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Capitolo 3 – Esperienze collaborative sul (e per il) territorio piemontese

3.2 La popolazione di analisi: le unità rispondenti

Introdotte queste prime considerazioni riguardo la scelta del campione (o dei campioni), si procede ora con l’analisi delle caratteristiche della popolazione rispondente, per comprendere la portata delle conclusioni che seguiranno l’analisi dei dati.

In primo luogo, si sottolinea che questa ricerca non comprenderà la totalità dei casi e delle realtà piemontesi ma, con tutta probabilità, aiuterà a dare una visione delle diverse prospettive del tema a seconda del territorio di riferimento.

A seguito delle considerazioni fatte già più volte rispetto la grande varietà della grandezza della popolazione, territorio geografico, estensione del territorio, ecc. si propone una suddivisione dell’analisi secondo alla grandezza della popolazione. Nello specifico, sono state previste le seguenti classi:

- Meno di 5.000 abitanti;

- 5.000-15.000 abitanti;

- 15.000-25.000 abitanti;

- 25.000-35.000 abitanti;

- 35.000-45.000 abitanti;

- Più di 45.000 abitanti.

Questa suddivisione permetterà di dar seguito all’ipotesi 2, ma per ora ci si limiterà a spiegarne le motivazioni intrinseche.

Principalmente, si deve tenere in considerazione la composizione (per abitanti) della Regione Piemonte stessa. La situazione, considerando che il territorio conta 1181 Comuni, è la seguente:

105 Si nota quindi che la grande maggioranza di enti locali ha una popolazione residente inferiore ai 5.000, quindi hanno un’incidenza maggiore nell’analisi. Come si vedrà tra poco, infatti, sono anche gli enti che, in proporzione, hanno contribuito maggiormente alla ricerca mediante le risposte.

Inoltre, i dati riportati in tabella vedono ancora la presenza del Comune di Torino; quindi, il dato relativo alla popolazione compresa nel campione rispondente nel range più di 45.000 abitanti, al massimo, potrebbe essere 10.

Nello specifico, infatti, su 74 risposte ottenute (circa il 6,2 % del campione), la distribuzione per classe delle risposte ottenute è la seguente:

Composizione Regione Piemonte

Tot.

Regione per intervallo

%

Tot.

risposte per intervallo

%

Meno di 5.000

abitanti 1046 81,65% 54 72,97%

5.000-15.000 abitanti 88 6,87% 14 18,92%

15.000-25.000

abitanti 23 1,80% 4 5,41%

25.000-35.000

abitanti 9 0,70% 1 1,35%

35.000-45.000 abitanti 4 0,31% 0 0,00%

Più di 45.000 abitanti 11 0,86% 1 1,35%

Tot. 1181 100% 74 100%

Come si può notare, quindi, si rileva una corrispondenza tra le percentuali di risposta per intervallo e le percentuali della composizione regionale.

Composizione Regione Piemonte

Tot. Enti locali per intervallo

% Meno di 5.000 abitanti 1046 81,65%

5.000-15.000 abitanti 88 6,87%

15.000-25.000 abitanti 23 1,80%

25.000-35.000 abitanti 9 0,70%

35.000-45.000 abitanti 4 0,31%

Più di 45.000 abitanti 11 0,86%

106 Un'altra considerazione che si può proporre, e che può aiutare a leggere i dati raccolti nella ricerca, è relativa alla distribuzione delle unità rispondenti secondo il criterio della descrizione delle zone altimetriche:219

Zone altimetriche (ISTAT)

tot.

Regione % Tot.

risposte %

Collina 571 48% 28 37%

Montagna 333 28% 26 35%

Pianura 277 23% 20 27%

Come mostra il prospetto, si nota una distribuzione abbastanza omogenea nelle diverse zone, il che aiuta alla costruzione e analisi dei dati. Non sarebbe stato lo stesso se, diversamente, ci fosse stato un grande dislivello tra i valori all’interno delle diverse classi. In questo caso non si è proceduto con una suddivisione per intervalli di popolazione.

Si nota, inoltre, che le percentuali di suddivisione nelle diverse aree non sono esattamente rispettate e coerenti con quelle regionali: l’area di pianura, prevede un relativo rispetto della percentuale, ma per le altre due zone altimetriche non vale lo stesso.

Si può dire che, almeno in termini percentuali, 10 punti in Regione attribuiti alla presenza di comuni collinari, nella ricerca vengono attribuiti alla presenza di Comuni montani. Questo può avere un’interpretazione che gioca a favore di questo elaborato: i comuni montani, avendo capito il tema della ricerca, si sono dimostrati molto interessati; questo, in relazione a quanto detto nel capitolo precedete rispetto ai territori ai margini, avvalora la tesi che, questi territori in realtà siano semplicemente bloccati, ma non disinteressati allo sviluppo, e pertanto si riscontra un’importante presenza di risposte.

Infine, la popolazione rispondente in questa analisi può anche essere letta sotto un altro punto di vista, che lega la zona altimetrica alla composizione della popolazione.

I dati e gli indicatori demografici disponibili sulla banca dati di Tuttitalia220 (a seguito dell’elaborazione dei dati ISTAT) mostrano la situazione della popolazione per Comune e Provincia.

In particolare, in questa sede, sono stati presi in considerazione due importanti valori: l’indice di vecchiaia e l’età media (Tab.7).

In questo modo, si è preso in esame questi due valori per ognuno dei 74 Comuni rispondenti e lo si è posto in corrispondenza della zona altimetrica di appartenenza.

219 Secondo la descrizione Istat per il territorio piemontese esse si possono distinguere in Montagna, Pianura e Collina.

220 www.tuttitalia.it.

107 Questo conduce ad un’importante considerazione: i Comuni montani, come si diceva nel paragrafo precedente, sono soggetti ad un forte invecchiamento della popolazione. l’indice di vecchiaia221, infatti si attesta il più alto delle tre zone; a questo si aggiunge che, nella maggior parte dei casi (e qui ci si collega anche all’importanza del valore dell’età media), i Comuni montani sono quelli che registrano il minor numero di abitanti; quindi, la presenza di giovani sul territorio è davvero esigua.

Questa non vuole essere una critica nei confronti dei meno giovani, soprattutto considerando che ISTAT fa rientrare in questa categoria le persone 65+, quindi una fascia della popolazione che sicuramente comprende i veri anziani, ma assieme a loro anche persone che, nel 2021 e per lo scopo di questo elaborato che esula dalla capacità produttiva ed economica, non possono essere considerate anziane o, se si preferisce, pensionabili. La cittadinanza attiva non è un ruolo da cui si va in pensione.

Avere questo dato, però, aiuta la comprensione di una questione dirimente: l’approccio al territorio e alla sua cura in maniera partecipativa, dipende dalla composizione della popolazione.

Non si deve fraintendere questa affermazione. Con ciò non si vuole affermare che una categoria fra giovani o anziani agisce meglio (o viceversa peggio) per la cura del territorio: l’approccio alla cura è semplicemente diverso, perché diverse sono le caratteristiche che creano il senso di attaccamento.

Certamente si può dire che questo dato, fondato sulla ricerca empirica e quindi proveniente dalla media delle età medie e degli indici di vecchiaia dei 74 Comuni presi in esame (nello specifico i 26 dell’area montana), mostrano chiaramente il concetto di spopolamento dei borghi. I giovani, in questi comuni sono realmente pochi, e questo è un dato che può preoccupare: come fa una città e un territorio ad essere durevole e resiliente se non c’è un ricambio generazionale? Chi abiterà, in futuro, quei luoghi?

221 Rappresenta il grado di invecchiamento di una popolazione. È il rapporto percentuale tra il numero degli ultrassessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni. www.tuttitalia.it.

Tab.7

Indice Medio vecchiaia

Età media Collina 242,3 48,64 Montagna 320,1 50,66 Pianura 219,69 47,42

108 Quindi, questa ricerca empirica potrà aiutare a dare visibilità all’andamento dei Comuni di questo specifico territorio.

4 I risultati dell’indagine

Introdotta quindi la popolazione rispondente in relazione al proprio territorio, si può procedere con l’analisi dei dati raccolti, nel tentativo di proporre una risposta al quesito iniziale presentato nel primo paragrafo.

Si ricorda inoltre che esso era gli strumenti collaborativi introdotti all’art. 55 ss CTS, contribuiscono positivamente negli interventi di valorizzazione del territorio?

Per spiegare meglio il significato di questo quesito, si devono comprendere alcune implicazioni, anche se verranno sicuramente spiegate meglio nell’analisi delle interviste condotte a seguito delle risposte ai questionari.

La chiave di lettura che si propone, si concentra sul termine positivamente, infatti, almeno secondo lo studio della letteratura, non c’è dubbio sul fatto che la co-progettazione nell’accezione formale del termine (proposto dal CTS e applicato dal Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni), sia uno strumento pieno di potenziale. Ma cosa rappresentata questo strumento per le Amministrazioni pubbliche? Un favore o un ostacolo formale?

Inoltre si ricorda che le ipotesi di partenza sono:

Ipotesi 1: Il Terzo settore è fondamentale per lo sviluppo sostenibile di un territorio;

Ipotesi 2: non c’è una stretta correlazione tra impegno ed efficacia degli interventi in ambito di valorizzazione del territorio e la grandezza territoriale;

Ipotesi 3: la pandemia da Covi-19 ha dato una spinta positiva all’implementazione di interventi di valorizzazione del territorio.

Procedendo quindi per gradi, e attraverso gli indicatori esposti in precedenza, si darà voce alla prospettiva delle Amministrazioni pubbliche.

Si evidenzia infine che, questa ricerca empirica, si basa su una vasta letteratura, che però non è esaustiva rispetto le non-best practice. La ricerca quindi, si inserisce in un contesto estremamente attuale, quale la valorizzazione del territorio bene comune, le forme partecipative e di attivazione, che però ha zone di luce e d’ombra: in primo luogo, la luce consiste nel fatto che realmente, la letteratura in materia è sterminata sotto qualsiasi ottica e disciplina. Questi temi vengono trattati da moltissimi paper scientifici e siti web, prima fra tutte è l’associazione che ha guidato per larga parte questo elaborato, ossia Labsus.

109 Diversamente, quindi la zona d‘ombra, risente della mancanza di un contributo di chi è ancora in corsa verso l’implementazione di questo vasto e articolato strumento che richiede competenza, conoscenza e risorse materiali e di tempo. Talvolta, infatti, la co-progettazione risulta l’ennesima pratica burocratica da smaltire e passa così in secondo piano. Si avrà modo di approfondire questi aspetti in seguito.

Qui preme solamente sottolineare che, nonostante in questa sezione si cercherà di portare in luce delle evidenze che possano avere un valore statistico, per certi versi questa ricerca assume un carattere esplorativo, in quanto propone un’ottica che non escluda chi ancora non può competere per best-practice. Si propone quindi questa ricerca come punto di partenza per nuovi sviluppi.