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Capitolo 1- Le fonti e le caratteristiche dell’amministrazione condivisa

4.1 Diffusione e valore degli enti non profit sul territorio italiano

L’attenzione su questa particolare forma organizzativa della società, ossia l’associazionismo volontario, assume particolare interesse soprattutto se si prendono in considerazione i numeri con cui essa è diffusa sul territorio nazionale.

Istat aggiorna annualmente il registro45 contenente le principali informazioni e caratteristiche del settore non profit presente sul territorio nazionale. L’informazione contenuta in questi registri viene inoltre completata da dati amministrativi.

Nel report del 15 ottobre 2021, Istat da evidenza della situazione del mondo non profit in Italia nel 2019, ponendola anche in rapporto al 2018.

Nello specifico, le indagini Istat per l’anno 2019 hanno evidenziato un aumento degli enti non profit attivi sul territorio italiano rispetto al 2018 ed è in costante crescita da diversi anni. (I.1)46

(I.1)

Sempre nel report si parla della distribuzione territoriale divisa per regioni: si nota un maggiore aumento delle istituzioni non profit al sud e alle isole: nello specifico si riscontrano incrementi

45 ISTAT, Censimenti permanenti, L’Italia giorno dopo giorno, Istituzioni non profit, 15 ottobre 2021. www.istat.it.

46 Ibidem.

31 maggiori in Molise e in Calabria. Si ricorda però che un aumento di questo momento non significa che la situazione in numeri assoluti sia la medesima.

Come in molti casi, anche in questo si ripresenta il divario tra nord e sud in Italia: la presenza di enti non profit rimane più alta al nord, ma la continua crescita nelle zone del Mezzogiorno fa sperare in un assottigliamento di questo divario e in uno sviluppo in questi termini delle regioni del sud del Paese.

L’importanza di questi enti non è data solamente dall’apporto che questi danno al territorio in termini di lavoro volontario. Essi costituiscono anche fonte di reddito, in qualche modo. È infatti noto che questi enti, possono in misura controllata, assumere lavoratori dipendenti. Quindi si può facilmente affermare che sono a tutti gli effetti parte del sistema produttivo del paese, contribuendo quindi sia alla produzione di servizi per la collettività, sia di ricchezza per alcuni individui attraverso il reddito percepito. Si potrebbe quindi dire che essi aiutano ad unire l’utile al pratico, al civile. A ciò si aggiunge, come già spiegato in merito all’attivazione del cittadino per la cura del verde pubblico, un evidente risparmio in termini di risorse economiche e di tempo per l’amministrazione pubblica che collabora con il settore non profit.

Infatti, riprendendo il termine “civile”, e collegandoci ancora una volta con le parole di Zamagni, il settore non profit, nella sua forma di produttore di servizi riesce a ridurre la barriera della mancanza di risorse economiche necessarie a tale produzione, incanalando proprio quelli delle imprese (sociali) a questo scopo.47 Come si è detto in precedenza, è un diverso modo di intendere l’impresa.

«Il punto è che sinora nessuno ha pensato di attingere alle risorse provenienti dal mondo delle imprese per incanalarle verso la fornitura di servizi di welfare. D’altro canto, la presenza dell’ente pubblico resta fondamentale in questo modello allo scopo di garantire l’universalismo, perché il pericolo dell’esclusione di alcuni gruppi sociali dalla fruizione dei servizi deve sempre essere tenuto presente.

Infine, le organizzazioni della società civile occupano un posto speciale nella sussidiarietà circolare, in quanto portatrici sia di conoscenze specifiche (chi meglio di un’associazione di volontari può sapere se in un certo quartiere della città vi sono particolari bisogni da soddisfare?) sia di modi di governance capaci di elevare la qualità relazionale dei servizi erogati!”48

Gli enti del settore non profit possono essere a tutti gli effetti compresi nel sistema produttivo, tanto che alcuni esperti si preoccupano per la loro possibilità di risposta al sistema stesso:

“Infine, abbiamo sentito alcuni esperti che esprimono posizioni critiche. Tra queste, c’è quella di Marco Grumo, economista all’Università Cattolica di Milano, che ritiene la riforma [del Terzo settore] sia troppo

47 Report Il dono della sintesi: Profit e Non-Profit: convergenze e contaminazioni, Tavoli del 30 Novembre 2019, Il quinto ampliamento. www.ilquintoampliamento.it.

48 Cit. S. Zamagni in L’editoriale Idee, princìpi e valori. Quel che non c’è scritto ma che la Riforma dice, VDossier n.3/2017, ed. Associazione Ciessevi.

32 sbilanciata sugli aspetti organizzativi: «Nel Codice - dice - ho contato ben 67 vincoli alla gestione dell’organizzazione. Ricordiamo che questi enti entrano nel mercato del “sociale”, dove sono già presenti due player forti, più liberi e agevolati di loro: le imprese profit e la pubblica amministrazione». Il timore è che solo le organizzazioni grandi riescano a venirne a capo e che quelle piccole invece possano esserne soffocate. E questo vale anche per il fund raising e soprattutto per le norme sulla trasparenza, che impongono una serie di obblighi che probabilmente si tradurranno in costi”49

Per comprendere meglio quale sia il ruolo e la consistenza del sistema produttivo non profit sul territorio italiano, si prendano di nuovo in considerazione i dati Istat relativi all’anno 2019.

Nell’immagine I.2 50vengono mostrate le grandezze relative al lavoro dipendente secondo la regione di appartenenza:

I.2:

A completare questo quadro, inoltre come accennato prima, ci sono determinati enti non profit, la quale organizzazione rientra sotto il nome di impresa sociale, che quindi ha tra gli obiettivi la produzione di nuova ricchezza, superando la logica redistributiva tipica del non profit51. Inoltre, le imprese sociali sono in grado di portare un valore aggiunto al sistema produttivo che consta di diverse dimensioni: sociale, culturale, economico, istituzionale:

“ Per il contributo in termini di produzione di beni relazionali e creazione di capitale sociale, le imprese sociali creano valore sociale che si declina, ad esempio, nella capacità di lettura dei bisogni del territorio,

49 Ibidem.

50 ISTAT, Censimenti permanenti, L’Italia giorno dopo giorno, Istituzioni non profit, 15 ottobre 2021. www.istat.it.

51 A. Fici, E. Rossi, G. Sepio, Dalla parte del Terzo settore. La riforma letta dai suoi protagonisti, Laterza, 2020.

33 nella creazione di reti di partner mantenendo nel tempo tali relazioni, nella costruzione di sistemi aperti di governance multistakeholdership, nella capacità di includere soggetti appartenenti a categorie vulnerabili (svantaggiati, giovani, donne, immigrati, ecc.)”52

Questa categoria, come accennato prima, rientra nella ampia materia riformulata attraverso la Riforma del Terzo settore, e si caratterizza da53:

- Possibilità di fare utili, anche se vige sempre l’impossibilità di investirli nell’organizzazione e la loro ripartizione è permessa ma in maniera limitata;

- Svolge attività di interesse generale, come previsto dall’appartenenza al mondo non profit, ma a titolo di impresa

- Può quindi avere entrate provenienti da attività commerciali;

- Può avere personale dipendente.

Quindi, essa è a tutti gli effetti un’impresa, che abbraccia però lo spirito solidale e civico del non profit.

Nello specifico, per questa precisa categoria di ente non profit molto più vicina rispetto ad altre alla tradizionale idea di impresa che si ha, Istat ha accertato che in valore assoluto nel 2019, si contano 16.388 imprese le quali vedono però la presenza del 53,8% dei lavoratori dipendenti nel non profit (v.a. 463.692 lavoratori dipendenti).

Per quanto riguarda invece le altre forme organizzative (I.3):

I.354:

Si può qui notare il settore non profit da un contributo di 861.919 dipendenti al sistema produttivo.

52 S. Zamagni, P. Venturi, S. Rago, Valutare l’impatto sociale. La questione della misurazione nelle imprese sociali, Numero 6, Dicembre 2015, Rivista impresa sociale. www.rivistaimpresasociale.it.

53 Informazioni provenienti dal sito www.italianonprofit.it nella sezione dedicata alle imprese sociali.

54 ISTAT, Censimenti permanenti, L’Italia giorno dopo giorno, Istituzioni non profit, 15 ottobre 2021. www.istat.it.

34 Inoltre, è apprezzabile la convinzione di chi sostiene che la produttività del settore non profit è addirittura preferibile alla tradizionale produzione capitalista55. Si sta nuovamente facendo riferimento all’economia civile.

Inoltre, già a partire dal 2012 ci sono le prime evidenze e ricerche in merito. In un documento proposto da Forum terzo settore dal titolo Ricerca sul valore economico del Terzo Settore in Italia, dopo aver riportato le grandezze quantitative del mondo non profit sul territorio italiano, si passa ad una considerazione pratica.

Sostanzialmente si afferma l’incapacità di chi opera nel mercato for profit di rispondere, soprattutto a seguito della crisi economica iniziata nel decennio scorso, alle esigenze sia del mercato che della collettività.

A confronto invece, il modello economico che adotta il mondo degli enti non profit trova maggiori riscontri dal punto di vista del benessere dentro e fuori l’organizzazione, sempre tenendo presente però le difficoltà e le preoccupazioni esposte da Grumo e riportate sopra. 56

In sostanza, ciò che rende preferibile (o quanto meno preziosa) la presenza del settore non profit sul territorio italiano, è la sua capacità di concentrarsi maggiormente sulla buona riuscita del servizio offerto (quindi sulla sua qualità) e sull’ottimale processo produttivo (efficienza).57 Questo è raggiungibile ovviamente attraverso il raggiungimento di un buon grado di fiducia sia coi dipendenti sia con i consumatori, ma soprattutto grazie al vincolo di distribuzione degli utili, totale o parziale che sia, in modo da non avere “distrazioni” dall’obiettivo di utilità sociale.

55 In questa ottica si inserisce anche la disposizione introdotta dall’art. 1 CTS “Al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione, il presente Codice provvede al riordino e alla revisione organica della disciplina vigente in materia di enti del Terzo settore.”. Quindi anche in questo caso si associa al mondo non profit il potenziale di espressione della crescita occupazionale.

56Spiegato con le parole autorevoli degli autori di Dalla parte del Terzo settore. La riforma letta dai suoi protagonisti:

“un’economia inoltre, quella del Terzo settore che, a differenza di quella for profit, non si avrebbe ragione di temere per il possibile contrasto con l’utilità sociale o con la sicurezza, la libertà e la dignità umana (cfr. art. 41 comma 2 Cost.) che al contrario costituiscono obiettivi che essa si propone di realizzare”. A. Fici, E. Rossi, G. Sepio, Dalla parte del Terzo settore. La riforma letta dai suoi protagonisti, Laterza, 2020. Questo viene a sua volta potenziato da quanto affermato nel Report 2021 di Terzjus “Si è giustamente parlato in dottrina di una “riforma culturale prima che giuridica”: si prospetta una diversa declinazione dell’agire degli enti non lucrativi, non più limitata all’accentuazione “in negativo”

del divieto di distribuzioni degli utili, ma focalizzata sulla capacità di generare e distribuire benessere sociale”, che attribuisce quindi al modello non profit un contributo attivo, non più redistributivo-passivo, per il raggiungimento del benessere. L. Bobba, Riforma in movimento, 1° rapporto sullo stato e le prospettive della legislazione sul terzo settore in Italia, Terzjus report 2021.

57 G. Ambrosio, Il Terzo Settore nella prospettiva dell’economia civile In Ricerca sul valore economico del Terzo Settore in Italia, 2012, Forum Terzo settore.

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