsiasi tipologia esso sia. In tal senso è bene partire dal concetto base secondo cui le politiche dello sviluppo hanno come obiettivo quello di determinare all’interno di una regione o di una nazione un processo in grado di innescare una crescita delle diverse attività del territorio in grado di ridurre eventuali gap economici o territoriali rispetto ad altre regioni o ad altre Nazioni. Tutto ciò può portare a tensioni che si manifestano sul piano locale o internazionale, che determinano il fenomeno della competizione territoriale: “l’analisi geopolitica permette di analizzare le singole questioni in uno scenario mondiale in cui una matrice di lettura bipolare è superficiale e oramai inadeguata al nuovo paradigma instauratosi, permettendo di orientarsi e di utilizzare delle chiavi di lettura più idonee ai fenomeni e alle dinamiche in atto7”. Tale competizione ha alla base molteplici motivazioni: etniche, religiose,
culturali, linguistiche, economiche, politiche.
Nonostante si tratti di un fenomeno che riguarda l’intero panorama mondiale, le sue conseguenze hanno comunque delle ripercussioni sull’intera vita politica di uno Stato e questo non vale solo a livello nazionale, ma anche locale; se infatti si prende in considerazione uno Stato in cui il processo di sviluppo si è già ben consolidato, si avrà una maggiore probabilità che nel medesimo Paese vengano realizzate delle politiche locali in grado di incentivare e di dare seguito allo sviluppo stesso, considerando anche quei fattori che in altre nazioni verrebbero posti in secondo piano, come ad esempio i Beni Culturali; se invece si considera una Nazione dominata da un intenso sottosviluppo, allora la situazione sarà ben diversa, in quanto all’interno di tale Nazione verrà data priorità a quei fattori di sviluppo in grado di andare incontro ai problemi di maggiore entità, trascurandone altri.
5 DE SANTIS G. M. P., Dalla cura della malattia alla riconquista della salute. Percorsi di geografia medica, in PALAGIANO C., Linee tematiche di ricerca geografica, Bologna, Pàtron Editore, 2002, pp. 143-163.
6 GREINER A. L., DEMATTEIS G., LANZA C., Geografia umana – Un approccio visuale, Torino, UTET, 2016, p.
378.
7 VACCARI A., La competizione territoriale, in PALAGIANO C., Linee tematiche di ricerca geografica, Bologna,
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Per quanto concerne il territorio siciliano si deve osservare che i processi di riqualificazione in molti casi, infatti, risultano essere estremamente complessi, nonostante il degrado che continua a ledere i diversi manufatti.
Se si analizza in particolare la fascia tirrenica dei monti Peloritani in questa prospettiva si potrà osservare che la trama insediativa è costituita prevalentemente da piccoli centri localizzati in aree di collina o di montagna penalizzati da una posizione di certo non favorevole agli scambi e alle relazioni con il contesto territoriale.
Sebbene in molti di questi centri vi siano Beni Culturali di pregio che, se valorizzati adeguatamente, potrebbero rappresentare un volàno per l’economia, mancano le condizioni affinché tale processo possa avere un seguito.
Nel caso dei piccoli centri localizzati nelle zone costiere la situazione è ben diversa, nel senso che l’azione di recupero e di salvaguardia dei Beni Culturali può essere stimolata dalla domanda turistica, ingente specie durante il periodo estivo; la presenza di vasti arenili attrae, infatti, flussi turistici dediti alla balneazione, ma anche alle visite ai musei e ai centri storici.
Il fine primario che viene perseguito mediante la riqualificazione di un Bene Culturale è quello di restituire alla fruizione comune una struttura di pregio, testimonianza della storia del territorio, rifunzionalizzandola ai fini sociali, culturali ed economici.
Per questa ragione si è molto discusso sulle possibili strategie da adottare affinché sia le aree costiere che quelle di collina possano godere nel corso dell’intero anno di un vero e proprio “rilancio” del territorio, un fenomeno che non deve essere concepito e realizzato in maniera selettiva ma, al contrario, deve coinvolgere tutte le varie componenti del territorio, tenendo presente il ruolo che in esso ricoprono le varie bellezze monumentali e paesaggistiche. Per tale ragione si è affermata negli ultimi anni la rivalorizzazione dei centri storici e delle strutture monastiche e conventuali, edifici che presentano uno stato di conservazione abbastanza diversificato, per cui si rivelano necessari interventi di due tipi: sfruttare ciò che rimane della struttura per edificare qualcosa di nuovo legato agli interessi del territorio, oppure recuperare una struttura del passato in chiave moderna creando al suo interno aree in cui sia possibile svolgere eventi di varia natura.
Nel caso del territorio siciliano e della fascia tirrenica dei Peloritani nello specifico, queste azioni godrebbero del supporto fornito dalla presenza di contesti paesaggistici suggestivi, cornice ideale per una crescita del territorio, tenendo ovviamente conto delle difficoltà oggettive che si possono incontrare nell’attuazione di questi interventi, prima fra tutte l’obsolescenza della rete viaria nelle aree collinari e montane. Come è stato più volte sottolineato “i trasporti e le telecomunicazioni sono strategici per tutti i campi dell’economia e rappresentano uno degli aspetti fondamentali dell’organizzazione del territorio, tanto che si attuano da tempo più o meno efficaci politiche dei trasporti8”. Naturalmente queste ultime richiedono investimenti di non poco conto per cui vengono spesso trascurate, dati i vari problemi economici che molti comuni siciliani devono affrontare. Tra i molteplici aspetti di cui i principali organi istituzionali della Sicilia hanno dovuto tener conto per poter realizzare al meglio le politiche di riqualificazione e di rifunzionalizzazione dei Beni Culturali del territorio si deve annoverare l’opportunità di sfruttare le tradizioni locali che ancora oggi sono molto diffuse, soprattutto nei piccoli paesini collinari, che riescono ad attirare un buon numero di turisti in occasione delle feste patronali.
Attualmente si cerca di promuovere l’immagine turistica del territorio attraverso la celebrazione di festività religiose, che suscitano l’interesse sia dei religiosi che dei laici, oppure attraverso l’organizzazione di sagre, che sfruttano le produzioni e le tradizioni culinarie del luogo, richiamando visitatori, specie durante il periodo estivo.
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Nonostante ancora oggi sussistano molteplici problematiche, si deve osservare che, rispetto al passato, in alcuni casi sono stati compiuti dei passi in avanti con il miglioramento della trama viaria, che ha reso più accessibili alcuni centri interni.
È chiaro dunque che le politiche di riqualifica devono tener conto sia delle potenzialità del territorio, sia delle sue peculiarità morfologiche, che spesso rappresentano il vero ostacolo per la loro realizzazione. In merito al recupero dei Beni Culturali si rivela necessario adeguare gli interventi al loro stato di conservazione. Se si tratta di manufatti in buone condizioni, ovviamente gli interventi necessari sono modesti; diverso invece il caso di un Bene Culturale degradato, che richiede interventi di recupero significativi così da creare le condizioni ideali per renderlo pienamente fruibile nella società odierna; ovviamente si tratta di un processo che richiede spesso delle tempistiche assai lunghe e notevoli investimenti.
Successivamente all’azione di recupero, si hanno due possibilità: utilizzare il manufatto in chiave moderna, ma con le stesse funzioni che ricopriva in passato, oppure cambiare la sua funzionalità in relazione alle caratteristiche e alle esigenze del territorio circostante.
Il contesto siciliano è ricco di testimonianze del passato, basti pensare ai monumenti che caratterizzano i centri storici delle città, ma anche dei piccoli borghi siciliani; numerose anche le strutture monastiche e conventuali sparse nel territorio, alcune delle quali, per la loro magnificenza sono state oggetto di accurati restauri e di processi di rifunzionalizzazione. Non così per quelle localizzate lungo la fascia tirrenica dei Peloritani, oggi oggetto di studio e di accurate riflessioni in ambito geografico9.
I processi di rivalorizzazione vanno attuati mirando a stimolare la crescita dell’assetto socio economico del territorio; partendo da questo presupposto il recupero di un Bene che difficilmente potrà incidere sullo sviluppo economico di un determinato ambito territoriale, avrà certo una valenza culturale, ma potenzialità di ricadute economiche relative. Di conseguenza prima dell’attuazione delle politiche di riqualificazione si rivela essenziale una analisi attenta del contesto territoriale, in modo da capirne le potenzialità e, sulla base di esse, realizzare il recupero delle emergenze storiche ed archeologiche presenti sul territorio.
È chiaro che bisogna tener conto della disponibilità finanziaria dei diversi comuni che consenta di realizzare opere utili e apprezzate dal contesto sociale.
Attualmente numerose sono le ipotesi di rivalorizzazione che sono state formulate in merito ad una eventuale riqualificazione delle strutture monastiche e conventuali10 degradate presenti nel Messinese, anche se, al di là di qualche caso sporadico, sono rimaste irrealizzate per le pastoie burocratiche che rendono complessi gli interventi e soprattutto per i problemi finanziari.
La provincia di Messina presenta un numero elevato di edifici religiosi, alcuni in buone condizioni, altri in stato di degrado: nel primo caso si tratta di strutture attualmente abitate da comunità di frati che si dedicano alla loro vita monastica e alla celebrazione dei riti religiosi; nel secondo caso la situazione è ben diversa, dal momento che si tratta di strutture abbandonate da anni esposte alle calamità e alle intemperie, o peggio ormai ridotte allo stato di rudere, localizzate in genere in aree isolate, difficili da raggiungere, spesso invase dalla vegetazione.
9 Parlare di processi di riqualificazione e di rifunzionalizzazione di un territorio in chiave moderna comporta molteplici difficoltà legate per lo più alla organizzazione del territorio interessato ed agli eventi storici che lo hanno visto e lo vedono tutt’ora protagonista: “ la leggibilità di un paesaggio storico, non lo dimentichiamo, è dovuta a quel senso di organicità e di unitarietà che in ogni epoca si afferma sulle discontinuità e rotture, che il territorio nel suo complesso non può non manifestare”; cfr. CALDO C., GUARRASI V., Beni culturali e Geografia, Bologna, Pàtron editore, 1994, p. 155. 10 “L’obiettivo da perseguire per gli antichi spazi conventuali dismessi, è quello di individuare nuove strategie verso una fruizione sostenibile creando relazioni territoriali e urbane, orientate ad un corretto ed equilibrato rapporto fra
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Tra gli esempi emblematici di un maggiore degrado spiccano alcune strutture monastiche presenti nei territori di Monforte San Giorgio, Condrò, Castroreale, Roccavaldina, San Pier Niceto.
Diverso è invece il caso degli edifici religiosi localizzati nelle aree vicine alla costa, che grazie anche ad una articolata e moderna rete viaria, godono di una maggiore accessibilità e di una fruibilità che si è conservata nel tempo, come nel caso delle strutture conventuali presenti a Milazzo, Villafranca, Spadafora, Rometta Marea.
Dunque per ciò che concerne lo stato di conservazione e la funzionalità delle strutture monastiche e conventuali la fascia tirrenica dei Peloritani presenta una marcata dicotomia tra aree interne e costiere, una diversità che si palesa nel differente dinamismo dell’andamento demografico11 ed economico. Nella realizzazione dei progetti di riqualifica del territorio bisogna fare riferimento anche al concetto di sostenibilità, un aspetto apparentemente irrilevante, ma in realtà fondamentale ai fini del rispetto e della salvaguardia dell’intero contesto ambientale. La rivalorizzazione di qualsiasi tipo di struttura